~ Ottantacinque ~
yaso kara go
Shi-hane, la
leggenda che scatena terrore, costantemente e ovunque.
Lo spirito della morte si incarna ogni cento ventisette giorni, puntuale come il destino.
Il tramonto tinge, come ogni giorno, d'arancio le casette di
Amarantopoli. Una città tranquilla, questo è il
ricordo che gli abitanti hanno di essa. La serenità non era
altro che la caratteristica principale di questo borgo dalle
tonalità rilassanti.
Un uomo dalla tonaca di un rosso sbiadito si posa su un cadavere,
completamente ricoperto di sangue, tra le strade di Amarantopoli.
Ottantaquattro.
Una
lieve brezza solleva i capelli della gente. La palestra pare
così imponente, il teatro rende il borgo assai particolare.
La torre bruciata, costituisce una delle più apprezzate mete
turistiche.
Tuttavia, tra le piccole costruzioni del villaggio, incontrastata
domina la torre: numerose leggende ne narrano ed ogni saggio parla di
essa ai propri discendenti. Lui non deve essere da meno: i suoi posteri
in un lontano futuro racconteranno di lui, rendendolo immortale.
Sulla cima del fulcro delle narrazioni, una sagoma indistinta, bagnata
dal tramonto, osserva ogni aspetto della, oramai devastata,
città.
«Immortalità» sussurra il ragazzo,
fissando il sol calante per mezzo dell'occhio sinistro, amaranto.
L'altro è coperto da una benda violacea, stretta attorno
alla chioma. Il giovane passa la mano dalla carnagione pallida fra i
capelli color fieno. Stringe la fascia in un pugno, una volta avvertita
essa fra le dita.
«Menzogne!» grida, scattando
verso la balaustra.
A causa del brusco movimento, la sciarpa che adorna il suo collo si
solleva, sfiorandogli il disonorato viso.
Spaventati, gli uccelli fuggono, assieme alle tante creature abitanti
nel bosco dalle tinte pastello. Lacrime cominciano a rigargli il viso,
terminando nell'evidente taglio presente sul collo, recandogli
dolore.
Il panorama ammirabile dalla torre di Amarantopoli non ha nulla da
invidiare a quello d'una villa sul mare: il bosco, in quella tiepida
serata autunnale, rifletteva la splendida colorazione del tramonto. La
pace e la tranquillità, tuttavia, sono estinte da mesi, mesi
che paiono secoli alla mente del ragazzo.
«Matsuba, il vecchio
saggio, tuo maestro, è stato assassinato»
dice un uomo comparendo sulla porta.
Non vi è nemmeno l'ombra di un capello sul suo capo,
nonostante egli non abbia più di trent'anni. Il giovane dai
capelli dorati, girato di spalle, si lecca le labbra, assaporando con
la lingua ogni lacrima.
«La
bontà di questo sangue trasparente è immensa.»
pensa, tentando di pronunciare qualche parola.
«Cosa è
accaduto?» chiede, atono.
«Nessuno
era presente. Tuttavia, posso comunicarti che Sua Eccellenza presenta
ottantaquattro ferite superficiali, un evidente taglio sotto la gola
e..».
«Sì? Continua
pure.» dice il giovane continuando a dare le spalle al
calvo.
«Una piuma, una piuma arcobaleno
infilzata nell'occhio destro.» risponde quest'ultimo,
rimembrando disgustato il cadavere appena visionato.
Matsuba tace, completamente rilassato: convinto del fatto d'essere
l'unico su quella terrazza a bearsi del tepore solare. A far capolino
sul suo viso macabramente tranquillo, un sorriso. Il giovane monaco,
invece, pare assorto nei suoi pensieri: la sua espressione corrucciata
e il sudore che gli imperla la fronte non suggestionano il biondo dalle
facoltà telepatiche.
«Appari assai turbato Kai, dimmi, cosa
ti preoccupa, amico mio?» domanda il ragazzo dallo sguardo
amaranto.
Il calvo, sorpreso da quelle parole, deglutisce rumorosamente. Alza lo
sguardo verso la schiena di Matsuba il quale non si è mai
mosso di un singolo centimetro. Avanza verso quest'ultimo a passi
pesanti, assaporando ogni attimo come fosse l'ultimo. Giunge dietro
alla schiena del biondo, così vicino da poter avvertire
nettamente l'assenza di battiti cardiaci.
«Sono molto turbato in effetti, mio
caro Matsuba ».
Matsuba pare di pietra, non si degna neppure di respirare. Sorride
assiduamente, rendendo l'atmosfera carica di terrore.
«Molte domande, ma nessuno sa darmi
risposte. » continua impellente Kai.
Il giovane dallo sguardo ametista avverte la ferita presente sul collo
pulsare: è questione di attimi.
«Kai, chiarirò ogni tuo
dubbio.» sussurra Matsuba, scandendo ogni
parola.
Il monaco, assuefatto dalla calma espirata dal biondo, inala abbondanti
quantità d'aria la quale pare anidride solforosa.
«Matsuba, io e te ci conosciamo da una
vita » dice Kai, ritrovando la pace interiore «sin
da quando tu eri solo un vivace neonato ed io un isterico
adolescente.» entrambi si lasciano sfuggire una pallida
risata, un inesistente sfogo.
«Cos'è successo, circa tre
mesi fa, quando sei scomparso nel vuoto?».
A quelle parole, il sorriso del giovane Matsuba si spegne all'istante.
Le ombre dei due si proiettano lungo la facciata della torre, mentre il
sole scompare dietro i lievi pendii.
«Matsuba, non sei mai stato in grado
di mascherare i disastri che combinavi da bambino» prosegue
Kai, rompendo il silenzio che si era creato.
«Matsuba. Nell'occhio sinistro del
maestro, immerso nel dolore, vi era il riflesso della tua
spilla.».
Il biondo abbassa lo sguardo verso la sua sciarpa, osservando
minuziosamente la spilla dorata posata su di essa. Poi sorride,
dimenticando il dolore proveniente dal taglio posto sotto la
gola.
«Hai sempre avuto naso per questo
genere di cose, Kai » dice Matsuba, riaccendendo il terrore
nell'animo dell'amico «è
un peccato che proprio tu, te
ne sia accorto».
Il ragazzo dagli occhi amaranto emette fastidiosi e terrificanti rumori
per mezzo del collo e delle nocche.
«Se solo fossi rimasto a casa ieri
sera, se solo non avessi voluto guardare negli occhi quel misero
cadavere senz'anima né cuore, ora..».
«Ora, non dovresti uccidermi
» lo interrompe Kai «Sei
tu l'ombra che si aggira per Amarantopoli, piantando piume negli occhi
delle tue vittime, scuoiandole vive ed incrementando i tagli su di esse
di uno ogni giorno».
Matsuba si volta senza degnare l'amico di uno sguardo. Quest'ultimo,
nonostante la situazione, è il riflesso della
tranquillità. L'aria pesante ed il tepore asfissiante non
impensieriscono i due ragazzi. Il biondo alza lo sguardo. Il suo occhio
sinistro, amaranto, è macchiato da gocce dalle tinte
arcobaleno. Il suo volto è sfigurato dal dolore ma su di
esso ogni smorfia muta in sorriso. Dalla ferita presente sotto la gola,
il sangue sgorga imperterrito. Matsuba preme sul taglio, cercando di
mascherare il dolore.
Una fitta lo coglie di sorpresa, egli si trattiene dal contorcersi.
Resiste per quei pochi attimi, sufficienti a pronunciare futili e vane
parole.
«Ti ho sempre
ammirato molto Kai. Ciò per cui ti ammiravo, tuttavia, si
è dimostrata la causa della tua fine.».
Gli occhi amaranto del ragazzo si accendono. Lacera la carne dell'amico
mentre il cuore di quest'ultimo continua a contrarsi. Il sangue ricopre
il corpo della vittima, in preda ad una grave emorragia. Taglio dopo
taglio, il giovane si trasforma in una carneficina umana. La sciarpa di
Matsuba si sporca di sangue assieme alla sua, ormai dissolta,
coscienza.
Ottantuno, ottantadue, ottantatré, ottantaquattro.
Il biondo dalla chioma sporca di rosso estrae dalla tasca una piuma dalle tinte arcobaleno. La assapora passandosela sulle labbra copiosamente. Poi, senza la minima indecisione, la infilza nel bulbo oculare destro del giovane monaco, distruggendolo e provocando la fuoriuscita del liquido lacrimale.
Se ne porta un po' alla bocca posandone una goccia sulla lingua:
«Questo sangue puro e trasparente, non finirà mai di piacermi. ».
Matsuba aspetta pazientemente sul tetto; dopo circa due ore la madre e la sorellina di Kai stanno piangendo sul corpo dell'uomo.
Ottantacinque.
Il
giovane biondo non distoglie lo sguardo dalla bambina: i suoi capelli
sono castani e, un colore così banale, non può
che ricordagli il suo passato, la sua vita, lei. Lei, arrivata
e presentatasi come un dono del destino. Attesa per sei interminabili
anni, scomparsa in poco più d'un attimo. Matsuba ricorda
ogni sua movenza, i frammenti della sua memoria riemergono.
E mentre rivive gli ultimi dieci anni della sua vita, presta attenzione
alle parole di quell'innocente creatura, inconsapevole di
ciò che è appena avvenuto. Inconsapevole del
fatto che la vita è pura illusione.
Il più sadico fra gli assassini.
«Mamma, mamma! Il fratellone sta sognando! Guarda come brilla il suo occhio sinistro!».
Ottantasei.