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Autore: giambo    01/09/2013    7 recensioni
Un guerriero tormentato dai sensi di colpa.
Una cyborg incapace di lasciarsi alle spalle un passato di morte, dolore e follia.
Un mondo che cerca, dopo il Cell-Game, di ripartire.
Rabbia, dolore, sensi di colpa, amore, eros, follia.
Sono questi sentimenti che stanno provando gli eroi di questo mondo.
Sta a loro cercare un motivo per andare avanti e ricostruire questo mondo, oppure lasciarsi andare nell'oblio.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 18, Altri, Crilin | Coppie: 18/Crilin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 24

 

Si muoveva silenziosamente tra la neve, un'ombra nera in un mondo ammantato di bianco. Un vento freddo le scompigliò i capelli, obbligandola a sistemarseli con un gesto per lei abituale. I suoi occhi vagavano con calma attorno a lei, alla ricerca di qualcosa o di qualcuno.

Nonostante i suoi vestiti non fossero adatti a quel tipo di clima, C18 non aveva freddo. Anzi, sotto un certo aspetto, la cyborg trovava quasi gradevole il clima di quel posto. A differenza del caldo, che lei mal sopportava e che la soffocava in una presa appiccicosa e molle, il freddo la stringeva in una morsa dura e gelida come l'acciaio. Una sensazione che non trovava affatto spiacevole.

La neve la intralciava di continuo, ma preferiva andare a piedi. Sapeva già dove si trovava quello che cercava, inoltre camminare le permetteva di indirizzare la sua mente altrove. Verso problemi ben più pressanti.

Più il tempo passava, più si sentiva simile a quello che era stata una volta. Non aveva più dubbi, paure, domande a cui trovare risposte. Niente di tutto questo le importava più ormai. Aveva fatto la sua scelta e tutto il resto si sarebbe dovuto piegare, volente o nolente, alla sua volontà.

Si sentiva riempita di una fermezza e di una convinzione che a momenti la turbavano. Le sembrava di essere tornata indietro nel tempo. Quando era un'assassina crudele e sadica che non si poneva il minimo dubbio se quello che faceva era giusto o sbagliato, ma agiva e basta. In quegli istanti, lei si sentiva esattamente come allora. Non gliene importava più niente di cosa fosse giusto o cosa no, né se lei fosse un cyborg, un mostro o una donna.

Ormai aveva deciso.

E niente, neppure lui, l'avrebbe fatta desistere.

Il vento le pizzicava la pelle del volto, donandole un colore più rosso e vivo alle guance. Sbuffò, irritata da quel fischio fastidioso nelle orecchie. In quegli istanti scoprì, con grande sorpresa, di sentire la mancanza di una piccola spiaggia baciata dal sole e circondata da un limpido mare caldo. Chiaro sintomo che soffriva di una qualche forma di pazzia dato che non aveva mai amato né il mare né il caldo.

“E' tutta colpa di quel maledetto nanerottolo.” pensò. Ma il suo non era un pensiero pieno di odio o di rabbia, quanto più di esasperata rassegnazione. Lei lo amava, e non poteva, né voleva, fare nulla per poter cambiare quello stato di cose.

Quanto gli stava sulle palle per questo! Lo amava e lo odiava. Lo voleva morto, ma allo stesso tempo senza di lui non riusciva più a vivere. Lo voleva picchiare a sangue per aver osato farla innamorare di lui ma, allo stesso tempo, sarebbe rimasta eternamente grata a lui per la nuova vita che le aveva donato.

Sì, ormai non c'erano più dubbi. Era diventata completamente pazza. I suoi circuiti si dovevano essere fusi tempo fa se ormai passava le giornate a pensare a lui. Lo stesso fatto che fosse lì in quel posto testimoniavano che era uscita completamente di senno.

Certe volte pensava a suo fratello e si domandava cosa avrebbe detto se l'avesse vista in quelle condizioni. Ormai non lo vedeva da quasi due anni. In quel periodo di tempo era cambiata radicalmente. Una volta aveva sentito dire che le persone si rinnovano continuamente, che non sono fissate come un blocco di marmo al terreno. Doveva ammettere che lei ne era la prova più lampante di quanto quel detto fosse vero.

Chissà, forse C17 l'avrebbe presa in giro e denigrata, forse si sarebbe ingelosito per quel suo rapporto con quel microbo di guerriero. Ma C18 non lo vedeva proprio suo fratello geloso. Gli aveva sempre dato l'idea che non si facesse toccare particolarmente da certi pensieri. In ogni caso, la cyborg era convinta che suo fratello non si sarebbe particolarmente curato di come lei sceglieva di vivere la propria vita. A lui bastava che lei fosse felice, il resto non importava.

Sotto un certo aspetto, era lei quella problematica in famiglia.

All'improvviso, un boato interruppe il suo filo di pensieri. Poco lontano da lei, a circa un miglio di distanza, vide un immenso spruzzo di neve alzarsi verso l'alto, riempiendo il cielo del tardo pomeriggio di migliaia di frammenti di ghiaccio che, attraversati dai raggi arancioni del sole, si tinsero del colore del sangue.

C18 osservò lo straordinario fenomeno fino a quando non torno la calma. Poi, senza far trasparire dal proprio volto la benché minima emozione, la cyborg continuò ad avanzare verso il proprio obbiettivo.

“Sei stato bravo nanerottolo. Non è da tutti imparare tali tecniche.” un sorriso perfido le deformò le labbra sottili mentre pensava a quanti miglioramenti aveva fatto il piccolo guerriero in quegli ultimi anni. Era stata lei ad allenarlo. Ad istruirlo. A renderlo, molto probabilmente, l'essere umano più potente dell'interno pianeta.

Ma lei era ancora di un livello superiore. E la cosa, ad essere sincera, le piaceva parecchio. Nessuno poteva permettersi l'ardire di superarla in potenza. Certo, i saiyan l'avevano superata da tempo, ma lei non si curava di loro. Erano solo un branco di scimmioni istintivi ed arroganti, troppo stupidi per poter anche solo lontanamente comprendere ciò che erano lei e suo fratello. L'unico che si salvava parzialmente era Gohan. Per quanto quel ragazzino fosse tiranneggiato da quella pazza isterica di sua madre, il figlio di Goku le piaceva. Era un ragazzo gentile, ma capace, se provocato, di scatenare una potenza micidiale. In ogni caso, pur trovandolo privo di spina dorsale dato che non si era ancora liberato di quell'isterica di Chichi, Gohan poteva essere annoverato nel privilegiato gruppo di persone che lei si era concessa di non disprezzare.

Continuò ad avvicinarsi alla radura, dove sentiva provenire l'aura del suo obbiettivo. Intorno a lei la terra tremava dall'intensità dello scontro che si stava svolgendo. I colpi si potevano udire a centinaia di metri di distanza, assomigliando nel rumore a terrificanti rombi di tuono.

Infine quando arrivò sull'orlo della radura lo vide. Circondato da un'aura rosso sangue. Veloce, spietato, preciso nel colpire. Ma soprattutto era diventato potente. Incredibilmente potente. Non credeva che un comune essere umano potesse raggiungere una simile potenza. Ma lui ci era riuscito, contro ogni aspettativa.

Ma lei era superiore.

Strinse con forza i pugni, mentre sentiva una scarica di determinazione scorrerle nelle vene. Riempiendola di rabbia e furia.

Aveva trovato ciò che stava cercando.

 

“Kaioken!”

Non appena ebbe pronunciato la parola della tecnica, una fiamma color rosso sangue circondò il corpo di Crilin. Un'energia bollente gli scorreva come un fiume di lava incandescente dentro le vene. Se fino a quel momento il terrestre aveva avuto freddo, all'improvviso sentì di avere un caldo tremendo. La neve attorno ai suoi stivali cominciò a sciogliersi, mentre l'aria attorno a lui divenne bollente.

In quel istante, il suo avversario lo attaccò di nuovo. La copia aveva recuperato la propria capacità visiva. Ed ora si stava preparando ad attaccare.

Ma Crilin era pronto.

Con un ringhio di pura rabbia, il terrestre partì all'attacco. Con sua grande sorpresa, la sua velocità era aumentata in maniera spropositata. Senza rendersene conto, il piccolo guerriero superò il proprio avversario, ritrovandosi ad un'altezza vertiginosa in meno di un secondo.

“Come diavolo ho fatto?”

Solo allora comprese fino in fondo le immense potenzialità della nuova tecnica che aveva appreso. Una grande euforia prese possesso di lui. Le sue labbra si deformarono a formare un ghigno feroce.

“Con questa tecnica posso tener testa a chiunque, forse persino i saiyan!”

Si lanciò nuovamente all'attacco, muovendosi ad una velocità troppo alta per il suo avversario. Impedendo al proprio doppione di reagire, Crilin lo colpì con violenza inaudita allo stomaco, lasciandolo senza fiato. Senza dargli tregua, il moro lo bersagliò con con una seria di pugni su ogni centimetro quadrato che riusciva a colpire, beandosi di quella nuova forza e rapidità che il Kaioken gli aveva conferito. Alla fine, vedendo il suo avversario sul punto di crollare, Crilin lo spedì a sfracellarsi al suolo con una violenta gomitata sulla fronte. Il cratere che il suo doppione lasciò nel terreno era abbastanza ampio da poter contenere l'intera isola della Kame House, casetta compresa.

Tuttavia, in quell'istante, l'energia che lo pervadeva scomparve.

Immediatamente, Crilin sentì una fitta terribile provenire dal petto. Il suo cuore prese a battere in modo irregolare, mentre i suoi polmoni si svuotarono d'aria senza però riempirsi di nuova. Davanti ai suoi occhi cominciarono a comparire alcuni puntini rossi, mentre un dolore bruciante si diffuse in ogni suo muscolo.

E poi scomparve.

Il piccolo guerriero emise un gemito rauco, mentre assorbiva a grandi boccate l'aria gelida, infischiandosene delle condizioni della sua gola. Si sentiva distrutto. La stanchezza derivatagli da tre giorni consecutivi di combattimento si era decuplicata in maniera improvvisa. Lasciandolo sfinito e stordito.

Fu solo allora che comprese gli effetti collaterali di quella tecnica. Certo, grazie al Kaioken poteva sviluppare una potenza enorme, di gran lunga superiore a quella che era solito poter sprigionare. Ma tutto ciò richiedeva una sforzo enorme da parte del suo corpo. Se non stava attento, l'energia che prelevava dalle forze che lo circondavano lo avrebbero consumato da dentro, carbonizzandolo in pochi istanti.

“Come faceva Goku ad usare un Kaioken di portata superiore alla norma di venti o addirittura trenta volte? Io solo per usare quello normale mi sono distrutto!”

La sua euforia scomparve di botto. Non aveva senso usare quella tecnica se l'unico risultato sicuro era quello di distruggersi dall'interno. In quei casi c'era in gioco la sua stessa vita. Decisamente, il gioco non valeva la candela.

“Come se mi importasse qualcosa in questo momento della mia vita.” si trovò a pensare improvvisamente. Subito dopo si pentì di quel pensiero. Non poteva morire. Non con così facilità. Non poteva abbandonare i suoi amici in quella maniera stupida e futile. E poi c'era il bambino. Se mai C18 avesse voluto rivederlo, era suo dovere donare a quel bambino non ancora nato la vita migliore che poteva offrirgli.

In quell'istante, il suo doppione si rialzò. Con fare inespressivo la copia osservò il suo avversario, apparentemente confusa dalla sua ultima mossa utilizzata.

Crilin strinse i pugni. Non gli piaceva. Ma non aveva altra scelta. Se non avesse usato il Kaioken non ci sarebbe stato alcun vincitore in quello scontro. Avrebbero continuato a combattere fino a quando le loro energie non si fossero esaurite. Lasciandoli inermi ed esausti.

Un nervo del suo collo si contrasse. Non aveva scelta.

“Reggerà il mio fisico?” era una domanda a cui non sapeva rispondere. Si sentiva ancora tutti i muscoli bruciare dalla fatica. E non era sicuro che sarebbe riuscito a resistere ad un nuovo sforzo di pari intensità.

“Devo farlo.” pensò con rassegnazione mentre un vento gelido lo faceva rabbrividire. Il maltempo stava aumentando, e il sole, dopo la sua breve apparizione, era ritornato a nascondersi dietro una spessa coperta di nuvole del colore del ferro.

Prese un profondo respiro. Cercò di radunare tutta la propria energia spirituale nelle mani. Era deciso a chiudere lo scontro con un colpo solo. Dopo aver usato di nuovo il Kaioken, avrebbe scagliato contro la sua copia una Kamehameha usando tutta l'energia che gli era rimasta in corpo.

Si concentrò. Cercò di ricreare il contatto con le forze di prima. Un volta sicuro di averlo ristabilito, il piccolo guerriero sentì dentro di se, per la seconda volta, l'immenso flusso di energia del mondo scorrergli nelle vene.

Era pronto.

E fu allora che accadde.

 

Un ki-blast violaceo attraversò il cielo plumbeo con un sordo sibilo. Subito dopo, esso colpì il doppione, creando una gigantesca esplosione. Nugoli di polvere si alzarono in volo, mentre un fumo acre cominciò a pervadere l'aria della radura, insieme ad un inquietante odore di carne bruciata. Sentendo il fumo pizzicargli la gola, il terrestre si riparò il volto con un braccio. Non riuscendo a vedere più nulla, il piccolo guerriero attese che il fumo si diradasse, per cercare di comprendere cosa era accaduto.

“Forse qualcuno è passato da queste parti e ci ha scorti.” ragionò mentre cercava di ripararsi gli occhi dal fumo acre. “Ma allora perché diavolo ci ha attaccati?”

Tuttavia, quando il fumo sparì, la sua sorpresa fu enorme nel constatare che la sua copia, quel doppione creato con tanta fatica da parte sua, era stato disintegrato. Dove prima si trovava la sua copia, c'era solamente terra bruciata e qualche brandello di pelle carbonizzata.

“Chi può aver fatto questo?” si domandò mentre un brivido di paura gli scorreva lungo il filo della schiena. Doveva stare molto attento perché, chiunque fosse stato, era sicuramente molto potente. Molto probabilmente lo superava anche in forza.

In quell'istante, un nuovo ki-blast solcò il cielo, muovendosi verso la sua direzione. Crilin tentò di spostarsi lateralmente, ma il fisico non lo seguì. I muscoli erano ancora doloranti per il Kaioken appena eseguito, e il terrestre non riuscì a muoversi con la rapidità che desiderava. Il colpo non lo prese in pieno, ma l'impatto fu comunque abbastanza violento da scaraventarlo al suolo. Creando una nuvola di polvere mista a neve.

Tossendo, il moro si rialzò. Cercando di individuare mentalmente il suo avversario. Rimaste sconvolto nell'apprendere che, nelle sua vicinanze, non sentiva nessuna aura. Era da solo.

“Che abbia azzerato la sua forza per non farsi individuare?” pensò mentre attendeva che il fumo si diradasse. “Può essere. Però come soluzione non mi convince. Un colpo di quella potenza necessita di usare la propria energia spirituale, ed io non ne ho sentita nessuna nelle vicinanze. Ma allora che diavolo sta accadendo?”

Lentamente, il fumo si dissolse. Permettendo al piccolo guerriero di potersi guardare intorno. Il terreno attorno a lui era deserto, ma in alto scorse una figura alta che si stagliava nel cielo plumbeo.

La figura di una persona che conosceva molto bene.

Il suo cuore prese a battere più velocemente.

“Non...non può essere” balbettò mentre una strana sensazione cominciò a crearsi dentro di lui. Un misto tra paura, felicità e confusione. Non poteva essere lei. Lei non l'avrebbe mai attaccato. Di questo ne era sicuro.

Eppure si sbagliava di grosso.

Perché era stata proprio lei a distruggere la sua copia ed ad attaccarlo.

C18.

La cyborg lo guardò sprezzante dall'alto. I suoi occhi erano gelidi e freddi. Impenetrabili a qualsiasi emozione. Tenendo le bracca incrociate sul petto, l'androide osservava il terrestre con un'espressione di puro disprezzo.

Scese a terra. Atterrò davanti al piccolo guerriero, che la fissava a bocca aperta. Incapace di comprendere come aveva fatto a raggiungerlo. La bionda lo squadrò con sguardo freddo. Osservò i suoi muscoli gonfi e contratti per gli ultimi sforzi, valutò le ferite che solcavano il corpo di Crilin, ma soprattutto si soffermò sugli occhi di lui. Li osservò, imprigionandoli, incatenandoli ed infine piegandoli al suo volere. Cercando di capire se, sotto quella cortina di confusione e stupore, ci fosse quello che lei cercava. Il motivo per cui si era spinta fino alla fine del mondo.

E fu soddisfatta nel constatare che c'era.

“M-ma C-C18...c-c-cosa...”

“Combatti con me.”

“Eh?”

“Combatti contro di me.” la voce morbida della cyborg si insinuò tra il vento che spirava. Lasciando Crilin perplesso e confuso.

“Ma...m-ma io n-non capisco...” balbettò il piccolo guerriero, osservando stupefatto C18 ergersi davanti a lui.

“Sei forse sordo?! Ti ho detto di combattere contro di me!” la pazienza dell'androide si stava rapidamente consumando. Quello zuccone non capiva. Non riusciva a comprendere qual era il suo obbiettivo. Ma glielo avrebbe fatto comprendere presto.

A modo suo ovviamente.

Senza dare tempo all'altro di reagire, C18 lo colpì con un pugno allo stomaco dalla potenza inaudita. Il rimbombo del colpo si sentì distintamente in tutta la zona circostante.

Crilin spalancò gli occhi. Si sentì i polmoni svuotarsi d'aria, senza però che nuova aria ne entrasse dentro, mentre le gambe gli cedettero di botto, facendolo accasciare sul terreno innevato con un rantolo. Il problema era che, fino a quel momento , di dolore non ne aveva ancora sentito, si sentiva il cuore battere normalmente, i polmoni vuoti, lo stomaco insensibile, le gambe fuori uso ed il cervello inceppato.

Tutto questo non era un buon segno.

Infatti poi il dolore arrivò, e per il piccolo guerriero fu l'inferno.

Era un dolore di una potenza devastante. Raramente, nella sua vita di guerriero, aveva provato dolore con una tale intensità. Rapidamente, con la velocità di un fiume in piena, esso dilagò dentro il suo corpo, disintegrando le riserve del suo fisico.

Cercò disperatamente di alzarsi, ma si accorse di non vederci più bene. Un fiotto caldo di sangue gli invase il palato, scivolando con lentezza da un angolo della bocca. Inoltre, il suo fisico non rispondeva più agli ordini che il cervello gli impartiva. Le braccia e le gambe non gli rispondevano più. Tremante ed incapace di reagire, Crilin tentò, con un rantolo, di parlare.

“C-...C18...” rantolò mentre cercava di portarsi le mani sullo stomaco, la fonte del dolore che lo stava annientando. “P...p-per...ché?”

Durante quei minuti di agonia del terrestre, C18 si limitò ad osservarlo con espressione impassibile. Non rispose alla domanda del moro, non si mosse neanche quando il piccolo guerriero cominciò a vomitare sangue. Fu solamente quando la pozza vermiglia, che si stendeva attorno al corpo del guerriero terrestre, lambì le sue scarpe che l'androide decise di agire.

Lentamente, afferrò Crilin per i capelli. Portandoselo ad un soffio dal volto. Davanti a quel viso scavato dal dolore e della fatica, la bionda non si commosse. Rimase impassibile, mentre il moro tentava lentamente di riempirsi i polmoni d'aria. Gocce vermiglie gocciolavano dalle punte sospese degli stivali di Crilin, mentre i suoi occhi, pieni di dolore, disperazione e confusione, osservavano quelli impassibili di C18.

“C18...” Crilin riuscì a recuperare una parvenza di voce, ma il resto del suo corpo era ancora paralizzato.

“Non voglio sentire la tua voce.” ribatté aspra l'androide mentre rinsaldava la sua presa sui capelli bagnati del terrestre. “Ne ho abbastanza di sentire la tua voce nanerottolo! Mi hai tormentato abbastanza! Sei solamente un rifiuto umano! Uno scarto! Ed io non ho tempo da perdere con un miserabile come te!”

Voleva ferirlo. Voleva che reagisse. Voleva che trovasse dentro di lui la rabbia e la furia omicida che ogni guerriero deve possedere. Quei feroci, istintivi, animaleschi sentimenti che consentono ad un combattente di sopravvivere in battaglia e di uccidere il proprio avversario. Voleva stuzzicare il suo orgoglio di uomo e di guerriero. Un orgoglio che troppo spesso Crilin aveva ignorato per farla contenta e cercare di renderla felice.

Ma il suo tentativo fallì miseramente.

Lentamente, un sorriso mesto comparve sulle labbra spaccate del terrestre, mentre un'unica, fievole parola uscì dalla sua bocca. Una parola che ebbe il potere di sorprenderla ancora una volta.

“Scusami.”

C18 spalancò gli occhi. Stupita dalla risposta di lui.

“Come dici?”

“I-io ti chiedo scusa per...” un colpo di tosse bloccò la voce al moro. Quando finì di tossire, l'androide notò che la sua forza spirituale stava scemando velocemente. Quando l'aveva colpito, il terrestre era già allo stremo delle forze. Altrimenti, e di questo C18 ne era sicura, Crilin non avrebbe incassato così male il suo pugno, ma avrebbe reagito.

“I-io voglio chiederti scusa C18 p-p-perché...tu ha ragione su tutto!” improvvisamente, Crilin sembrò aver recuperato la propria voce. Interrompendosi spesso, per poter compiere lunghi e rochi respiri, il terrestre continuò il suo discorso.

“Tu hai perfettamente ragione a definirmi un miserabile. I-in fondo...se guardiamo la mia vita...cosa ho fatto per non meritarmi tale appellativo?”

La bionda non rispose. Tutto ciò che fece fu continuare ad osservare, impassibile, il terrestre.

“N-n-non ho fatto proprio nulla...per non meritarmi tale appellativo! Ecco la verità! Non ho fatto n-n-nulla per difenderti da C-Cell, ho permesso a quel mostro di assorbirti e di farti del male. Ti ho messo incinta anche se tu non volevi, condannandoti a vedere tuo figlio invecchiare e morire senza che tu possa fare nulla per impedirlo. Quindi...se vorrai uccidermi...non ti condannerò, perché hai tutte le ragioni di questo mondo.”

C18 lo guardò con fare impassibile. Ascoltò senza battere ciglio le parole del piccolo guerriero. Poi, senza cambiare espressione, l'androide lo colpì con un violento diretto al mento, spedendolo a svariati metri di distanza.

“Io non so che farmene delle tue scuse.” replicò gelida la bionda. “Non mi interessano i tuoi patetici e piagnucolosi discorsi. O combatti, o muori.”

Crilin ascoltò le parole, dure come l'acciaio, che la cyborg aveva pronunciato con uno strano sorriso sulle labbra. Si sentiva distrutto. Il Kaioken, il fatto che non mangiava e non dormiva da tre giorni, unito ai colpi ricevuti dalla bionda, lo avevano reso inerme. Incapace di muoversi.

“C-che cosa buffa il destino.” pensò mentre i suoi occhi fissavano il cielo plumbeo sopra di lui. “Morire per mano della persona che amo senza sapere neanche il perché lo fa. Gli dei si staranno sbellicando dal ridere immagino.”

Si sentiva distrutto. Anche pensare e mantenere la lucidità gli costava ormai uno sforzo non da poco. Eppure, nonostante le sue pessime condizioni, il terrestre riuscì ad avere la forza di far nascere dentro di lui una risata. Un riso amaro e dolce allo stesso tempo, che ebbe l'effetto di pacificargli l'animo.

“Beh, a-almeno potrò rivedere il mio amico Goku. C-chissà che faccia farà quando mi vedrà spuntare fuori.” il pensiero della faccia sbalordita che il suo caro amico avrebbe fatto ebbe l'effetto, nonostante la fatica che ciò gli procurava, di farlo ridere di nuovo.

Improvvisamente, la visuale davanti ai suoi occhi fu oscurata dalla figura alta e snella di lei. I suoi occhi glaciali lo osservavano con freddezza, senza lasciar trasparire nulla.

“Beh, hai deciso cosa fare? Vuoi morire, oppure preferisci alzarti e combattere?”

Crilin ridacchiò. Il modo in cui lei lo stava guardando lo stava mettendo stranamente di buon umore.

Ormai doveva essere impazzito per mettersi a ridere davanti ad un'assassina in procinto di farlo fuori, ma il terrestre non si sorprendeva più di nulla. Aveva capito da anni che il fato e gli dei, quando si annoiavano, decidevano per lui le cose più assurde e strampalate. Tra cui quella della sua ennesima e, molto probabilmente, ultima morte.

C18 lo guardò allibita. Lei lo stava minacciando di morte e lui si metteva a ridere? Il freddo ed il dolore dovevano avergli dato alla testa, anche se non aveva mai visto uno impazzire a causa di uno di quei fenomeni.

“M-mi spieghi come faccio a combattere? S-se non t-te ne f-fossi a-a-accorta, sono ridotto ad-d u-uno straccio.”

Il volto dell'androide si corrucciò.

Subito dopo, la cyborg colpì al fianco il piccolo guerriero con un calcio di inaudita potenza, mandandolo a schiantarsi contro la parete rocciosa che delimitava la valle in cui si trovavano.

“Non prenderti gioco di me, nanerottolo!” sbottò la bionda mentre prese ad avvicinarsi al terrestre. “Sappi che tu non mi hai mai visto veramente arrabbiata. Ma tu ci stai andando vicino a farmi perdere la pazienza!”

“Oppure speri che ti faccia fuori velocemente?” aggiunse l'androide con un ghigno feroce stampato sulle labbra sottili. Nella fredda aria di montagna, i suoi candidi denti snudati brillavano come zanne. “Sei un illuso se speri che lo faccia. Sappi che è da molto tempo che non torturo qualcuno, ma sono ancora capace di spremerti dal tuo corpo ogni singola goccia di sangue che possiedi prima di farti tirare le cuoia.”

Ormai C18 era arrivata davanti al moro. Era determinata ad arrivare in fondo al suo piano, qualsiasi prezzo avrebbe comportato.

“Non mi importa niente!” pensò con ferocia, mentre osservava il suo uomo steso sulla neve in fin di vita. “Io porterò a termine quello che mi sono prefissata. Costi quel che costi! Niente e nessuno mi fermerà! Neanche tu, mio caro Crilin!”

Mise un piedi in faccia al terrestre. Subito dopo, l'androide cominciò ad esercitare una pressione sempre più forte. Sentendo, sotto il cranio di lui, la neve compattarsi sempre di più. A poco a poco, la pressione che esercitava su di lui fu sempre più forte. Facendo risuonare urla di dolore sempre più alte e strazianti all'interno della valle. Sentire quelle urla era per la bionda un'autentica tortura, ma non poteva mostrarlo. Snudò invece i denti in un sorriso crudele e beffardo, cercando di usare tutta la sua volontà per insistere in quello che stava facendo.

“Allora, che cosa c'è? Ti fa male, non è vero? Eppure credevo che fossi di una pasta ben più dura. Ho visto donnicciole avere più resistenza di te!” C18 scoppiò in una risata sguaiata, ma dentro di lei si sentiva morire a sentire Crilin urlare disperato.

“Reagisci.” pensò, mentre gli tirò un calcio in faccia, frantumandoli uno zigomo. “Reagisci zuccone! Ma è mai possibile che non sei capace di usare la tua forza contro di me? Perché, perché ti trattieni in questo modo? Non ti sto facendo male? E allora perché non contrattacchi e non mi fermi? Si può sapere cosa ti sta passando in quella testa vuota che ti ritrovi?!”

Domande a cui non riusciva a trovare risposta. Perché Crilin non l'attaccava? Possibile che fosse veramente allo stremo delle forze? Oppure era solo il suo folle amore nei suoi confronti ad impedirgli di colpirla? Non lo sapeva. Ma non poteva, a quel punto della partita, fermarsi. Doveva giocare fino in fondo. Solo così avrebbe ottenuto ciò che voleva.

“Allora, cosa fai? Ti lasci docilmente far fuori?” domandò con il suo tono più crudele e spietato. Non le piaceva quello che stava compiendo, ma era necessario.

“Perdonami Crilin.” pensò mentre gli spezzava una costola, facendolo urlare come un dannato “Ma tutto questo lo faccio per entrambi. Un giorno capirai.”

Continuò nella sua opera di demolizione. A suon di calci e pugni ruppe praticamente il volto al terrestre, mentre le sue costole rotte ormai non si contavano più. Dopo un po', le urla di Crilin si fecero sempre più fioche, fino a diventare un sordo e fievole lamento continuò.

C18 osservò quel volto tumefatto con fare impassibile. Guardò quei lineamenti che lei amava così tanto ormai ridotti ad un ammasso di carne sanguinolenta. Un grande dolore prese corpo dentro di lei. Non voleva fargli del male. Lei voleva amarlo e vivere affianco a lui. Tutto quello che stava facendo la ripugnava, ma era necessario affinché lui potesse capire.

“Non ho mai voluto come adesso poter avere la possibilità di spegnermi da sola.” pensò mentre vide alcune gocce di sangue scivolare lungo lo zigomo fratturato di lui. Gli aveva aperto un lungo taglio lungo la fronte che stava sanguinando copiosamente. Ogni ferita che vedeva sul suo corpo, quel piccolo corpo che durante un'infinità di notti aveva abbracciato e coccolato, la cyborg sentiva una stilettata in fondo al cuore. Si faceva schifo, e sentiva un impellente bisogno di vomitare. Non aveva previsto che sarebbe stato così difficile.

Tuttavia, facendosi forza, l'androide sollevò una mano. Immediatamente, sopra il suo palmo, si formò un ki-blast dal colore violaceo. Continuando a ripetersi che lo stava facendo per entrambi, la bionda aumentò l'energia che stava concentrando dentro di questo. Preparandosi a colpire.

“Allora addio!” fece con voce dura. “Avrei voluto giocare un altro po', ma la tua passività mi annoia. Perciò la farò subito finita.”

Radunò tutta la sua determinazione. Preparandosi a calare il braccio.

“A mai più.”

Il suo bracciò calò di botto. Non aveva intenzione di colpirlo. Voleva solo farlo spaventare a sufficienza perché reagisse. Anche se, dentro di sé, la cyborg non ci credeva più che il suo piano avrebbe funzionato.

Tuttavia, prima che potesse fermare il suo braccio, il suo polso venne fermato da una mano calda, sporca di sangue e callosa.

Una mano che lei conosceva molto bene.

 

Per Crilin quei minuti passati sotto la raffica di colpi di C18 furono interminabili. Ogni singolo nervo del suo corpo inviava impulsi di dolore al cervello. Gli pareva di andare a fuoco da quanto intenso era il dolore. Urlò. Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo. Urla piene di disperazione, rabbia, confusione e dolore.

A poco a poco, la sua lucidità venne meno. Cominciò a non vederci più bene, mentre davanti ai suoi occhi cadde una nebulosa rossastra. Si sentiva le membra e la testa pesanti come piombo e aveva l'impressione che una montagna gli fosse franata sul petto, rendendogli difficoltoso anche respirare.

Stava morendo. Lo sapeva bene. Ma ormai la cosa non lo toccava più. Se cosi avevano deciso gli dei, lui non poteva fare altro che accettarlo.

Non si ricordava più nulla. Dov'era? Cosa stava facendo? Perché era ridotto in quello stato? Perché stava morendo?

Domande che gli risuonavano nella sua mente ottenebrata, mentre sentiva i polmoni svuotarsi d'aria, senza che però ne entrasse di nuova.

“Sto morendo...”

Era caduto in un limbo rossastro. Dove il sangue era l'elemento dominante. Ne sentiva l'odore, ne percepiva il sapore ferroso sulla lingua, se lo sentiva addosso, sulla pelle. Che lo soffocava lentamente.

“Perché?”

Forse era già morto? Che quello fosse in realtà il luogo dove il suo spirito avrebbe dimorato per l'eternità? Non vedeva niente, non sentiva nulla. C'era solo un silenzio ovattato che gli premeva sui timpani con forza. Quindi era così che finiva?

Gli occhi gli si socchiusero. Era stanco, molto stanco. E voleva riposare.

“Aiuto!”

Un urlo risuonò nell'aria. Rompendo il silenzio che dominava quel posto. Un urlo che ebbe l'effetto di una secchiata gelida sul terrestre che, sbigottito, aprì di scatto gli occhi. Trovandosi d'innanzi uno spettacolo agghiacciante.

Un mare verdastro si estendeva a perdita d'occhio attorno a lui, mentre il cielo sopra di lui era dello stesso colore.

Crilin spalancò gli occhi. Non poteva crederci. Come aveva fatto ad arrivare in quel posto?

Perché quel posto lui lo conosceva molto bene.

Quello era il pianeta Namecc.

“M-ma...” balbettò, incapace di comprendere come aveva fatto ad arrivare su quel pianeta. “C-cosa diavolo...”

“Aiuto! Crilin! Dammi una mano!”

Crilin si voltò di scatto nel sentire quella voce. La conosceva molto bene. Era la voce del figlio del suo migliore amico.

Ma i suoi occhi non erano preparati allo spettacolo che si presentò davanti a lui.

Freezer stava tenendo sollevato da terra Gohan per la gola. Il piccolo saiyan era ferito gravemente. Sangue scuro gli gocciolava dai piedi, mentre i suoi respiri erano rochi e difficoltosi. Il mostro rideva. Rideva sguaiatamente mentre soffocava lentamente il bambino, stringendo con sadica violenza la sua carotide. Regalandoli una morte lenta e dolorosa.

“A-a-aiut-a-mi C-Crilin. T-t-ti p-prego.” ansimò il giovane ormai in punto di morte.

Sentendo il bambino parlare, l'alieno si girò. Incrociando il proprio sguardo con quello del terrestre. Crilin rabbrividì. Erano passati anni dall'ultima volta che aveva visto quegli occhi color rosso sangue, ma il terrore che essi incutevano era rimasto invariato.

“Guarda guarda chi si rivede.” dichiarò con voce velenosa il mostro leccandosi le labbra in maniera oscena. “Il nanetto che avevo disintegrato. Perché non vieni ad aiutare il tuo amichetto che così ci divertiamo ancora un po' insieme?”

Il piccolo guerriero rimase immobile. Incapace di muoversi. Quegli occhi! Lo avevano terrorizzato per anni ed ancora dopo tanto tempo dall'ultima volta che li aveva visti non riusciva a fare a meno di essere paralizzato dalla paura. Vedendolo immobile, il sorriso sulle labbra di Freezer si fece più ampio.

“Non ti muovi? Beh, non mi sorprende. Del resto sei sempre stato un codardo, oltre che un perdente.”

Con un gesto deciso, l'alieno aumentò la presa sul collo di Gohan, distruggendogli la carotide e facendolo soffocare con il suo stesso sangue.

“No Gohan!”

Crilin tentò di intervenire, ma prima che potesse muovere un solo passo tutto attorno a lui divenne scuro. Gohan e Freezer sparirono, mentre attorno a lui continuò a rimbombare l'ultima frase pronunciata da quest'ultimo.

“Sei un perdente ed un codardo.”

Il moro si premette le mani sulle orecchie. Quella frase lo stava facendo impazzire. Odiava quelle parole perché sapeva, nel profondo del suo cuore, che c'era un fondo di verità in esse.

“Sei un perdente.”

“No, non è vero!”

“Sei un codardo.”

“Stai mentendo!”

“Oh, davvero lo credi?” sussurrò maligna la voce di Freezer. “E allora perché non sei intervenuto? Perché non hai salvato il tuo piccolo amico? Speravi che arrivasse Goku, non è così? È stato facile per te vivere la tua vita. Non hai mai dovuto rischiare seriamente la pelle, perché tanto c'era sempre qualcun altro pronto a farlo al posto tuo.”

Crilin strinse la mascella così forte che sentì i propri denti scricchiolare. La voce di quel mostro si stava insinuando dentro di lui con prepotenza, diffondendosi come un gas tossico. Annientando le sue convinzioni.

“T-ti sbagli!”

“No, non mi sto sbagliando. E tu lo sai.” continuò suadente il mostro. “Non hai mai vinto nulla. Hai sempre perso, combattendo contro avversari che, pur essendo penosi, ti sovrastavano in forza. Sei solo un perdente. E, se non mi credi, prova a chiederlo a loro.”

Improvvisamente, davanti agli occhi del terrestre, comparvero delle figure. All'inizio sfuocate, ma poi sempre più nitide. Presero lentamente forma, dando vita agli incubi più segreti del piccolo guerriero che, terrorizzato, fissava coloro che erano comparsi senza avere la forza di aprire bocca.

“Sei solo un inutile moscerino. Non ho neanche dovuto sporcarmi le mani io per farti fuori, è bastato un mio misero suddito per eliminarti. Sei solo uno scarto.” dichiarò beffardo uno di loro. Crilin lo riconobbe subito: era il Grande Mago Piccolo. Era identico al figlio, se non fosse stato per l'espressione di pura malvagità che teneva. E lo fissava con uno sguardo pieno di disprezzo.

Anche i due successivi individui li conosceva: erano Nappa e Vegeta. Avevano entrambi le espressioni piene di boria e sicurezza che avevano avuto per tutto il tempo in cui avevano combattuto contro di lui e gli altri guerrieri Z. Stavano sghignazzando apertamente.

“Ehi Vegeta! Ma quello non è il tappetto che era convinto di sconfiggermi?” dichiarò con la sua voce gracchiante Nappa mentre fissava famelico il terrestre.

“Hai ragione Nappa.” dichiarò Vegeta senza smettere di sorridere. Il principe dei saiyan era vestito come un mercenario di Freezer, ed era pieno di quella boria ed arroganza che possedeva prima del suo scontro contro Goku. “Quell'inutile scarto era davvero convinto di poter competere con un guerriero saiyan. Sai, sotto sotto, mi fa un po' pena. Un essere così patetico ed ingenuo merita un po' di comprensione!”

Crilin strinse i denti. Li ricordava. Li conosceva tutti, dal primo all'ultimo. Tutti i nemici che avevano minacciato la Terra, tutti coloro che avevano tentato di uccidere lui e i suoi amici erano lì, davanti ai suoi occhi. Ma la cosa che lo faceva impazzire era che quegli esseri l'avevano tutti battuto. Nessuno di loro si era risparmiato di infliggergli cocenti umiliazioni, e questo lui non poteva più accettarlo.

“Basta.”

Osservò Freezer che, affianco al padre, lo fissava pieno di disprezzo.

“Guarda padre, quello è uno scarto terrestre. Un essere indegno di vivere. Un combattente così scarso che non ha mai vinto contro un avversario degno di questo nome.”

“Smettetela!”

Dopo Freezer e re Cold c'era lui. L'essere che più odiava a questo mondo. Il dottor Gero. Il folle scienziato lo fissava con un ghigno raccapricciante, mentre i suoi occhi brillavano della pazzia che aveva alimentato la sua esistenza dannata.

“Guarda chi si vede. Ho saputo che ti sei scopato C18, la mia più bella creazione. Hai goduto vero? Sappi che io ho avuto il piacere di provarla prima di tramutarla in un cyborg e ti assicuro che era molto meglio!” subito dopo, Gero scoppiò in una crassa risata.

“Stai zitto! Stai zitto! Non voglio più sentirvi!” urlò il terrestre ormai sul punto di impazzire. Aveva le vene del collo gonfie dalla rabbia, mentre la sua mente non faceva altro che inviargli le immagini delle sue innumerevoli sconfitte che aveva subito a causa loro.

Colui che completava il gruppo che si parava davanti ai suoi occhi era anche il più temibile: Cell. L'essere perfetto. L'androide più spietato che il folle Dottor Gero potesse mai creare. Era maestoso e terrificante allo stesso tempo, mentre si ergeva davanti al piccolo guerriero con un sorrisetto soddisfatto sulle labbra.

“Ehi, ma guarda chi c'è qua.” mormorò con voce suadente l'androide. “Mi ero quasi convinto che mi aveste dimenticato. Sono felice di vederti sai? Ho così modo di ringraziarti per avermi fatto assorbire la tua amata C18. Senza di lei, non avrei mai potuto completare la mia trasformazione.”

“Adesso smettetela.” balbettò Crilin, ormai sul punto di perdere il controllo. “Sparite! Non vi voglio più vedere!”

Il gruppo scoppiò in una risata collettiva.

“E va bene, c'è ne andiamo.” dichiararono all'unisono. “Ma sappi una cosa: se noi non siamo più vivi, il merito è solo dei tuoi amici. Senza di loro, adesso saresti tu al nostro posto, piccolo codardo che non sei altro.”

“Basta!” Crilin urlò quella parola con tutto il fiato che aveva in gola. Non ne poteva più. Odiava tutto. Specialmente se stesso. Odiava il fatto di essere stato sempre così debole, così d'intralcio, così inutile.

“Io...io...” balbettò ormai impazzito il terrestre. “Io...non voglio essere più così! Mai più! Mi avete sentito?! Mai più! Io non perderò mai più!”

La furia e l'orgoglio ferito da quelle brucianti verità avevano scatenato l'ira del piccolo guerriero. Un'aura trasparente cominciò ad avvolgerlo, mentre scariche elettriche di energia lo circondavano da capo a piedi.

Improvvisamente, tutto attorno a lui divenne bianco. Un bianco immacolato.

Poi, iniziò la follia. Tremenda, furiosa e senza fine.

 

C18 rimase stupita nel vedere Crilin fermargli la mano. Ma ciò che più la colpì furono gli occhi del piccolo guerriero. Erano bianchi. Vuoti. Privi di pupilla. Uno specchio immacolato la cui vista inquietò profondamente l'androide.

Ma anche il resto dell'aspetto del moro era mutato. La mascella era contratta, i muscoli erano gonfi fino a scoppiare, le vene pulsavano nitide sulle spalle e sul collo del piccolo guerriero. Mentre un'aura rossa come il sangue lo avvolse totalmente, scaraventando la cyborg a svariati metri di distanza.

“Ma che sta facendo?” pensò sbigottita la bionda mentre osservava il terrestre rialzarsi. La forza spirituale del piccolo guerriero stava aumentando in maniera vertiginosa. La terra attorno a loro tremava, mentre la neve si stava sciogliendo a causa del calore emesso dall'energia sprigionata dal moro.

“I-io non posso perdere!” urlò il terrestre con tutta la sua forza. I suoi occhi privi di pupille erano puntati contro la cyborg. “Io non posso più perdere! E non perderò! Perché ho una famiglia da proteggere!”

Con uno scatto fulmineo, Crilin partì all'attacco. Cogliendo di sorpresa C18. La colpì violentemente sul volto con un diretto secco, preciso e letale. C18 rimase sbigottita dalla rapidità e dalla violenza del colpo. Dalle sue narici cominciò a colare sangue, mentre i suoi circuiti le inviarono una forte sensazione di dolore. Cercò di reagire, ma prima che potesse anche solo formulare il pensiero di colpirlo, il terrestre la spedì in aria con un violento gancio al mento. Mezza stordita dal colpo, la cyborg volò per parecchi metri prima di riuscire a concentrarsi abbastanza per potersi fermare.

“Pazzesco!” pensò sbalordita mentre si asciugava il sangue che gli colava sul volto. “Non credevo che potesse sprigionare una tale forza. Ma dove l'avrà trovata tutta quell'energia?”

Tuttavia, C18 non ebbe tempo di poter formulare altri pensieri. Infatti il piccolo guerriero, ancora potenziato dal Kaioken, le inviò contro una Kamehameha. Senza pensarci un attimo di più, l'androide reagì scagliandogli contro un'onda di energia, dal colore viola, di pari potenza.

Le due onde si scontrarono a mezz'aria, creando una sfera di energia bruciante composta per metà dall'onda di C18 e per l'altra metà dalla Kamehameha di Crilin. Lampi di un bianco accecante si sprigionarono dal punto d'incontro dei due colpi energetici, mentre la terra attorno ai due combattenti continuava imperterrita a tremare a causa della gigantesca quantità di energia che, disperdendosi, si riversava nella crosta terrestre. Agitando e disturbando il sonno del magma che riposava nelle profondità della pianeta.

Dopo circa un minuto il terrestre, ancora preda della sua follia, aumentò l'intensità del proprio colpo. Nei suoi deliri il piccolo guerriero non vedeva ciò che avveniva attorno a sé. Ciò che i suoi occhi lattiginosi gli mostravano erano i volti dei suoi vecchi nemici, che lo sbeffeggiavano e si prendevano gioco di lui.

“Ma come, è tutto qui quello che sai fare?” gli sussurrò perfido Freezer all'orecchio. “Non mi sorprende che ti ho fatto fuori con un solo colpo!”

A tali parole, Crilin reagì con un'unica frase.

“Kaioken...doppio!”

La fiamma rossa aumentò d'intensità, mentre la sua Kamehameha raddoppiò il proprio volume e la propria intensità. Lentamente, ma inesorabilmente, il colpo del piccolo guerriero cominciò ad avere la meglio. Sbalordendo la bionda, ma riempiendola allo stesso tempo di una feroce determinazione.

“La mettiamo così eh?” mormorò C18 a denti stretti. Il furore ed il calore della battaglia aveano preso il posto dello stupore. Rendendo la cyborg accaldata ed eccitata per lo scontro. “Allora vediamo se sai respingere questo!”

Il colpo dell'androide raggiunse la potenza dell'onda di Crilin, riportando le cose in parità. Tuttavia, poco dopo, C18 intensificò la potenza della sua onda. Ora era lei a cominciare a prendere il sopravvento.

La sfera di energia stava continuando ad aumentare di volume, diventando sempre più instabile e potente. Le montagne che circondavano la valle cominciarono a sbriciolarsi. I detriti venivano risucchiati, come polvere di ferro con una calamita, dalla sfera, che li disintegrava in minuscoli granelli di polvere. Il frastuono era assordante, e in alcuni punti il suolo cominciò a sollevarsi. Chiaro sintomo che il magma del sottosuolo, disturbato dai colpi dello scontro, stava tentando di aprirsi un varco verso la superficie.

Tutto questo raggiungeva Crilin solo attraverso rumori ovattati e fiochi. In quel momento per lui contava solo vincere. Sconfiggere i fantasmi della sua mente che, tuttavia, gli apparivano sempre tranquilli e rilassati.

“Sai fare solo questo?” dichiarò sprezzante Vegeta mentre il sorrisetto che gli aleggiava sulle labbra si allargava. “Guarda che mi sto annoiando! Scarto umano!”

“Kaioken...triplo!”

“Tanto non te la do vinta! Quindi rassegnati!” urlò la cyborg aumentando a sua volta l'intensità del proprio colpo.

Lo scontro continuava ormai da parecchi minuti. Crilin cominciava ad essere stanco. L'energia che gli fuoriusciva dalle mani era diventata un fiume in piena. Anche le forze del mondo attorno a lui che lo sostenevano tramite il Kaioken facevano fatica a soddisfare una tale richiesta. Il suo fisico, già provato precedentemente, era sull'orlo del collasso. Il terrestre stava per arrendersi.

“Non ce la faccio.”

Una nebbia fumosa avvolse la sua mente, ovattandogli definitivamente i sensi e facendogli calare nelle membra un profondo torpore. I suoi nemici, quei fantasmi della sua mente che per tanto tempo l'avevano tormentato, era spariti. Lasciando il posto ad un inquietante silenzio.

“Ho sonno...”

Si sentiva diviso in due. Da una parte il suo cervello gli supplicava di smetterla con quello sforzo suicida. Dall'altra il suo cuore che invece gli urlava “Un ultimo sforza idiota! Fallo! Fallo! FALLO!”

Dopo svariati minuti di incertezza, Crilin decise di ascoltare il suo cuore.

Il mondo attorno a lui riemerse dalla nebbia con violenza. Frastornandolo con i suoi rumori e devastazioni. Un fiotto purissimo di energia, ultimo residuo delle riserve più profonde del suo fisico, lo pervase. Facendolo tremare e preparandolo all'ultimo sforzo.

“Kaioken...quadruplo!”

La Kamehameha raggiunse proporzioni immense mentre sommergeva il colpo energetico della cyborg come un fiume in piena demolisce un ponte. Presa alla sprovvista da quell'ultimo sforzo, C18 non ebbe il tempo di reagire, limitandosi a scansarsi di lato un attimo prima che il colpo del terrestre le passasse di fianco, proseguendo il suo percorso fuori dall'atmosfera terrestre. Dove esplose con una luce abbagliante.

C18, con gli occhi spalancati dallo stupore, volse il suo sguardo verso terra. In un profondo cratere, pieno di detriti, Crilin stava ritto in piedi, tremando ed ansimando pesantemente. I suoi muscoli erano gonfi e contratti fino all'inverosimile a causa dell'ultimo sforzo. Ma ciò che più colpì la cyborg era che gli occhi del terrestre avevano ripreso il loro aspetto normale. Quelle iridi nere che tanto amava ora fissavano, appannate dalla fatica, la piccola valle ormai distrutta.

Un sorriso spiegò le labbra della bionda. Anche se faticava ad ammetterlo con sé stessa, era fiera di lui.

“Sei stato bravo.” pensò mentre lentamente scendeva a terra.

Quando Crilin la scorse, sorrise. Un sorriso tremante che però, nonostante tutto, trasudava felicità.

“H-h-hai visto J-Juu? N-n-non s-sono un p-per-dente. Io...io...non...sono...un...per...” prima che potesse terminare la frase, il moro rovesciò gli occhi all'indietro e sprofondò nell'incoscienza. Tuttavia, prima che potesse cadere, due braccia lo sorressero. Sollevandolo con dolcezza.

“No Crilin.” pensò con dolcezza la cyborg accarezzandoli il volto insanguinato. “Non sei un perdente.”

Continuò a fissarlo, senza smettere di sorridere, mentre le sue dite percorrevano delicatamente i lineamenti martoriati di quell'uomo che amava con tutta sé stessa.

Finalmente Crilin aveva capito.

 

Quando Crilin si svegliò, ciò che vide fu estremamente familiare. I suoi occhi scuri fissarono il soffitto della sua stanza.

“Cos'è successo?”

Provò ad alzarsi, ma si accorse di non averne le forze. Si sentiva la testa vuota e leggera e le membra deboli come non mai. Dopo un attimo di pausa, il terrestre provò un nuovo tentativo, senza però alcun successo.

“Perché sono così debole?”

Aveva pochi ricordi di quello che era accaduto negli ultimi tempi. Rammentava il suo furioso litigio con C18, con la conseguente fuga dalla Kame House di quest'ultima. Ricordava il suo discorso con Vegeta, così come ricordava perfettamente il suo soggiorno a casa di Gohan. Tuttavia, di ciò che aveva fatto dopo aver lasciato casa Son, la sua memoria era piatta e vuota.

“Forse sono stato male.” ragionò mentre osservava l'intonaco bianco che copriva il soffitto della stanza. Una malattia avrebbe giustificato la sua improvvisa debolezza, anche se non spiegava come mai non si ricordasse assolutamente nulla di come si era ammalato.

Tentò ancora una volta di mettersi seduto, ma anche stavolta fallì. I suoi muscoli non gli rispondevano come desiderava. Inoltre si accorse di percepire una latente stanchezza dentro il suo corpo, come se avesse fatto terribili sforzi ed ora il suo corpo si stesse lentamente riprendendo.

“Se solo ricordassi cosa è accaduto.” pensò mentre ricadeva con un sospiro tra i morbidi cuscini.

Stare a letto era piuttosto comodo. Prima di rendersene conto, il piccolo guerriero cadde in un profondo torpore, a cui segui, poco dopo, un lungo sonno senza sogni.

 

Appena si svegliò, Crilin si accorse di essere molto più lucido. La sua memoria stava lentamente tornando, riempiendo il suo occhio interiore delle immagini di tutto ciò che aveva compiuto per tre giorni in quella valle sperduta. Compreso lo scontro con C18.

“Ma che cosa è successo dopo? Chi mi ha portato alla Kame House? C18? Possibile che abbia voluto aiutarmi dopo aver tentato di uccidermi?” i pensieri del terrestre erano aggrovigliati come le lenzuola che lo ricoprivano. Tuttavia, prima che potesse rimuginare ancora sulla questione, il piccolo guerriero sentì una voce a lui familiare risuonare alla sua destra.

“Ben svegliato figliolo.”

Crilin si girò di scatto, osservando, con profonda gioia, il suo caro mentore seduto al suo fianco con un vassoio di cibo in mano.

“Maestro!”

“Vedo che finalmente ti sei svegliato. Ammetto che sono stato abbastanza in pensiero per te. Quando C18 ti ha portato qui, eri sull'orlo della morte. Ma tu non sei un uomo come tutti gli altri, mio caro ragazzo.” da dietro le scuri lenti dei suoi occhiali, Muten osservava con profondo orgoglio l'uomo che vedeva davanti a sé. Aveva visto crescere Crilin, vedendolo trasformarsi da un bambino arrogante e dispettoso all'uomo buono e dal cuore gentile che aveva di fronte. E questo gli procurava una profonda soddisfazione.

“Ragazzo mio...” pensò mentre osservava Crilin che si metteva seduto a fatica. “C18 mi ha raccontato tutto. Se quello che quel demonio in gonnella ha detto è vero, sei appena diventato l'essere umano più potente di sempre. Non sai quanto sono orgoglioso di te.”

“Andiamo Maestro! Non credo che sia stato così male. In fondo, sarà bastato un senzu e sarò tornato come nuovo!”

“Il senzu non è bastato.” rispose l'anziano guerriero. “Ha rimesso a posto le ferite del tuo fisico, ma ti eri beccato anche una polmonite coi fiocchi. E per quella Karin non ha alcuna cura.”

Lo stomaco del piccolo guerriero si contrasse nel sentire quella notizia.

“Una polmonite? Io? Ma se avrò preso un raffreddore in tutta la mia vita!” esclamò sorpreso il moro. “Ma da quanti giorni è che sono a letto?”

“Quattro giorni con oggi.”

Quattro giorni! Il che significava che non mangiava da una settimana! Al solo pensiero, il terrestre si sentì debole. Tuttavia, in quel momento un altro pensiero prese corpo dentro la sua mente, distogliendola dal cibo.

“Scusi Maestro, ma prima ha parlato di C18. Dove è lei?”

“Mangia.” fu l'unica risposta che ottenne da Muten.

“Ma...”

“Niente ma! Obbedisci ragazzo.” dichiarò inflessibile l'anziano maestro spingendo il vassoio verso il moro. Crilin ebbe voglia di protestare, ma il gorgoglio che il suo stomaco emanava la diceva lunga sul suo stato fisico. Con un sospiro, il terrestre prese a mangiare di gusto le pietanza preparategli da Muten.

“Sai, non credevo che ti saresti ripreso così presto.” dichiarò quest'ultimo mentre il piccolo guerriero si dedicava ad una succulenta polpetta di riso. “Fino ad un paio di giorni fa avevi proprio una brutta cera! Ma C18 era convinta che ti saresti ripreso. È stata al tuo fianco tutto il tempo.”

“Che cosa? Dice davvero?” esclamò sbigottito il moro.

“Certo.” fece Muten annuendo in maniera esagerata con il capo. “Non ha smesso di badare a te neanche per un istante. Anche la notte si rifiutava di lasciarti. Pensa che non mi ha neanche permesso di farmi entrare nella stanza durante la tua convalescenza.”

Crilin continuò a mangiare, ma la sua testa era altrove. Il racconto del suo maestro gli creò una bolla di felicità dentro il petto. Una sensazione magnifica, che gli diede l'impressione di essere tornato bambino da quanto era felice. C18 voleva ancora stare insieme a lui! Allora significava che c'era ancora una speranza di costruirsi una famiglia con lei! Grosse lacrime di gioia cominciarono a traboccare dai suoi occhi, mentre il cibo che stava assaporando gli parve il più squisito che avesse mai assaggiato in vita sua.

“Crilin, tutto bene?” domandò Muten vedendolo piangere.

“Sì Maestro.” il piccolo guerriero rivolse un sorriso al suo adorato mentore. Un sorriso così infantile, ingenuo e pieno di gioia che anche Muten cominciò a sentirsi sull'orlo delle lacrime.

Perché quel sorriso significava che Crilin, il suo adorato Crilin, era tornato.

E questa volta, non se ne sarebbe più andato.

 

Crilin uscì dalla Kame House camminando lentamente. Non si era ancora ristabilito del tutto, ma il suo fisico stava facendo passi da gigante. Ormai era tornato quasi come nuovo.

Dopo aver mangiato, Muten l'aveva aiutato ad alzarsi dal letto. Una volta alzato, il terrestre volle sapere dove si trovava C18. Per tutta risposta, l'anziano maestro di arti marziali gli aveva sorriso, dichiarando che non era il caso che si presentasse davanti alla cyborg puzzando come un maiale.

Sapendo che il suo maestro aveva ragione, il moro si era diretto verso il bagno, leggermente rosso in volto. Tuttavia, una volta ripulito e rinfrescato, il terrestre volle sapere a tutti i costi dove si trovava la bionda.

“Va fuori sulla spiaggia. Lei ti sta aspettando.” fu l'unica risposta che ottenne dal vecchio guerriero.

E così il moro si era diretto verso l'uscita della casetta. Dove però, una volta arrivato alla soglia, si fermò.

Aveva un groppo in gola di pura felicità, e le lacrime avevano ripreso a scendergli dagli occhi.

Lei era lì. Seduta sulla battigia dell'isoletta, con le gambe premute contro il petto, lo sguardo glaciale rivolto verso le immensità marine ed il vento che gli scompigliava delicatamente i capelli.

Era bellissima.

Crilin si avvicinò a lei. Lo fece con lentezza, assaporandosi ogni istante in cui i suoi occhi si posavano sul suo corpo. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Era una calamita per lui. Una volta arrivato si sedette affianco a lei, assaporando l'odore delle salsedine che aleggiava nell'aria.

“Ciao.” azzardò lui con voce dolce.

Per tutta risposta, C18 volse i suoi occhi glaciali verso di lui. La sua espressione era impenetrabile, anche se i suoi occhi manifestavano che ciò che stava provando l'androide in quel momento non era il vuoto. Tuttavia, il miscuglio delle sensazioni di lei era troppo intricato perché il terrestre potesse capirci qualcosa.

Rimasero per qualche istante a fissarsi immobili, mentre il sole del tardo pomeriggio illuminava i loro volti e la fresca e cristallina acqua di mare solleticava le dita dei loro piedi.

“Sei uno stupido.” la cyborg infine ruppe il silenzio. La sua voce morbida e delicata, ma allo stesso tempo dura ed intrepida, ruppe il silenzio con la forza di una lama. Spaccando la quiete che aleggiava nell'isola in mille pezzi splendenti.

Crilin non rispose. Tutto quello che fece fu un sorriso mesto, passandosi una mano tra i suoi arruffati capelli.

“Si può sapere che diavolo stavi combinando su quelle montagne? Tentavi di ucciderti per caso?”

“Eh?” il piccolo guerriero rimase sorpreso dal tono di lei. Nonostante tentasse di far trasparire solo rabbia, C18 non riuscì a nascondere anche la sua preoccupazione per lui. Una cosa che lo lasciò perplesso.

“Non fare il finto tonto!” continuò lei sprezzante. “Ti sei quasi ucciso. E per cosa? Per quale fottuto motivo devi continuare a comportarti da perfetto imbecille?”

“Anche tu ti sei comportata in maniera illogica.” borbottò il moro. “Mi hai attaccato e ridotto ad una bistecca sanguinolenta senza uno straccio di spiegazione.”

Un sorrisetto perfido incurvò le labbra di lei nel rimembrare quei momenti. Nonostante tutto l'affetto che provava per lui, C18 non era riuscita a non provare una punta di sadico piacere nel picchiarlo selvaggiamente.

“L'ho fatto” esordì con voce dura. “Perché tu capissi una cosa importante: che la devi smettere di roderti per il passato. La dobbiamo smettere.”

“Che cosa hai detto?”

Lo sguardo della bionda tornò a perdersi nella linea dell'orizzonte.

“E' una cosa a cui ho pensato molto dopo il nostro litigio.” mormorò tornando di nuovo seria. “Noi siamo quello che siamo. Siamo stati forgiati dai nostri errori ed abbiamo pagato per essi. Ma non ha senso perderci il presente per pagare il passato. Esso va ricordato, ma non vissuto. E io non voglio più vivere nel ricordo del dolore che ho inflitto e delle sofferenze che ho patito. Io voglio vivere libera. Libera da tutto, da ogni legame con il mio passato. Libera da ogni cosa.” i suoi occhi tornarono a rivolgersi al lui, fissandolo con uno sguardo carico di speranza. “Io non voglio più essere l'androide numero diciotto. Ormai mi sto costruendo una nuova esistenza, e non voglio che venga avvelenata da ciò che ho commesso e subito. Io sono e sarò la donna che ho deciso di essere. E vivrò la mia vita senza alcun rimpianto!”

Crilin rimase a bocca aperta davanti a quel discorso. Non riusciva a crederci che quelle parole fossero uscite dalla bocca dell'androide. Non sembrava neanche più lei da quanto era cambiata. Tuttavia, nonostante le parole della bionda fossero state bellissime, il terrestre non dimenticava ciò che gli aveva detto Bulma. Il fato a cui la bella cyborg era stata condannata dal Dottor Gero.

“E come la mettiamo con la tua...immortalità? Vuoi davvero vivere la tua vita insieme a delle persone che un giorno scompariranno lasciandoti di nuovo sola?” le parole di lui erano state pronunciate in tono dolce, ma caddero nella quiete dell'isola come sbarre d'acciaio.

Lo sguardo di C18 divenne più duro. Con un'espressione torva sul volto, la cyborg riportò gli occhi verso il mare, distendendo le lunghe gambe e stringendo spasmodicamente le mani a pugno.

“Quando quel momento arriverà...” mormorò con voce ringhiosa l'androide osservando il mare con gli occhi pieni di rabbia e feroce determinazione. “Allora io mi libererò con le mie stesse mani della prigione che Gero ha costruito attorno al mio spirito!”

All'inizio Crilin non capì che intendeva dire. Ma poi lo credette. E tremò al pensiero di un'azione così terribile.

“V-vuoi spegnerti?” mormorò con voce rotta dal dolore.

“No, spegnermi non avrebbe alcun senso.” ribatté la bionda senza addolcire la sua espressione. “Se mi spegnessi cadrei in una sorta di limbo. Non sarei propriamente morta. Senza contare che potrei sempre, in un futuro remoto, essere riattivata. Perdendo ogni mio ricordo. No, non voglio perdere la mia identità ed i miei ricordi. Io sono così e rimarrò così.”

“E allora che cosa farai? Non capisco.” mormorò il terrestre.

Un ghignò feroce illuminò il volto di C18, conferendole un'aria inquietante.

“Non ci arrivi?” mormorò con voce dolce nonostante le sue labbra fossero deformate a creare un ghigno satanico. “Quando la tua vita cesserà, io ti seguirò. Uccidendomi con le mie stesse mani.”

Un silenzio pesante cadde sulla spiaggia. Rotto solamente dal canto lamentoso dei gabbiani e dall'infrangersi delle onde sulla spiaggia.

“T-t-tu...” balbettò Crilin, sconvolto dalla notizia appena ricevuta. Non poteva essere. C18 era la persona più orgogliosa che conoscesse, a parte forse Vegeta. E non avrebbe mai e poi mai pensato che un giorno lei, la feroce, spietata, bellissima ed immortale C18 avrebbe detto che sarebbe morta per lui.

Era un pensiero sconvolgente.

“I-i-io...” dichiarò il terrestre cercando di prendere voce. Era sconvolto. Incapace di accettare una notizia di quella grandezza. “Non posso permettertelo!”

“Permettermelo?! PERMETTERMELO?!” improvvisamente C18 scattò, afferrando il piccolo guerriero per il colletto della maglietta e portandoselo ad un soffio dal suo bel viso sfigurato dalla rabbia.

“E da quando tu mi dici cosa devo e cosa non devo fare eh?!” ringhiò furiosa la bionda. I nervi e le vene che pulsavano sulle sue tempie non si contavano più e nel suo sguardo si leggeva chiaramente che a parlare, in quegli istanti, era il suo smisurato orgoglio.

“Io sono C18! Non dimenticarlo mai! Tu sei una mia proprietà e non hai alcun diritto di dirmi cosa posso fare e cosa no! L'unica cosa che puoi fare misero umano e obbedirmi e stare zitto! Questa è la mia decisione e nessuno, NESSUNO, riuscirà a fermarmi! Sono stata chiara?!”

Crilin non reagì allo sfogo di lei. Sapeva che quelle parole cariche di rabbia e disprezzo erano state pronunciate dal suo orgoglio, così come sapeva che per lei prendere quella decisione non era stato per niente facile. Il terrestre si sentiva diviso in due. Una parte di lui era felice che la usa adorata Juu-chan volesse seguirlo anche nell'aldilà, ma la consapevolezza di sapere che, un giorno, lui sarebbe stato la causa della morte di lei lo riempiva di tristezza.

“Ne sei proprio sicura?” mormorò con voce dolce.

Per tutta risposta la cyborg lo rimise a terra.

“Non spetta a te decidere.” borbottò la bionda più calma. Poi, vedendo che il piccolo guerriero era sull'orlo delle lacrime, inarcò un sopracciglio sottile.

“Beh? Che cosa significa quel piagnucolio?”

Fu allora che Crilin scattò. La abbracciò con tutto se stesso, mentre il suo cuore scoppiava di gioia. Si era reso solo in quell'istante di quanto fosse intenso e profondo il sentimento che lo legava alla bella cyborg. E sapere che lei era disposta a fare questo per lui la riempiva di un sentimento difficile da decifrare. Un misto di gioia e tristezza, felicità e dolore, amore ed amarezza.

“Grazie Juu! Grazie grazie grazie grazie...” il moro affondò il volto nell'incavo del morbido collo di lei, non riuscendo a dire altro che un'unica parola.

“E staccati!” borbottò scontrosa C18 mentre tentava, senza molta convinzione, di sciogliere l'abbraccio di lui. “Sei peggio di una cozza nanerottolo! Ora togliti! È un ordine!”

Alla fine, dopo cinque minuti, l'androide comprese che Crilin non si sarebbe staccato tanto presto. Con un sospiro esasperato, la bionda tornò a fissare il mare con il moro abbracciato a lei.

“Sei proprio una piaga...” bofonchiò la bella cyborg. Crilin rise. Un riso così spontaneo e pieno di gioia come non gli capitava da molto tempo di fare.

“Beh, comunque non voglio perdere tempo. Domani tu vai dalla tua amichetta Bulma e finisci i preparativi per quella faccenda del matrimonio.”

“EH?!” il terrestre si staccò dall'androide per vederla in faccia. Rimase incredulo nel constatare che stava parlando seriamente. Vedendo l'espressione di stupore stampata sul volto del piccolo guerriero, C18 spiegò le labbra in un sorriso beffardo.

“Beh, cos'è quella faccia? Sbaglio o non ti avevo detto che se proprio volevi sposarti con me bisognava farlo prima che il mostriciattolo mi gonfi la pancia? Il tempo sta passando e tu hai già perso troppo tempo mio caro.”

Fu allora che Crilin comprese veramente cosa era accaduto. Che cosa il gesto di C18 aveva cambiato definitivamente nella loro vita. Dubbi, paure, dolore, rabbia e disperazione erano ormai un ricordo. Che presto sarebbe sbiadito per lasciare spazio ad un dolce presente.

“Sì Juu.” dichiarò riabbracciando la ragazza. “Domani andrò da Bulma e riprenderò i preparativi! Ti prometto che non avrai messo neanche un chilo in più quando ci sposeremo!”

“Ti conviene...” borbottò la bionda. “E adesso staccati! Sei proprio insopportabile quando fai così!”

“Non ci penso nemmeno!”

“La metti così eh?”

“Sì!”

“Beh, tanto peggio per te! Questa volta ti spedisco all'ospedale per un mese!”

 

Muten osservava la spiaggia dalla soglia di casa assieme al suo caro e vecchio amico Umigame. Il sole era diventato ormai un tizzone incandescente sulla linea dell'orizzonte. E aveva trasformato la spiaggia della piccola isola in un piccolo deserto del colore del fuoco. In mezzo a quello spettacolo bellissimo, Crilin e C18 bisticciavano allegramente. Come ai vecchi tempi.

“Come sono carini insieme!” esclamò con voce divertita Muten. “Si vede lontano un miglio che sono fatti l'uno per l'altra!”

“Già.” concordò Umigame con la sua voce secca. “L'unica cosa che non capisco e perché quei due vogliano vivere insieme ad un vecchio bacucco come te.”

“MA COME OSI? Impara un po' di rispetto sottospecie di mammifero! Io sono il grande maestro Muten! Esperto di fama mondiale di arti marziali!“

“Sarai anche esperto di arti marziali, ma di certo sei un grande ignorante in tutto il resto. Io sono un rettile.”

Cominciarono a litigare anche loro. Mentre il sole regalava i suoi ultimi raggi di sole. Illuminando, con il suo caloroso abbraccio, i due vecchi amici e i due promessi sposi.

 

CONTINUA

 

Salve salvino!

E dopo millemila anni torno concludendo questa parte della storia (era ora direte voi!). Ammetto che avevo avuto in mente di allungarlo un altro pochino, dato che pensavo di cacciarci in mezzo quel fottuto stronzo di C17 (che stimo profondamente), ma se l'avessi allungato ancora l'avrei dovuto dividere in due parti. Ed è probabile che se non concludevo questa parte mi avreste linciato (E a ragione).

Va bene, niente 17 per ora. Lo metterò dentro da qualche altra parte. Gli spunti non mancano.

Immagino che vi sarete chiesti perché l'ho tirata così lunga per arrivare alla conclusione più banale di tutte (lo ammetto. Lei che si suicida era tra le meno quotate dai bookmakers), però purtroppo io sono fatto così. Logorroico e prolisso fino a tagliarsi le vene (per lungo perché sennò è troppo facile mi raccomando!). Però spero che, nonostante tutto, vi sia piaciuto.

Ultima cosa (ma quando è che me ne vado direte voi? Un attimo, c'è un'ultima cosa da dire. Portate pazienza e capirete.): immagino che vi farete fatti qualche domanda su come diavolo fa Crilin a conoscere il Kaioken e a tenere testa a C18 (me lo domando anch'io ma dettagli)? Beh, se anche non ve la siete fatta questa domanda provvederò lo stesso a risolvere i vostri inesistenti dubbi (?).

Sul fatto del Kaioken non lo saprei dirvi il perché l'ho messo in mezzo. Mi è sempre piaciuta come tecnica. Ed era da un po' che mi frullava in testa l'idea di farla imparare a Crilin. Perciò, come avete potuto notare nello scorso (noiosissimo) capitolo, ho voluto dare una mia spiegazione (inesistente nel manga) su come si usa il Kaioken e di come funziona.

Riguardo alla potenza di Crilin rispondo dicendo che, pur variando da una fonte all'altra, ogni sito o documento in cui cercavano di rilevare i livelli di forza dei protagonisti di Dragon Ball dichiara che Crilin e C18 hanno due valori di potenza molto diversi nella saga degli androidi e di Cell (praticamente c'è un abisso di differenza), mentre nella saga di Majin Bu la potenza di Crilin è inferiore a quella della moglie di molto meno. Presumendo che il Kaioken gli permette di aumentare la propria forza, e che C18 non si stava impegnando seriamente, ecco spiegato come il piccoletto ha potuto avere la meglio sulla bella cyborg.

Bene, ora ho detto proprio tutto. Mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto. Come al solito ogni recensione (positiva e non) è sempre ben accetta.

Un saluto!

  
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