Notte fonda. Il vento soffiava forte, scandito dal rumore
di qualche tuono e dalla luce dei lampi che penetrava
la finestra socchiusa. Niente più che un semplice temporale
estivo, di quelli che portano un po’ di sollievo, lasciando dimenticare per un
po’ la calura, accettata ormai come fastidiosa consuetudine.
Il ragazzo biondo si rigirava nel letto, incapace di
prender sonno.
Troppi pensieri si rincorrevano nella sua mente appena
ventenne e gli incubi ormai consueti, si rivelavano complici silenziosi della
sua insonnia. La fronte era sudata e il respiro incostante. Aveva
caldo e per quanto si sforzasse di rilassarsi e chiudere gli occhi, se dormire
fosse stata una delle tante missioni da affrontare, sarebbe sicuramente stata
la più difficile di tutte. Sul comodino, la sveglia pareva segnare lo stesso
orario da tutta la notte.
E lui? Lui non riusciva
a rilassarsi, non riusciva ad imporsi il riposo più che meritato, dopo
una giornata dedicata completamente ai duri allenamenti con il maestro. Doveva
diventare più forte. Certo. Questo si era promesso e questo avrebbe
fatto. Solo che…ogni giorno, ogni volta…si sentiva lo
stesso. Lo stesso ragazzo, lo stesso ninja pieno di ambizioni
e…ma chi voleva prendere in giro? Le sue ambizioni ormai si riducevano ad una
sola, unica ossessione.
Trovare chi era scappato
portandosi via il suo cuore.
Riportarlo a casa.
Suo.
Per sempre.
E come ogni notte, anche quella
l’avrebbe passata insonne, ad osservare il soffitto, a pensare al passato, a
parole lontane, ma mai dimenticate. Parole taglienti. Di quelle che ti lasciano
un segno dentro appena le ascolti. Di quelle che ti si imprimono nella mente, come marchiate a fuoco,
impadronendosi di ogni pensiero. Beh, lui quelle parole non le aveva credute.
No. E ne aveva dette lui stesso. Sì, ne aveva urlate di parole, parole amare e affilate come
coltelli. Parole che racchiudevano contemporaneamente la sua
ambizione e la sua debolezza. Parole che riflettevano
ciò che non era stato capace di fare. Fermarlo. Solo questo doveva fare.
Fermarlo, a costo di rompere ogni singolo osso presente in
quel corpo tanto bramato. A costo di morire lui
stesso, se fosse servito. Invece no. Niente.
L’aveva lasciato scappare. Svenuto. Non di certo arreso.
E al risveglio, aveva trovato ad
accoglierlo il suo coprifronte, quel coprifronte che aveva soltanto scalfito. Quel graffio, riluceva sul
simbolo della foglia…come una beffa. Come emblema di
quel legame che si era incrinato per sempre. Ma lui
non si era arreso. Mai! E non l’avrebbe fatto per
nessun motivo al mondo. Il coprifronte lo teneva al sicuro sotto il cuscino,
nell’attesa del giorno in cui avrebbe potuto restituirglielo…o gettarglielo in
faccia. La sua faccia…quella faccia che aveva sempre davanti agli occhi…quando si allenava, quando parlava col maestro, quando
mangiava, quando cercava di addormentarsi. Sempre. Era un’ossessione…
Il ragazzo biondo si rigirò nuovamente nel letto.
Continuare a guardare la sveglia avrebbe soltanto reso
più interminabile il tempo.
Improvvisamente…uno strano brivido gli
percorse il corpo.
Una strana sensazione che lo portò ad infilare una mano
sotto il cuscino, a frugare lentamente, sicuro…
fino a trovarlo.
Il coprifronte.
Era lì.
E per una qualche strana ragione,
adorava tenerlo fra le mani.
Era una prova tangibile di ciò che era stato, anche se per poco tempo…lo rassicurava.
Oh sì, quel graffio soprattutto, lo rassicurava…come a
ricordargli che lo avrebbe trovato prima o poi.
Che lo avrebbe riempito di botte
e insultato e odiato e…beh, poi lo avrebbe baciato.
Baciato all’infinito.
Teneva ancora il coprifronte fra le mani, appoggiato sul
petto, quando sentì un lievissimo rumore provenire dalla finestra poco
distante. Inizialmente pensò fosse stato il vento, ma cominciò a ricredersi quando lo sentì nuovamente. Strinse il
coprifronte con la mano sinistra e con l’altra afferrò prontamente il kunai.
Lentamente scese dal letto, dirigendosi verso la fonte della sua distrazione.
La finestra era socchiusa e fuori il vento non sembrava davvero darsi tregua.
Aprì il vetro e si affacciò, leggermente infreddolito. Diede
un’occhiata furtiva a destra e a sinistra, per poi soffermarsi su ciò
che riusciva a vedere sotto di se. Per un attimo, il suo sguardo si perse fra i viottoli sottostanti, le case, gli alberi mossi dal
vento… tutto era buio e freddo. Ma gli piaceva.
Adorava la sua città di notte, il modo in cui pareva avvolta in una patina di irrealtà…quasi si trovasse immersa in un sogno. Si
appoggiò al davanzale e lasciò cadere a terra il kunai. In mano aveva solo il
coprifronte e non voleva altro. Rimase così per qualche minuto, intento ad
osservare lo scenario che si stendeva avanti a se. E in quel momento, si
ricordò di un sogno…un sogno che faceva praticamente
ogni volta che riusciva ad addormentarsi. Sempre lo stesso. In quel sogno era
messo proprio così, seduto sul davanzale della finestra. E…arrivava
lui. Sì. Sbucava praticamente dal nulla. Entrava nella
sua stanza e rimanevano così, a guardarsi negli occhi. Quegli occhi che anche
volendo non avrebbe mai potuto dimenticare. Era lì. Lì con lui. E vi sarebbe rimasto. Nel suo sogno riusciva veramente ad
impedirgli di fuggire di nuovo. Prendeva
la sua mano, accarezzava i suoi morbidi capelli neri. In un attimo non
esisteva più nient’altro. In un attimo era come se lui non se ne fosse mai
andato, come se non l’avesse mai abbandonato, come se non fosse mai esistito nessun Orochimaru, nessuna famiglia da vendicare, nessun
fratello da ammazzare. Erano solo loro due ed era passione. La passione che avevano taciuto per troppo tempo, la passione che li portava
a spogliarsi famelici, bisognosi di sfamarsi l’uno dell’altro.
Ed era tutto lì.
Finalmente aveva le sue labbra, il suo
corpo.
Aveva lui.
Lo baciava. Lo accarezzava.
Ed era suo.
Solo per il tempo di un sogno…
Al risveglio, la stanza era sempre la stessa.
I suoi vestiti li aveva ancora
addosso e nessuno dormiva accanto a lui fra le coperte.
Al suo risveglio, arrivava sempre il nuovo giorno, con le
nuove missioni, i nuovi allenamenti, il sorriso da sfoggiare sempre e comunque, nonostante tutto dentro di lui piangesse, gridando
la rabbia e il dolore.
Soltanto il coprifronte, rigorosamente stretto fra le
mani.
Quella sera non aveva sentito altro che il vento. Certo.
Nessuno aveva sfiorato la finestra e il rumore era dato soltanto dal vento che
smuoveva gli alberi, spezzando un rametto secco.
Quella sera non sarebbe cambiato nulla.
Tornò a letto, perché quella sera avrebbe almeno riavuto
il suo sogno.
Avrebbe riavuto il suo rivale.
Il suo compagno.
Il suo migliore amico.
Si cacciò stancamente sotto le coperte, beandosi del
leggero tepore.
Chiuse gli occhi, ricacciando indietro le lacrime.
(Dormi…)
Lo avrebbe riavuto. Sì. Non soltanto in sogno. Lo avrebbe
riavuto davvero. Aveva dato la sua parola…e un ninja mantiene
sempre la sua parola…
Chiuse gli occhi, non curandosi di un ennesimo rumore
proveniente dalla finestra. Dannato vento. Strinse le coperte. Strinse il
coprifronte.
(…Dormi dannazione, dormi...)
Forse stava impazzendo.
Forse sarebbe impazzito.
Iniziò a piangere debolmente, mentre la sua mente
continuava a giocargli brutti scherzi.
Di nuovo un rumore e questa volta gli pareva
persino di sentire dei passi.
Stava diventando paranoico.
Piangeva. Singhiozzava terribilmente.
Prima o poi sarebbe pur finita quella notte!
E fu un attimo.
Sentì qualcosa accarezzargli i capelli.
Sussultò e si ricordò di aver abbandonato il kunai sul
pavimento.
Non ebbe nemmeno il tempo di spaventarsi, di gridare, di
voltarsi.
Istintivamente strinse ancora di più il coprifronte.
Le parole giunsero altrettanto fulminee alle sue orecchie
e al suo cuore.
“dobe…sono io…”