Elena sa
che Damon vorrebbe essere più umano, più babbano,
usando il termine adatto,
alle volte. Ha capito che lui, quando è vicino a lei,
vorrebbe poter conoscere
il significato di alcune parole che lei utilizza ma di cui lui non
è a
conoscenza. Un po’ come quel libro di cui è
follemente innamorata, quello dei
Sonetti di un certo Shakespeare. Se solo lui conoscesse
quell’autore, potrebbe
dedicarle una poesia, citarle una sua frase, un suo pensiero: coglierla
di
sorpresa, impressionarla, come non è riuscito a fare ed
è convinto che non ci
riuscirà mai. Perché lei vive, è viva
e sa vivere.
Damon no.
Ha una terribile paura di farlo, e solo adesso, con lei , è
venuto a conoscenza
di questa terribile fobia. Perché giocare a Quiddich,
frequentare solo maghi
purosangue, vivere a Godric’s Hollow, non è
vivere. E’ trascorre un po’ di
tempo, ingannare il tempo. Il vivere
di Damon è riassumibile in un’unica parola,
l’unica che, solo pensandoci, lo fa
sentire vivo: Elena. Forse è stupido, si dice, forse
gliel’avrà detto qualche
babbano a Londra, riflette ancora, ma lei è vita.
Damon
respira, ed è come se lo facesse per la prima volta. Prende
una profonda
boccata d’ossigeno, riempie i polmoni a più non
posso, e poi espira.
Lentamente, in modo quasi lamentoso, espira. E’ questo
vivere, si domanda?
Perché lui si sente vivo. Elena gli ha mostrato la vita,
quella vera, quella
per la quale ti rendi conto che vale la pena. Quella che va riempita di
azioni
e parole che la fanno valere.
Vale la
pena rischiare?
Vale la
pena trasgredire al suo apparente destino?
Sì,
si risponde.
Sì,
vale la pena sentirsi vivi. E’ come una droga, adesso.
Sentirsi vivi sempre, ecco l’obiettivo della sua vita.
Sentirsi vivi come Elena
gli ha insegnato come lei gli ha concesso di fare. La
ripagherà, prima o poi,
in un modo o nell’altro. Lo farà.
Magari…
amandola?
Qualche mese
prima prima
Damon
Salvatore varca la soglia della Sala Comune dei Corvonero al Quarto
Piano.
Un
sorriso amaro appare sulle sue labbra rosee e carnose ma leggermente
screpolate
ai lati. Un ricordo annebbia la sua mente… com’era
felice quando il Cappello
Parlante aveva esclamato: “Corvonero!” senza indugi
e senza rimpianti circa sei
anni prima. Ed ora, invece, si ritrova a frequentare il suo settimo ed
ultimo
anno ad Hogwarts, orgogliosamente Corvonero, ma piuttosto triste di
dover
lasciare questa scuola, uno dei tasselli più importanti
della vita di ogni
mago. Ma, oltre ad essere triste, è anche terribilmente
orgoglioso, e non
direbbe nulla del genere a qualcuno, soprattutto per non rovinare la
sua
dignità. Tzè, solo i
Babbani potrebbero
affermare una cosa del genere! Riflette. Eppure
tu l’hai pensato… si ritrova a
commentare la sua coscienza,
in netto contrasto con i pensieri precedenti del giovane mago.
Damon
scaccia questi conflitti mentali scuotendo la testa, ed appuntandosi
mentalmente di non dover trascorrere più di quattro ore in
compagnia di Niklaus
Mikaelson, suo migliore amico nonché mago pazzo ed in grado
di confondere le
idee –e la vista- nell’intenzione di sperimentare
nuovi incantesimi per
migliorarsi.
E’
questo
ciò che accade con i mezzosangue –Klaus lo
è- che, sentendosi onorati di aver
avuto in dono questi poteri, studiano quasi quanto l’antica e
famosa Hermione
Granger, la mezzosangue migliore amica dell’ Auror Harry
Potter, colui che è
sopravvissuto al nemico di un tempo –Voldemort, altrimenti
noto come ‘colui che non deve essere
nominato’ oppure
‘tu-sai-chi’- e
che l’ha distrutto
una volta per tutte.
Il
Salvatore –famiglia di purosangue- suppone che siano tutte
menzogne per
aumentare la fama del luogo, ma… può sempre darsi
che non siano solo leggende
le cose che si narrano fra i corridoi del sesto piano, fra una lezione
e
l’altra di Lingue non umane. E non
solo
lì.
Il
giovane ripone, nella libreria disposta di fronte al divano
rigorosamente blu
dei Corvonero, una copia del libro “Gli Animali fantastici:
dove trovarli”,
utilizzato per un tema per “Storia della magia”,
più che altro per prepararsi
per i M.A.G.O. di quest’anno, non affatto imminenti essendo
ancora dicembre.
“Ehi,
Damon” chiama la sua attenzione Nigeria Sanders, una
Corvonero del settimo anno
che conosce per essere una cacciatrice di Quiddich. Damon, oltretutto ,
è il
capitano della squadra di Quiddich di Corvonero di
quest’anno.
“Nigh”
si
rivolge a lei così, dato che la ragazza non ama il suo nome
ed è conosciuta
principalmente come Nigh la cacciatrice
dei Corvonero. Accenna ad un sorriso mentre la bruna dai
capelli color pece
e dalla pelle ambrata ricambia. “Tuo fratello ti cercava, era
nell’aula di Incantesimi
quando l’ho incontrato.” comunica al maggiore dei
Salvatore –Maggiore di solo un anno,
Damon! Gli
ricorda sempre Stefan.- spostandosi una ciocca di capelli dietro
l’orecchio.
“Oh,
ovvio. Grazie.” Cerca di essere gentile trattandosi di
Stefan, ma il tono della
sua voce suona piuttosto ironico alle orecchie della giovane. Si
dilegua dopo
averla salutata con un cenno della mano, e raggiunge il terzo piano con
una
certa facilità e destrezza nell’orientarsi nei
corridoi, destrezza che non
possedeva sei anni prima.
Stefan
Salvatore è il fratello di Damon e, al contrario del
Corvonero dagli occhi
azzurri e chiari, è un affermato Tassorosso. Certo, non fa
parte della squadra
di Quiddich né ha la sua stessa fama all’interno
dell’Istituto, ma è più…
come
dire?... Interessato ad altre cose, come ad esempio il club di Pozioni
o quello
dei Duellanti, al contrario del fratello.
Cosa
avrà combinato, adesso? Si chiede il
Corvonero. Ha fatto scoppiare
l’aula di Pozioni per un compito
extra? Vuole sapere come far parte della squadra di Quiddich senza aver
partecipato alle selezioni? Perché Damon lo sa, lo
percepisce: Stefan ha bisogno di
Damon, e non di come si avrebbe
bisogno di un normale fratello. Ha bisogno di lui per riparare ad un
danno, ad
un pasticcio, in quanto il piccolo Salvatore è piuttosto
imbranato e meno
spigliato del grande e Damon, sin da piccoli, è intervenuto
per aggiustare
tutto quanto. Ironico, vero? Perché secondo Giuseppe
Salvatore, impiegato al
Ministero della Magia, sarebbe il figlio dagli occhi verdi a dover
aiutare
quello dagli occhi blu e non viceversa.
“Fratello!
Cosa hai combinato, questa volta?” domanda Damon con lo
sguardo assottigliato,
poggiando una mano sulla spalla del più piccolo, che scrolla
via velocemente.
“Non
è
come pensi, Damon, non questa volta.”
“E
cosa
vuoi da me, allora?” domanda Damon con lo sguardo di chi sta
perdendo la
pazienza. Damon è così, impaziente, lui va subito
al sodo, è impulsivo, forse
per questo viene considerato pazzo da Nik, o forse è per
questo che quei due
sono migliori amici.
“Si
tratta di una ragazza, lei…” inizia Stefan, ma una
volta detto questo sembra
che le parole gli muoiano in gola. Apre nuovamente bocca, ma nulla. Non
esce
una sola parola, nonostante Damon lo inciti a parlare con lo sguardo.
“…lei?”
lo incalza il maggiore alzando le sopracciglia, mettendo ancora
più in evidenza
i suoi pozzi cerulei che Stefan ha sempre un po’ invidiato.
“Lei
non
ha nessuno dove trascorrere le vacanze natalizie, i suoi genitori sono
entrambi
morti, ed allora ho invitatoacasaleiesuofratello”
mormora le ultime parole con un tono di voce pressoché
inudibile e Damon
esclama un “Puoi ripetere, per piacere?”.
“Ehm…
ecco, ho invitato a casa lei e suo fratello.” Si gratta la
testa imbarazzato,
mentre un lieve rosso gli imporpora le guance facendolo sembrare
più piccolo di
un anno o due.
“E’
una
mezzosang-“ sta per chiedere Damon, ma il piccolo subito lo
ferma. “Oh,
andiamo! Ti cambia qualcosa sapere se è una mezzosangue o
no? Ti basi su questo
per… giudicare una persona, esserle amica? Sei davvero
così indietro?” sbotta
Stefan, con il viso rosso sia per la rabbia sia per
l’imbarazzo di poco fa.
“E
va
bene! Va bene!” urla Damon prima di scomparire dalla vista
del giovane e sfuggire
dalle sue parole e paranoie incamminandosi verso…
verso… dov’è che si trova
adesso?
Biblioteca,
primo piano.
Un volume
di Storia di Hogwarts è stretto nelle mani del giovane dagli
occhi blu,
concentrati nella lettura ed in un viaggio che va da sinistra a destra,
scendendo lentamente di rigo in rigo e cambiando pagina ancor
più lentamente.
Le
sopracciglia sono aggrottate per la concentrazione, mentre le labbra si
muovono
per pronunciare qualche parola sottovoce. Damon sta cercando di
impegnarsi, di
non pensare, riflettere, ma la verità è che non
ci riesce: le parole del
fratello l’hanno colpito, e
in fondo, sa
che ha ragione; un po’ come la sua coscienza, una ventina di
minuti fa, e per
questo è ancora più infuriato. Orgoglioso
com’è, non vuol dar ragione ad
entrambi, non vuole ammettere di avere torto… e questo lo
ferisce maggiormente:
è come se volesse urlare ma non può, e si
trattiene, accumulando la sfuriata.
Damon
chiude il libro con forza, stringendo le labbra e riponendolo al suo
posto.
L’unica
cosa
che adesso lo aiuterebbe è una lettura più
leggera, piacevole quanto complessa:
Le abitudini dei Babbani di Mynda Muggle. I babbani sono strani per
davvero,
oltre che un po’ insulsi a vivere senza magia e con problemi
di importanza
inferiore rispetto ai maghi.
La testa
gli scoppia, però, ed è per questo che chiude con
forza anche questo volume e
corre via al dormitorio.
***
“Fratello?
Fratello?” domanda insistentemente Stefan al maggiore nella
sala Grande. “Che
c’è?” risponde Damon scocciato mentre si
raddrizza il mantello nero. “Scusa per
ieri… -mette una mano fra i capelli imbarazzato- Ma lei ti
piacerà, ne sono
certo. Dalle solo una possibilità.” Damon lo
osserva, cercando di capire se si
può fidare. Annuisce come se fosse un dolore, per lui, fare
quel gesto, riporre
speranza in suo fratello.
“Bene,
ci
vediamo fra un po’!” La scuola si prepara
all’imminente partenza degli alunni,
oggi c’è un treno che porta a King’s
Cross ma ovviamente i Salvatore fanno
tappa a Godric’s Hollow, la loro città natale,
quella nella quale vivono. Il
minore sparisce dalla sua visuale, facendolo borbottare.
“Amico?”
lo chiama un’altra voce, quella più armoniosa di
Nik.
“Mhm?”
risponde il moro mentre afferra un pasticcino al miele da mangiare.
“Ieri
sera discutevo con Nigh a proposito dei Tassorosso, della partita
importante
che faremo contro di loro dopo le vacanze. Dici che se vinciamo ottengo
un
appuntamento con Caroline oppure mi rifiuterà
ancora?” Damon scuote la testa
consapevole che quella ragazza non darà mai a Klaus una
possibilità. Non che ci
abbia mai parlato con lei, sa solo che è una Tassorosso
bionda attraente che
non sembra avere un briciolo d’interesse nei confronti del
suo amico, ma anzi,
sembra quasi odiarlo.
La cosa
peggiore, poi, è che lui è completamente cotto di
lei e non si da mai per
vinto.
“Che
cosa
le hai regalato l’ultima volta? Un gioiello babbano? Un
disegno? Perché ricordo
ancora le parole che ti ha rivolto: -Non provare a rivolgermi mai
più la
parola, Niklaus!-“ la imita Damon, con una voce che fa ridere
il suo amico
seppure, in questo momento, dovrebbe avercela con lui.
Ma Nik
è
così, è un controsenso vivente, non
c’è da stupirsi che non si atteggi come
dovrebbe in alcuni momenti.
“Era
un
vestito per Halloween, miseriaccia.” Si gratta la testa alla
ricerca di nuove
idee per convincerla e stupirla. Damon lo scruta: cosa ci
troverà mai in quella
ragazza? Una ragazza che, per giunta, nemmeno gli parla? Non trova
risposta,
non sa cosa significa avere una cotta e probabilmente non lo
saprà mai.
“Grazie
tante, famiglia.” Borbotta sarcastico Damon, che si ritrova a
portare due
enormi valigie pesantissime da solo, perché tutti sono a
dare il benvenuto ad
Elena e Jeremy, che per altro non ha ancora visto. La neve avvolge
Godric’s
Hollow come ogni inverno, per cui le guance del giovane sono tinte di
un rosso
che lo fanno sembrare più innocente di quello che
è.
Con
grande fatica riesce a portarle all’interno
dell’abitazione, lasciando che un
tiepido calore lo avvolga e gli faccia chiudere gli occhi per godersi
questi
istanti. Improvvisamente delle voci divertite riecheggiano dal salotto
adiacente, addobbato, come n0n succedeva da anni, per il Natale. Come
non
succedeva da quando sua madre, Elisabeth, è morta. Lei amava
il Natale, lo
faceva amare ai suoi piccoli figli e a tutti coloro che avevano la
possibilità
di guardarla in questo periodo dell’anno.
Un senso
di rabbia lo pervade. Giuseppe non ha mai dato peso al Natale da
allora, ma
adesso sì. Per due stupidi mezzosangue che non hanno la
minima idea di come ci
si possa sentire in questo momento.
Elisabeth
gli manca sempre. Elisabeth rendeva tutto più bello, tutto
più felice: aveva il
potere di farti sentire meglio con un sorriso, sorriso che trasmetteva
agli
altri in un istante. Era una strega e pozionista eccezionale, dai
lunghi
capelli castano chiaro e dagli occhi cerulei. Era davvero bella.
Non gli
importa di sembrare scortese, maleducato. Raggiunge il piano superiore
in un
attimo, senza voltarsi per salutare gli altri che, al solo vederlo
sgusciar via,
smettono di parlare e si guardano attorno con un senso di disagio
dipinto sui
loro volti.
Entra
nella sua stanza e sbatte la porta producendo un forte rumore.
Si getta
sul letto e con le mani si accarezza le palpebre chiuse, mentre il
prepotente
ricordo di sua madre cerca in tutti i modi di tornare a galla,
nonostante lui
cerchi invano di spingerlo via. E’ sua madre, non Liz,
Lizzie, Beth, Eli, Lisa,
come tutti la chiamavano, per lui è semplicemente sua madre,
e sua madre è
morta. Non c’è più. E con il passare
del tempo, il suo ricordo sta sbiadendo
lentamente, si sta sgretolando, e forse è un bene, ma una
parte di lui assicura
che è un male. E odia tutto questo.
“Damon…
apri la porta, andiamo.” E’ la richiesta di suo
fratello, una ventina di minuti
dopo che si è chiuso in camera. Non gli da ascolto, lo
ignora, come avrebbe
dovuto fare dall’inizio. Lui non capisce, non l’ha
mai fatto.
Si
arrende molto prima del previsto, facendo nascere una voragine
nell’animo del
grande. Non gli importa nemmeno. Non si sforza neanche. E’
vero che lui non ha
fatto nulla. Eppure si sa, quelli che scappano da tutti vogliono solo
essere
fermati da qualcuno. E quando vede che suo fratello, Stefan, va via,
lasciandolo solo, una lacrima solca la sua guancia. Non è
giusto, non dovrebbe
essere così.
Sono le
due quando Damon decide di uscire dalla stanza in cui è
rintanato da troppo
tempo per mangiare qualcosa. Non ne ha voglia, ma il cibo riempie la
pancia,
forse il vuoto che ha dentro, e anche la testa, che gli sta quasi
letteralmente
per scoppiare. In più sua madre gli diceva che se non
avrebbe mangiato per
troppo tempo, sarebbe potuto star male. Prende una tazza e ci versa
dentro dei
cereali con latte.
“E’
bello
qui.” Esclama una voce femminile, che lo fa sobbalzare e
trasalire. E’ una
giovane ragazza, dagli occhi e capelli scuri, una che passa facilmente
inosservata all’interno della scuola. Forse è per
questo che non l’ha mai vista
in sette anni. Eppure ha qualcosa di familiare, qualcosa difficile da
indicare
con un nome. Senza contare che, nella sua semplicità,
è bella. Davvero bella.
Con gli occhi da cerbiatta, le guance rosa e le labbra incurvate in un
sorriso
insicuro e pauroso, ma anche sincero. Indossa un semplice vestito blu
notte,
degli stivaletti neri, e dei guanti di lana.
Inusuale.
Ecco come
definirla.
Bella ma
inusuale.
Anzi,
bella, inusuale e da ignorare.
Damon non
risponde, si limita ad osservarla di sottecchi, uno sguardo che
dovrebbe farle
intendere che ha capito, ma che deve anche andar via.
Ma lei
non lo fa. E’ testarda, rimane.
“Mi
dispiace che la nostra presenza ti dia fastidio.” Rivela
guardando Damon. Lui
si ferma. Lei lo prende come un cenno di continuare a parlare.
“Di solito le
persone provano pena, compassione, per me, per mio fratello. Mai
nessuno ha
provato l’odio che tu provi per noi. Mi dispiace, per
questo.” Damon vorrebbe
dirle che non li odia, non è quel tipo di persona che odia a
primo impatto, che
odia senza conoscere. Forse a volte lo è, ma lui era ben
disposto a conoscere
questa ragazza e suo fratello.
E’
il
modo in cui si sono presentati a casa loro, improvvisamente, facendo
tornare il
Natale e facendosi amare da Giuseppe, rendendo felici
quest’ultimo e Stefan che
gli da fastidio. Perché lui ha provato a far tornare il
Natale, ma invano, ha
provato ad odiare suo padre e Stefan per non importarsene di Elisabeth.
Ma non ci
è riuscito.
E loro lo
odiano.
Damon
scrolla le spalle, le rivolge un misero sorriso, carico di parole non
dette, di
sentimenti contrastanti, e va via, lasciando Elena confusa.
E’
Natale. Sono trascorsi solo pochi giorni dal loro arrivo da Hogwarts, e
a Damon
quella casa già manca. In più gli manca Nik, e
come non può?, essendo il suo
migliore amico, l’unico che lo capiva e lo ha sempre fatto.
Per questo gli ha
inviato un gufo con una lettera ed un piccolo regalo. Una piuma per
scrivere
davvero particolare, spera solo che non la utilizzi per biglietti
d’amore per
quella Caroline.
E’
uscito
presto, e si ritrova a passeggiare per Godric’s Hollow da
solo, diretto al
cimitero dove sua madre è sepolta. “E’
Natale anche quest’anno. –mormora fra sé
e sé – Vorrei essere con te. Papà e
Stefan non possono capire. E mi odiano. E
anche la ragazza, Elena, anche lei mi odia. Solo il fratello, Jeremy,
sembra un
tipo a posto. Sembra simpatico e si è congratulato per le
vittorie a Quiddich
ottenute grazie a me. Nonostante fosse un Grifondoro, capisci? Ma non
è per
questo che sembra okay. Forse anche lui prova le stesse cose per aver
perso i
genitori. Non come Elena e Stefan. Loro se ne infischiano.”
Racconta ad un’immagine
in bianco e nero di Elisabeth Salvatore. “Vorrei essere
lì con te, ovunque tu
sia.” Lascia una rosa rossa, mentre accarezza
l’immagine della donna un po’
offuscata. “Ti voglio bene.” Soffia, in un modo
quasi inudibile. Ma sua madre l’ha
sentito, si dice. Lei c’era quando ad undici anni hanno
scoperto di essere
maghi. Lei c’era sempre.
Mentre
torna a casa compra una copia de ‘
Tutti
tranne Jeremy, che lo saluta con un sorriso e gli chiede di sedersi
accanto a sé,
su un divano in velluto rosso. “Certo.” Replica il
maggiore con un inusuale sorriso.
Trascorrono un bel po’
di tempo lì, intenti a chiacchierare su tutto ciò
che gli passa per la testa,
ed Elena li vede, per sbaglio, li osserva. Ed è in quel
momento che capisce.
Capisce
che lui non li odia.
Capisce
che lui è pieno di idiozie, rimorsi e dolore.
Capisce
che lui indossa una maschera che non toglie quasi mai.
Capisce
che mente, che ama, che porta un lacerante segreto che lo consuma.
E lei
vuole aiutarlo.
“Posso?”
domanda allora, accomodandosi fra i due. Damon improvvisamente smette
di
sorridere e deglutisce, facendo comunque spazio alla giovane. Elena
sorride
vittoriosa. E’ già un buon segno per lei.
Si
intromette nella conversazione con la stessa facilità in cui
è entrata in
quella casa e nella vita del giovane dagli occhi blu. Damon sta
imparando a non
farsi odiare, o almeno è questo quello che pensa. Elena sta
imparando a
conoscerlo, o almeno è questo quello che pensa.
“Chi
è il
tuo autore preferito?” domanda Elena su di giri rivolta a
Damon. Lui
boccheggia. “Io… ehm, non saprei. Leggo tante
cose…” è la sua risposta vaga.
“Be’,
il mio è Shakespeare. E’ un autore babbano di
tanti secoli fa. Ma è davvero
molto bravo. E anche famoso.”
“Cosa
ti
piace fare nel tempo libero?” chiede ancora la giovane,
ignorando di proposito
il fratello. “Gioco a Quiddich.” Risponde con
più sicurezza Damon. “Immaginavo…
voi capitani siete sempre impegnati con una scopa! Io scrivo, e
rifletto sul
mondo senza magia che c’è là fuori.
E’ tutto un altro mondo, tutto ha una
funzione a sé ed è tutto un circolo vizioso.
Pensa alle paperelle di gomma: che
funzione hanno? Oppure ai dentisti! Che mestiere è? Eppure
c’è chi vive
costruendo paperelle di gomma gialla, e chi vive curando i denti delle
altre
persone. Quel mondo è tutto folle, ma è
interessante. Ed inusuale, soprattutto.”
Damon pende dalle labbra di Elena, affascinato dal suo modo di pensare
e
riflettere. Non pensava che una Tassorosso potesse essere
così… interessante.
Lui
annuisce, e continua ad ascoltarla.
Qualche mese
dopo
Quando
Elena scorge Damon nei corridoi si rallegra improvvisamente e gli va
incontro.
Accade la
medesima cosa con Damon non appena riconosce quella chioma o quegli
occhi nel
Castello. Hanno imparato a guardarsi durante le lezioni, ad ascoltarsi,
a
sorridersi, a parlare del loro futuro, del mondo che
c’è là fuori. Hanno
imparato ad abbracciarci ma a non andare mai oltre.
Damon ha
bisogno di Elena come amica.
Lei vuole
aiutarlo ad essere sua amica.
Elena
è
diversa, inusuale, è mezzosangue, grata per essere una
strega ma affascinata
dai Babbani.
Lui
è
purosangue, e non sopportava né mezzosangue né
babbani.
Però
li
sta lentamente apprezzando.
Adesso
sono entrambi nei bagni femminili del secondo piano. Lui è
spaventato da
Mirtilla Malcontenta, lei ride per quella sua stupida paura.
“Pensi
che esista veramente
“Certo.
Vero Mirtilla?” Il fantasma annuisce con il capo, facendo
sorridere la giovane.
“E’
strano dover lasciare Hogwarts quest’ anno… Non
voglio nemmeno pensarci.” Rabbrividisce
al solo pensiero, mentre Elena concorda a riguardo. “Hai
presente la mia amica
bionda, Caroline?” domanda dopo un po’.
“Certo.”
“Posso
raccontarti un segreto?” la sua espressione lo lascia
imbambolato. Elena è
bellissima.
“Certo.
Non lo direi a nessuno.” Afferma.
“E’
segretamente innamorata di Niklaus dal primo anno. Mi chiedo quando
glielo
rivelerà.”
_________________
Mi
domando anche io il perché di questa OS, dico sul serio.
E’
una
Delena diversa dal solito Delena.
E’
diversa nello stile, nelle vicende narrate, nel passare del tempo,
nella
conclusione.
I
pensieri iniziali di Damon si collocano esattamente dopo che Elena
pronuncia
quest’ultima frase. Lei inizia a spiegargli l’amore
che Caroline prova per
Klaus (Klaroline!) e
lui capisce che dopo
mesi è confuso su di lei. Non sa cosa gli sta succedendo. Ho
volutamente
lasciato dei buchi qua e là, spero che gradiate questa OS in
tutte le sue
sfaccettature, perché a me piace un sacco.
La
pubblicazione concorda con il giorno in cui il treno per Hogwarts parte
e, se
vi sto scrivendo, è perché non sono riuscita ad
andare a King’s Cross alle
undici in punto. Suppongo che sia stato tutto un complotto, anche
perché, come
Nina Dobrev, attendo ancora la mia lettera. Sono passati tanti anni e
non l’ho
ancora ricevuta. Sicuramente è perché ci sono
gufi molto ritardatari. Abbondiamo
con le ‘o’. Mooooooo[…]oolto ritardatari.
Quindi,
cari babbani, godetevi queste tremilaseicentotrentaquattro parole.
Ed attendete con ansia la mia prossima long (faccio del sarcasmo), che pubblicherò tra un po’, voglio sistemarmi almeno con una decina e più di capitoli già scritti. Ovviamente non ci riuscirò.
Un bacio,
Fede
P.S. Se siete dei Potterheads, fate come me: ad ogni minimo rumore andate verso porte e finestre per vedere se Errol ha portato la vostra lettera; ascoltate il tg nel caso ci siano notizie strambe, vedetevi tutti i film e piangete. Hogwarts, Hoggy Warty Hogwarts! Okay, la smetto.