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Autore: gattapelosa    31/08/2013    5 recensioni
Dalla cima di un grattacielo si gettarono tredici uomini, due cortei distinti seguivano pregando i sermoni di Padre Vallanchiusa, dell’ordine dei Menemoniti, e di Don Bringolino, Torpilota. Ma chi ancora teneva la calma, chi ancora sperava che non fosse poi così terribile come sembrava, dovette ricredersi quando, in un angolo della piazza, una bimba si portò due dita alla bocca.
— Mamma!— gridò, e molti riuscirono a sentirla. — Sento puzza di polvere e cemento!
Puzza d’Apocallisse, e Apocalisse fu.
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Questa storia partecipa al contest "crea la tua Apocalisse", quindi penso che tutti possiate immaginare come andrà a finire.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Di polvere e cemento





Davide tolse l’elmetto, fissando commosso l’antica sterpaglia erbosa. Era povera, giusto qualche arbusto intraprendente che spuntava vittorioso dal terriccio secco, un alberello più grande degli altri e la vecchia altalena su cui Davide e i suoi amici andavano a giocare. Dovette farsi forza, trattenere le lacrime e rimettersi l’elmetto.
— Non piangere— disse Carlo, dandogli una pacca sulla spalla. — Questo posto sta morendo, non c’è anima viva. Madre Natura ci ringrazierebbe.
Davide non capiva come potesse Madre Natura ringraziare uomini che volevano asfaltare la sua terra ed erigervi sopra un centro commerciale, ma stette zitto. Certe volte bisognava fare quello per cui si era pagati e ignorare l’angoscia di veder morire la propria infanzia.
 
 
L’arrivo dei Giganti con le loro attrezzature infernali aveva suscitato angoscia e terrore in tutta Cordelsole. I primi maniaci erano già scesi in strada a decantare la fine del mondo, in filippiche morali sul male dell’uomo e allucinanti presagi divini. Era tutto un frenetico andirivieni, tra chi piangeva, chi pregava e chi si preparava alla fuga.
— Fuggire dove?— chiedevano tutti, ma non importava. Si viveva solo della speranza che qualcosa oltre Cordelsole esistesse, e che non distasse più di mezza giornata da lì.
Intanto, presso la Grande Radice si era formata una calca di disperati. Faceva forza per buttar giù il vecchio portone e interrogare gli Altissimi, mentre temerari agenti dell’ordine picchiavano gli insorti a suon di manganelli. Intanto gli Altissimi tenevano un’urgentissima assemblea nel cuore della Grande Radice.
— Dobbiamo fare qualcosa.— disse Osvaldo Ramosecco, ministro della finanza.— Non possiamo permettere che si ripeta la tragedia del Grande Trattore. Cordelsole non ne sopravviverebbe.
— Questa volta è peggio, molto peggio!— fece Richinho Beccamileossa, del dipartimento Sale e Catrame, portandosi le mani ai capelli.
— I Giganti sono venuti a punirci.— pianse Berlinda Del Montefausto, sottosegretaria di stato — è perché siamo un popolo peccaminoso.
— Balle, superstizioni religiose.— rispose ancora Osvaldo, alzandosi in piedi e battendo le mani sul tavolo.— E non siamo qui per pensare alle cause, ma per trovare una soluzione.
Tutti gli altri Altissimi si fissarono, chi sperando di tirar fuori una buona idea, chi maledicendo la propria inutilità, chi sognando di poter tornare a casa a salutare ancora un’ultima volta i propri cari.
Infine, nello stupore dei più, si alzò timidamente la piccola e dolce manina della nipote del cugino del Presidente Erbamolesta, Altissima di nascita e sostituta del parente che, causa forze maggiori, non era potuto presentarsi. Chissà perché.
Clorofilla Erbamolesta aveva compiuto tredici anni giusto un paio di lune prima, ma in un clima teso e disperato come quello, nessuno aveva avuto voglia di lamentarsi. Se poi Clorofilla avesse tirato fuori una buona idea, meglio ancora.
— Dicci pure, Signorina Erbamolesta.
— E se caricassimo quante più persone possibili sulle coccinelle e sulle cavallette e le facessimo evacuare? So che la mia famiglia possiede anche diversi bunker sotterranei, potremmo dare rifugio a chi non riuscirà a partire.
Qualcuno sbuffò, ma Osvaldo non vi prestò caso.
— Buona idea. La maggior parte delle coccinelle e delle cavallette è già fuggita, ma ne teniamo qualcuna nelle stalle. In quanto ai rifugi, gli Erbamolesta non hanno mai permesso a nessuno di usufruirne.
Tutti annuirono, fuorché l’arcivescovo di Cordelsole, Bagnagrillo, che scosse il capo e prese parola. Nessuno ascoltò i suoi ammonimenti: mentre Bagnargrillo cercava di spiegare che niente poteva esistere al di fuori di Cordelsole, gli altri partirono al contrattacco. Furono mandati centocinquanta agenti in perlustrazione, requisite coccinelle e cavallette, domati gli insorti e richiamati alla piazza fuggitivi e disperati. Due preti in tunica bianca stavano tenendo sermoni alla gente, nel mentre il Sergente Mangiastrizza aveva riferito tramite altoparlanti che sarebbero stati portati avanti le prime evacuazioni nella piazza centrale. La folla non tardò ad arrivare.
Gente d’ogni classe sociale, ammassata l’una sull’altra dove riusciva a stare. Quelli che provenivano dall’estremo sud raccontavano di enormi braccia meccaniche che radevano al suolo le loro case, di scarponi pesanti che spappolavano le loro terre. Parlavano di una puzza opprimente, polvere e cemento, la puzza dell’Apocalisse.
Intanto stavano tutti lì: dagli altolocati imprenditori in smoking, ai pescivendoli di strade periferiche. I figli del pizzaiolo giocavano tranquilli con i nipoti degli Altissimi, e nessuno aveva nulla da ridire, per una volta.
Finalmente arrivò la cavalleria: sessanta cavallette e trentadue coccinelle, non sarebbero mai bastate.
— Prima donne e bambini!— gridò Mangiastrizza. — Vi prego, fate passare le donne e i bambini!
I primi riuscirono ad arrampicarsi sui dorsi delle bestie, irrequiete e inferme, quando d’improvviso partì spettrale un rumore metallico e ripetitivo.
— È il canto del diavolo!— gridò un esaltato, impaurendo i bambini. Mangiastrizza non si fece impressionare, riprendendo ad aiutare la gente, ma ormai era troppo tardi: spaventati dal pericolo imminente, uomini che altrimenti sarebbero stati bloccati a Cordelsole iniziarono a spingere per salire sulle coccinelle. A niente valsero i manganelli della polizia, quelli non mollavano, ed erano sempre di più! Il primo sparo provenne dal fucile di un neo-agente spaventato, che andò a impiantarsi dritto dritto nel torace di un architetto. Il poveretto stava tentando di salvarsi la pelle arrampicandosi su per la zampa di una cavalletta. Dopo che il corpo cadde a terra, fu caos.  
Uomini che picchiavano uomini, spari, bastonate, calci, pugni, pianti, tanti pianti. Una prima coccinella riuscì a librarsi in cielo, con meno della metà dei passeggeri portabili a bordo, e un paio le si ancorarono alle zampe, ma tra il vento e la rissa non tennero e si sfracellarono al suolo.
Intanto il braccio meccanico aveva spazzato via mezza Cordelsole, e lontano – non troppo – prendeva a dilagarsi un mare nero e denso.
Dalla cima di un grattacielo si gettarono tredici uomini, due cortei distinti seguivano pregando i sermoni di Padre Vallanchiusa, dell’ordine dei Menemoniti, e di Don Bringolino, Torpilota. Ma chi ancora teneva la calma, chi ancora sperava che non fosse poi così terribile come sembrava, dovette ricredersi quando, in un angolo della piazza, una bimba si portò due dita alla bocca.
— Mamma!— gridò, e molti riuscirono a sentirla. — Sento puzza di polvere e cemento!
Puzza d’Apocalisse, e Apocalisse fu.
Pure quelle povere bestie ch’erano riuscite a prendere il volo furono spazzate via dal vento, dal fumo o dal braccio meccanico. Molti preferivano togliersi la vita subito, e davanti i propri figli si lasciarono morire. Perché Dio li aveva abbandonati? Pensavano. Perché aveva mandato loro i Giganti?
E intanto presso la Grande Radice rimanevano solo tre persone. Osvaldo, che non aveva nemmeno famiglia, l’Arcivescovo Bagnagrillo e la piccola Clorofilla Erbamolesta.
— Perché non vai anche tu?— chiese Osvaldo. — Sei una delle poche che ne avrebbero davvero diritto.
Clorofilla scrollò un po’ le spalle, ma fece silenzio. Forse avrebbe anche potuto, chissà, lei però non aveva voglia di seppellirsi in un bunker: meglio morire lì, nella Grande Radice.
Le veniva da piangere, solo un po’. Guardava fisso Cordelsole cadere, i temibili Giganti avanzare e il mare nero asfaltare la sua terra.
— Cosa ci ucciderà?— chiese. — Il braccio meccanico o quella cosa scura che versano i Giganti?
— Sarà Dio a decidere.— fece Bagnagrillo, solenne.
Pochi minuti dopo, la Grande Radice venne interamente travolta da una ruspa.
 
Quando ormai il centro commerciale stava per essere completato, Davide si perse un secondo a rimirare la triste distesa di cemento. Il suo prato erboso non sarebbe tornato mai più.
— Finiscila, Davide.— gli disse Carlo.— Non hai ucciso nessuno. E ora, a lavoro.

 
 

 
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Questa storia partecipa al contest già citato, questo è il link ----> 
http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=10648584

Non riuscite a vederlo? Tutto normale, con il portatile, ma il link è quello, promesso!

Non sapevo esattamente cosa scrivere, così buttando giù un po' di parole è uscito questo sclero (termine che ho scoperto non esistere, bah). E quindi...e quindi basta. Dovevo pubblicarlo e l'ho fatto, alla fine. Yeah. 



 
 
  
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