4.
Un brutto finale
"Dovevi
portarla dalla nostra parte…era questo il piano"
echeggiò una voce, nel silenzio della villa. "Che
ti è saltato in mente di impadronirti del suo cristallo? Pierre…Pierre,
rispondi!"
Ma il ragazzo non lo ascoltava, impegnato a rimirare quel
cuore rosso vivo che illuminava la stanza, irradiando luce e calore. Era davvero
il più bello fra i vari tipi di cristalli…il simbolo del più bel sentimento che
si potesse provare. O almeno così aveva sentito dire: lui non conosceva che
l'indifferenza e la solitudine, i compagni con cui era cresciuto.
Per
chi brillava quel cuore? A chi era diretto l'amore di
Chocolat?
-Speri forse che brilli per te?- chiese un gatto nero,
saltando sul divano su cui stava sdraiato Pierre.
-Non
dire sciocchezze, Noir. Cosa me ne farei?
"Esattamente"
intervenne la voce misteriosa. "Per
questo devi distruggerlo."
Gli
occhi di Pierre si spalancarono: distruggerlo? Perché?
Era
un cristallo di strega e romperlo portava gravi conseguenze per il proprietario:
significava privarlo per sempre dell'amore. I cuori degli esseri umani
rinascevano in poco tempo, ma le creature magiche ne avevano uno solo per tutta
la vita.
"Cosa
aspetti?"
-E
se io non volessi?- domandò all'improvviso, stupendo il suo invisibile
interlocutore. Noir sorrise sotto i baffi: lo divertivano quelle situazioni.
Ultimamente Pierre non era più così succube del Signore del buio, iniziava a
ribellarsi, e questo non faceva che piacere al suo
famiglio.
"Pierre, quante volte dobbiamo
ripetere lo stesso discorso? Tu sei diverso dagli altri e per questo il mondo
non ti ha accettato. Ti hanno isolato…ti hanno privato di tutto.
Finché…"
-Finché
non ho incontrato te. Proseguì il biondino, conoscendo bene l'antifona. Il buio
non l'aveva messo da parte, additandolo come se fosse una bestia rara: l'aveva
accolto come un ospite gradito. Gli era debitore, se ne rendeva conto, ma quel
continuo rinfacciare iniziava ad innervosirlo.
In quella gemma splendente, vedeva il volto di Chocolat,
le sue mille espressioni, le sue vittorie e i suoi momenti di sconforto. Gli
raccontava il suo mondo, insomma, quel sole che su di lui non si era mai posato.
Non poteva distruggerlo.
"Mi
deludi, Pierre. Credevo avessi sofferto abbastanza per colpa di quelli come
lei."
-Lei
non c'era.
"Ma
non si sarebbe comportata in modo diverso."
-Questo non puoi saperlo!- esclamò, sorprendendo persino
il felino.
"Invece
sì, perché non sono annebbiato da sbandamenti adolescenziali. Per questo ora
farò la cosa migliore per te, per il tuo bene"
continuò, avvicinando una mano di tenebra al cuore, intenzionato a
liberarsene.
Ma il
mago fu più rapido e lo ripose nuovamente nel bracciale. Noir, scattato sulle
zampe, si rilassò con un ghigno fra l'ironico e il
soddisfatto.
"Come
vuoi, Pierre. Forse hai bisogno che il mondo ti volti un'altra volta le spalle
per aprire gli occhi sulla realtà"
concluse, svanendo.
-Forse…- sussurrò, interrotto da
un suono di passi. Il gatto sollevò la testa, voltandosi insieme al suo
padrone.
Chocolat
era lì, di fronte a lui, nella sua divisa da strega, con un'aria agguerrita
dipinta sul viso. Allora non si era sbagliato nel giudicarla: era davvero una
ragazza determinata.
Non
solo si era ripresa, ma aveva anche avuto il coraggio di scendere nella fossa
dei leoni per riprendere ciò che le apparteneva. Era piacevolmente
sorpreso.
-Ti
credevo a casa a piangere.
-Quello
lo lascerò fare a te quando ti avrò sconfitto.
-Non
essere troppo sicura di te, Chocolat. Non c'è il tuo tutore, il tuo famiglio e
neppure la tua migliore amica… Sei sola, contro di me.
-Sei
riuscito a cogliermi impreparata una volta, ma ora non scapperò, Pierre. Non me
ne andrò finché non riavrò il mio cristallo- affermò, impugnando lo scettro. No,
questa volta avrebbe reagito. Non aveva fatto tutta quella strada per chinare di
nuovo il capo davanti ai poteri del biondo. Aveva disubbidito a Robin, seguendo
il segnale che le mandava il suo cuore, era scappata e probabilmente stava
facendo preoccupare tutti.
Doveva
riuscirci…non poteva attendere sempre l'intervento degli
altri.
-Io
ti sfido, Pierre.
Il
giovane esibì un sorriso ironico mentre si alzava dal
divano.
-Ed
io accetto la tua sfida.
-Pierre-
lo richiamò Noir. –Ricordati che è solo una ragazzina.
-Certo
che me lo ricordo- rispose sottovoce, prendendo il suo scettro argento, con
delle pietre nere incastonate. –Lascio a te la prima
mossa.
-Dolce,
dolce magia…magia di Chocolat!- disse la rossa, evocando una tempesta di petali
rosa.
-Questo
posto mette i brividi, Robin- commentò Vanilla, stringendosi al suo
tutore.
Non
che avesse torto: quella villa pareva uscita da un romanzo gotico, con quello
scenario grigio e lugubre. Mancavano solo tuoni e lampi a squarciare il
cielo.
-Restami
vicino- le raccomandò.
Duke,
sulla sua spalla, guardava davanti a sé, teso e agitato.
-Chocolat,
sto arrivando- si ripeté. Si era lasciato ingannare come uno stupido e la
ragazza lo aveva legato e imbavagliato, rivolgendogli uno sguardo triste e una
supplica:
-Perdonami,
Duke, e cerca di capirmi, se puoi…
Comprendeva
le sue ragioni e non era in collera con lei, ma avrebbe voluto restarle vicino
per proteggerla: saperla sola, in pericolo, lo riempiva d'angoscia. Se le fosse
accaduto qualcosa…sarebbe morto di dolore.
Persino
Blanca era preoccupata per quell'incosciente: per Vanilla era una sorella e
anche la topolino aveva finito per affezionarsi a lei. Non poteva battere
Pierre: i suoi poteri erano ancora limitati.
-Chocolat,
piccola sciocca…- pensò, tentando poi di consolare la sua
padroncina.
La
strega era la più in ansia: da quando Robin le aveva raccontato l'accaduto, non
faceva che pensare alla sua amica. Non avrebbe dovuto lasciarla sola, non
avrebbe dovuto permetterle di incontrare Pierre… Non voleva perderla, non
l'avrebbe sopportato.
-Sicuro
che si trovi qui?- chiese, avanzando alle sue spalle. Erano ormai giunti alla
porta e Robin stava cercando di scassinare la serratura. Purtroppo era sigillata
con una magia potente, lanciata da poco. Forse da quando era entrata la
rossa.
-Sento
il suo potere…ma non riesco a sciogliere quest'incantesimo,
maledizione.
Il
mago era in allarme: la sua protetta stava ingaggiando battaglia contro Pierre,
malgrado l'avesse avvertita di non farlo. A meno che non avvenisse un miracolo,
Chocolat non aveva speranze di vincere.
-Chocolat…Chocolat!-
urlò Vanilla. Voleva farle sentire la sua presenza, voleva che sapesse di essere
sola, che lei era lì, a pochi metri, e aveva fiducia nella sua magia.
–CHOCOLAT!
Chocolat
si fermò un attimo per riprendere fiato: Pierre era riuscito facilmente a
fermare tutti i suoi attacchi. Non aveva più molte frecce al suo arco, eppure
non era disposta ad arrendersi.
Noir
la guardava, spostandosi poi al giovane: non aveva sferrato un solo incantesimo,
limitandosi a bloccare quelli di lei. Non che ne fosse stupito: Pierre non le
avrebbe mai fatto del male.
Nonostante
la sua appartenenza alle tenebre, non avrebbe mai potuto usare i suoi poteri per
ferire, per sottomettere, per imporre la sua superiorità. Non ne era
capace.
E
poi, il famiglio era convinto che quella ragazzina risvegliasse qualcosa nel suo
padrone, qualcosa che sopiva dimenticato da anni nel suo petto, qualcosa che il
tempo aveva ricoperto di cristallo nero.
-CHOCOLAT!-
si udì improvvisamente.
-Vanilla…-
sussurrò la strega.
Vanilla…era
Vanilla che la stava chiamando. Ma…dov'era? Che ci faceva
lì?
E
di colpo un brivido lungo la schiena, una ventata gelida, come una finestra
lasciata aperta… Qualcosa di invisibile e spaventoso la strinse, impedendole di
muoversi. Venne sollevata da terra, malgrado si dibattesse nel vano tentativo di
liberarsi.
-Lasciala andare!- gridò Pierre.
"Perché? Lei è la
causa di tutto…non ti accorgi che sta annebbiando la tua
mente?"
-Nessuno
ti ha detto di intrometterti. Lasciala subito!
"Oh, una volta che me
ne sarò liberato, la lascerò andare, stai tranquillo…"
Chocolat
era in grave pericolo. La mente di Pierre non concepiva che quel pensiero. Sì,
forse era offuscato, ma doveva salvarla. Lui non le avrebbe mai fatto del male,
ma il buio l'avrebbe uccisa senza pietà.
Doveva
impedirlo in qualsiasi modo.
-Noir!
Il
gatto nero balzò sul braccio del Signore del buio, piantandovi denti e artigli.
Attendeva quel momento da quando lo aveva conosciuto: non gli era mai andato a
genio con quel suo modo di circuire le persone. Bhe, ora avrebbe pagato per
tutte le sciocchezze con cui aveva cresciuto Pierre.
"Sei uno stupido,
Noir"
-AHHH!
Il
felino si voltò di scatto all'urlo del mago: il buio gli aveva afferrato il
polso su cui il giovane indossava il bracciale.
Il
cuore…era quello che voleva, non la ragazzina… Perché non l'aveva
capito?
Corse
nella sua direzione, in una lotta contro i secondi: quel cuore poteva riscaldare
il suo padrone, era la sua unica speranza…
Ma
una luce rossa invase la stanza, seguita dalla risata vittoriosa delle
tenebre.
"Ed
ora, mettiamo fine a questa seccatura."