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Autore: Dania    31/08/2013    2 recensioni
Castiel è riuscito a rintracciare un'altra arma angelica. Avrà perè bisogno dell'aiuto dei Winchester per recuperarla. Non tutto però andrà bene come sperato.
Se solo il volume della musica fosse stato un po' più basso avrebbero sentito il frullio delle ali. Se solo il volume della musica fosse stato un po' più basso non avrebbero rischiato l'ennesimo incidente, quando una voce profonda parlò dal sedile posteriore della macchina.
|Destiel|
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sesta stagione
Capitoli:
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Titolo: Il filo rosso.
Autore
: Dania.
Fandom
: Supernatural
Pairing/Personaggi
: Dean Winchester/Castiel, Sam Winchester, Balthazar.
Rating
: Momentaneamente verde, destinato a salire nel corso dei capitoli.
Charapter
: 4/?
Words
: 2200/?
Genere
: Introspettivo, Sentimentale.
Summary
: Castiel è riuscito a rintracciare un'altra arma angelica. Avrà perè bisogno dell'aiuto dei Winchester per recuperarla. Non tutto però andrà bene come sperato.

DISCLAIMER: Non mi appartengono, non ci guadagno nulla.



Capitolo 3


[ Castiel's POV ]

Quel piano gli aveva messo ansia fin dall'inizio.
Non tanto per il dover entrare in un casinò, nemmeno per il dover giocare (si stava quasi abituando alle usanze umane, ancora non le capiva, certo, ma certe cose non lo sorprendevano più come una volta), quanto per il potere dell'arma che stavano andando a recuperare. Lui era però l'unico in grado di identificarla e Dean sembrava così sicuro del suo piano che proprio non era riuscito a rifiutarsi.
Si era così ritrovato in un completo, sembrava che i suoi normali abiti non fossero adatti all'occasione, e a viaggiare ancora una volta in un automobile. Sorvolando l'argomento 'lentezza dei mezzi umani', trovare l'arma non era stato affatto difficile, come non lo era stato nemmeno impossessarsene. I problemi erano iniziati a giungere con la partita a poker. Il gioco in sè per sé andava bene: a forza di seguire Dean e Sam aveva imparato le basi, in più riusciva a leggere chiaramente i pensieri di tutti gli altri partecipanti. Era quindi filato tutto liscio da questo punto di vista, ma più la benda era a contatto con lui, più iniziava a notarne gli effetti. Ed erano quelli la vera causa della sua ansia.
Ancora non sapeva come fosse riuscito a sopravvivere, psicologicamente parlando, fino al momento in cui si era finalmente recato fuori da quell'edificio infernale, letteralmente. Non sapeva cosa fare, ogni parte della sua mente gli urlava di agire in un modo diverso dalle altre. Stava cercando di mettere ordine nei propri pensieri, quando Dean era tornato. Aveva preso in seria considerazione l'idea di tornare da Balthazar, di mettere al riparo l'arma e poi andare in Paradiso, ma qualcosa lo aveva tenuto lì, come se i suoi piedi fossero stati incastrati nell'asfalto. Che idea bizzarra, era una cosa che non sarebbe mai potuta accadere! L'asfalto su cui si trovava era sicuramente più che asciutto!
Poi Dean era, appunto, apparso con un ghigno compiaciuto in volto e l'incasso in mano.
« Grazie Cass. »
Non si era fermato ad osservare quel sorriso, quel sorriso che tanto gli piaceva, come avrebbe fatto in qualsiasi altra occasione. Non ce l'aveva fatta, non era riuscito nemmeno a rimanere lì, fermo. Era turbato, e non sapeva esattamente per cosa o come spiegarselo. Era un angelo, dannazione!, non doveva provare sensazoni umane.
Ormai non ci doveva però essere abituato? Da quando era entrato in contatto con Dean e Sam, quella non era la prima volta in cui sentiva qualcosa di simile. Era arrivato a dubitare persino della parola di suo Padre, stando con loro. Lo stavano cambiando. Stava diventando... umano. Glielo avevano detto: il troppo cuore era sempre stato il suo problema.
I suoi piedi si mossero da soli, impazienti. Si stavano dirigendo al parcheggio dove loro avevano lasciato la macchina di Dean, l'Impala.
Era concentrato nei suoi pensieri, cercare di capire cosa non stava andando nel verso giusto, cosa non aveva funzionato, come mai erano arrivati a quel punto. Non notò che l'altro, che fino a quel momento lo aveva seguito in silenzio qualche passo più indietro, aveva azzerato la distanza tra loro. Se ne rese però conto tardi, probabilmente, solo quando l'unica cosa che poteva vedere era il verde intenso e chiaro dei suoi occhi. Verde leggermente diverso dal solito, forse più liquido, più appannato.
Il contatto successivo fu improvviso. Spalancò gli occhi, sorpreso. Non si sarebbe veramente mai immaginato nulla di simile. Non sapeva cosa fare. Era turbato, ora più di prima. Vide gli occhi di Dean chiudersi, i suoi muscoli del collo, delle spalle, di tutto il corpo rilassarsi; sentì la sua bocca curvarsi in un leggero sorriso, mentre premeva delicatamente contro la propria; sentì il proprio cuore fare un tonfo, perdere un battito. Gli afferrò le spalle, cercando di essere il più delicato possibile come doveva essere consono in quell'occasione, e lo allontanò. Era comico cone invece i propri muscoli si erano tutti irrigiditi,persino più del normale.
« Dean... »
Sembrò che tutta la gamma delle emozioni umane avessero fatto a gara per conquistarsi un posticino negli occhi verdi del ragazzo. Gioia, per quello che era appena accaduto, rabbia, perché era stato interrotto così bruscamente, speranza, di poter riprendere quel contatto, rimorso, per non averlo stretto a sé il più forte possibile, gelosia, per non avere l'onore di poter dire che quelle labbra erano sue, ansia, per quell'unica parola pronunciata dall'angelo, paura, di poter ricevere un rifiuto. Trattenne il respiro.
« Pensavo... » Abbassò il capo, il cacciatore, e chiuse gli occhi, rimanendo in silenzio per qualche secondo. « Pensavo fosse questo... quello che volevi. »
La testa iniziava a girargli la testa. Ogni tanto si dimenticava che il suo tramite, quel corpo in cui era costretto, aveva dei bisogni necessari; e l'aria era sicuramente uno di questi. Riprese quindi fiato. Non per questo riuscì però ad emettere parola. Sembrava che il suo cervello si fosse congelato. Come, come poteva dire quello che doveva dire?
« Dean... » Inspirò nuovamente, l'aria fece un leggero rumore, entrando con forza nelle sue narici. « Questo... » L'ennesimo respiro profondo. Poteva farcela. Doveva farcela. « Questo non sei tu. Non fare qualcosa di cui potresti pentirti domani. »
Non ci era riuscito.
Non era riuscito a dirgli che quello non era lui, Dean, perché era quello che lui, Castiel, desiderava l'altro fosse. Perché era da troppo tempo che teneva il filo rosso a contatto con il corpo del suo tramite, con quello che ormai era il suo corpo, e quindi l'arma aveva iniziato ad esercitare il proprio potere: far avverare i desideri più profondi ed intimi di chi la possedeva. Quei desideri che non erano più solo tali, ma erano diventati qualcosa in cui la persona credeva ciecamente, nonostante non avesse mai avuto il minimo segno che potesse diventare realtà. Qualcosa in cui aveva fede.
Proprio come aveva temuto fin dall'inizio.
Dean aveva fatto così tanto per lui. Prima di tutto gli aveva creduto e aveva creduto in lui, poi gli aveva insegnato a dubitare, a provare emozioni, lo aveva pian piano accompagnato verso la strada tortuosa della libertà, gli aveva spiegato cosa fosse, perché valeva la pena lottare per possederla, per chi valeva la pena lottare. Lo aveva accolto nella sua famiglia, gli aveva dato qualcuno su cui contare e per il quale dare la propria vita. E lo aveva fatto. Era andato contro la propria, di famiglia, quella di sangue, così direbbero gli umani, e si era ribellato, per il bene dell'altra, quella che invece con il sangue non terminava. Era morto per proteggerli ed era tornato in vita per continuare a farlo. Aveva capito quale era il suo posto nel mondo. Accanto a loro. Accanto a lui, Dean.
Proprio come aveva temuto fin dall'inizio.
Il filo rosso aveva percepito questa sua scoperta, l'aveva fatta propria e si era adoperato in modo da non renderla solo delle belle parole, ma vera e propria realtà. Il cacciatore ora sembrava avere il suo stesso desiderio, quello di vicinanza, di potersi completare a vicenda. Di diventare un perfetto uno.
Solo che questo non era il Dean che lui conosceva. Non era reale.
Che buffo.
Sembrava una contraddizione veramente ridicola. Cercare di far avverare con tutte le forze un proprio desiderio, di farlo diventare reale e una volta averlo ottenuto rendersi conto che non era così, che era solo finzione. Nulla di più di un semplice castello di carte in aria, fatte cadere da un semplice sospiro, Tutto quello che aveva fatto per lui andato perso per una scemenza simile. Perché era quel genere di cose che venivano definite 'scemenze', non era così? Aveva dato tutto sé stesso per ottenere la considerazione di Dean Winchester, per essere considerato suo amico. (Perché riusciva a capire il significato che quel legame aveva per gli umani e ancor di più quello che aveva per il cacciatore.) Adesso, invece, tutti i suoi sforzi sarebbe andati perduti a causa di un'arma caduta dal Paradiso. Un'arma che aveva portato alla luce le sue speranze e aveva fatto salire dal buio i suoi incubi. In fondo, però, era questo che facevano le armi: distruggevano; e il loro rapporto era stato distrutto.
Castiel lo sentiva. Già riusciva ad immaginarsi perfettamente Dean dopo la fine dell'effetto del filo rosso: probabilmente ancora confuso da ciò che era successo si teneva una mano sulla fronte, strizzando gli occhi e cercando di concentrarsi, i ricordi si affollavano nella sua mente, poi il ricordo apparve chiaro e distinto; la mano scese come l'altra lungo il fianco, le rughe sulla fronte si rilassarono per un momento, in un'espressione di puro terrore, poi il collegamento e quindi, subito dopo, le urla contro di lui per aver permesso che una cosa simile accadesse, probabilmente c'era anche qualche oggetto che volava per la stanza.
L'immagine era così chiara, nella sua mente, che non poteva non essere reale. Almeno quella. E non sarebbe riuscito a sopportarlo, principalmente perché sentiva che l'altro avrebbe avuto pienamente ragione.
Scosse la testa, sfinito già solo dai propri pensieri.
Dean era rimasto immobile, a guardarlo. Dovevano essere passati diversi minuti, ma non aveva emesso parola. Stranamente il cacciatore che non riusciva a stare fermo e in silenzio ci era riuscito. Era ancora opera dell'arma o Dean era molto diverso di come voleva sempre apparire? Lo fissava solamente, con uno sguardo interrogativo negli occhi. Quegli occhi.
Cosa volevano chiedergli? Spiegazioni riguardo le sue parole? Chiarimenti riguardo il suo comportamento? Parole per giustificare quel silenzio? O forse iniziava già a dubitare del gesto commesso? Stava già tornando lucido e le prime domande iniziavano a farsi strada nella sua mente? Era possibile nonostante tenesse ancora il filo con sé? In fondo i Winchester si erano dimostrati capaci di tornare vigili durante una possessione demoniaca. Potevano farlo anche con le 'possessioni' (poteva veramente chiamarle in quel modo?) delle armi angeliche?
Scosse il capo nuovamente, con più decisione questa volta.
« Grazie Dean. Per l'aiuto. » Alzò la mano, ancora aggrovigliata con la striscia di tessuto. Cercò di sembrare calmo, imperturbabile, come se quello che era appena accaduto non fosse mai realmente successo, e lo sperava veramente. Voleva dire qualcos'altro, magari un 'ci vediamo' o un 'ti faccio sapere', ma non era sicuro avrebbe potuto mantenere delle simili parole. Non più.
Chiuse gli occhi, sfinito.
Quando li riaprì si trovava in un alto luogo, altre strade, altre luci, altri paesaggi, nessuna persona. Sollevò lo sguardo verso l'edificio diroccato che si trovava difronte a lui.
Prese un respiro profondo e si diresse verso l'ingresso.


« Quindi sei scappato. »
« Io... No, non sono scappato. »
« E allora cosa, Cassie? Sei praticamente fuggito. »
Distolse lo sguardo, trovando improvvisamente interessante ogni singola macchia sulla manica destra del proprio trench. Chissà come se l'era procurata, quella piccolina, quella proprio vicino al mordo della manica. Anzi, in realtà era sorprendente vedere come fosse pulito quel trench, visto da quanto tempo lo indossava e la quantità di combattimenti che quel pezzo di stoffa aveva dovuto subire.
Si era, comunque, recato lì per mettere al sicuro l'arma che avevano, con così tante difficoltà, recuperato, non per raccontare ogni minimo dettaglio di come ciò era avvenuto o di quello che aveva o non aveva fatto. Non capiva realmente come una cosa così inutile potesse risultare interessante. Eppure erano su quell'argomento da almeno dieci minuti ed il suo interlocutore non sembrava intenzionato a lasciar correre. Cosa aveva fatto di così malvagio da dover subire tutto ciò in un solo giorno?
« Balthazar, devo tornare in Paradiso. Ho una guerra da portare avanti, non ho tempo per queste sciocchezze. » Cercò di risultare infastidito, di riprendere la solita aria autoritaria, ma a giudicare dall'espressione scettica dell'altro non doveva esserci riuscito. Era tanto deplorevole il non voler parlare di un certo argomento? Perché, perché a lui.
« Non cercare di cambiare discorso. Sappiamo tutti e due che nessuno ti ha chiamato. » Lo sguardo dell'altro angelo sembrava cercare di leggergli la mente, si sentiva come se qualcuno stesse cercando pian piano di abbattere ognuna delle barriere che lo proteggevano. Dovette abbassare il capo, interrompere quel contatto, prima che l'altro notasse quanto umano era diventato. Prima che tutto fosse perduto.
« Questo non significa che non abbiano bisogno di me. » Tentò. Non era da lui arrendersi facilmente e non lo avrebbe fatto nemmeno in una simile occasione e per un simile motivo.
« Andiamo, Castiel! Per quante armi riusciamo a recuperare, per quanti angeli riusciamo a portare dalla nostra parte, non sarà la tua presenza in Paradiso in questo preciso momento che cambierà le sorti della guerra. » Fece un attimo di pausa, come per enfatizzare le parole appena pronunciate, per fare in modo che venissero assimilate meglio. « Ti serve più potere, per sconfiggere Raffaele. » Questa volta la pausa ci fu non tanto per un motivo retorico, quanto perché quello era un tasto dolente, un problema che non sapevano come risolvere. « Ma non farmi cambiare discorso. Cosa è successo? »
Sbuffò, esasperato. Non era possibile! Certe volte quell'angelo gli sembrava un bambino, altro che fratello maggiore!
« Niente. Abbiamo recuperato un'arma. Non ne voglio parlare. »
Di sicuro non se ne sarebbe liberato così facilmente, ma poteva continuare a sperarlo, no?

___

Hey!

Prima di parlare del capitolo devo darvi una brutta notizia: questa settimana mi sono messa sotto per recuperare tutti i compiti estivi (sì, faccio parte del gruppo 'facciamo la valanga di compiti l'ultima settimana') e mi sono resa conto che non riesco a tenere bene il passo tra scuola e scrittura. Siccome la dannata per me inizia il 5 (pianti di disperazione in lontananza) e visto che sto per iniziare ik quinto anno e vorrei partire nel modo migliore, non sono sicura di riuscire a continuare ad aggiornare settimanalmente.
Se quindi il prossimo sabato non vedrete il nuovo capitolo, scusatemi, sarò stata molto probabilmente uccisa dai professori.
Cercherò di fare il mio meglio, ma è probabile che i capitoli inizino ad arrivare
ogni due settimane.

Detto ciò spero che questo capitolo vi sia piaciuto, perché io mi sono divertita abbastanza a scriverlo. (Mi hanno detto che questo è un chiaro segno che il capitolo verte sull'angst, ma non sono esattamente brava a riconoscere in quale genere inserire ciò che scrivo.)

Ah! Spero che Balthazar non risulti ooc. Credo di aver letto troppe fanfiction AU, ultimamente. (...)

Fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione, magari. Mi fa sempre molto piacere leggere le vostre opinioni!
E soprattutto grazie
(ancora) a chi lo ha già fatto, a chi ha inserito la fanfiction tra i preferiti, chi tra i seguiti e chi tra le ricordate.

A presto! (Spero.)

   
 
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