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Autore: fren    06/03/2008    4 recensioni
Le coincidenze non esistono. Questo, almeno, è quello che Lina Inverse ha sempre pensato. Fino alla sera in cui, in una locanda di viandanti, lei e Gourry non si imbattono in un vecchio compagno d’arme dello spadaccino. Joy Shadow, questo il nome del mercenario, dopo aver suscitato un’istintiva antipatia nella maga, rivelerà di essere in viaggio per la stessa missione per cui sono stati ingaggiati anche loro. Una strana casualità, in cui Lina avverte subito puzza di bruciato. Cedendo alla richiesta dello spadaccino di condividere il viaggio con il suo amico di vecchia data la maga non ha la minima idea del fatto che Joy si insinuerà come fumo nero nella loro consolidata quotidianità, accampando delle pretese su Gourry e sconvolgendo i loro equilibri, né tantomeno dei pericoli a cui sta andando incontro. E, proprio quando il rapporto tra lei e lo spadaccino evolverà, trasformandosi in qualcosa di più della semplice amicizia, entrambi si troveranno a fare i conti con la prova più difficile mai affrontata fino a quel momento. Una prova che li porterà sul limite di un oscuro confine. Un confine che, una volta varcato, non permette di tornare indietro.
Genere: Avventura, Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amelia, Gourry Gabriev, Lina Inverse, Personaggio originale, Zelgadis Greywords
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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capitolo 1
Una strana coincidenza
 
‘Ci sono cose che decidiamo noi, poi ci sono un milione di coincidenze sulle quali non abbiamo nessun controllo, quegli eventi che ci portano in un certo posto, in un dato momento e che ci cambiano la vita per sempre. Chi controlla queste coincidenze? Una cosa è certa: non siamo noi.’ (Moonlight)

Le ultime gocce di pioggia scivolarono giù per la grondaia della locanda, perdendosi in pozze scure in cui si rifletteva la luna. La primavera avrebbe dovuto essere alle porte, ma era ancora presto per dire che l'inverno fosse ormai un ricordo lontano, e un freddo pungente ammantava di brina le notti di Telmord.
“Ripetilo se hai il coraggio!”
Digrignando i denti sbattei il palmo della mano contro al tavolo di legno, issandomi minacciosa in tutto il mio metro e cinquanta, e fissai dritto negli occhi quel bamboccio che evidentemente aveva scelto quella come ultima serata da trascorrere al mondo, prima della fine imminente che gli avrei fatto fare se non ritirava subito quello che aveva appena detto.
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia: “Ehi, ragazzina, vacci piano! Cosa ho detto di male? Ho solo constatato la realtà dei fatti!”
Gli uomini che assistevano alla scena si diedero di gomito: “Audace la piccola, eh? Scommetto dieci monete che lo stende!”
“Naa, il capitano che si fa mettere fuori gioco da una mocciosa? Dovrei dire di averle viste proprio tutte per assistere ad una scena del genere!”
Tranquillo, tesoro, ne ho anche per te se non ti tappi quella boccaccia.
“Senti… Ma non ti sembra di esagerare?” Mi domandò l’uomo che tenevo per il bavero della giubba. “In fondo la mia voleva essere una battuta , una semplice, innocente battuta!” Tentò di giustificarsi, esibendosi in un assai poco convincente sorriso. Avvicinai il viso al suo: “Se era una battuta, non faceva ridere. Sto seriamente prendendo in considerazione l’ipotesi di farti andare a dormire con una mascella rotta, sai? Almeno poi non te ne andresti in giro a fare commenti poco lusinghieri sulle delicate fanciulle indifese…”
Il tipo deglutì. Forse aveva capito che c’era poco da scherzare con la più grande e geniale maga che il mondo avesse mai visto, ovvero io, Lina Inverse.
“Quale fanciulla indifesa?” ironizzò, sempre sorridendo, quell’idiota. “Ah, saresti tu!”
I miei occhi si strinsero a due fessure.
Ora, spiegatemi, perché una brava ragazza come me non poteva ambire a passare una serata, una sola serata,  senza doversi sorbire battute idiote sulla taglia del suo seno? Senza contare che la pessima battuta del signor ‘facevo-meglio-a-farmi-gli-affari-miei’ arrivava giusto dopo una lunga giornata di avvenimenti non propriamente felici.
La vita di maga può essere molto dura, a volte.
"Solaria? Mai sentito." Aveva commentato Gourry quella mattina, guardandomi con l'aria di uno che cadeva dalle nuvole.
"La cosa non mi stupisce per niente..." avevo risposto, distratta, mentre controllavo il sigillo in ceralacca con l'elegante stemma del ducato.
Era primo mattino, e un pallido sole invernale penetrava attraverso le finestre della mia stanza.
Gourry si stiracchiò, levando le braccia sopra alla testa, mentre la spada che portava appesa alla cinta tintinnava contro all'armatura.
"Non scendi a fare colazione?" chiese, dopo avermi lanciato un'occhiata dubbiosa.
"Ehi, cos'è questa novità? Ti sembro malata, forse?" domandai, guardandolo da sopra al foglio che tenevo tra le mani.
Gourry si grattò la guancia:
"Non so, sei ancora in pigiama. Le cucine chiudono tra mezz’ora" borbottò, davanti al mio sguardo accigliato.
"Allora forse dovresti iniziare ad avviarti, in modo che io possa vestirmi.”
Gourry mi rivolse uno sguardo contrariato:
" Come vuoi, Lina. Ma poi non ti lamentare perché non ti ho lasciato niente!" disse, prima di darmi le spalle e dirigersi alla porta.
"Ci devi solo provare, cervello di medusa!" esclamai, lanciandogli il cuscino. Gourry lo scansò con un movimento aggraziato.
"Troppo lenta Lina, devi lavorare un po' sulla prontezza d'azione" puntualizzò, con una strizzata d'occhio.
"Cretino!" Questa volta gli lanciai uno dei miei stivali.
Lo spadaccino lo schivò nuovamente per un pelo, e la sua voce mi arrivò ovattata, al di là della porta:
"Ti do cinque minuti, Lina. Dopodiché mangerò tutto quello che il cameriere porterà, senza risparmiarmi!" Sentii che diceva, mentre i suoi passi si allontanavano per il corridoio.
Sospirando mi allungai sul letto, coprendomi il volto con il foglio di pergamena.
Non era un grande incarico.
Anzi, avrei osato dire che, per la grande Lina Inverse, era qualcosa di veramente banale.
Ma, dopotutto, non potevo cimentarmi solo in grandi imprese, giusto? Ogni tanto ci voleva qualche missione rilassante. Calcolai che per arrivare a Solaria non ci sarebbe voluto più di una settimana e presi la mia decisione. Potevo già sentire il peso della ricompensa nelle tasche.
Le fronde degli alberi disegnavano strane ombre che si rincorrevano nel riverbero della foresta. Stavo spiegando la situazione al mio amico, che però non sembrava molto propenso ad ascoltarmi.
"E quindi questo è tutto, capito?" Mi ero voltata verso Gourry, e l'avevo trovato appisolato contro il tronco a cui si era appoggiato mentre stimavo il bottino di cui ero appena entrata in possesso.
Non vorrei che vi faceste strane idee, non c’era nulla di illegale in tutto questo. Si era trattato giusto di una piccola, piccolissima disputa con due o tre banditi, e in fondo se l'erano battuta a gambe levate senza che li avessi sfiorati con un dito, dimenticandosi però, casualmente, della loro mercanzia. Ora, non perché fosse nel mio interesse, ma perché lasciare che quelle antiche monete, lucide e brillanti, si andassero ossidando in balia degli agenti atmosferici? Insomma, non ero un'esperta di numismatica, va bene, ma forse lo sarebbe stato qualcuno nel villaggio in cui ci apprestavamo ad entrare, e non mi potevo di certo tirare indietro davanti alla possibilità di aiutare qualche povero collezionista, che magari stava cercando proprio quelle preziose e rare monete, giusto? In fondo il mio era puro spirito di filantropia, l'aveva capito persino Gourry che, con un sospiro sconsolato, si era accasciato ai piedi di quell'albero, borbottando qualcosa del tipo: "Immagino sia del tutto inutile ricordarti che un furto non diventa meno grave se lo si compie ai danni di un malfattore, vero?"
Oh, certo. Gourry, il buon samaritano.
Il mio compagno di viaggio era uno spadaccino eccezionale, mai visto niente del genere, credetemi. Ma di certo non avrei potuto dire la stessa cosa sul suo modo di gestire il denaro, e di fiutare gli affari in generale. Però non glie ne facevo una colpa, essendo nobilitato dai suoi alti ideali cavallereschi, dubitavo che riuscisse a comprendere fino in fondo che quello, effettivamente, non era un furto.
E comunque, nel disgraziato caso che qualcuno avesse potuto provare il contrario, sbaglio o ci mangiava anche lui con quella refurtiva? Quindi trovavo vagamente irritanti i suoi scrupoli morali sul mio passatempo preferito. Però ero anche consapevole che, in fondo, Gourry aveva protestato sul serio poche volte. Nella maggior parte dei casi mi lasciava al mio hobby limitandosi a controllare che non mi succedesse niente di male. O, più spesso, che non succedesse niente di male a quelli con cui avevo a che fare. E in quel caso, per l'appunto, aveva saggiamente scelto di tenersi in disparte, mentre sistemavo quegli scocciatori da quattro soldi (sì, sì, avevo detto di non averli sfiorati nemmeno con un dito. Non che non li avessi tormentati un pochino con qualche innocente incantesimo!)
Sospirai e mi avvicinai a Gourry.
"Sveglia, lumaca di mare!" gridai, lanciandogli una pigna in piena fronte. Gourry si svegliò di soprassalto, spalancando gli occhi.
"Cosa…? Dove…?” sbatté le palpebre, confuso. “Credo di essermi appisolato” constatò infine.
Scossi la testa:
"Appisolato! Dormivi della grossa, Gourry! Comunque, per tua informazione, mentre scorazzavi felice nel mondo dei sogni, ho fatto una stima di quel che potrei ricavare rivendendo queste antiche monete, e quindi adesso scenderemo giù al villaggio a fare fortuna!”
Lo sguardo di Gourry si fece vigile: “Lina! Che fine hanno fatto quei poveri banditi?”
“Quali poveri banditi?” domandai, con finto stupore.
“Lina…” Lo spadaccino levò un sopracciglio.
“Ah, parli di quei tizi che a un certo punto hanno deciso di battersela lasciando qui tutta la loro roba. Mai visto qualcuno con tanta fretta di andarsene, credimi… avranno avuto qualche impegno improrogabile, cosa vuoi che ne sappia io!” conclusi vaga, evitando appositamente il suo sguardo.
Sentii Gourry sospirare alle mie spalle: aveva prudentemente deciso di lasciar cadere quel discorso.
“In ogni caso, hai capito quello che ti stavo dicendo?” proseguii, mentre spolveravo alcune gemme che si trovavano nella sacca delle monete.
Silenzio alle mie spalle.
Ecco, lo sapevo.
“Sei senza speranza…” borbottai, voltandomi verso Gourry, che mi osservava con l’indice alle labbra, l’espressione concentrata nel tentativo di ricordarsi qualcosa che in effetti non avrebbe mai ricordato, perché non aveva ascoltato una sola parola di quello che avevo detto per l’intero tragitto.
Emisi un lungo sospiro. “Sai, a volte mi chiedo come tu riesca a ricordarti di respirare…” dissi, mentre sistemavo le ultime cose che avevo intenzione di portare con me.
Gourry si sollevò, lanciando un’occhiata sospettosa ai sacchi con la mercanzia: “Lina, non avrai intenzione di trascinarti dietro tutta quella roba, vero?”
Lo guardai sgranando gli occhi: “No! Sei matto? Sarai tu a portare tutta questa roba giù al villaggio” dissi, mentre stringevo soddisfatta lo spago della sacca in cui avevo riposto tutto ciò che mi sembrava più interessante.
“Ah… E poi sarei io, quello matto?”
Oh, per gli dei quanto la faceva lunga.
“Non capisco davvero questa tua riluttanza nell’incoraggiare i miei commerci. In fondo si tratta di poca roba…” affermai con tono grave, mentre incrociavo le braccia al petto.
Gourry rispose al mio sguardo con aria ironica.
Entrambi evitammo di guardare verso la decina di sacchi che avevo accumulato stipandoli fino all’orlo.
E va bene, va bene. Forse quei due non erano stati gli unici briganti che avevamo incrociato sul percorso quella mattina. Che colpa ne avevo se quelli che fuggivano con la refurtiva lo facevano tutti nella mia direzione? E poi gli hobby vanno incoraggiati, lo sanno tutti.
“Tu non capisci” protestai, davanti all’irremovibilità dello spadaccino. “Questa è una delicata operazione finanziaria che il tuo cervello formato seme di sesamo ti impedisce di cogliere, ma è qualcosa di indispensabile!”
Sul volto di Gourry comparve un piccolo, odioso sorrisetto. Sembrava scettico.
“Inoltre,” proseguii , imperterrita, “dobbiamo considerare che le nostre uscite ultimamente sono direttamente proporzionali a quelli che io definirei, ecco... eccessi.” Mi piantai le mani sui fianchi. “Eccessi di entrambi” chiarii, sperando che si rendesse conto da solo che non potevano contare solo ed esclusivamente sull’incerto guadagno da mercenari per campare.
A quel punto Gourry si arrese: “D’accordo” sbuffò, controvoglia. “Ma ritieni davvero necessario portarti dietro tutta questa roba? Insomma… Proprio tutta?”
“Gourry, gli affari non si fanno di certo con quattro carabattole. Inoltre ti assicuro che ognuno di questi sacchi contiene solo oggetti di inestimabile valore, selezionati appositamente dalla sottoscritta mentre tu proseguivi la tua cura del sonno” dissi, mentre con il tallone spingevo indietro, lontano dal suo sguardo, una borsa da cui spuntava la zampa di un orsacchiotto di pezza.
Beh, non guardatemi con quella faccia. Il fatto è che in cuor mio speravo di ritrovare il bambino a cui era stato sottratto l’amico di pezza. Non ho un animo nobile? In alternativa avrei sempre potuto ripiegare su qualche negozio di giocattoli usati. Occorre sempre un piano B.
“Non pensavo fossimo così in bolletta da doverci trascinare dietro ben tredici candelabri… arrugginiti per di più” disse Gourry, scrutando il contenuto di una sacca. I suoi occhi si sollevarono nei miei: “Pensi davvero di riuscire a vendere questo ciarpame?”
Con un rapido gesto gli tolsi la refurtiva di mano: “Questo perché tu non hai la più pallida idea di come funziona il mondo degli affari. Tutto può essere venduto, Gourry, basta saper presentare la merce in un certo modo” dissi, mentre infilavo un’altra manciata di forchette nell’ultimo spazio vuoto che ero riuscita a trovare. “Ti assicuro che, se volessi, sarei in grado di vendere anche te!”
“Non nutrivo dubbi, in proposito” sospirò Gourry, ormai rassegnato all’idea di doversi prestare a fare da facchino fino al villaggio.
Sogghignai tra me e me, e lo caricai di altre tre borse.
“Spero almeno che se un giorno deciderai di liberarti di me in questo modo, lo farai per una somma consistente.”
“Ma, sai, dipende da tanti fattori” considerai, fingendo di rifletterci. “ Venduto singolarmente varresti decisamente di meno che se ti vendessi con la spada, ma dato che la spada la terrei per me…”
“Sei tremenda…” disse il mio amico, scuotendo la testa. Gli sorrisi: “In ogni caso, finché ti dimostrerai così servizievole, non dovresti correre rischi…” conclusi con una strizzata d’occhio.
In effetti, tempo addietro ero stata veramente accusata di essermi venduta il mio compagno di viaggio. Ancora adesso mi capita di chiedermi che razza di opinione si possa fare la gente di me per arrivare a dire simili cose. Però in quel caso era stata Sylphiel a fare la tragica affermazione, quindi supponevo di poterci anche passare sopra. Insomma, era ovvio che non potesse essere lucida mentre diceva una cosa del genere: Gourry era appena stato rapito, e lei era molto preoccupata per lui.
D’accordo, lo ero anch’io. Un pochino. Ma a differenza di Sylphiel conservavo ancora la lucidità sufficiente per rendermi conto che nessuno avrebbe potuto dire, o pensare, una simile cosa in circostanze normali.
Lo spero, almeno.
“Bene, questa era l’ultima!” Lanciai uno sguardo a Gourry, carico come un mulo da soma, e puntai l’indice davanti a me:  “Andiamo a fare fortuna!”
Quel villaggio era davvero grazioso. Piccole case col tetto di paglia e stretti vicoletti su cui affacciavano i negozi dei mercanti; il fornaio, il fabbro, il falegname, e, per ultimo, quello che cercavo io: l’orafo.
Entusiasta mi avviai verso la porta di legno della bottega. Lo spadaccino mi seguì sospirando: “Lina, non mi sento più le braccia” protestò, esausto. Incurante, gli lanciai una breve occhiata: “Porta pazienza Gourry, fra non molto l’unico peso che sentirai addosso sarà quello delle monete sonanti che ci intascheremo vendendo questa mercanzia!”
Gourry fece cadere a terra le borse stracolme, e si massaggiò la schiena: “Sarà… Ma sinceramente non capisco come tu possa vendere delle monete per avere in cambio altre monete. Insomma, non faresti semplicemente prima a tenerti queste?”
Roteai gli occhi al cielo: “Questo tuo ragionamento spiega alla perfezione il perché sia io, e solo io, ad occuparmi dei nostri affari. Stiamo parlando di monete da collezione, Gourry!” Estrassi da una piccola borsa alcune monete, mettendogliele sotto al naso. Si trattava di preziosi dischetti in metallo, finemente cesellati con arcani simboli. “ Con una di queste” proseguii, “non ci pagherei nemmeno un piatto di minestra, ma stimate da un buon intenditore, ognuna di queste monete ci garantirebbe vitto e alloggio nella miglior locanda del paese per una intera settimana!”
Gourry fissò a bocca aperta il piccolo oggetto che tenevo nel palmo della mano, dopodiché scosse la testa: “Se lo dici tu…”
Con rapido gesto della mano feci nuovamente sparire le monete nella sacca: “Se lo dico io puoi star certo che è così!” affermai, con sicurezza.
“Senti, Lina, ma com’è che ti intendi anche di monete da collezione?” Mi chiese lo spadaccino dopo qualche attimo di silenzio.
“Oh beh… Non è che io sia propriamente un’esperta, diciamo che ho giusto un’infarinatura generale sull’argomento. Insomma, una fanciulla deve tenersi aggiornata su come gira il mondo, senza contare che…” Mi schiarii leggermente la gola “Il collezionismo di monete viene spesso definito ‘l’hobby dei re’ e tu sai quali sono i miei progetti per il futuro, no? Quando finalmente incontrerò un bellissimo principe non posso correre il rischio di farmi trovare impreparata sull’argomento. Così quando lui mi chiederà di potermi mostrare il suo tesoro privato, trovandomi ferrata in materia non potrà fare a meno di pensare che sono la donna che ogni regnante vorrebbe avere accanto a sé…” conclusi con una punta di orgoglio. Non era un piano geniale? Erano anni che progettavo nei minimi dettagli il mio inserimento a corte, e considerando che ad una futura regina non erano richieste particolari doti in cucina, potevo dire di essere già a buon punto.
“Capisco…” Sulle labbra di Gourry aleggiava un vago sorriso.
“Beh?” Feci, indispettita, tornando alla realtà. “Cosa credi, che ad un uomo non faccia piacere avere una donna che si interessa ai suoi hobby?”
Gourry represse un sogghigno: “Oh, non è quello… Credo solo che il regnante in questione, notando appunto il tuo interesse, farebbe meglio a tenere i suoi ‘hobby’ debitamente sotto chiave in qualche cassaforte!”
Gli lanciai un’occhiataccia: “Non starai forse insinuando che potrei derubare il mio futuro marito, vero?”
“No di certo! Solo permettimi, quando avverrà il felice giorno del tuo matrimonio con codesto nobile regnante, di mettere in guardia quel poveraccio: non sa a cosa va incontro…”
“E tu invece, Gourry? Tu sapevi a cosa andavi incontro quando hai scelto di viaggiare con me?” domandai, piccata. Era un botta e risposta, e mi aspettavo che proseguisse su quei binari. Ma Gourry sembrò, all’improvviso, confuso.
“No, in effetti” mormorò, quasi soprapensiero. “Non avevo la minima idea di quello a cui stavo andando incontro.”
Lo guardai incuriosita, ma prima che potessi chiedergli cosa intendesse dire lui mi anticipò: “Quindi, vogliamo farli questi affari?” cambiò discorso, scrollando le spalle.
Abbassai lo sguardo verso le borse: “Quando sarò regina, avrò una schiera di lacchè personali che trasporteranno per me tutta la refurtiva…”
Gourry scosse la testa e mi posò la mano sulla testa, scompigliandomi i capelli: “D’accordo,  per adesso accontentati del sottoscritto!”
Mentre allungavo una mano verso la refurtiva, tuttavia, venni colta da un pensiero. Il mio sguardo si spostò verso una bottega  a pochi passi da lì, sovrastata da una sgangherata insegna che diceva ‘antiquario ’.
“Gourry…”
 Insomma, non c’era motivo che Gourry mi seguisse dall’orafo per rimanere a sbuffare mentre intavolavo la mia delicata trattativa, giusto?  Senza contare che avrebbe potuto uscirsene da un momento all’altro con qualche sua affermazione assolutamente fuori luogo. Era meglio non correre il rischio.
“Senti, perché non ci dividiamo il lavoro? Io penso agli oggetti di valore, e tu vedi di disfarti di tutta quella robaccia vecchia, va bene?” Gli spiegai, indicando la bottega. Lo spadaccino mi guardò stupito: “Ma, Lina…” protestò debolmente. “Non sono sicuro di riuscire ad infinocchiare l’antiquario con questa roba. Non come faresti tu, almeno” constatò, estraendo da un sacco quella che aveva tutta l’aria di essere una zuppiera di porcellana.
“Oh andiamo, sono sicura che te la caverai” risposi, sbrigativa. “ Tieni a mente la prima regola del venditore: non importa se quello che stai proponendo è, di fatto, una cosa del tutto inutile: la persona a cui vuoi venderla ne ha bisogno, un disperato bisogno. E sarai tu a farglielo capire.” Mentre parlavo un manico della zuppiera si staccò, rimanendo fra le mani di Gourry, mentre il restò si polverizzò a terra. Entrambi rimanemmo a fissare sbigottiti il mucchietto di cocci.
“D’accordo, niente panico; in un caso del genere sorridi in modo cordiale, e indietreggia velocemente fino alla porta” aggiunsi, dopo un attimo di silenzio. Ma dove le avevano pescate quelle cianfrusaglie quei banditi da quattro soldi, ad una svendita?
Gourry mi guardò sconsolato, e io gli feci un mezzo sorriso: “Ci rivediamo nella piazza del villaggio fra un paio d’ore, va bene? E non fare quella faccia, ricordati che qualsiasi cosa può essere venduta!” Detto quello gli diedi le spalle, stringendo la borsa contenente gli oggetti di valore, e infilai la porta dell’orafo.
Uno scampanellio accompagnò il mio ingresso nella bottega, che profumava di cera e incenso. Dovetti attendere che i miei occhi si abituassero all’oscurità, e fu allora che nell’ombra scorsi una figura ricurva su un lungo tavolo. L’uomo, un anziano signore provvisto di una lunga chioma bianca, sollevò brevemente lo sguardo, lanciandomi un’occhiata contrariata, dopodiché tornò a concentrarsi sul suo lavoro. Avanzai lentamente nella sua direzione: “Permesso? Sono qui per proporle un affare…”
 Avvicinandomi al bancone da lavoro notai numerosi strumenti sparsi sul ripiano del tavolo: pinze e martelli, una pressa manuale, cesoie circolari, e una quantità spropositata di tronchesi e lime di ogni dimensione. Quando fui abbastanza vicina notai che il vecchio, curvo su un incudine, stava lavorando su un prezioso bracciale in oro e non sembrava affatto interessato alla mia presenza. Mi schiarii la voce: “Lei si interessa anche di monete antiche?”
Solo a quel punto l’orafo sollevò su di me due occhietti porcini, fissandomi con aria ostile: “Io di certo sì, ma lei? Non le sembra di essere un po’ troppo giovane per interessarsi di anticaglie?”
“Non sapevo esistesse un limite d’età per avere certi interessi, ma se lei ritiene che io non possa intendermene, suppongo che non voglia nemmeno dare un’occhiata a quello che ero venuta a proporle” conclusi, con un’alzata di spalle.
La voce del vecchio rimbombò nella stanza cupa: “Ora però ha suscitato la mia curiosità…”
Un lieve ghigno comparve sulle mie labbra.
Ti costerà cara questa curiosità, amico.
Tornai a voltarmi  verso di lui, e sfoderai il migliore dei miei sorrisi. Con un gesto deciso posai la borsa sul tavolo, davanti allo sguardo avido dell’uomo.
Mentre lui frugava nella borsa mi guardai attorno. Quel negozio era talmente spoglio che la mia proposta capitava nel momento giusto, constatai. Nel frattempo l’uomo aveva già estratto alcune gemme, due o tre ciondoli finemente decorati, un fermaglio incrostato di pietre, e il pezzo forte di tutta la refurtiva, il borsellino di velluto delle monete da collezione. Le fece rotolare sul bancone, dopodiché ne prese una tra le dita, scrutandola attentamente. Trattenni un sorrisetto compiaciuto quando i suoi occhi si sgranarono stupiti, e schiarendomi leggermente la voce commentai: “Non vorrei sembrarle presuntuosa, ma quella moneta deve risalire come minimo a due secoli fa. Se intende acquistarla, dovremo pattuire un prezzo adeguato…”
Gli occhi dell’uomo si strinsero a due fessure, dopodiché si spostarono verso i miei, mettendomi leggermente a disagio. “Dove ha trovato queste monete?” Mi chiese, con voce roca.
“Mi scusi, ma credo che la cosa non la riguardi” risposi, secca. “Queste sono informazioni riservate che non ritengo di doverle dare…” puntualizzai poi, per darmi un piglio più professionale.
“Capisco…” disse l’uomo “In questo caso deve darmi qualche minuto per controllare nel retrobottega se sono già in possesso di simili chicche, non voglio correre il rischio di ritrovarmi con dei doppioni” precisò, in modo affabile. Gli feci un rapido cenno di assenso e lo vidi sparire dietro ad una tendina che separava la stanza dal retro, rimanendo sola davanti al bancone.
Dopo qualche minuto emisi un sospiro. Perché ci stava mettendo tutto quel tempo? Annoiata lanciai l’ennesima occhiata al banco da lavoro. Alcune lamine dorate erano sparpagliate vicino a bulini di varia dimensione. Soprapensiero ne presi in mano uno, osservandone la punta acuminata, quando la mia attenzione venne catturata dal bracciale che l’orafo aveva lasciato incompiuto. Allungai una mano, sfilandolo dal suo calibro, e lo osservai attentamente. Era un oggetto veramente ricercato, le incisioni riportavano una greca perfetta, mentre un elaborato intreccio di filigrana si attorcigliava intorno alle tre lucide pietre dure che ne decoravano il bordo. Senza pensarci me lo lasciai scivolare lungo il braccio, sentendolo tintinnare contro ai miei talismani; davvero perfetto.
In quel momento, una voce improvvisa mi fece sussultare: “Non lo trova un oggetto meraviglioso?”
Trasalii, sorpresa, e lanciai un’occhiata verso la tenda da cui era sbucato l’orafo. Chissà perché, vestiva un’espressione assai poco rassicurante.
“Sì, è davvero ben fatto.”
“Già, peccato…” L’uomo prese un respiro “Peccato che non sia suo, come tutto il resto della mercanzia che mi ha mostrato.”
“Prego?”
In quel momento la porta della bottega si spalancò, lasciando entrare un gruppetto di guardie.
“È  lei?” Chiesero all’orafo.
“Sì, fa parte della banda di briganti che questa notte hanno derubato il mio negozio!”
Ero senza parole. Che sfortuna maledetta! Ma prima che riuscissi a spiegare l’equivoco, i soldati si erano già precipitati nella bottega, accerchiandomi.
“Hai finito di compiere malefatte, mocciosa” Esclamò una guardia, avvicinandosi con un paio di manette.
Malefatte…? Mocciosa?!
“C’è un errore, io non ho rubato proprio niente!” dissi, arretrando.
“Ah, no? Vorresti farmi credere di non essere complice di quei furfanti? Guardie, acciuffate questa ladra! Guardate, ha tentato di rubarmi anche il bracciale a cui stavo lavorando quando è entrata!” aggiunse, indicando il gioiello che ancora indossavo.
“Non è vero! Lo stavo solo provando!” dissi, sfilandomi il braccialetto e sventolandolo davanti ai presenti. A giudicare dalle espressioni, non sembravano convinti.
A quel punto dovevo ormai arrendermi all’evidenza: i miei affari erano falliti miseramente, dannazione.
“E va bene, vi insegnerò io a dare della ladra e della mocciosa alla grande e geniale Lina Inverse!”
Con un rapido gesto lanciai il braccialetto sulla fronte di una guardia che si avvicinava, e saltai sul bancone per sfuggire all’attacco di altre tre.
“Assha Dist!”
La folata di vento generata dall’incantesimo mandò a gambe all’aria le guardie, l’orafo, e provvide a ribaltare e sparpagliare qualsiasi cosa all’interno del negozio. In mezzo secondo avevo provocato un parapiglia che portava chiaramente la mia firma, e a quel punto non mi rimase altro da fare che infilare la porta e darmela a gambe.
Mezz’ora più tardi camminavo sconsolata per uno stretto vicoletto secondario, trascinandomi dietro l’unica sacca che ero riuscita a portare in salvo di tutto il mio consistente bottino. Grossi nuvolosi grigi si erano addensati nel cielo, e tirava un forte vento. Stava per piovere, non avevo concluso un solo affare, e per di più c’erano orpelli di guardie sparpagliate per tutto il villaggio che mi cercavano per arrestarmi. La fortuna quel giorno aveva chiaramente deciso di darmi le spalle.
Sospirai sconsolata, e mi lasciai scivolare lungo la colonna di un porticato. Sentivo le grida di alcuni bambini che giocavano non molto distante da lì, e il lieve scrosciare di una fontanella di pietra. Non potevo nemmeno andare ad aspettare Gourry giù alla piazza, o avrei dovuto rendere conto a più di una persona. Quello era parecchio irritante. Insomma, per una volta che si trattava veramente solo di un grosso equivoco…
“Mediti sul tuo prossimo colpo?” domandò una voce al mio fianco. Levando lo sguardo vidi Gourry che si avvicinava sorridendo.
“Molto divertente” borbottai, imbronciata.
Lo spadaccino sghignazzò, dopodiché si sedette al mio fianco: “Quando sono uscito dall’antiquario ho pensato di raggiungerti nella bottega dell’orafo, ma quando ho visto che del suo negozio non rimaneva che un mucchietto di macerie ho capito che forse qualcosa nella trattativa non era andato esattamente come avresti voluto…”
“Come sei sagace, Gourry…” dissi, leggermente irritata da quel suo spirito giulivo. A volte Gourry non capiva davvero quant’era frustrante non riuscire a concludere un affare. “E, per tua informazione, eviterei di fare dello spirito, non sono in vena” conclusi, incrociando le braccia al petto.
Rimanemmo in silenzio alcuni secondi, dopodiché Gourry afferrò la sacca che ero riuscita a trarre in salvo: “Vedo che almeno qualcosa sei riuscita a salvare…” Ma quando ebbe slegato lo spago, il suo sguardo si addolcì, e un lieve sorriso ricomparve sulle sue labbra.
“Lina…”
Imbarazzata distolsi lo sguardo.
L’avevo detto che quella non era decisamente la mia giornata, di tutta la roba che avrei potuto recuperare…
“Un orsacchiotto di stoffa…” disse Gourry, prendendo fra le mani l’animale di pezza. “Cosa se ne fa un brigante di un orsacchiotto?” chiese poi, perplesso.
“Non ne ho la più pallida idea, e nemmeno mi interessa saperlo. Io non me ne faccio niente di sicuro…” Esclamai seccata. Non potevo di certo rivelargli che avevo intenzione di provare a vendere pure quello o avrebbe pensato che ero fin troppo veniale. Più di quanto già non pensasse che fossi, intendo. “Per quel che mi riguarda lo puoi anche buttare” conclusi, lapidaria.
Gourry rimase qualche secondo a rimirare il giocattolo, e io distolsi lo sguardo sospirando. Il rimbombo cupo e lontano del temporale imminente echeggiò in lontananza, e le fronde degli alberi frusciarono leggere.
Con la coda dell’occhio scorsi, all’improvviso, qualcosa che si avvicinava al mio volto e sussultai, colta di sorpresa.
“WHA!”
Voltandomi mi trovai faccia a faccia con il muso sgualcito dell’orso: “Sei crudele, vuoi liberarti di me…” disse l’orso con una vocina stridula.
Cioè, a parlare per l’orso era stato in realtà Gourry. Dopo essermi ridata un contegno, lo osservai levando un sopracciglio: “Gourry… Che diavolo stai facendo?” chiesi, calma. Da qualche parte avevo sentito che con i malati di mente era meglio essere cauti.
 Lo spadaccino mi osservò con l’aria più tranquilla del mondo: “Difendo le ragioni dell’orso!”
Aggrottai le sopracciglia, irritata.
“Gourry, non ho molta voglia di scherzare. I miei affari di oggi sono naufragati, e anche se tu non ne hai la percezione, non siamo propriamente in una brillante situazione economica. I soldi non si mettono da parte da soli e possibilmente a Solaria preferirei arrivarci con lo stomaco pieno, quindi lasciami riflettere in pace e butta quel dannato orso!”
Gourry corrugò la fronte: “Hai sentito?” sgridò l’orso. “Lina sta riflettendo, non la disturbare!”
“Ma che ho detto di male?” ribatté l’orso con una penosa voce in falsetto.
“Sssst! Con le tue lamentele la disturbi! Cuciti il muso!” lo rimproverò Gourry.
Rimasi a fissarlo, allibita. Non sapevo se piangere anche il suo ultimo neurone o spaccargli la faccia.
“Gourry, non ho cinque anni. Il teatrino ho smesso di guardarlo da un bel po’…”
“Perché, c’era un teatrino da queste parti?” esclamò l’orso, con la sua vocettina.
“Parola mia io non l’ho visto!” disse lo spadaccino, portandosi al cuore la mano che non stringeva il pupazzo.
Alla fine cedetti e gli sorrisi.
“Cretino…” mormorai, tirandogli un piccolo pugno scherzoso sull’avambraccio mentre anche Gourry mi sorrideva.
Appoggiammo entrambi la schiena alla colonna e sospirammo.
“Quindi, com’è che ti è venuta voglia di dare un tocco Inverse alla bottega dell’orafo?” Chiese Gourry. “La mercanzia non era di suo gradimento?”
“No, al contrario. Gli è piaciuta così tanto che, guarda a caso, si è ricordato che tutta quella roba era in realtà… Sua. Sai, quelle strane coincidenze? Così ha chiamato due o tre guardie, giusto per movimentare un po’ la mattinata…”
Gourry sgranò gli occhi: “Stai dicendo che hai tentato di rivendergli la sua stessa merce, di cui era stato derubato dai banditi che hai  a tua volta rapinato?”
Lo guardai, stupefatta.
“Gourry, sono commossa… hai colto alla perfezione, per una volta. E senza troppi giri di parole.”
“A questo punto sospetto che tu sia ricercata per tutto il villaggio.”
“Ancora una volta mi stupisci: è proprio così” dissi, di malumore.
Gourry si sollevò, scrutando il cielo:
“Fra non molto comincerà a diluviare, ci conviene darci una mossa se vogliamo raggiungere qualche locanda fuori dal paese…” considerò. Dopodiché si voltò e mi tese la mano. Riluttante la afferrai e mi sollevai a mia volta. Lo spadaccino non aveva tutti i torti, fra non molto si sarebbero aperti i cieli. Anche i bambini che giocavano a pochi metri da noi avevano radunato le loro cose, pronti a correre ai ripari.
“Coraggio, andiamo” disse Gourry, cominciando a incamminarsi.
“Gourry, aspetta!” Lo richiamai. Lo spadaccino si voltò, fissandomi perplesso, io mi avvicinai a lui: “Hai intenzione di portare il tuo nuovo amico con te?” domandai, indicando l’orsacchiotto.
Gourry mi guardò senza capire: “Perché?”
“Posso?” Insistei, finché Gourry non mi lasciò il pupazzo tra le mani.
A quel punto mi avvicinai ai bambini: “Ehi, non è che potreste farmi un favore?” Tre piccole testoline si sollevarono stupite verso di me, e io indicai l’orso: “Credo che il mio amico laggiù sia un po’ troppo cresciuto per certe cose, non è che potreste prendervene cura voi? Vi assicuro che è un bravo orso, solo un po’ troppo chiacchierone!” Ammiccai, scoccando una breve occhiata allo spadaccino. I bambini si illuminarono: “Grazie signora!” esclamarono in coro, cominciando a contendersi il pupazzo.
Tornai verso Gourry, cercando di evitare il limpido sorriso che mi rivolgeva: “Non credo ai miei occhi…” cominciò, “Un gesto altruistico, assolutamente disinteressato. Lina, tu mi preoccupi… Non starai per caso diventando una brava persona?”
Mi schiarii la voce: “Che il gesto fosse disinteressato è quello che pensi tu. L’orso l’ho lasciato a quei bambini solo per evitare di sentirvi colloquiare per tutto il resto del tragitto con quell’orribile voce in falsetto!” commentai risoluta. Il sorriso di Gourry non accennava a spegnersi: “Dici così, ma sentirai la sua mancanza, ammettilo…”
“Certo, guarda sto già piangendo…”
“In ogni caso,” considerò Gourry “Almeno questa volta ti è andata bene…”
“Uh? Cosa vuoi dire?” Gli chiesi, perplessa.
Gourry sogghignò: “Pensa se tentavi di rifilare l’orso ai bimbi, e veniva fuori che quel giocattolo era stato sottratto loro dagli stessi banditi del tuo orafo… Ti avrebbero inseguito con le loro fionde!”
“Gourry!” esclamai.
Ma lo spadaccino non voleva accennare a smetterla di prendermi in giro.
Così verso sera avevamo raggiunto quella locanda, zuppi di pioggia.
Mi ero velocemente cambiata d’abito in camera, ed ero scesa nella sala da pranzo, sperando finalmente di poter mettere qualcosa di sostanzioso sotto ai denti, quando mi ero imbattuta in quell’idiota che aveva  scelto di morire stuzzicandomi sul mio segreto punto debole.
Così adesso lo tenevo per il bavero della giubba, guardandolo minacciosa. No, non aveva proprio scelto la giornata giusta per mettersi a sbeffeggiare la grande Lina Inverse. Proprio mentre decidevo che non avrei avuto pietà, la voce di Gourry smorzò la mia sete di sangue.
 “Lina che succede?”
Roteai gli occhi al cielo. Accidenti, non poteva metterci qualche minuto di più a cambiarsi? Così avrei potuto sistemare quell’imbecille senza che Gourry mi facesse la predica.
“Niente, succede solo che certa gente non filtra dal cervello la maggior parte delle cose che dice...” Ringhiai.
Il ragazzo sudò freddo, continuando però a sorridere: “Ma insomma, come te lo devo dire… Voleva essere una battuta…”
“Oh…” Lo spadaccino si portò la mano al mento. “Capito. Una battuta sul famoso ‘punto delicato’” commentò, annuendo.
D’accordo, un cretino era più che sufficiente. Due erano anche troppi.
“Taci Gourry! Questo screanzato prima mi ha scambiato per una cameriera, poi si è corretto dicendo che no, non potevo essere una cameriera, perché qui le cameriere sono tutte…” avvampai dalla rabbia.
“Provviste di un seno?” Provò a concludere la frase per me lo spadaccino.
“Esatto!” gridai, furiosa.
Il mio ostaggio si voltò verso Gourry, sperando che intercedesse per lui: “Ehi amico, prova tu a spiegarle che io non volevo essere…” Ma sul più bello si interruppe a metà frase, strabuzzando gli occhi. “Gourry?” domandò, infine, con una punta di incertezza nella voce. “Gourry… Gabriev?”
Io e lo spadaccino guardammo stupiti verso di lui.
“Uhm,  sì… Ci conosciamo?” domandò il mio amico, vestendo la tipica espressione di chi non ha la più pallida idea di chi si trova davanti.
“Non ci posso credere…” L’uomo che stavo minacciando sembrava sconvolto. “Sono Joy! Joy Shadow!”
Ci fu un attimo di silenzio, in cui il mio sguardo si spostò frenetico tra l’espressione speranzosa dell’uomo che tenevo per il collo, e l’espressione obnubilata dello spadaccino, poi…
“Ma certo!” esclamò Gourry, battendosi il pugno sul palmo. “Joy! Quanto tempo è passato? Sette, otto anni?”
“Quasi nove!” rispose entusiasta Joy Shadow, dimenandosi sotto alla mia stretta. A quel punto decisi di lasciarlo andare, ancora interdetta. Il ragazzo si liberò e, avvicinandosi allo spadaccino, si diedero grandi pacche sulle spalle, scambiandosi commenti tipicamente maschili.
Attesi qualche secondo, dopodiché tossicchiai leggermente: “Scusate… vorreste per favore spiegarmi la situazione?”
Solo a quel punto Gourry parve ricordarsi di me: “Oh, Lina… Questo è Joy!” disse contento, indicandomi l’amico ritrovato.
“Sì, l’avevo intuito” replicai, sarcastica. “Quello che mi premeva sapere era… chi diavolo è questo Joy?”
A quel punto fu Joy stesso a rivolgermi un ampio sorriso: “Eravamo commilitoni nello stesso esercito, tanti anni fa! Noi… Oh, cielo, quanto tempo è passato, mi sembra un’eternità!”
“Già…” mormorò lo spadaccino “E adesso che fai, come te la passi? Vivi ancora da mercenario?”
“Naturale, adesso ho un esercito mio, uomini scelti si intende… Ehi, ragazzi!”
Un branco di bestioni, che gozzovigliavano ad un tavolo, sollevarono la testa da un tavolo, lanciando grugniti di saluto.
Erano quelli i suoi uomini scelti? Però, che selezione accurata, non avrei trovato tanti avanzi di galera nemmeno in una gattabuia.
“E tu invece Gourry, che mi dici? Vedo che hai finalmente messo la testa a posto…” Sorrise, indicandomi.
Cosa, cosa, cosa?
“No, no. Guarda che sei fuori strada…” cominciai, ma Gourry mi anticipò, scuotendo la testa:
“Oh, giusto… No, lei è solo Lina.” Mi presentò al suo amico.
Aspettate… che vuol dire solo Lina?
 “Beh, noi abbiamo cominciato con il piede sbagliato…” disse il mercenario, rivolto a me. “Comunque io sono Joy, piacere di conoscerti Lina…” esordì, porgendomi la mano.
“Per me non è un piacere, ma fa lo stesso” replicai, stringendola forse con un po’ troppa forza.
Insomma, se era un amico di Gourry, nonostante fosse un cafone di prim’ordine, mi sembrava doveroso presentarmi in modo cordiale. “Lina Inverse.” Aggiunsi poi, calcando bene la mano sul mio cognome.
“C-cos-?” Joy strabuzzò gli occhi, guardandomi come se fossi improvvisamente diventata un demonio.
Ragazzi, funzionava sempre.
“Tu sei Lina Inverse…” ripeté, sconcertato.
“In persona, e tu sei Joy qualcosa. Scusa, ma ho già dimenticato il tuo cognome, del resto non mi pare avesse qualche importanza. Bene, ora che ci siamo presentati, posso finalmente ordinare.” E tornando a sedermi afferrai il menù, lasciandolo al suo sbigottimento.
Gourry scosse la testa: “Devi scusarla, fa sempre così prima di cena. Di solito appena si è riempita lo stomaco torna ad essere una persona civile. O almeno ci prova. Comunque ti trovo bene, Joy. Sono passati davvero tanti anni… Cosa ti porta da queste parti?”
“Oh, ecco, sono in missione con il mio esercito…”
Nel frattempo era arrivata la caraffa del vino, e me ne versai un bicchiere abbondante, mentre i due uomini continuavano a conversare.
Joy estrasse una pergamena dalla tasca: “Si tratta di un lavoro ben retribuito, come scorta eccezionale di una duchessa…” proseguì ,abbassando il tono di voce.
Io mi portai alle labbra il bicchiere, ostentando indifferenza mentre allungavo le orecchie più che potevo.
“Ah, capisco…” Fece Gourry, mantenendo lo stesso identico tono basso da setta segreta.
“Già” proseguì Joy “Per l’esattezza la duchessa del Granducato di Solaria, è lì che siamo diretti, e…”
Ma non fece in tempo a finire la frase. Improvvisamente, sputai tutto il vino che avevo appena finito di sorseggiare.
Avevano sentito bene le mie orecchie?
“Lina che succede?” chiese lo spadaccino allarmato, piegandosi verso di me. Ma in una frazione di secondo mi ero sollevata, fronteggiando Joy negli occhi: “Hai detto Solaria?”
Il ragazzo mi fissò, vagamente intimorito: “Sì, perché?”
“Fammi vedere quella missiva!” tuonai.
“Ehi, ma che modi…”
“Fammela vedere!”
 A quel punto Joy decise che era meglio essere solerti quando si aveva a che fare con la grande Lina Inverse, e mi porse la pergamena che aveva mostrato pochi secondi prima allo spadaccino. Con un rapido gesto estrassi dalla tasca la busta che mi era stata recapitata quella mattina stessa, e sedendomi al tavolo scorsi velocemente le due lettere.
Proprio come temevo.
Erano due lettere gemelle, assolutamente identiche.
  
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