"Tanti auguri Bill e Tom, siete la mia felicità. :) "
Due forti luci.
Una frenata brusca.
Odore di pneumatici
sull’asfalto.
La macchina per poco le sfiorò
la gamba e l’mp3 le cadde a terra.
-Hey! Stai bene? Scusami, non
ti ho proprio vista qui è tutto buio!
Un ragazzo sulla trentina uscì
dalla Volkswagen blu scuro e si avvicinò a Fey che era
rimasta immobile a pochi
centimetri dall’auto.
Lo guardò e poi si guardò attorno,
come se si fosse appena svegliata.
Il ragazzo le toccò un braccio
e poi le raccolse l’mp3 da terra.
-Tieni, questo è tuo. Ti è
caduto… Sicura di star bene?
Fey lo prese e annuì al biondo
che le offrì un passaggio a casa, ma rifiutò.
-No, grazie… Abito qui dietro,
non c’è bisogno.
-D’accordo.
Rimase lì per qualche istante,
sotto la luce dell’unico lampione nella via. Con “Wir sterben niemals
aus” che
ancora suonava nelle cuffie e le sue Converse rosse leggermente sporche.
Che cos’era accaduto? Era come
se le avessero lanciato un secchio d’acqua gelida dopo una
sbornia. Non capiva
dov’era, non sapeva neanche che giorno fosse.
Rientrò in casa, le luci erano
spente. Andò in cucina a bere un bicchiere
d’acqua, probabilmente stava
sognando, perché la sveglia sul ripiano della cucina segnava
le 22:40 del 15
Dicembre.
Fey fece qualche passo
indietro e controllò nel calendario.
15 Dicembre.
Andò ad accendere la
televisione che rimbombò con la voce di una signorina che
annunciava le
previsioni metereologiche.
Anche lì, 15 Dicembre.
Spense la televisione e
scosse la testa.
Lei
stava sognando, anche perché era a casa sua, e invece doveva
essere da Tom.
Tom, certo. Non avrebbe potuto
dimenticarlo neanche se avesse voluto.
Salì le scale con gli occhi
mezzo chiusi, possibile che le fosse venuto così tanto sonno
d’improvviso?
Riuscì a togliersi le scarpe
prima di buttarsi a letto e cadere in un sonno profondo.
Il sole entrava leggero dalle
tende semichiuse e Fey venne svegliata da un dolce odore di
caffè.
Si rigirò nel letto e allungò
il braccio alla sua sinistra, sussultò quando la mano sporse
dal materasso.
Il letto di Tom
è grande,
perché ho la mano fuori?
Aprì gli occhi e si alzò di
scatto non appena riconobbe la sua stanza, i suoi poster, i suoi
vestiti, le
sue cose. Il suo profumo, il suo e basta.
Si guardò, era ancora vestita.
Si alzò piano, sperando che stesse ancora dormendo, che
stesse ancora sognando, ma sembrava tutto così
reale.
Si affacciò dalle scale e vide
la madre avvicinarsi alla rampa.
-Oh, cara! Sei sveglia! Vuoi
scendere giù a fare colazione? Ho comprato le paste al
cioccolato, come
piacciono a te.
Fey si sforzò di sorridere e
le indicò il bagno. La madre annuì e
tornò in cucina.
Percorse piano il tratto di
corridoio che separava le scale dal bagno, si teneva alla parete, come
per
paura di cadere da un momento all’altro.
Quando si chiuse la porta alle
spalle aspettò qualche secondo prima di guardarsi allo
specchio.
La solita sagoma, i soliti
capelli mossi, i soliti occhi ghiacciati.
Iniziò a credere che non fosse
tutto un sogno, mentre continuava a guardarsi allo specchio, cercando
qualsiasi
traccia di irrealtà.
Si toccò una scapola e non
provò niente, neanche un minimo fastidio.
Le si gelò il sangue.
Fey sussurrava quelle parole a
sé stessa, alla ragazza riflessa nello specchio che quasi
non riconosceva più
senza Tom al suo fianco.
-Ti prego, fa che sia un
sogno… Fammi risvegliare accanto a lui…
Tremava e le lacrime le
bagnavano le guance, toccava lo specchio, lo graffiava
dov’era riflessa la sua
immagine.
Si tolse la maglia e la gettò
a terra.
Si girò e l’unica cosa che
vide riflessa era la sua schiena bianca.
I segni non c’erano più,
neanche un accenno di cicatrice.
-No… No!
Si girò dall’altra parte, si
toccò più volte le scapole, le graffiò
con le unghie, ma niente. A parte un
leggero rossore, quelle cicatrici non tornavano né facevano
male.
Era tutto sparito, evaporato.
Scivolò lungo il muro blu
piastrellato, gli spasmi del pianto la facevano sembrare in preda ad un
attacco
epilettico.
-Io non mi dimenticherò di
Tom… io non mi dimenticherò di lui…
Se lo ripeteva come una
cantilena, come una preghiera per impararlo a memoria ed essere pronta
a ripeterlo in
qualsiasi momento, si dondolava avanti e indietro, stringendo i pugni.
Non poteva dimenticarlo, non
poteva dimenticare quello che era successo. Era stato un miracolo, una
storia
che si sente solo nelle favole, ma che le era capitata.
E nonostante tutto, i
pro erano nettamente superiori ai contro. Fey sapeva quello che aveva
scelto,
quella sera. Ancora lo ricordava. E proprio per questo sapeva che
avrebbe
dimenticato tanti dettagli della storia con Tom, molto presto.
Si alzò piano in piedi,
tenendosi al lavandino.
Le era venuta una maledetta
nausea e sapeva che di lì a poco avrebbe vomitato.
Si riguardò per l’ultima volta
allo specchio, notando qualcosa che sporgeva dalla tasca destra dei
suoi jeans.
La prese.
Era una foto. L’ultima e unica
cosa che la collegava a tutto ciò che era successo.
Una foto con Tom, sul suo
divano. Entrambi in pigiama stretti ad una coperta in plaid arancione.
Tom le
dava un bacio sulla guancia e Fey sorrideva all’obiettivo.
La ragazza tirò su col naso e
accarezzò la foto, il profilo di Tom, la sua guancia.
Tenne stretta quella foto al
suo petto, per poi uscire dal bagno e riporla in un cassetto.
Chissà se si sarebbe ricordata
che quella foto era lì.
La bevanda calda la riscaldava
dentro, dandole sollievo.
Era tornata alla sua vita, era
tutto uguale a prima, e quasi le sembrava che tutto fosse apposto, come
doveva
essere.
Era incredibile come il corso
degli eventi avesse agito per lei. Un minuto prima avrebbe potuto
spaccare i
muri per la rabbia e il dolore che provava, e un minuto dopo quasi non
si
ricordava neanche perché aveva quel brutto mal di stomaco.
Per Fey era uno stupido Natale
come un altro, non si aspettava il regalo da nessuno di particolare, a
parte,
forse, sua madre e suo padre.
Le giornate passavano lente,
senza che nulla preoccupasse Fey. Continuava ad ascoltare i Tokio
Hotel,
continuava a sognare un concerto.
Continuava ad essere la stessa Fey Parker di
sempre.
Usciva con le sue amiche,
incontrava ragazzi, conosceva nuove persone, eppure c’era
qualcosa che non la
lasciava andare, continuava a tormentarla.
Un buco nero che le impediva di
ricordare dettagli importanti, di cui aveva bisogno.
Mangiava regolarmente,
studiava per evitare di pensare, come sempre. Andava a stare dal padre
per
alcuni giorni, e in quei giorni le sembrava di vivere in Inghilterra
invece che
in Germania.
-E’ strano che tu abbia perso
così tanto l’accento, Fey, Hai conosciuto qualche
americano?
La ragazza scosse la testa,
divertita. Questa sorta di antipatia per l'accento americano l'avevano
tutti gli inglesi, zii e parenti compresi, i quali spesso a cena non
facevano altro che parlare di come lo slang americano fosse 'ho-rri-ble!'
Effettivamente si era resa conto anche lei che il suo inglese era
leggermente peggiorato,
ma pensò che fosse perché parlava più
in tedesco con la madre. Anche in quello
era cambiata.
Era diversa.
Si era semplicemente svegliata
un giorno ed era una persona diversa, più matura, con
più pesi da sopportare.
Era una ragazza come le altre,
che però a differenza loro aveva un passato alle spalle che
non ricordava.
La notte di Natale arrivò
senza farsi aspettare, e forse l’unica cosa che rendeva Fey
felice era sentire
le urla di gioia dei bambini che ad ogni rumore pensavano fosse
arrivato Babbo
Natale.
Quella sera preparò una
cenetta alla madre che aveva una strana luce negli occhi, come se di
lì a poco
sarebbe successo qualcosa di fantastico.
Fey non ci fece
particolarmente caso, infondo se la madre era felice poteva esserlo
anche lei
per una sera, no?
A casa Kaulitz l’atmosfera era
intima e il solito odore di cannella riempiva ogni centimetro.
Simone aveva appena sfornato
una teglia di biscottini di marzapane, mentre Tom giocava alla
playstation con
un suo vecchio cugino, col quale lui e Bill si tenevano in contatto
ogni tanto.
-Venite ragazzi, è pronta la
cena! E come dessert abbiamo un dolce al cioccolato che ha portato la
zia
Margaret!
Bill e Tom si guardarono con
uno sguardo complice e si avvicinarono al tavolo, prendendo posto.
Tutti erano felici e
spensierati, avevano voglia di godersi quelle vacanze prima
dell’imminente Tour
che li aspettava.
-Che paesi visiterete durante
questo Tour?
-Praticamente tutti. Germania,
Francia, Spagna, Inghilterra, Italia…
La conversazione continuò per
un po’ su quell’argomento, e nel frattempo Tom si
era spostato sul divano
mangiando il suo dolce al cioccolato.
Sentì una sorta di malinconia,
la stanza era piena eppure sembrava così vuota. Mancava
qualcosa, o qualcuno.
-Vado un attimo di sopra!
Tom salì le scale, doveva
assolutamente cambiarsi la T-shirt, se l’avesse sporcata di
cioccolato non se
ne sarebbe più andato!
Iniziò a frugare nel suo
armadio piuttosto ordinato, jeans sulla sinistra e T-shirts sulla
destra.
Decise di prenderne una
vecchiotta marrone. Mentre stava per chiudere l’anta
dell’armadio la sua
attenzione venne catturata da un foglietto bianco che fuoriusciva dalla
tasca
di un paio dei suoi jeans.
Lo prese e il suo cuore perse
un battito.
Era una foto in cui veniva ritratto mentre dava
un bacio ad una ragazza che sorrideva, con degli occhi incredibilmente
chiari.
Tom si sentì la gola
secchissima, guardò dietro la foto e c’era una
piccola scritta in basso a
destra.
“Ich liebe
dich, F.”
Tom continuò a guardare quella
foto, a guardare quegli occhi così luminosi.
-F…
Non ricordava, eppure quella
foto lo faceva stare così male. Decise di metterla in mezzo
ad un quaderno che
stava sulla sua scrivania e tornò giù, insieme
agli altri.
Era così che passarono il
Natale.
Lontani kilometri e kilometri,
ma inaspettatamente vicini, senza ricordarsi l’uno
dell’altra.