3.
Nero come la pece
E le
lacrime scorrevano anche durante il racconto, mentre le mani stringevano l'orlo
della gonna, fra l'infuriato e il disperato.
-Sei
stata imprudente, Chocolat- disse Robin.
-Non
ti sembra già abbastanza depressa?- ribatté Duke.
-Sono
stata…una vera stupida…
-Non
intendevo questo. Sei stata imprudente, ma non potevi sapere chi fosse realmente
Pierre.
-Non
ho fatto niente, Robin! Sono rimasta lì, impalata…come una streghetta
spaventata.
Il
suo tutore non replicò, pensieroso: dunque era lì che Pierre aveva trovato
rifugio dopo l'esilio. Quel ragazzo era sempre stato una spina nel fianco per
l'intero regno…e continuava ad esserlo anche sulla Terra.
-Io…io
merito quello che mi è successo…
La
frase sconsolata della sua protetta lo riportò al presente, ai suoi doveri più
prossimi. Come costringere il biondino a restituire il maltolto. Più facile
dirlo che farlo.
-No,
Chocolat. Eri in una situazione che non hai saputo gestire e ti sei lasciata
prendere dal panico…ma c'è un rimedio per tutto.
-Come,
Robin? Sai benissimo anche tu che i cuori delle streghe…
-…non
rinascono come quelli degli esseri umani- terminò per lei. –Sì, ed è per questo
che affronterò Pierre: per riavere il tuo.
Il
silenzio seguì per un lungo istante quella frase.
-Non
è giusto che sia tu a farlo- ribatté la fanciulla, recuperando la sua grinta.
Era stata colpita, d'accordo, ma non era ancora caduta. E non era nemmeno
intenzionata a farlo. –Io ho combinato il pasticcio e io lo
risolverò.
Il
mago cantante la osservò: era una ragazzina incredibile, ma non era ancora in
grado di tener testa a Pierre. La sfida non era più una semplice raccolta di
cuori: si era spostata su un terreno molto diverso, dove rischiava più del
perdere la corona. Essere sconfitti in un duello contro le tenebre, poteva anche
voler dire morire.
E
non avrebbe permesso a Chocolat di correre un simile
pericolo.
-Ciò
che hai appena detto ti fa onore, però sono costretto a impedirtelo: Pierre non
è un mago qualunque…
-Non
capisco…
-Quando
abitavo su Extramondo, Pierre era un bambino e già allora mostrava delle
stranezze…era molto più precoce nell'apprendimento della magia, rispetto ai suoi
coetanei- spiegò Robin. –E questo lo allontanò dagli altri: crebbe da solo,
escluso da ogni gruppo, dedito soltanto all'incremento dei suoi poteri, senza un
amico al mondo…
-Perché
ha scelto le tenebre? Perché ha rinnegato le sue origini, il suo
regno?
-Forse
per lo stesso motivo per cui esistono il sole e la luna o il bianco e il
nero…
-Cioè?
-Per
creare equilibrio…da soli non potrebbero esistere. E, nel caso di Pierre, forse
il buio era l'unico che lo accettasse per ciò che era.
-Dev'essersi
sentito molto solo…- mormorò la rossa a mezza voce. Ma che stava facendo?
Provava pietà per quel mostro?! L'aveva ingannata e si era preso il suo
cristallo: se l'era forse dimenticata?!
--Immagino
di sì- rispose il suo tutore.
Chocolat
si alzò, ringraziando Robin per il suo conforto e il suo aiuto: era stato
davvero un tesoro…pensare che l'aveva sempre considerato uno svitato un po'
eccentrico. Ma, prima di uscire, aveva un'ultima domanda.
-Di
che colore è il suo cristallo?
-Nero
come la pece.
La
ragazza annuì, chiudendosi la porta alle spalle. Robin fissò per un attimo la
superficie di legno, poi chiuse gli occhi, reclinando all'indietro la testa:
poteva capire i sentimenti e i turbamenti della strega. Aveva sperato che non
capitasse loro niente del genere, ma non era stato ascoltato. Eppure era
convinto che fra le due fosse Vanilla la più debole, la più fragile: Chocolat
gli era sempre apparsa una persona dal carattere forte. Invece era proprio lei
ad essere crollata.
Sentì
aprirsi la porta e i passi di Vanilla nell'atrio: l'avrebbe mandata dalla
compagna, aveva bisogno di lei.
-Ciao,
Robin. Come mai quell'aria abbattuta?- domandò con il suo sorriso
dolce.
-Vanilla…vai
da Chocolat, per favore: ha qualcosa da dirti…
-Ma…è
successo qualcosa?
-È
meglio se le stai vicino in questo momento- rispose
l'uomo.
La
bionda si precipitò fuori dal salotto e salì le scale di corsa: Chocolat…le era
capitata una cosa brutta, lo avvertiva…
Perché
non era rimasta con lei?
Bussò
alla porta della sua camera, ma non ottenne risposta. entrò titubante,
guardandosi attorno: la stanza era vuota e la finestra
spalancata.
-Vanilla,
sul letto- la richiamò Blanca, andando a liberare Duke, legato e imbavagliato.
Accanto a lui un biglietto.
"Perdonami,
Robin, ma devo risolvere questo problema con le mie
forze"
-Chocolat…-
sussurrò, precipitandosi dal loro tutore. –Robin! Robin!!- gridò, facendo
irruzione nel salotto. –Chocolat è sparita…c'era solo
questo…
Il
mago lesse quelle poche righe, dandosi dello stupido: avrebbe dovuto sospettare
un'azione del genere… Lei non si rendeva conto del pericolo che
correva.
-Aspettami
qui, Vanilla.
-No,
non la abbandonerò. Voglio venire con te.
-Non
fare la bambina. È pericoloso.
-Per
questo devo aiutarla…Chocolat farebbe lo stesso.
Infatti
era proprio la rossa che rivedeva nel comportamento della timida principessa.
Non aveva molta scelta: se si fosse rifiutato di portarla, l'avrebbe seguito di
nascosto.
-D'accordo, andiamo.