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Autore: I am Nobody    01/09/2013    0 recensioni
Ed a volte respirare non basta, per continuare a vivere.
Dal testo:
Perciò eccolo qua, il mio ultimo respiro, sarò io a sceglierlo, e non qualcun altro, come è stato per Elena o per il vecchio Mark, sarò io a scegliere la fine della mia vita, perché la mia esistenza è finita poco più di un mese fa.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A volte è strano pensare che la nostra vita sia solo una serie di giornate perse a fantasticare su quale sia il nostro futuro, perché è stato quello il nostro passato, o perché è questo il nostro presente…
Ogni uomo, almeno una volta si chiede se dopo la vita  ci sia qualcosa, o sia solo una grossa presa per i fondelli.
E pensare tutto ciò mi fa ridere, perché ho passato un mese ad essere arrabbiato con tutti, che adesso ogni cosa mi fa ridere, di una risata senza gioia.
Mi chiamo Alex, e vivo nella periferia di Londra, ho 16 anni, anche se mi sembra di aver sulle spalle il peso di un’eternità… Ho una personalità complicata, ma allo stesso tempo piuttosto semplice, non mi piace parlare, preferisco osservare, e credo sia per questo che non ho molti amici, e neanche molti nemici in effetti… credo che potrei definirmi una persona abbastanza passiva, e anche se so che non è una cosa positiva, credo di non poterci fare proprio niente
So bene di non star parlando con nessuno, che voi siete solo un pubblico nella mia testa, e che da qui a poco scomparirete, è che non so con chi altri parlare, e sinceramente, alle persone normali non saprei cosa dire… insomma, cosa si dice in una situazione del genere? La verità forse è che non so veramente quello che sto facendo, non dico che non ci abbia pensato.. dico solo che non è una cosa che non puoi veramente sapere
Ho solo pochi attimi prima di dovervi dire addio, e in questi attimi credo che vi parlerò di lei: la mia migliore amica.
Si chiamava Elena, e non potrebbe esserci nome più azzeccato per una persona così, dato che è stata l’unico raggio di sole in tutta la mia vita. Penserete che io sia un po’ di parte, ma quello che dico è solo la verità, era un raggio di sole in tutto e per tutto. Riguardo al fatto che lei sia stata l’unica gioia per me, potrete giudicare voi.
Sono nato e cresciuto in questo posto, circondato da ratti, immondizia e sudiciume, oggetti che per quanto mi riguardano raccolgono anche la maggior parte delle persone che abitano qui. Non ho mai conosciuto mia madre, che a sentire mio padre era un’alcolizzata di prima categoria, morta di overdose o qualcosa del genere… avvolte mi chiedevo se il rapporto tra quei due fosse stato una sorta di gara a chi beveva di più, e se lui si fosse dimenticato che la gara era finita. Comunque non pensiate che mio padre non mi volesse bene… Oh no, lui mi adorava; così come adorava tutti i bambini… Forse era proprio questo il suo problema, lui li amava troppo i bambini, e come diceva sempre, io ero il suo bambino preferito.
Comunque scoprirono la sua ossessione quando io avevo poco più di sette anni, venne portato in prigione, e io venni affidato ai servizi sociali, che mi mandarono in orfanotrofio. È stato li che ho conosciuto Elena, e non posso dire che noi due siamo sempre andati d’amore e d’accordo. Già da quand’eravamo piccoli lei era un terremoto, semplicemente la persona più rumorosa che si possa incontrare, adorava il cioccolato, la menta, la panna e qualsiasi altro cibo ipercalorico, e nonostante questo, mistero dei misteri, aveva la circonferenza di un palo della luce. Anche il suo aspetto era buffo, era alta praticamente un metro e un tappo, e il metro era rappresentato da quella enorme massa di capelli rossi e ricci che si ritrovava nella testa. La cosa che le piaceva di più era dire bugie, e io adoravo quando lo faceva, perché le si illuminavano gli occhi e lasciava scaturire ogni sorta di fantasia strana, tanto che le persone erano indecise se crederle o prenderla per pazza. Ma a lei non importava, forse è questa l’unica cosa che avevamo in comune, a nessuno dei due importava di ciò che pensavano le persone. Nessuno è mai venuto a fare un colloquio per diventare nostro genitore, lei era troppo rumorosa, troppo rossa e troppo riccia, io ero troppo silenzioso e inutile dire che tutti sapevano della mia infanzia, e nessuno si voleva prendere la responsabilità di avere un bambino traumatizzato in famiglia. In effetti crescendo ho notato sempre di più che le persone cercavano di stare alla larga da me, come se avessero paura che il trauma fosse contagioso, solo ad Elena non importava nulla. Viveva ogni giorno come se fosse l’ultimo, se incontrava un barbone gli regalava tutto ciò che aveva in tasca e quando passavamo per il cimitero si sceglieva una delle tombe più malandate e portava un mazzolino di fiori, sussurrando alla donna o uomo che fosse un Ti voglio bene dal profondo del cuore. Amava la vita, nonostante la vita non avesse di certo amato lei, e ogni giorno trovava un motivo per sorridere, e Dio solo sa quanto il suo sorriso fosse contagioso…
È morta il mese scorso, le hanno sparato in un vicolo. Frequentavamo quel posto da un annetto, c’era un nostro amico, Mark, un vecchietto di ottant’anni, e ogni tanto andavamo ad assicurarci che non avesse tirato le cuoia e che quello che ingeriva fosse cibo sano. Nonostante la vecchia età ogni tanto andava a farsi un giro, credo che fosse per vedere se nel mondo era successo qualcosa di interessante o per vedere se le articolazioni funzionavano ancora, fate voi. Un giorno, poco prima della morte di Elena lo andammo a trovare, ma al suo posto c’erano una banda di cinque teppistelli vestiti di nero poco più grandi di noi, e del vecchio Mark nessuna traccia. Ci fissammo per un po’, finché Elena non decise di spezzare il silenzio. Chiese loro dov’era Mark, e quelli sbuffarono, allora ripose la domanda.
Quello che sembrava il leader le disse di smetterla di fare domande, prima di fare quella sbagliata. Ovviamente Elena non era tipa a cui si comanda, ma con fare molto persuasivo riuscii a portarla via prima che la situazione degenerasse. Passammo qualche giorno a parlare di quell’avvenimento, lei voleva tornare, io le dicevo di lasciar perdere. Inutile dire che non mi ha ascoltato…
È andata in quel postò pochi giorni dopo, e deve averla fatta, quella domanda sbagliata, perché non è più tornata.
E forse è per questo che ora sono qua, nel vicolo di Mark, davanti a cinque ragazzi morti e con una pistola puntata alla testa, e forse è proprio per questo che non ho paura di schiacciare il grilletto: perché ogni mia paura o briciolo di umanità è morto con lei, e ogni mia speranza di vivere è sparita con lei. Perciò eccolo qua, il mio ultimo respiro, sarò io a sceglierlo, e non qualcun altro, come è stato per Elena o per il vecchio Mark, sarò io a scegliere la fine della mia vita… perché la mia esistenza è finita poco più di un mese fa. 
  
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