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Autore: Blue_    01/09/2013    2 recensioni
"Il problema è che c'è bisogno di un po' d'alcool per divertirsi, perchè ormai, quel sano divertimento che provavamo da bambini, non ci basta più.
Ormai siamo totalmente inquinati dal mondo.
[...]
E proprio come la vodka, appariamo semplice acqua a prima vista, ma se qualcuno inizia a gustarci, a conoscerci meglio, potrebbe capire quanto siamo stati inquinati dalla vita."
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Never Forget Me..

La musica era così alta che mi scuoteva da dentro, sentivo il cuore andare a ritmo con la vibrazione delle casse poste difronte a me. 
Strano modo per sentirsi viva, eh?
Allora perchè uccidersi lentamente ingurgitando quel liquido trasparente che tenevo nel bicchiere? Trasparente, la vodka, si finge innocente come l'acqua, ma al contrario di questa ti inebria la mente. L'alleggerisce in qualche modo o allevia il peso, ma l'effetto non dura per sempre.
Una volta che passava, la leggerezza, lasciava il posto alla consapevolezza. 
La consapevolezza di aver bevuto per scappare da qualche problema, qualunque esso sia. Si beve per divertirsi, perchè si sa, quando si beve tutto diventa più semplice. Si lascia da parte la timidezza e il dovere e ci si lascia andare.
Da ubriachi ci si sente imbattibili, nessuno può fermarti. 
Il problema è che c'è bisogno di un po' d'alcool per divertirsi, perchè ormai, quel sano divertimento che provavamo da bambini, non ci basta più.
Ormai siamo totalmente inquinati dal mondo.
Prima ci bastavano delle costruzioni o una palla o semplicemente il niente, perchè grazie alla fantasia riuscivamo a inventarci delle storie pazzesche.
La fantasia era la migliore magia che potessimo avere da bambini: riuscivamo a trasformare il bastone di una scopa in un maestoso destriero, un cono in un cappello da mago, un ramoscello nella più potente bacchetta magica. 
Poi non si sa quando, qualcosa è cambiato; i nostri occhi hanno iniziato a vedere la realtà, che sempre più insistente, si presentava davanti a noi. 
E proprio come la vodka, appariamo semplice acqua a prima vista, ma se qualcuno inizia a gustarci, a conoscerci meglio, potrebbe capire quanto siamo stati inquinati dalla vita. 
Ed io? Quand'è che mi ero trasformata in una noiosa ventenne dallo sguardo spento e il sorriso inesistente? Da quando questa stupida maschera di cera, inespressiva, si era impossessata del mio viso?
Nel locale, anzi nei locali, che frequentavo, indossavo la mia miglior maschera: occhi provocanti e sorriso finto, enigmatico. Tutti ci cascavano. Nessuno aveva mai cercato di sciogliere questa maschera, e a nessuno importava farlo.
Andavo nei pub solitamente sola, senza amiche con cui tornare a casa o condividere il divertimento, forse perchè di amiche non ne avevo.
Ero talmente cambiata che nessuno voleva avere più niente a che fare con me. Perciò entravo nel locale con l'unico obbiettivo di abindolare qualcuno e portarmelo a letto e questo succedeva ogni sabato sera. Mi ero traformata in una troia? In una poco di buono? Possibile. Mi piaceva? No. Ma la mia poca forza di volontà non mi aiutava ed è per questo che lo facevo.
Era un circolo vizioso: cercavo solo qualcuno che riuscisse ad amarmi, anche solo per una notte. Cercavo qualcuno che potesse aiutarmi a tornare quella di una volta. Volevo sentirmi amata, voluta da qualcuno e trattata come meritavo.
Questo però, purtroppo, non sempre succedeva. O forse sì.
Come ogni troia che si rispetti, dovevo aspettarmi di trovare quello stronzo che non sa come trattarmi. Sì, mi è capitato di incontrare ragazzi che non sapessero prorpio cosa volessero dire le parole: delicatezza, tenerezza e tatto.
Non so se possano essere considerati stupri dato che sono andata io da loro, con quale faccia potevo lamentarmi dei loro modi poco gentili?
E in qualche modo sapevo che quel modo me lo meritavo davvero.
Perchè siamo attratti da chi ci fa del male e ci causa dolore? E' una delle domande che spesso mi torna in mente.
Anche quando ieri notte sentivo tutte quelle persone che mi spintonavano e che non badavano a me. Talmente impegnati a divertirsi da non percepire la mia silenziosa richiesta d'aiuto esternata con una semplice lacrima che, sfuggita al mio controllo, rigava la mia guancia sinistra. 
Qualcuno con mia grande sorpresa, forse se ne accorse. Ero convinta di aver finalmente trovato il mio salvatore, il mio amante perfetto che con pazienza mi avrebbe acudito e rimesso in sesto, ma come ogni domenica mattina mi svegliai da sola nel letto, con solo i miei indumenti sparsi per la camera. Certe volte mi chiedevo se non fosse tutto frutto della mia fantasia. Se quella che vivevo non fosse soltanto una vita inventata da me stessa, se tutti quegli uomini che facevo entrare in casa in realtà non fossero soltanto dei fantasmi creati da me per placare i miei pensieri almeno una volta a settimana. Poi però avevo alcuni ricordi vividi in me che mi facevano ricredere e la breve illusione, sul fatto di non essere stata una troia, svaniva riportandomi con i piedi per terra.
Stavo seduta, lì, come sempre, sul morbido puff in pelle color crema, posizionato davanti alla vetrata che faceva da parete al mio appartamento al ventesimo piano. Tenevo la mia solita tazza di caffèlatte in mano, e guardavo il meraviglioso spettacolo che mi si presentava davanti: Londra alle 7 del mattino. Era il momento che preferivo della giornata. Si respirava una tale tranquillità nell'aria che quasi mi sentivo in pace anche con me stessa, se non fosse stato per i flash della notte prima.
Il ricordo faceva più male del fatto stesso.
Ma la notte scorsa è stato diverso, è iniziata come sempre, ma qualcosa è andato storto: ballavo vicino alle casse da sola per sfogarmi, col mio bicchiere in mano, fino a quando non ho sentito una leggera pressione sul fianco sinistro provenire da dietro. Sorrisi consapevole di aver appena preso una nuova vittima (anche se poi a rimetterci ero sempre io), non mi voltai subito, continua ad ondeggiare ancora un po' cercando di diminuire la distanza tra la mia schiena ed il suo petto. 
Poi feci l'errore di girarmi.
Non vidi nient'altro se non i suoi occhi, a causa dell'oscurità e delle luci intermittenti. Quegl'occhi non riuscivo proprio a dimenticarli e questo mi faceva impazzire. Ogni volta che mi tornanavano in mente mi faceva male lo stomaco. Proprio come la sera precedente appena incrociai il suo sguardo una morsa insistente attanagliò il mio stomaco, smorzando per un attimo il mio respiro, che solo dopo qualche secondo riuscì a tornare regolare.
Mi sorrideva il ragazzo. Non lo capivo tanto dalla bocca, quasi completamente all'ombra, ma più che altro dalla piega che avevano preso i suoi occhi, così verdi da sembrare irreali. E forse avrei creduto che lo fossero davvero, se non mi fosse già capitato di vederne del genere.
Chiudendo gli occhi percepivo ancora, anche se in modo del tutto confusionale, il suo tocco sulle mie braccia nude. Era piacevole, le mani grandi sfioravano la mia pelle come forse nessuno aveva fatto. La sua voce roca mi sussurrava dei complimenti a cui a fatica credevo, non ero abituata, non a complimenti del genere. Solitamente i più usati erano "quanto sei figa" "Ti scoperei a 90" e altre porcate varie, che non sto qui a riferire, ma i suoi.. per una volta mi sono davvero sentita completa "sei stupenda, ma metti un po' troppo in mostra il tuo corpo" "Dovresti avere più rispetto di te stessa, sei uno spreco per questa gente". Già, dei complimenti insoliti, ma inaspettatamente piacevoli.
Ma allora perchè? Perchè se ero così stupenda come diceva ora non era qui, con me? Perchè non siamo a letto a scambiarci tenere coccole, post sesso? In realtà non ricordo nemmeno di esserci andata a letto. Ricordo di averlo fatto entrare in casa sotto sua richiesta e di aver accettato anche troppo facilmente, dato che non aveva ancora cercato di baciarmi.
Poi ho un vuoto, ricordo la mia figura stesa sul letto, ancora disfatto dalla mattina. Ero inerme, gli lasciavo fare, mi lasciai spogliare senza obbiettare. Era dannatamente bello sentire il suo tocco su di me. 
Un altro vuoto. 
Un sussurro che mi mise i brividi.
<< Ci sono io adesso >>
Quel brutto maiale doveva specificare che quel "adesso" andava esattamente dal momento in cui si è intrufolato nel mio letto al momento in cui mi sono addormentata. Chi sa a che ora aveva tolto il disturbo, poteva almeno lasciare un bigliettino, stronzo.
Sono abituata ad essere illusa e poi tradita, anche perchè faccio sempre tutto da sola, dico sempre che voglio solo una scopata e via, ma in realtà cerco molto di più.
Penso ancora a quanto sia stato bravo il ragazzo dagli occhi verdi ed i ccapelli scuri a prendersi gioco di me, sì, davvero furbo da parte sua usare quelle frasi con me.
Stavo per maledire il bel ragazzo quando un rumore di serratura mi fece prendere un colpo e mi fece rovesciare parte del contenuto della tazza sul maglione beije che indossavo.
Mi girai di scatto verso la porta d'ingresso e la vidi aprirsi per poi fare entrare un ragazzo con una cuffietta verde militare, dei jeans neri ed una maglia a maniche corte bianche, con tanto di sacchetto tra le mani. Poggiò le chievi nel bancone dopo aver chiuso la porta alle sue spalle e una volta voltatosi mi vide mentre lo fissavo con aria confusa e agitata, che ci faceva i ragazzo della scorsa notte in casa mia? Non se n'era andato? E perchè mi sembrava così familiare, illuminato dalla luce del mattino?
Mi rivolse un largo sorriso che definirei, sincero << Oh sei già sveglia? Volevo farti una sorpresa, peccato.. Buongiorno comunque >> disse togliendosi il cappellino e ravvivando i capelli scuri che solo ora notai furono dei ricci castani, si avvicinò a me, che ancora con la macchia di caffèlatte nel maglione, non avevo fiatato. Una volta che fu abbastanza vicino mi prese la tazza dalle mani, l'appoggiò sul tavolino in vetro affianco a me e tamponò, con un fazzoletto che aveva tolto dalla tasca dei jeans, la macchia sul mio petto. Lo guardai sorpresa, mai nessuno di quelli che avevo portato a casa l'avevo rivisto il mattino dopo, nè tanto meno si erano occupati così di me. Una volta tamponato per bene mi rivolse uno sguardo premuroso, simile a quello che i padri rivolgono alle figlie, da piccole; mi scompigliò leggermente i capelli e mi ci lasciò un tenero bacio sopra << Spero abbia dormito bene >>.
Quel ragazzo era.. strano. Più di me intendo!
Insomma, io facevo entrare estranei a casa mia e ci scopavo, è vero, ma lui si comportava come se fossimo stati amici da sempre e invece non sapevo manco il suo nome.
Si allontanò da me andando verso il bancone che collegava la cucina al soggiorno, in cui stavo << Se hai fame ho preso il cornetti, così possiamo fare colazione >> rimasi stupida da quella richiesta, ma ormai mi stavo abituando. Feci per alzarmi, ma lui mi precedette raggiungendomi e porgendomi il sacchetto da cui aveva tolto fuori un caldo cornetto alla crema, storsi la faccia appena notai il ripieno giallasto fuoriuscire abbondante appena lo morse << Tranquilla, dentro c'è il tuo preferito, questo è per me >> che voleva dire il mio preferito? Aprì in fretta il sacchetto di carta che emanava calore e un delizioso profumo di cornetti appena sfornati e vidi un cornetto con una generosa spruzzata di cacao in polvere sopra. Ok, il mio cuore aveva decisamente iniziato a battere all'impazzata, erano anni che non ne prendevo uno così, ma forse il ripieno era diverso. Lo presi in mano e dopo avergli dato un morso sentii il dolce cioccolato al latte invadere ogni angolo della mia bocca. Adesso iniziavo ad essere davvero preoccupata: chi diamine era il ragazzo seduto accanto a me? Dopo che ingoiai il primo boccono decisi di rivolgergli la parola << Punto primo: buongiorno anche a te, punto secondo: come facevi a sapere del cornetto? >> sorrise, forse felice del fatto che finalmente avevo fiatato.
<< Punto primo: finalmente ti sei decisa a parlare, eh?, punto secondo: davvero non mi hai riconosciuto, Gem? >> sussultai, quel nomignolo, solo lui lo usava.

*15 anni prima*
<< Meg di qua, Meg di là! Tutti ti chiamano Meg, non è giusto! >> disse il bambino riccioluto che, imbronciato, tirava calci ai sassolini che si trovavano sulla sua strada.
<< Cosa ci posso fare io se mi chiamo così? >> rispose divertita la bambina che allegra guardava, dall'alto della sua altalena, il baambino rimasto a terra.
<< No! Tu ti chiami Margaret! Quegl'altri -disse con fare schifato- possono al massimo chiamarti Maggie, solo io posso chiamarti Meg >> e ne era fortemente convinto, quel bambino così dispettoso era terribilmente geloso della sua compagna di giochi che non voleva nemmeno la chiamassero come lui. Per lei, voleva essere speciale, non voleva essere uno dei tanti.
<< Allora inventati un altro soprannome, uno che potrai usare davvero solo tu >> lo incalzò la bimba con i capelli mori. Le piaceva andare sull'altalena proprio perchè sentendo il vento che le spettinava i capelli si sentiva libera come un uccellino che dopo tanti anni chiuso in gabbia veniva liberato. Al bambino, entusiasta della proposta fatta, gli si illuminò il volto e gli occhi gli divennero ancora più limpidi di quanto già non fossero.
<< Cavolo, come potrei chiamarti? >> chiese penserioso sfregandosi il mento con la mano destra << GEM! >> urlò ad un tratto, alzando la stessa mano verso l'alto, come se avesse scoperto il più importante mistero del mondo. << Come scusa? >> chiese la bambina che ora andava sempre più veloce sull'altalena, cercando di andare sempre più in alto << Sì, ti chiamerò Gem, è il contrario di Meg, così mi distinguerò completamente dagli altri. Gem -ripetè ancora una volta per convincersene- sì, mi piace; semplice, ma efficace. Funziona! >> 


<< Ha-Harry? >> chiesi tremante al ragazzo di fronte a me che mi guardava divertito << Ce ne hai messo di tempo! >> un ampio sorriso si fece spazio sul suo viso rivelando quelle due deliziose fossette che lo caratterizzavano e per il quale siamo diventati amici 

*16 anni prima*
<< Che fai tutta sola? Non vieni a giocare? >> le chiese un bambinetto con i calzoni blu notte e la faccia piena di fango.
<< I-Io non sono molto brava a calcio >> rispose timida la bambina seduta all'ombra del vecchio albero, alzando lo sguardo verso il suo interlocutore e accennando un sorriso.
Ma il bambino non ascoltò una sola parola di quello che disse, troppo attento a scrutare il suo volto.
<< Oddio! Ma tu hai i capelli mossi e marroni come i miei! E hai anche gli occhi verdi come i miei! E.. no, non ci credo.. hai anche le mie stesse fossette!! -disse infilando l'indice sporco di terra nella morbida guancia della bambina- Vieni con me, devo farti vedere da mia madre, potremmo essere fretelli sai? >> la prese per una mano e con forza se la trascinò dietro, senza pensare al profondo legame che si sarebbe potuto instaurare tra loro.


Lasciai ricadere il cornetto morsicato nel sacchetto e continuai a fissarlo a bocca aperta, ma vedendo che non proferivo parola decise di prendere l'iniziativa << E per fortuna che sei tu quella che mi ha chiesto di "non dimenticarti mai" >> ricordò il riccio alzando un sopraciglio e rivolgendomi un sorriso sghembo. Non poteva essere lui! Era partito 14 anni fa! Non lo vedevo da allora e non lo sentivo da 13 anni, com'era possibile che mi avesse ritrovata?
<< La piccola e forte Gem che piange? Questa mi è nuova >> disse avvicinandosi e asciugandomi le lacrime che improvvisamente avevano iniziato a rigarmi il volto, senza il mio consenso e senza che me ne accorgessi.
Appena fu abbastanza vicino a me, mi persi un secondo nelle sue iridi che tanto mi sapevano di pace, tranquillità e.. casa. E poi lo abbracciai di slancio, affondando il mio viso nell'incavo del suo collo e inalando il suo profumo. 
Nonostante gli anni, il suo odore non era cambiato, forse si era fatto leggermente più maturo, proprio come lui. Si vedeva che era cambiato, ma in meglio, almeno lui.
Sentii le sue mani che come la sera prima mi strofinavano la schiena con fare rassicurante, non provocatorio e in un attimo ricordai ogni particolare della nottata trascorsa in sua compagnia.

*6 ore prima*
<< Portami a casa tua >> sussurrò il bel ragazzo nell'orecchio di Meg, la quale, come sempre, acconsentì anche troppo facilemente e con più entusiasmo del dovuto. Dopo aver chiamato un taxi, si ritrovarono davanti al portone in ciliegio dell'appartamento di lei. Cercò per 5 minuti buoni le chiavi nella pochette argentate che teneva in mano e ne impiegò altri 5 per cercare il buco della serratura, che non trovò. Infine si arrese e diede al riccio l'onore di aprire il portone e trascinarla dentro come se fosse lei l'ospite.
Immediatamente si tolse i tacchi 12 che da un paio di ore le stavano torturando i piedi, buttò la pochette sul divano e immediatamente si scaraventò sul collo del ragazzo che vedendo quanto fosse ubriaca l'amica, la porto nella sua stanza e la fece sdraiare sul letto. Sorrise vedendo il letto ancora sfatto, se c'era una cosa della vecchia Gem che non era morta, era la sua pigrizia.
Delicatamente le sfilò il vestito nero e i collant color carne. Dovette trattenersi per non approfittare anche un minimo di tutto quel ben di Dio che si ritrovava davanti agli occhi. Non che volesse fare chi sa cosa, solo baciarla.
Dopo averla messa sotto le coperte tornò in soggiorno, si tolse la giacca e si sbottonò la camicia, dopo di che si addormentò nel divano, dopo aver ripercorso tutti i momenti passati con la sua Gem che ora gli sembrava quasi un'estranea.


Ancora abbracciati nessuno di noi due voleva staccarsi, nè tantomeno parlare. Entrambi avevamo paura di rovinare quel bel momento, venuto a creasi. 
Ci erano ritrovati.
Harry, alla fine, era tornato da me. La sua Gem.

*14 anni prima*
-Aereoporto-
<< Andiamo Harry, saluta Meg che tra poco parte il nostro aereo >> disse con tenerezza Anne, la madre di Harry. Era commossa dalla scena che gli si presentava davanti: i due bambini, diventati inseparabili dopo quel giorno al parco, non avevano intenzione di non tenresi per mano; neanche per un minuto.
Affranto, il ricciolino si voltò verso l'amica, le prese entrambe le mani e la guardò per alcuni eterni secondi, negli occhi << Tornerò, chiaro? Non è un addio. Siamo indistruttibili come i Power Rangers, ricordi? >> ma Gem, che nel mentre aveva chinato il volto, per non darla vinta a quelle lacrime che insistenti pizzicavano gli occhi, non rispose. Così il piccoletto, le prese il viso tra le mani e piantò con più decisione di prima le sue iridi verdi in quelle di lei << Tonerò. Tornerò sempre per te. >> riuscì così a strappare un sorriso alla piccola Gem che, convinta di quelle parole si frugò nella tasca sinistra del vestitino e porse un pezzo di stoffa al bambino di fronte a lei. Lui lo prese tra le sue mani: era parte del vestitino che si era rotta proprioalla festa di compleanno di Harry, lui sorrise ricordandosene, poi vide la scritta disordinata che macchiva la stoffa gialla: "Never forget me".
Si fece legare al polso quella striscia di raso << Harry è ora >> il bambino lasciò un tenero bacio sulla guancia dell'amica, dopo di che si voltò e corse dalla madre che salutò con un cenno della mano la povera Gem che ancora fissava il suo amico andarsene.


<< Ehi Gem, vuoi fare la muffa così o possiamo muoverci? >> sbuffai sorridendo << Scemo -dissi tirandogli un leggero pugno sulla spalla destra- mi sei mancato >> mi asciugai l'umidità rimasta sugli zigomi lasciata dalle lacrime e sorrisi al ragazzo che nel mentre aveva tolto fuori dalla tasca dei jeans il portafoglio. << Ma dove diamine è andato? >> frugava ogni minimo scompartimento di quel portafogli in pelle che sembrava essere infinito << Eccolo!! >> esordì, felice come un bambino, tirando fuori un pezzetto di stoffa gialla sfilacciata << No.. >> sussurrai portandomi le mani davanti alla bocca. << Oh sì, babe >> confermò ogni mio dubbio aprendo quella strisciolina, che avrei giurato fosse più lunga di qualche centimetro. Si leggeva ancora quasi chiaramente la scritta << Non me ne sono mai separato, è stato il mio portafortuna per molte occasioni >> mi rivelò, estremamente soddisfatto.
Cominciammo a parlare del più e del meno, avevamo ben 13 anni di arretrati, ci sarebbe servito molto più di un giorno. Soprattutto se dovevo spiegargli del mio cambiamento.

Dopo aver passato tutta quella domenica insieme decidemmo che si sarebbe trasferito da me, invece che risiedere in albergo. Stava da me solo da pochi giorni, ma già avevo smesso di andare portarmi a letto chiunque, soprattutto perchè non me lo consentiva.
Una delle tante sere in cui siamo stati sul divano a parlare, gli raccontai della mia metamorfosi comportamentale e si offrì di aiutarmi, come immaginavo. Gliene fui eternamente grata. 
Da quando vivevamo sotto lo stesso tetto ero molto più tranquilla, specie quando guardavamo un film insieme e puntualmente ci addormentavamo entrambi, abbracciati. Ormai associato i battiti del suo cuore alla più bella ninna nanna che si possa udire. Quel ritmo così pacato aveva il terribile potere di rilassarmi completamente e sommato alle carezze ai capelli erano la mia fine. Praticamente non mi addormentavo, svenivo direttamente sotto il suo tocco e sopra il suo torace.
Passò un mese dalla nuova convivenza e mi sentivo come rinata.
Mi convinse a riprendere gli studi e con essi anche a farmi delle nuove amicizie, preferibilmente solo femminili. La sua solita possessività nei miei confronti non svanì. 
Ogni volta che vedeva un ragazzo avvicinarsi, che fosse un collega o meno, lo faceva scappare a gambe levate con un solo sguardo e questo ad essere sincera mi faceva tanto piacere.
M'infastidiva invece quando qualche ochetta senza cervello gli ronzava intorno cercando in ogni modo di sedurlo, e mi urtava ancora di più vedere il modo con cui lui scherzava con loro. Sembrava che non si accorgesse di quanto quelle se lo mangiassero con gli occhi. 
Al quinto mese di convivenza decise di chiedermi di uscire, non una delle nostre solite uscite. Mi chiese un appuntamento, un vero appuntamento. Usò la scusa del "Me lo devi dopo non avermi riconosciuto quella domenica" ma in realtà non mi servivano stupide scuse per accettare, l'avrei fatto comunque. Sentivo che quell' "amicizia" si stava trasformando in qualcos'altro. Specialemente dopo che mi aiutò ad uscire da qul circolo vizioso che prima consideravo vita.
E quella sera, quando tornammo a casa, più sobri che mai, fu il suo casto bacio sulle labbra ad ubbriacarmi. 
Percepivo parte del materiale di scarico che prima m'inquinava da dentro, dissolversi. Appena quelle sue labbra rosee sfiorarono le mie, il mio corpo tremante si sentì più leggero, il macigno all'altezza del cuore era completamente distrutto. Al contrario, lo stomaco era irrimediabilmente contorto. Altro che farfalle, quel bacio le aveva trasformate definitivamente in pterodattili, che implacabili volavano e facevano la lotta tra di loro ogni volta che il riccio mi sfiorava.
E così, come mi promise: Harry e Gem, Gem e Harry, tornarono insieme, inseparabili ed indistruttibili come i Power Rangers a cui giocavamo da piccoli.
Harry, il mio Harry, quella domenica mi salvò.
Il mio salvatore, l'amante che cercavo per una sola notte, rimase con me da quel giorno fino ad oggi. E da quel giorno si prese cura di me, e del piccolo che da un paio di mesi tenevo in grembo.




 
MMMMA SAAALVEE
Ok, premetto che non so come mi sia uscito tutto questo, e se devo essere sincera non è per niente come l'avevo pensato, ma ha preso questa piega e boh.. l'ho continuata. 
Non ne sono particolarmente soddisfatta, ma sono le 3:22 (Uuuuh è Settembre!) e chiaramente non sono lucida, quindi ne approfitto e la  pubblico ora u.u
Niente, spero che vi piaccia, anche se ne dubito fortemente :P
Coooomunque aspetto dei vostri commenti :3
che spero arriveranno *fa la faccia da cucciolo*
Basta, mi dileguo.
Grazie comunque per aver letto e per essere arrivate/i fin qua giù.

Much Love

-B

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