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Autore: MishAlo    01/09/2013    3 recensioni
Ti voglio bene.
Quante volte nella vita abbiamo detto questa frase?
Genere: Commedia, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ti voglio bene.
Quante volte nella vita abbiamo detto questa frase?
Alla mamma prima di andare a dormire, a un amico quando fa una cosa speciale per noi, quando non vedi il tuo nonno preferito da tanto.
Io l’ho sempre detta quando me la sono sentita.
In ventisei anni di vita io l’ho detto quattro volte. E me le ricordo tutte.
La prima volta che l’ho detto è stata a sei anni quando la mia mamma se né andata di casa lasciando me e mio padre da soli. Le ho detto piangendo che le volevo bene, che era la mia mamma e che volevo che restasse.
Lei, con gli occhi verdi poco più chiari dei miei pieni di lacrime, ha scosso la testa ed è uscita dalla porta per non tornare più.
La seconda volta, avevo diciassette anni e non avevo molti amici, anzi direi che non ne avevo nessuno. Non me ne fregava di quello di cui gli altri ragazzi parlavano, ragazze, calcio e macchine.
Il mio obiettivo era solo impegnarmi bene a scuola per entrare a Lettere, nient’altro.
Ero sempre solo, mi vestivo con le felpe enormi per passare inosservato, e tutto il mio tempo libero lo passavo studiando o leggendo.
Gli altri ragazzi mi avevano già da qualche tempo etichettato come strano, le ragazze non mi guardavano perché io ero indifferente.
Ero abituato a non essere calcolato.
Poi, però, un giorno è arrivato un ragazzo. Bello, molto. Biondo, con gli occhi azzurri poco più basso di me.
Ma quello che mi attirava di più era il suo carattere dolce, dolcissimo.
Precisamente non so come o perché, diventammo amici, tanto amici. Passavamo ogni momento libero insieme. Poi ci furono il primo bacio, e la nostra prima volta.
Fu davvero eccezionale, bellissima; subito dopo averlo fatto io, glielo avevo sussurrato quel “ti voglio bene”, lui aveva sorriso e mi aveva stretto più forte.
Sapeva che io quasi mai parlavo dei miei sentimenti, così aveva saputo che lui per me era davvero importante.
Capimmo, quasi subito, che noi eravamo meglio come amici. E lo siamo tuttora. Adesso Fer è il mio migliore amico e mi conosce meglio anche di me stesso.
Tornando al discorso riguardo a quella frase, la terza volta che dissi ti voglio bene fu a ventitré anni, era il mio ultimo semestre di università. Mancavano pochi esami e mi sarei laureato, avevo già allora un lavoro che mi piaceva.
Lavoravo in una casa editrice –ci lavoro tuttora, ma adesso, diciamo, che sono un po’ più importante.
Avevo il mio migliore amico, e allora frequentavo un ragazzo che mi piaceva.
L’unica cosa che non andava era il rapporto con mio padre. Dopo che la mamma se ne era andata, lui non si era mai ripreso. Era ancora molto innamorato di lei. E così si era buttato a capofitto sul lavoro ed io ero cresciuto in pratica da solo.
Poi ci fu l’incidente, stava attraversando la strada quando un ubriaco l’aveva investito.
Quando l’ospedale mi chiamò, il mondo mi crollò addosso. Cazzo era pur sempre mio padre anche se il nostro non era un rapporto facile.
Così andai da lui, nella sua stanza e vederlo così pieno di bende e tubi mi fece crollare. Scoppiai a piangere, e stringendogli la mano continuavo a dirgli che gli volevo bene, tanto e che avremmo recuperato il tempo perduto, passando molti più momenti insieme.
Non passai più neanche un attimo insieme con lui.
Al suo funerale, era come se il mondo fosse diventato all’improvviso delle montagne russe.
Mi veniva da vomitare e da piangere, ma ce la feci a non crollare, anche all’aiuto di Fer che mi rimase accanto, sempre.
Mi continuavo a ripetere che avrei dovuto fare qualcosa di più per lui, rimpiangevo di non aver avuto occasione con quell’uomo che sulla carta era mio padre, ma che in realtà era un estraneo per me.
C’era anche lei, mia madre, al suo funerale. Quando la vidi al cimitero, il mio cuore si mise a battere forte. Era invecchiata, ma era sempre lei. Alta e magra, con i capelli biondi tagliati alla perfezione e gli occhi verdi contornati da piccole rughe. Ma era ancora bellissima.
La evitai perché la incolpavo del fatto che io e mio padre non ci conoscevamo per niente.
Fu l’ultima volta che vidi mia madre.
Comunque, tornando al discorso principale, io dissi per la quarta volta quella piccola frase con molta importanza quasi un anno fa.
Dopo che mio padre era morto, mi ero laureato con il massimo dei voti. Ma non ce l’avrei mai fatta se non fosse stato per Fer che mi aveva aiutato quando avevo avuto bisogno di lui, consolato quando crollavo e spronato quando cercavo di mollare.
Quindi a poco a poco, la mia vita si stava ricomponendo. Era passato un anno e mezzo dalla morte di mio padre. Ero laureato, lavoravo in un posto che mi piaceva e dove guadagnavo bene, avevo degli amici, pochi ma fidati e mi stavo frequentando con un ragazzo.
Poi arrivò un uragano dai capelli rossi nella mia vita. Laila, dagli occhi azzurri e un sorriso spettacolare.
Era arrivata così, dal nulla, o precisamente da un bar in centro.
Quei bar dove leggi poesie o racconti scritti da te.
Stavo bevendo un caffè quando salì sul palco una ragazza bassina e minuta. Ma non ci feci molto caso.
Quando, però, iniziò a leggere tutto di me, si focalizzò su di lei. Erano parole incredibili e me le ricordo ancora, soprattutto questa frase: “Lascia che nel tuo sangue scorra amore, odio, dolore, rabbia, incertezza e felicità. Ma non permettere a nient’altro che non sia la felicità a entrare nel cuore. E mai, mai, devi andare a cercarla nelle altre persone. Prima di essere felice con qualcun altro, devi essere soddisfatto di te stesso.”
Così quando finì di leggere, mi avvicinai a lei dicendo che mi piaceva quello che aveva letto, tanto, e che lavoravo in una casa editrice e che se le interessava, poteva chiamarmi. Le lasciai il mio numero e me ne andai.
Due giorni dopo mi chiamò.
La feci venire in ufficio e parlammo, tanto e mi fece leggere quello che scriveva. Dei testi bellissimi che mettevano i brividi, tanto erano potenti e veri.
Piano piano, ci conoscemmo e ci avvicinammo. Lei pubblicò il suo primo libro che fu un successo incredibile e intanto noi due eravamo sempre più legati. Era ed è ancora la mia migliore amica.
Poi le presentai il mio migliore amico, Fer. E guarda caso, fu un colpo di fulmine e quasi un anno fa lui le chiese di sposarlo. Infatti, tra poche settimane si sposeranno ed io sarò il testimone di Fer, -hanno fatto testa o croce per vedere a chi avrei fatto da testimone.
Bhe, comunque, quando lui le chiese di sposarlo, lei venne da me con le lacrime agli occhi dicendomi che le avevo cambiato la vita, in meglio e per sempre. Che ero stato il suo angelo e che lo sarei sempre stato. A quelle parole, il cuore mi si strinse e gli occhi cominciarono a pizzicare, così la strinsi forte a me sussurrandogli quella frasetta nell’orecchio.
Bene, adesso a un anno di distanza da quell’episodio io sono felice.
Solo che adesso, vi starete chiedendo il perché di tutto questo discorso.
Semplice, devo dire quella frase a una persona molto speciale per me.
Si chiama Luke. L’ho incontrato cinque mesi fa quando Leila me lo presentò. È suo cugino.
Da allora ci frequentiamo, ma io so che questa è una storia seria, lo so perché provo qualcosa di fortissimo quando facciamo l’amore, quando quegli occhi neri mi accarezzano, quando quel sorriso si apre vedendomi, quando lui mi dedica gesti speciali, solo per me.
E so che anche per lui è la stessa cosa.
Me lo disse una notte; eravamo abbracciati sotto il piumone. Mi disse che mi amava, e pensai davvero che potesse venirmi un infarto tanto il mio cuore batteva forte. Mi disse anche che non voleva una risposta perché glielo facevo capire con i gesti, mi disse che sapendo del mio passato e di quanto fosse difficile per me dire quello che provavo e legarmi a qualcuno, si sentiva già molto fortunato.
È venuto il momento di dire ti voglio bene alla persona che mi ha rubato il cuore.
Sta sera Luke ed io facciamo cinque mesi e sono abbastanza agitato.
Gli ho preparato una cenetta a casa mia e dopo passeremo tutta la notte a fare l’amore.

Bene, lui è sdraiato e mi accarezza i capelli. La cena è stata magnifica, sia per me sia per lui e abbiamo fatto l’amore così dolcemente da togliermi il fiato.
Dai, diglielo, lo senti, lo sai! Quindi che male c’è a dire...
“Luke, io ti amo”
Cosa...?! Ma non dovevi dirgli un semplice ti voglio bene, eh?!
Ma è così riduttivo in confronto a quello che provo per questo biondino…
Lo sento che si ferma a metà carezza e con voce tremante chiede: “Tu... tu mi ami?”
“Sì, Luke. Io ti amo” e questa volta l’ho detto guardandolo negli occhi. E vedo che i suoi si riempiono di lacrime.
“Anch’io ti amo, tanto. Oh Harry…”
Dice prima di fiondarsi sulle mie labbra.
  
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