Titolo: Il filo rosso.
Autore:
Dania.
Fandom:
Supernatural
Pairing/Personaggi: Dean Winchester/Castiel, Sam Winchester,
Balthazar.
Rating:
Momentaneamente verde, destinato a salire nel corso dei capitoli.
Charapter:
4/?
Words:
2200/?
Genere:
Introspettivo, Sentimentale.
Summary:
Castiel è riuscito a rintracciare un'altra arma angelica.
Avrà perè bisogno dell'aiuto dei Winchester per
recuperarla. Non tutto però andrà bene come
sperato.
DISCLAIMER: Non mi appartengono, non ci guadagno nulla.
Capitolo 3
[
Castiel's POV ]
Quel
piano gli aveva messo ansia fin dall'inizio.
Non
tanto per il dover entrare in un casinò, nemmeno per il
dover
giocare (si stava quasi abituando alle usanze umane, ancora non le
capiva, certo, ma certe cose non lo sorprendevano più come
una
volta), quanto per il potere dell'arma che stavano andando a
recuperare. Lui era però l'unico in grado di identificarla e
Dean
sembrava così sicuro del suo piano che proprio non era
riuscito a
rifiutarsi.
Si
era così ritrovato in un completo, sembrava che i suoi
normali abiti
non fossero adatti all'occasione, e a viaggiare ancora una volta in
un automobile. Sorvolando l'argomento 'lentezza dei mezzi umani',
trovare l'arma non era stato affatto difficile, come non lo era stato
nemmeno impossessarsene. I problemi erano iniziati a giungere con la
partita a poker. Il gioco in sè per sé andava
bene: a forza di
seguire Dean e Sam aveva imparato le basi, in più riusciva a
leggere
chiaramente i pensieri di tutti gli altri partecipanti. Era quindi
filato tutto liscio da questo punto di vista, ma più la
benda era a
contatto con lui, più iniziava a notarne gli effetti. Ed
erano
quelli la vera causa della sua ansia.
Ancora
non sapeva come fosse riuscito a sopravvivere, psicologicamente
parlando, fino al momento in cui si era finalmente recato fuori da
quell'edificio infernale, letteralmente. Non sapeva cosa fare, ogni
parte della sua mente gli urlava di agire in un modo diverso dalle
altre. Stava cercando di mettere ordine nei propri pensieri, quando
Dean era tornato. Aveva preso in seria considerazione l'idea di
tornare da Balthazar, di mettere al riparo l'arma e poi andare in
Paradiso, ma qualcosa lo aveva tenuto lì, come se i suoi
piedi
fossero stati incastrati nell'asfalto. Che idea bizzarra, era una
cosa che non sarebbe mai potuta accadere! L'asfalto su cui si trovava
era sicuramente più che asciutto!
Poi
Dean era, appunto, apparso con un ghigno compiaciuto in volto e
l'incasso in mano.
«
Grazie Cass. »
Non
si era fermato ad osservare quel sorriso, quel sorriso che tanto gli
piaceva, come avrebbe fatto in qualsiasi altra occasione. Non ce
l'aveva fatta, non era riuscito nemmeno a rimanere lì,
fermo. Era
turbato, e non sapeva esattamente per cosa o come spiegarselo. Era un
angelo, dannazione!, non doveva provare sensazoni umane.
Ormai
non ci doveva però essere abituato? Da quando era entrato in
contatto con Dean e Sam, quella non era la prima volta in cui sentiva
qualcosa di simile. Era arrivato a dubitare persino della parola di
suo Padre, stando con loro. Lo stavano cambiando. Stava diventando...
umano. Glielo avevano detto: il troppo cuore era sempre stato il suo
problema.
I
suoi piedi si mossero da soli, impazienti. Si stavano dirigendo al
parcheggio dove loro avevano lasciato la macchina di Dean, l'Impala.
Era
concentrato nei suoi pensieri, cercare di capire cosa non stava
andando nel verso giusto, cosa non aveva funzionato, come mai erano
arrivati a quel punto. Non notò che l'altro, che fino a quel
momento
lo aveva seguito in silenzio qualche passo più indietro,
aveva
azzerato la distanza tra loro. Se ne rese però conto tardi,
probabilmente, solo quando l'unica cosa che poteva vedere era il
verde intenso e chiaro dei suoi occhi. Verde leggermente diverso dal
solito, forse più liquido, più appannato.
Il
contatto successivo fu improvviso. Spalancò gli occhi,
sorpreso. Non
si sarebbe veramente mai immaginato nulla di simile. Non sapeva cosa
fare. Era turbato, ora più di prima. Vide gli occhi di Dean
chiudersi, i suoi muscoli del collo, delle spalle, di tutto il corpo
rilassarsi; sentì la sua bocca curvarsi in un leggero
sorriso,
mentre premeva delicatamente contro la propria; sentì il
proprio
cuore fare un tonfo, perdere un battito. Gli afferrò le
spalle,
cercando di essere il più delicato possibile come doveva
essere
consono in quell'occasione, e lo allontanò. Era comico cone
invece i
propri muscoli si erano tutti irrigiditi,persino più del
normale.
«
Dean... »
Sembrò
che tutta la gamma delle emozioni umane avessero fatto a gara per
conquistarsi un posticino negli occhi verdi del ragazzo. Gioia, per
quello che era appena accaduto, rabbia, perché era stato
interrotto
così bruscamente, speranza, di poter riprendere quel
contatto,
rimorso, per non averlo stretto a sé il più forte
possibile,
gelosia, per non avere l'onore di poter dire che quelle labbra erano
sue, ansia, per quell'unica parola pronunciata dall'angelo,
paura, di poter ricevere un rifiuto. Trattenne il respiro.
«
Pensavo... » Abbassò il capo, il cacciatore, e
chiuse gli occhi,
rimanendo in silenzio per qualche secondo. « Pensavo fosse
questo...
quello che volevi. »
La
testa iniziava a girargli la testa. Ogni tanto si dimenticava che il
suo tramite, quel corpo in cui era costretto, aveva dei bisogni
necessari; e l'aria era sicuramente uno di questi. Riprese quindi
fiato. Non per questo riuscì però ad emettere
parola. Sembrava che
il suo cervello si fosse congelato. Come, come
poteva dire
quello che doveva dire?
«
Dean... » Inspirò nuovamente, l'aria fece un
leggero rumore, entrando con forza nelle sue narici. «
Questo... » L'ennesimo
respiro profondo. Poteva farcela. Doveva farcela. « Questo
non sei
tu. Non fare qualcosa di cui potresti pentirti domani. »
Non
ci era riuscito.
Non
era riuscito a dirgli che quello non era lui, Dean, perché
era
quello che lui, Castiel, desiderava l'altro fosse. Perché
era da
troppo tempo che teneva il filo rosso a contatto con il corpo del suo
tramite, con quello che ormai era il suo corpo, e
quindi
l'arma aveva iniziato ad esercitare il proprio potere: far avverare i
desideri più profondi ed intimi di chi la possedeva. Quei
desideri
che non erano più solo tali, ma erano diventati qualcosa in
cui la
persona credeva ciecamente, nonostante non avesse mai avuto il minimo
segno che potesse diventare realtà. Qualcosa in cui aveva
fede.
Proprio
come aveva temuto fin dall'inizio.
Dean
aveva fatto così tanto per lui. Prima di tutto gli aveva
creduto e
aveva creduto in lui, poi gli aveva insegnato a dubitare, a provare
emozioni, lo aveva pian piano accompagnato verso la strada tortuosa
della libertà, gli aveva spiegato cosa fosse,
perché valeva la pena
lottare per possederla, per chi valeva la pena
lottare. Lo
aveva accolto nella sua famiglia, gli aveva dato qualcuno su cui
contare e per il quale dare la propria vita. E lo aveva fatto. Era
andato contro la propria, di famiglia, quella di sangue,
così
direbbero gli umani, e si era ribellato, per il bene dell'altra,
quella che invece con il sangue non terminava. Era morto per
proteggerli ed era tornato in vita per continuare a farlo. Aveva
capito quale era il suo posto nel mondo. Accanto a loro. Accanto a
lui, Dean.
Proprio
come aveva temuto fin dall'inizio.
Il
filo rosso aveva percepito questa sua scoperta, l'aveva fatta propria
e si era adoperato in modo da non renderla solo delle belle parole,
ma vera e propria realtà. Il cacciatore ora sembrava avere
il suo
stesso desiderio, quello di vicinanza, di potersi completare a
vicenda. Di diventare un perfetto uno.
Solo
che questo non era il Dean che lui conosceva. Non era reale.
Che
buffo.
Sembrava
una contraddizione veramente ridicola. Cercare di far avverare con
tutte le forze un proprio desiderio, di farlo diventare reale e una
volta averlo ottenuto rendersi conto che non era così, che
era solo
finzione. Nulla di più di un semplice castello di carte in
aria,
fatte cadere da un semplice sospiro, Tutto quello che aveva fatto per
lui andato perso per una scemenza simile. Perché era quel
genere di
cose che venivano definite 'scemenze', non era così? Aveva
dato
tutto sé stesso per ottenere la considerazione di Dean
Winchester,
per essere considerato suo amico. (Perché riusciva a capire
il
significato che quel legame aveva per gli umani e ancor di
più
quello che aveva per il cacciatore.) Adesso, invece, tutti i suoi
sforzi sarebbe andati perduti a causa di un'arma caduta dal Paradiso.
Un'arma che aveva portato alla luce le sue speranze e aveva fatto
salire dal buio i suoi incubi. In fondo, però, era questo
che
facevano le armi: distruggevano; e il loro rapporto era stato
distrutto.
Castiel
lo sentiva. Già riusciva ad immaginarsi perfettamente Dean
dopo la
fine dell'effetto del filo rosso: probabilmente ancora confuso da
ciò
che era successo si teneva una mano sulla fronte, strizzando gli
occhi e cercando di concentrarsi, i ricordi si affollavano nella sua
mente, poi il ricordo apparve chiaro e distinto; la
mano scese
come l'altra lungo il fianco, le rughe sulla fronte si rilassarono
per un momento, in un'espressione di puro terrore, poi il
collegamento e quindi, subito dopo, le urla contro di lui per aver
permesso che una cosa simile accadesse, probabilmente c'era anche
qualche oggetto che volava per la stanza.
L'immagine
era così chiara, nella sua mente, che non poteva non essere
reale.
Almeno quella. E non sarebbe riuscito a sopportarlo, principalmente
perché sentiva che l'altro avrebbe avuto pienamente ragione.
Scosse
la testa, sfinito già solo dai propri pensieri.
Dean
era rimasto immobile, a guardarlo. Dovevano essere passati diversi
minuti, ma non aveva emesso parola. Stranamente il cacciatore che non
riusciva a stare fermo e in silenzio ci era riuscito. Era ancora
opera dell'arma o Dean era molto diverso di come voleva sempre
apparire? Lo fissava solamente, con uno sguardo interrogativo negli
occhi. Quegli occhi.
Cosa
volevano chiedergli? Spiegazioni riguardo le sue parole? Chiarimenti
riguardo il suo comportamento? Parole per giustificare quel silenzio?
O forse iniziava già a dubitare del gesto commesso? Stava
già
tornando lucido e le prime domande iniziavano a farsi strada nella
sua mente? Era possibile nonostante tenesse ancora il filo con
sé?
In fondo i Winchester si erano dimostrati capaci di tornare vigili
durante una possessione demoniaca. Potevano farlo anche con le
'possessioni' (poteva veramente chiamarle in quel modo?) delle armi
angeliche?
Scosse
il capo nuovamente, con più decisione questa volta.
«
Grazie Dean. Per l'aiuto. » Alzò la mano, ancora
aggrovigliata con la striscia di tessuto. Cercò di sembrare
calmo, imperturbabile,
come se quello che era appena accaduto non fosse mai realmente
successo, e lo sperava veramente. Voleva dire qualcos'altro, magari
un 'ci vediamo' o un 'ti faccio sapere', ma non era sicuro avrebbe
potuto mantenere delle simili parole. Non più.
Chiuse
gli occhi, sfinito.
Quando
li riaprì si trovava in un alto luogo, altre strade, altre
luci,
altri paesaggi, nessuna persona. Sollevò lo sguardo verso
l'edificio
diroccato che si trovava difronte a lui.
Prese
un respiro profondo e si diresse verso l'ingresso.
«
Quindi sei scappato. »
«
Io... No, non sono scappato. »
«
E allora cosa, Cassie? Sei praticamente fuggito. »
Distolse
lo sguardo, trovando improvvisamente interessante ogni singola
macchia sulla manica destra del proprio trench. Chissà come
se l'era
procurata, quella piccolina, quella proprio vicino al mordo della
manica. Anzi, in realtà era sorprendente vedere come fosse
pulito
quel trench, visto da quanto tempo lo indossava e la
quantità di
combattimenti che quel pezzo di stoffa aveva dovuto subire.
Si
era, comunque, recato lì per mettere al sicuro l'arma che
avevano,
con così tante difficoltà, recuperato, non per
raccontare ogni
minimo dettaglio di come ciò era avvenuto o di quello che
aveva o
non aveva fatto. Non capiva realmente come una cosa così
inutile
potesse risultare interessante. Eppure erano su quell'argomento da
almeno dieci minuti ed il suo interlocutore non sembrava intenzionato
a lasciar correre. Cosa aveva fatto di così malvagio da
dover subire
tutto ciò in un solo giorno?
«
Balthazar, devo tornare in Paradiso. Ho una guerra da portare avanti,
non ho tempo per queste sciocchezze. » Cercò di
risultare
infastidito, di riprendere la solita aria autoritaria, ma a giudicare
dall'espressione scettica dell'altro non doveva esserci riuscito. Era
tanto deplorevole il non voler parlare di un certo argomento?
Perché,
perché a lui.
«
Non cercare di cambiare discorso. Sappiamo tutti e due che nessuno ti
ha chiamato. » Lo sguardo dell'altro angelo sembrava cercare
di
leggergli la mente, si sentiva come se qualcuno stesse cercando pian
piano di abbattere ognuna delle barriere che lo proteggevano. Dovette
abbassare il capo, interrompere quel contatto, prima che l'altro
notasse quanto umano era diventato. Prima che tutto
fosse
perduto.
«
Questo non significa che non abbiano bisogno di me. »
Tentò. Non
era da lui arrendersi facilmente e non lo avrebbe fatto nemmeno in
una simile occasione e per un simile motivo.
«
Andiamo, Castiel! Per quante armi riusciamo a recuperare, per quanti
angeli riusciamo a portare dalla nostra parte, non sarà la
tua
presenza in Paradiso in questo preciso momento che cambierà
le sorti
della guerra. » Fece un attimo di pausa, come per enfatizzare
le
parole appena pronunciate, per fare in modo che venissero assimilate
meglio. « Ti serve più potere, per sconfiggere
Raffaele. » Questa
volta la pausa ci fu non tanto per un motivo retorico, quanto
perché
quello era un tasto dolente, un problema che non sapevano come
risolvere. « Ma non farmi cambiare discorso. Cosa
è successo? »
Sbuffò,
esasperato. Non era possibile! Certe volte quell'angelo gli sembrava
un bambino, altro che fratello maggiore!
«
Niente. Abbiamo recuperato un'arma. Non ne voglio parlare. »
Di
sicuro non se ne sarebbe liberato così facilmente, ma poteva
continuare a sperarlo, no?
___
Hey! ♥
Prima
di parlare del capitolo devo darvi una brutta notizia: questa
settimana mi sono messa sotto per recuperare tutti i compiti estivi
(sì, faccio parte del gruppo 'facciamo la valanga di compiti
l'ultima settimana') e mi sono resa conto che non riesco a tenere
bene il passo tra scuola e scrittura. Siccome la dannata per me
inizia il 5 (pianti
di disperazione in lontananza)
e visto che sto per iniziare ik quinto anno e vorrei partire nel modo
migliore, non sono sicura di riuscire a continuare ad aggiornare
settimanalmente.
Se
quindi il prossimo sabato non vedrete il nuovo capitolo, scusatemi,
sarò stata molto probabilmente uccisa dai professori.
Cercherò
di fare il mio meglio, ma è probabile che i capitoli inizino
ad
arrivare ogni
due settimane.
Detto ciò spero che questo capitolo vi sia piaciuto, perché io mi sono divertita abbastanza a scriverlo. (Mi hanno detto che questo è un chiaro segno che il capitolo verte sull'angst, ma non sono esattamente brava a riconoscere in quale genere inserire ciò che scrivo.)
Ah! Spero che Balthazar non risulti ooc. Credo di aver letto troppe fanfiction AU, ultimamente. (...)
Fatemi sapere cosa ne pensate
con una recensione,
magari. Mi fa sempre molto piacere leggere le vostre opinioni!
E
soprattutto grazie (ancora)
a chi lo ha già fatto, a chi ha inserito la fanfiction tra i
preferiti, chi tra i seguiti e chi tra le ricordate. ♥
A
presto! ♥ (Spero.)