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Autore: SusanTheGentle    01/09/2013    10 recensioni
Un amore improvviso, due cuori che si incontrano ma che non riescono mai a toccarsi davvero come vorrebbero...almeno fino all'ultimo giorno. Nessuno sa. Forse nessuno saprà mai. Solo Narnia, unica testimone di quell'unico attimo di felicità.
Caspian e Susan sono i protagonisti di questa nuova versione de "Il Viaggio del Veliero". Avventura, amore e amicizia si fondono nel meraviglioso mondo di Narnia...con un finale a sorpresa.
"Se vogliamo conoscere la verità, dobbiamo seguire la rotta senza esitazione, o non sapremo mai cos'è successo ai sette Lord e dove sono finite le Sette Spade"
Il compito affidatogli questa volta era diverso da qualsiasi altra avventura intrapresa prima. C'era un oceano davanti a loro, vasto, inesplorato; c'erano terre sconosciute alla Fine del Mondo; una maledizione di cui nessuno sapeva niente. Non era facile ammetterlo, ma era probabile che nessuno di loro sarebbe mai tornato. Stava a lui riportarli indietro.
Caspian si voltò a guardare Susan, la quale gli rimandò uno sguardo dolce e fiero, e all'improvviso capì che qualsiasi cosa fosse accaduta, finché c'era lei al suo fianco, avrebbe sempre trovato la forza per andare avanti"

STORIA IN REVISIONE
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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44. Il labirinto
 
 
 
Davanti a loro si ergeva un largo e altissimo arco di pietra grezza, al di la del quale c’era un silenzio come di tomba. Un enorme insieme di mura e vegetazione che avrebbero potuto nascondere chissà quali mostruosità.
Un sentiero circondato da fitti alberi continuava dritto per alcuni metri e poi si perdeva nell’oscurità.
“E’ enorme” commentò Emeth. “Comprende come minimo metà dell’isola. Come pensate di scoprire dove si trova Edmund? Occorreranno ore per esplorarlo.”
Shira si alzò in volo dalle braccia di Lucy e gli schiaffeggiò il capo con le ali, stizzita.
Non la considerava proprio per nulla quel soldato impertinente?
“Ahi!” esclamò il giovane. “Sì, sì, lo so: ci scorterai tu”
Se il falchetto avesse potuto spiegar loro a parole ciò che sapeva di quel luogo, allora nessuno avrebbe più avuto dubbi. Per fortuna, le Regine sembravano ben disposte verso di lei e avevano convinto anche gli altri ad affidarsi alla sua guida.
“C’è troppa magia là dentro, e non mi piace” confessò Peter, che ormai stava molto meglio, anche se non ancora del tutto tornato in piena forma. “E Emeth ha sicuramente ragione- senza offesa per te, Shira- ma sarà davvero dura attraversare questo posto. Però, dobbiamo andare avanti e trovare Edmund” Il Re Supremo si volse verso le sorelle e gli amici. “Qualcuno di voi vuole tornare indietro?”
Ovviamente, nessuno fece un cenno affermativo. Una fiera determinazione brillava sul volto di ognuno. Quali fossero le difficoltà e gli ostacoli, non si sarebbero fermati.
“Coraggio, allora” concluse Peter, entrando per primo insieme a Miriel.
Dietro di loro Lucy e Emeth, ancora dietro, Caspian e Susan.
Oltre alle loro armi, i quattro Sovrani impugnavano le Spade dei Lord. Quella di Eustace era rimasta in custodia a Gael sul Veliero dell’Alba. Non sarebbe stata una buona idea portare tutte e sette mentre stavano andando incontro a Jadis.
Non appena tutti e sei ebbero attraversato l’arco, grossi rovi spuntarono dal terreno e si attorcigliarono tutto attorno alla volta, ostruendo il passaggio d’entrata. I ragazzi si voltarono ma non poterono far nulla se non restare a guardare.
“Facile entrare” commentò Caspian, “ma non altrettanto uscire”
Osservarono il sentiero che li attendeva, il quale percorsero per alcuni minuti senza incontrare deviazioni. Infine, la strada cominciò a serpeggiare e a dividersi.
Destra, sinistra, destra, ancora sinistra, avanti, poi indietro quando incontravano vicoli ciechi.
Peter estrasse la bussola per non perdere la strada, ma divenne subito chiaro a tutti che non avrebbero potuto orientarsi con quella. L’ago girava su se stesso, impazzito.
L’aria si fece umida come se avesse appena smesso di piovere, i rumori si fecero attutiti e indistinti.  Attorno a loro iniziarono a vorticare strisce di nebbia spettrale. Dentro di essa, a volte si distorcevano forme e volti vaghi, dando ad ognuno l’impressione che ci fosse qualcosa dove non c’era niente. Tutto aveva cambiato aspetto, ogni cosa appariva diversa e tutto poteva succedere.
Caspian s’irrigidì all’improvviso, e si fermò di colpo quando vide il volto di suo padre, e udì l‘eco della sua voce.
“Hai lasciato i tuoi uomini a morire… qui dentro non troverai niente…”
Cercò d’ignorare la voce, ma non era possibile.
“L’unica cosa che puoi fare è vergognarti di te stesso…lascia perdere, prima di coprirti di ridicolo”
Chi era davvero quello spettro? Da dove veniva? Perché lo perseguitava?
 “Caspian, cosa c’è?” chiese Susan, rimanendo un poco indietro rispetto agli altri.
Il giovane si guardò attorno smarrito. Suo padre era scomparso.
Non le rispose.
“Ragazzi, dobbiamo restare vicini” chiamò la voce di Lucy, stranamente ovattata.
“Arriviamo” disse il Liberatore, intercettando lo sguardo della sua sposa. “Tutto bene, non è niente”
“Sei sicuro?” chiese Susan, molto preoccupata.
Da quando aveva fatto quello strano incubo la notte precedente, Caspian sembrava in attesa di qualcosa, gli occhi scuri la cercavano nel buio ma non la trovavano. Che cosa gli accadeva?
“Questo posto gioca brutti scherzi all’immaginazione, non trovi?” disse lui, ansioso, cercando di convincersi che non fosse altro che suggestione.
Allora chi credi che fosse l’uomo che hai visto sulla nave poche ora fa? domandò una strana voce nella sua testa, ma il giovane non vi fece caso.
“Stammi vicino, Sue” mormorò, prendendole le mani.
Lei le strinse immediatamente nelle sue. “Sì…sai che lo farò”
Il percorso che seguirono li portò più volte a strade già batture. A volte non riuscivano a ricordare se da un punto fossero già passati o meno. Tutto sembrava terribilmente uguale, e non erano in grado di determinare quanta strada avessero già percorso.
“Non puoi volare più alto e farci capire dove siamo?” chiese Lucy a Shira.
Il falchetto, che si spostava dal ramo di un albero a un altro, si fermò e scosse la testina nera.
“Eustace ha fatto capire che è impossibile volare sopra le mura” ricordò Miriel, e Shira annuì.
“Allunghiamo il passo, ragazzi” disse Caspian. “Prima usciamo di qui e meglio è”
Camminarono e camminarono, la strada tornò rettilinea, poi si divise ancora, stavolta in quattro ramificazioni.
“E ora dove andiamo?” chiese Susan.
Studiarono per qualche secondo ogni percorso, quel che c’era al di là, ma non c’era modo di stabilire se una strada fosse più sicura di un’altra. La nebbia si fece più densa e scese il freddo.
“Potremmo tirare a sorte” propose Lucy.
“Non puoi affidarti alla fortuna, qui dentro” le disse Peter. “Dobbiamo dividerci”
“Oh, no, ti prego!” esclamò Susan.
Si guardarono un istante. Le strade erano quattro, loro erano sei. Anche dividendosi in coppie ne avrebbero coperte solo tre.
“Uno di noi va con Shira, ma uno deve andare solo” disse Caspian con aria molto seria.
Incrociò lo sguardo di Susan, fermo e risoluto.
“Io lo so cosa stai pensando, ma se credi di andare solo ti sbagli di grosso, perché io vengo con te”
Il Re di Narnia fece un lieve sorriso. “Immaginavo che l’avresti detto”. Le posò le mani sulle spalle e le baciò la fronte. “Ma non ho intenzione di lasciarti, tranquilla”
A quel punto, Shira si accovacciò sul ramo di un basso cespuglio nel sentiero più a sinistra, e i ragazzi intuirono che lei avrebbe preso quella strada.
‘Posso andare io da sola, non ho paura’, sembravano dire i suoi occhietti.
E così fu deciso.
Lucy e Emeth imbucarono allora il secondo sentiero, Peter e Miriel il terzo, e Caspian e Susan l’ultimo a destra, con la raccomandazione- tutti per tutti- di fare più attenzione possibile. Sapevano che, in caso di pericolo, se anche la Regina Dolce avesse suonato il corno, non sarebbe stato possibile raggiungere gli altri dopo essersi separati in quell’enorme dedalo di roccia e vegetazione.
“Ci rivediamo al Veliero dell’Alba” disse Caspian, prima di sparire insieme a Susan tra la nebbia e l’oscurità.
Il Re e la Regina camminarono piano, mano nella mano, in silenzio. Caspian lo spezzò poco dopo con un'inquietante rivelazione.
“So che dovrò affrontare la Strega Bianca…presto”
Lei lo fissò spaventata. “Ne sei certo?”
Il giovane continuava a guardare avanti a sé. “In qualche modo lo sento. Jadis sta aspettando me”
Susan distolse lo sguardo da lui, consapevole di non potergli essere d’aiuto in quel momento. Era la battaglia di Caspian, non la sua. Ma sentirsi impotente la riempiva di rabbia e terrore.
La Regina Dolce si fermò all’improvviso e Caspian lasciò la sua mano.
“Ascolta…” iniziò lei, ma non appena le loro mani si separarono, gli alberi si alzarono dal terreno, proprio come erano solite fare le piante di Narnia per sgranchirsi le radici, di tanto in tanto.
Solo che, a Narnia, nessuno si preoccupava se gli alberi facevano questo, ma dentro quel labirinto, dentro la trappola che la Strega aveva preparato per loro, potevano star certi che non significava nulla di buono.
I rami, minacciosi serpenti coperti di foglie, saettarono verso i due ragazzi.
Caspian spinse indietro Susan e lottò contro le fronde impazzite che si abbatterono su di lui.
La Dolce gridò il nome del suo sposo, cercando di raggiungerlo, ma gli alberi la costrinsero a indietreggiare.
Era un’intrusa, non volevano lei.
Susan si ritrovò fuori dal sentiero e osservò indifesa le piante rimettere le radici nel terreno. Chiamò più volte il nome di Caspian, tuttavia senza ottenere risposta. Cercò un passaggio tra i tronchi, ma si rendeva perfettamente conto di non poterlo raggiungere così. Doveva trovare un’altra strada.
Però non voleva allontanarsi, perchè sarebbe stato come abbandonarlo. Ma doveva.
Si voltò svelta, chiamando Peter e Lucy, quando si rese conto che anche i tre sentieri imboccati dagli altri erano bloccati da rovi e arbusti.
Disperata alla prospettiva di dover tornare indietro più di quanto avrebbe voluto, Susan emise un gemito soffocato, un singhiozzo senza lacrime, iniziando a percorrere la strada all’inverso.
“Guidami, Aslan! Ti prego!”
Ci doveva essere un’altra strada per raggiungere Caspian. La doveva trovare e l’avrebbe trovata. Aveva attraversato i confini del mondo per raggiungerlo e c’era riuscita. Confini decine di volte superiori a quelle mura. Non poteva darsi per vinta ora.
 
 
Shira volò rapida avanti a tutti, puntando verso la torre più alta del castello della Strega.
Shanna doveva al più presto sapere che, finalmente, i Sovrani di Narnia stavano venendo a salvarla.
Con il sorriso stampato sul grazioso musetto e mossa dalla speranza che presto tutto si sarebbe aggiustato, si lanciò veloce tra la nebbia verde che come sempre cercava di ghermirla.
Scese di quota, e fu allora che vide qualcosa, o meglio, qualcuno.
Se avesse potuto, avrebbe gridato.
Re Edmund!
Planò piano in piccoli cerchi sopra di lui. Il giovane era riverso a terra ai piedi di un grosso abete.
Che cosa mai gli era capitato? Era vivo?
Il falchetto toccò terra e saltellò svelta accanto a lui, cercando di capire se respirasse.
Sì, sentiva il suo fiato, ma era evidentemente privo di sensi.
Tirò un sospiro di sollievo e iniziò a becchettargli piano una guancia e una mano.
Poco dopo Edmund si mosse ed emise un lamento soffocato. Piano, aprì gli occhi e si mosse ancora, cercando di mettere a fuoco la creaturina che gli stava davanti, china sul suo viso.
“Shira…?” mormorò a mezza voce, tentando di tirarsi su a sedere.
La testa gli doleva da impazzire, ogni parte del corpo era dolorante ma non rotta, o almeno così gli sembrava.
In un attimo ricordò tutto: le mura che s’innalzavano, lui e Eustace che cercavano di raggiungere il castello della Strega Bianca, lui che perdeva la presa sulla Spada di Bern e  la caduta rovinosa contro le fronde degli alberi.
Doveva essere svenuto, ma da quanto era lì?
Guardò ancora il falco, che lo studiava apprensiva con gli occhietti neri.
“Perché sei qui? E la battaglia?”
Come spiegare a Re Edmund tutto ciò? ,pensò Shira, sbattendo nervosamente le ali.
“Oh, scusami” disse Edmund, capendo le difficoltà dell’animale. “Troppe domande, vero? E tu non puoi parlare…già”
Sospirò. Non c’era modo di sapere dove fossero Peter e gli altri, anche se qualcosa gli disse che se Shira era lì, forse anche i suoi fratelli e i suoi amici erano entrati nel labirinto.
“Sei qui insieme a loro vero?”
Shira annuì.
Edmund si alzò in piedi con una certa fatica. Gli girava la testa. Doveva aver preso una bella botta cadendo dal dorso di Eustace.
“Mio cugino sta bene?” chiese ancora, con una certa ansietà.
Shira annuì di nuovo.
Era abbastanza seccante per lei doversi limitare a cenni negativi o affermativi con la testa, tuttavia doveva avere pazienza, perché era fiduciosa che di lì a poco, Shanna avrebbe saputo cosa fare per ridarle la parola.
Ormai erano vicini, anzi, vicinissimi! Le alte torri merlate si vedevano chiaramente dal punto in cui si trovavano. La torre di Shanna, soprattutto, la più alta, era proprio di fronte a loro.
Oh, se avesse potuto dire tutto al Re…
“Shira, mi devi aiutare” disse d’un tratto Edmund, cominciando a guardarsi attorno freneticamente. Poi, a labbra strette, ammise qualcosa di cui si vergognava molto. “Ho perso la Spada di Bern”
Il falchetto lo guardò con il piccolo becco aperto, e gli occhietti increduli.
“Aiutami a trovarla, per favore! Non posso arrivare da Ramandu senza la mia Spada”
Shira sbatté ancora le ali, come a dirgli che non c’era tempo.
Non posso entrare nel castello di Jadis disarmato!” ribadì il Giusto con più insistenza.
Con un nuovo cenno, lei indicò l’altra lama legata alla cintura di Edmund. Portava sempre due spade con sé, come da abitudine. Poteva usare quella.
Ma il ragazzo scosse il capo. “Questa…questa non fa nulla!” disse, estraendo dal fodero una spada corta, semplicissima. “E’ come tutte le altre! A cosa potrebbe mai servirmi se fossi costretto ad affrontare la Strega faccia a faccia? Ho bisogno della Spada di Bern!”
Shira sbuffò e ‘girò i tacchi’ spiccando il volo verso le torri.
“Ehi! Aspetta! Fermati!”
Edmund riuscì ad afferrarla per la coda e la trasse verso di sé.
“Ahi!” gridò forte, quando lei lo beccò.
Così impari, sembrò dirgli il falchetto.
Edmund la fissò rabbioso. “La vuoi capire che non…”
D’un tratto, tra gli alberi vicini si avvertì il rumore secco di un ramo spezzato. Il ragazzo e il volatile si voltarono, allarmati. Il Giusto alzò la spada corta e si preparò a dar battaglia.
Edmund si avvicinò piano ai cespugli che davano su un altro sentiero, scostandoli piano con la lama della spada. Ci fu un movimento rapido poco più in là, e con gran sorpresa del ragazzo e del falco, una figura schizzò via rapida lasciando cadere qualcosa che produsse un suono metallico.
Edmund spostò subito lo sguardo dalla figura in fuga all’oggetto sul suolo: la Spada di Bern.
“Aspetta!” gridò dietro all’uomo (se si trattava di un uomo…così gli era parso).
Gli corse appresso, ma presto l’altro fece perdere le sue tracce.
Chi era? E perché lo aveva aiutato? Se fosse stato un alleato di Jadis e volesse ingannarlo?
No, era più che certo che fosse un amico. Il punto era chi…
“Grazie” pensò, mentre alzava la lama azzurra davanti al volto e Shira si posava sulla sua spalla.
“Ora possiamo andare. Ramandu ci aspetta” disse il giovane, soddisfatto, correndo verso il castello.
Tra la vegetazione, lo stesso uomo di prima lo fissava un momento, sorrideva, e poi correva via.
 
 
Da bambino, Caspian aveva giocato spesso a nascondino tra le folte siepi dei giardino del castello di Telmar, che formavano come un piccolo labirinto, nel centro del quale vi era una splendida fontana.
Ma era tutta un’altra cosa, adesso. Le siepi della sua infanzia erano mura altissime, minacciose, dietro le quali non avrebbe visto spuntare il dolce viso di sua madre che giocava a nascondino con lui.
Chiamò il nome di Susan, cercò di tornare indietro, ma aveva paura di allontanarsi troppo dal punto in cui l’aveva lasciata.
Dov’era? Cosa le era successo? Stava bene?
L’unico modo per dare risposta a quelle domande era ritrovarla, e per farlo avrebbe dovuto trovare un’altra strada che lo portasse da lei, e dagli altri. Non c’era altro modo. Di certo, scalare le mura era impossibile, erano troppo alte, e inoltre non vi erano appigli o sporgenze con i quali aiutarsi.
Iniziò a camminare, la nebbia verde che gli vorticava attorno alle gambe, costantemente, la presenza della Strega su di lui.
Era passato molto tempo dall’ultima volta che aveva avuto così paura. Jadis gli era entrata nel sangue come una malattia e non l’avrebbe lasciato andare finché non l’avesse affrontata.
Come avevano fatto i Pevensie? Com’erano riusciti a scacciarla da Narnia?
Con l’aiuto di Aslan, certo, ma prima di ciò, Peter l’aveva affrontata in duello. Lo sapeva, conosceva i particolari della storia.
Sarebbe stato in grado di fare altrettanto?
Appoggiò una mano alla parete per capire dove dover andare. Il buio d’un tratto divenne più fitto, tanto che presto non fu più possibile vedere qualcosa al di là di un metro appena. La Spada di Revilian era l’unica fonte di luce, che lo guidava, legata al suo fianco, come una magica torcia.
Con un sorriso amaro pensò a Edmund. Chissà dov’era…
E la settima Spada? Lord Rhoop, il suo proprietario, era vivo? Forse anche lui era nel labirinto…chi poteva saperlo, dopotutto?
Ed, Susan, e tutti gli altri… Era toccato a tutti la stessa sorte? Anche Peter, Miriel, Emeth e Lu erano stati assaliti dagli alberi, e divisi non appena messo piede nel sentiero che avevano deciso di imboccare?
Qualcosa gli diceva che sì, poteva essere accaduto, o forse…forse no. Tutti, tranne lui e Edmund, avevano già affrontato la Strega, e per quanto Jadis volesse annientarli uno dopo l’altro, in quel preciso momento era lui che voleva più degli altri.
Jadis lo voleva solo.
In quella fitta oscurità, con solo il rumore dei propri passi che risuonavano con un eco spettrale sul terreno, gli fu facile venire sopraffatto da strani e inquietanti pensieri.
“Non usciremo mai di qui” pensò, “Forse è davvero tutto inutile”
Il sentiero curvava, si allargava, si stringeva, poi prese a salire. Gli ci volle del tempo per ammettere di essersi definitivamente perso.
Alzò lo sguardo verso il cielo coperto di nubi. Le torri del castello della Strega Bianca si erano avvicinate. Lui doveva allontanarsene per ritrovare Susan, e allora tornò indietro per l’ennesima volta.
“Sue, dove sei? Ti prego, dimmi che stai bene…”
Doveva tornare da lei. Ma più il tempo passava, più lui perdeva le speranze.
Codardo... Codardo… fece una voce che iniziò a risuonare nella sua testa.
Caspian tentò con tutte le sue forze di ignorarla, ma non era possibile.
Le hai fatto una promessa ma tu sai che non la manterrai. Tutto ciò che fai si rivela un fallimento...
La Spada di Revilian sembrò brillare meno intensamente e Caspian si rese conto che un poco di quella strana luce verdognola presente nel labirinto era tornata, e ora riusciva a scorgere un po’ meglio la strada avanti a sé.
“E’ già l’illusione della Strega, è così” pensò il Liberatore, cercando di rimanere aggrappato alla realtà, anche se in quel luogo desolato che aleggiava di morte, era assai difficile.
“Non farti ingannare...” disse un’altra voce, più calda e profonda, ma Caspian non riuscì a darle ascolto.
Fu allora che si accorse di essere giunto in uno punto del labirinto in cui si apriva uno spiazzo quadrato, dal quale si diramavano quattro sentieri: uno era ovviamente quello da cui era giunto lui, gli altri tre erano uno di fronte, e gli altri ai lati. Lo spiazzo era molto grande e privo di vegetazione.
Da che parte andare?
“Tutto inutile…” disse ancora la prima voce. “Qualunque strada sceglierai, sarà inutile…”
Ignorala, si disse.
Avanzò, deciso ad imboccare il sentiero che gli si apriva davanti. Quando il sangue gli si gelò nelle vene... Perché proprio da quella parte, incedeva la figura di un uomo, alto, con un ampio mantello, i capelli neri che gli sfioravano le spalle, e due occhi in tutto simili ai suoi.
Suo padre. Re Caspian IX.
Ma non era un’ombra, stavolta. Non era uno spettro o un sogno. Era vero, un uomo fatto di carne e ossa.
“Non può essere…” mormorò il Liberatore.
“Sono qui davanti a te, non mi riconosci?” disse il vecchio re di Narnia, fermandosi a pochi metri da lui.
Caspian aveva immaginato per anni di poterlo rivedere. Avrebbe avuto così tante cose da dirgli, ma qualcosa sul viso del genitore lo frenò. Aveva una strana espressione e, nel profondo, la ragione gli diceva che non era veramente lui. Perché se lo era, allora perché aveva così paura? Cos’era quell’inquietudine che gli suscitava la sua persona? Se era suo padre, avrebbe dovuto essere felice di vederlo, e invece…
“Sei costantemente preda del dubbio, figlio” disse ancora Caspian IX. “Il tuo regno poggia su fondamenta precarie. Come può un ragazzo così insicuro governare un mondo come Narnia?”
“Aslan disse che ero pronto”
“Lui lo disse, ma tu lo eri davvero?”
No…fu la risposta automatica della mente del giovane.
La nebbia gli vorticò attorno alle gambe e alle braccia, ma non se ne avvide.
“Ho cercato di avvertirti, figlio. Tutti hanno cercato di farlo, ma tu non hai prestato ascolto. Ed ora, per colpa del tuo egoismo, la tua vita e il regno di Narnia sono destinati a essere distrutti”
“Che cosa dici?!” esclamò il Liberatore, l’angoscia che cresceva dentro di lui in ondate dirompenti.
Lo sentiva. Stava per accadere qualcosa di terribile.
E’ un’illusione, tutta un’illusione! gridò la sua mente. Ma il dubbio comunque c’era.
Forse questa volta, Jadis non centrava affatto...
Caspian fece un passo avanti. “Non sono più un fanciullo, padre. So cosa significa essere Re. Non pretendo che il mio regno sia perfetto, ma sto cercando…” deglutì e si impose di guardare negli occhi del genitore. “Per tutta la vita, ho cercato di essere come te”
Lo sguardo di Caspian IX brillò di collera. “Presuntuoso! Come puoi pretendere di essere alla mia altezza?! Un principe che è fuggito alla prima difficoltà per cercare rifugio tra i boschi e vivere come un fuggiasco! Un principe di Telmar che cerca sostegno tra i reali di Narnia! Hai tradito la tua patria, non pretendere di essere come me!”
Una fitta al cuore, e Caspian non ebbe il coraggio di muovere più un muscolo.
“Io…io sono Re di Narnia”
Il vecchio sovrano lo fissò disgustato. “Traditore! Hai rinnegato il tuo stesso popolo! E rinnegando Telmar, hai rinnegato me!”
“Padre, tu non…non capisci…”
Caspian IX gli voltò le spalle e fece per andarsene.
“No! Ti prego, aspetta!” gridò il giovane, avanzando fino a trovarsi al centro dello spiazzo.
Allora, l’uomo si volse di nuovo, ma la sua espressione ostile non era mutata. “Se fossi ancora vivo, io stesso ti avrei cacciato dal regno per aver osato distruggere tutto quello che i nostri padri hanno costruito con così tanta fatica. Sei come tuo zio: hai usurpato un regno che non era tuo. Peter il Magnifico è il vero Re di Narnia! Aspetta solo che accada quel che deve accadere, e vedrai!”
 “Cosa…vuoi dire?” trovò la forza di dire Caspian, le parole di suo padre che gli pesavano addosso come un enorme macigno.
“Che Narnia non ti appartiene e non ti apparterrà mai. Hai voluto dare ascolto ai racconti di un vecchio pazzo come Cornelius, ma tutto quello che otterrai, è veder cadere il tuo regno sotto i tuoi occhi. Non avresti mai dovuto abbandonare Telmar. Anche se hai creduto in Narnia, in Aslan, il tuo destino, Caspian, non è questo”
“Il destino non esiste!”
“Esiste, invece! Il destino di ogni Re è segnato. E questo è il tuo”
Caspian IX puntò un dito alle spalle del figlio. Il ragazzo si voltò, e vide che al posto del sentiero dal quale era venuto, ce n’era ora un altro, non più cupo e coperto di cespugli incolti ma verde smeraldo, ben curato, dall’aspetto molto familiare.
Il Liberatore sapeva che non avrebbe dovuto prestare ascolto a tutte quelle insinuazioni. Non avrebbe dovuto nemmeno entrare in quel sentiero apparso dal nulla, ma lo fece, e il labirinto attorno a lui svanì in uno sbuffo di nebbia. E adesso camminava tra i giardini di Cair Paravel, l’imponente castello davanti a lui, meraviglioso come sempre. Era una splendida mattina d’estate, il sole sembrava appena sorto, la rugiada bagnava ancora l’erba sulla quale Caspian posava un passo dopo l’altro, lentamente.
Quel palazzo…davvero non poteva risiedervi come Re? Perché era questo che suo padre aveva insinuato. Aveva sottratto a Peter il suo trono. Forse, proprio come diceva Miriel, un giorno tutti sarebbero appartenuti a Narnia, e allora lui…lui che ruolo avrebbe avuto in tutto ciò?
Gli ritornarono improvvisamente alla mente le parole che proprio Peter gli aveva rivolto una vota: “Tu hai invaso Narnia…”
Non ebbe tempo di riflettervi più a lungo, poiché si rese improvvisamente conto che attorno a lui non c’era nessuno. Dov’erano tutti? Cosa succedeva?
Entrò nel palazzo, salì i gradini, attraversò corridoi e stanze, ma sempre deserti.
Infine, si ritrovò agli appartamenti reali, guidato dall’istinto, dove finalmente trovò coloro che cercava.
“Amici…” mormorò, la voce un sussurro.
C’erano tutti: Peter, Ed, Lucy, Miriel, Emeth e Drinian; c’erano Gael e Rhynce, e ancora Briscola, Cornelius, Tartufello, Tempestoso e tanti altri.
E Susan? Dov’era Susan?
“Che sta succedendo?” chiese Caspian, ma nessuno gli rispose.
Tutti voltarono lo sguardo dall’altra parte, come se non volessero guardarlo. Le ragazze piangevano. Perché? E perché Susan non era lì con gli altri?
Improvvisamente, Caspian IX fu di nuovo al suo fianco.
“Laggiù” disse soltanto, puntando ancora il dito avanti a sé, in direzione di una porta a due battenti.
Il giovane sapeva benissimo dove portava. Provò un tuffo al cuore e come ipnotizzato, avanzò piano lasciandosi alle spalle gli amici, e vi entrò. Non voleva sapere cosa c’era la dentro, ma allo stesso tempo non poteva ignorarlo.
A differenza di tutte le altre stanze del castello, la camera reale era avvolta nella penombra. Erano stati accesi solo pochi lumi, le pesanti tende alle finestre erano state tirate, forse per non disturbare colei che giaceva nel grande letto a baldacchino.
“Sue…” mormorò Caspian, il cuore in gola, la mente impazzita piena di orribili pensieri.
Non poteva essere…non poteva davvero essere che…
“Susan?” la chiamò ancora, ma lei non rispose e non si mosse.
“Non può più sentirti” disse Caspian IX, impassibile, senza emozioni.
“No…” esalò il ragazzo, con un gemito di dolore.
Avrebbe voluto fuggire, gridare, non essere costretto a vedere tutto questo, vedere il volto della sua Susan esangue, le piccole e delicate mani giunte sul grembo, tra le quali c’era il suo fiore blu. Invece, Caspian si ritrovò in ginocchio accanto a lei, e le lacrime iniziarono a solcare il suo volto contratto in una maschera di disperazione, mentre capiva cosa era accaduto…cosa sarebbe accaduto…
“Dovrà succedere, e tu non potrai fare nulla” disse Caspian IX. “Ecco a cosa porterà il tuo egoismo. Dovevi lasciarla andare, per il suo bene, perché a causa tua le accadrà questo. Ma non hai prestato ascolto. L’hai voluta tenere con te, hai voluto darle una vita che non era la sua. Nel suo mondo, avrebbero potuto salvare sia lei che il bambino, ma non qui. L’hai uccisa. Li hai uccisi entrambi”
“Smettila!!!” esclamò il giovane, stringendo tra le sue le fredde mani di lei.
E a un tratto, Caspian sentì che non poteva più muoversi. Le ginocchia gli dolevano, premute contro la pietra fredda del pavimento.
Susan…la sua Susan...Il suo dolce amore non c’era più.
Non avrebbe mai più visto il suo sorriso, i suoi occhi non si sarebbero più aperti per illuminare il mondo della luce del cielo d’estate. Il suo cuore, pieno di coraggio, di passione e amore per lui, aveva cessato di battere. Non avrebbe mai più udito la sua voce pronunciare il suo nome, la sua risata leggera librarsi nell’aria e riempirlo di gioia. Non avrebbe mai più sentito il calore del suo corpo, ora un involucro vuoto e freddo, immobile davanti a lui.
Susan…
E il loro bambino…anche quella piccola creatura innocente se n’era andata insieme a lei. Non sapeva come, ma era accaduto.
“Uccidetemi”  gridò disperatamente, ma l’urlo risuonò solo nella sua mente. “Qualcuno mi uccida…”
Non aveva la forza di esprimerlo, non aveva più voce, non aveva più forze.
Colpa sua… era solo colpa sua.
Un dolore terribile iniziò a lacerargli l’anima.
Tutti...avevano avuto ragione tutti, non ultimo suo padre: avrebbe dovuto lasciarla andare, lasciarle vivere la sua vita. Ma come poteva anche solo lontanamente immaginare che sarebbe successo questo? Sarebbe stato mille volte preferibile saperla lontana per sempre...
“E’ la tua punizione” continuò Caspian IX, imperturbabile, senza rimpianto alcuno. “E’ il prezzo da pagare per aver disobbedito ad Aslan, per essere andato contro le leggi della Grande Magia. Hai faticato tanto per ripristinarle e poi tu stesso le hai infrante. Hai tanto amato Narnia, hai sempre voluto viverci, divenire uno di loro…ora lo sei, e questo è il tuo destino e il tuo futuro”
Caspian alzò il viso ancora rigato di pianto, e nel momento in cui staccò gli occhi dal corpo di Susan e li fissò in quelli del genitore, tutto si fece ancor più buio, fino a che si ritrovò solo in mezzo al nulla, inginocchiato ancora a terra.
Non riusciva più a capire, non riusciva più a pensare lucidamente, distinguere ciò che era vero o falso. Ciò che gli era stato mostrato l’aveva completamente svuotato.
“Non desistere…” disse una bella voce profonda e calda, che veniva dal suo cuore.
“Mi hai deluso, figlio. Mi hai deluso profondamente. Mi stai dando un dispiacere immenso. Avrei preferito che non fossi mai nato”
Caspian percepì la propria mano, guidata come da una forza invisibile, farsi strada vero l’elsa della spada di Revilian, che estrasse e puntò contro suo padre.
“Basta! Devi tacere!” urlò, pieno di rabbia e di dolore.
 “Come osi puntarla contro tuo padre?!”
“Tu non sei mio padre! Tu non sei nessuno!” gridò Caspian di rimando.
Una parte di lui era consapevole che tutto ciò non corrispondeva affatto alla realtà, che Caspian IX non era affatto lì davanti a lui, che Susan stava bene, era viva! E lui non avrebbe mai permesso che le capitasse qualcosa. E nemmeno Aslan…
Aslan era giunto fino a lei per darle la notizia che aspettava un figlio. Avrebbe mai potuto portarglielo via?
“Non può succedere” pensò risoluto, chiudendo un momento gli occhi. “E non succederà”
Cercò di appigliarsi ai ricordi, di lei, dei genitori, degli amici. Pensare a loro lo aiutava a venir fuori da quell’incubo. Ma era tremendamente difficile.
“Ricorda, Caspian!” lo esortò la voce calda.
Suo padre era diverso, suo padre gli voleva bene. Era premuroso con sua madre, con i suoi sudditi. Sì, era vero, era stato fedele a Telmar fino alla fine dei suoi giorni, ma non avrebbe mai pronunciato parole tanto malvagie contro la terra di Narnia. Suo padre amava Narnia. E quello stesso amore lo aveva trasmesso anche a lui.
Gli aveva insegnato a cavalcare, a tirare di scherma, e un sacco di altre cose. Quante cose…
 “Il futuro ancora non esiste” disse il Liberatore ad alta voce.
“E’ così!” disse la voce calda.
“Se pensi che sia possibile cambiare il destino, allora fallo” riprese Caspian IX. “Se ci credi, se sei convinto di quello che dici, dimostrami una volta per tutte che puoi fare qualcosa di concreto e di sensato nella tua inutile vita”
La debole determinazione che si era fatta largo nel cuore di Caspian, svanì come una bolla di sapone.
“Come?” chiese il Liberatore, abbassando la lama.
“Vattene. Lascia Narnia, lascia Susan. E’ l’unica cosa che puoi fare”
“No! Io non la lascerò mai!” gridò il giovane.
Però… se fosse scomparso dalla vita di tutti, forse sarebbe stato meglio….
Le parole di suo padre gli pulsavano nelle orecchie, come il suo cuore.
“Dormi, Caspian…e non svegliarti mai più. E’ l’unico modo…”
La voce del vecchio re di Narnia continuò a ripetere queste parole, finché iniziò ad affievolirsi, si trasformò, divenne un’altra, più acuta, ipnotica. La stessa sua immagine infine svanì ed eccola finalmente: Jadis, la Strega Bianca.
Caspian si preparò alla lotta, ma lei non sembrava desiderosa di combattere. Gli si avvicinò piano e catturò il suo sguardo, come la prima volta che l’aveva incontrata alla Casa di Aslan. E ora, non gli era più possibile distogliere gli occhi da quelli di lei, glaciali, ma un attimo dopo cupi come buchi neri.
“Dormi, mio caro” gli disse, avvicinandosi ancora, prendendogli il viso tra le mani, come il gesto di una madre amorevole che conforta il proprio figlio. “Nei sogni, tutto è possibile, Caspian. Non sarai costretto a vedere, a sentire più nulla. Dormi…e dimentica…”
Dimenticare…
Dimenticare tutto, ogni cosa, la sua vita intera…
“Dimenticati di Narnia, di tuo padre, di tua madre, di lei…”
Susan!
No…no, lei non avrebbe mai potuto dimenticarla. Per quanto facesse male quel che aveva visto, in ogni caso, lei sarebbe sempre stato il ricordo più dolce. Non poteva abbandonarlo. Non poteva lasciarlo andare.
Di ogni cosa esistente nel mondo, l’unica per cui valeva la pena resistere a tutti i dolori, era lei.
“Non siete esattamente come mi aspettavo…”
La sua stessa voce risuonò nella sua mente, e d’un tratto vide apparire davanti a sé miriadi di immagini rappresentanti quei pochi giorni nei quali aveva vissuto i momenti più significativi di tutta la sua vita. Gli unici che ancora riuscivano a non farlo sprofondare nell’incubo di Jadis.
Quando l'aveva incontrata...Susan...
“Continua a ricordare… non lasciarli andare via” disse ancora la voce calda, la voce di Aslan.
E Caspian ricordò...
I suoi occhi si posavano su di lei e il suo cuore sembrò risvegliarsi come da un torpore. Non aveva mai visto niente di tanto incantevole in tutta la sua vita.
La Regina percepiva il suo sguardo, forse un po’ insistente, e timidamente abbassava i begli occhi celesti.
Guardami ancora… aveva pregato in quel momento, e poco dopo , lei lo aveva fatto, titubante, il rossore che accendeva il suo dolce viso.
“Caspian, così non migliorerai la situazione!”
Arco e frecce pronti ad essere usati, i lunghi capelli raccolti stretti, l’armatura…diveniva un’altra. Diveniva veramente una Regina di Narnia. E lui l’aveva ammirata anche in quel momento, non potendo fare a meno di pensare, anche solo per un fugace secondo, che fosse straordinaria.
Aveva avuto la capacità di calmarlo davvero, era ricucita a non fargli commettere un gesto sconsiderato come quello di uccidere suo zio a sangue freddo.
“Forse è ora che ti restituisca questo…”
Le sue mani l’avevano sfiorata mentre sistemava le briglie di Destriero per lei e Lucy, e poi le porgeva il corno d’avorio.
“Perché invece non lo tieni tu” aveva sorriso lei, “potrebbe servirti per chiamarmi”
Ti chiamerei a me ovunque tu fossi, aveva pensato lui… Perché ti voglio con me. Perché non posso fare a meno di te…
Ma lei era corsa via al galoppo prima che lui potesse pronunciare queste parole...
“Sei sicura che non ti serva il corno?”
Sapeva che potevano incorrere in un grave pericolo, e così aveva seguito le due sorelle, ed era arrivato appena in tempo per salvare lei.
Susan… sorrideva, ammirata, spaventata ma felice di vederlo lì, accanto a lei.
Le aveva porto una mano e lei non aveva esitato. L’aveva presa come se fosse la cosa più naturale del mondo. Perché lo era. Perché dopo l’addio e dopo il ricongiungimento, la mano di Susan era sempre rimasta stretta nella sua.
“Guardami!” disse qualcuno vicino a lui.
“Illusioni!” gridò ancora la voce di suo padre, sovrastando la dolce voce di poco prima.
 “Cosa devo fare? Padre…”
“No, sono io! Caspian, guardami!”
Con uno sforzo devastante, il Liberatore si allontanò dall’incubo per seguire quella voce, il viso imprigionato in una morsa delicata ma decisa, che lo costringeva a voltarsi.
“Non ascoltarlo, guarda me…guarda solo me”
“Susan…” mormorò in un soffio..
Ma non appena lo fece, nell’esatto momento in cui pronunciò il suo nome, le tenebre, la Strega, suo padre, e tutto ciò che era stato il suo incubo, scomparve in un lampo di luce azzurra, e Caspian si rese conto di trovarsi ancora nel labirinto dell’Isola delle Tenebre.
Molto probabilmente, non si era mai mosso da lì.
La spada di Revilian, stretta nel suo pugno, sprigionò un raggio di potere così intenso che, per un attimo, lo spiazzo nel quale si trovavano, fu illuminato a giorno e la nebbia verde svanì con uno sbuffo.
Ma la luce non arrivava solo dalla spada. Due occhi più azzurri del cielo si specchiavano nei suoi. La luce veniva soprattutto da loro.
Meravigliosi, come sempre.
“Ce l’hai fatta…”
Caspian allora si ridestò del tutto e l’ultimo barlume dell’incubo scomparve.
Susan era davanti a lui, gli teneva il viso tra le mani e sorrideva, spaventata ma sollevata, proprio come quella volta che lui l’aveva slavata dai soldati di Telmar.
Stava bene. Era viva.
Lei allungò le braccia e lui subito la strinse a sé, rimanendo stretti l’uno all’altra per un attimo interminabile.
Caspian percorse delicatamente il suo corpo con mani tremanti. Era caldo. La sentiva respirare, percepiva il respiro di lei, irregolare, contro il suo viso, mentre lo baciava più volte sulle guance.
“Ho avuto paura! Tu eri steso a terra e io ho creduto che la Strega…”
“L’hai vista?” chiese subito Caspian.
Susan scosse il capo. “No. C’eri solo tu. Eri a terra e ti agitavi, non sapevo come aiutarti!”
“Anch’io ha avuto paura” confessò lui, allontanandola un poco per vedere il suo viso. E gli bastò contemplarlo per un attimo appena perché le orribili immagini di lei priva di vita svanissero dalla sua mente.
“Avevo paura di averti persa” sussurrò il giovane, perendole a sua volta il viso tra le mani. “Per un attimo ho creduto fosse vero”
“Sono qui, amore mio, non vado da nessuna parte”. Susan lo abbracciò forte e lui ricambiò la stretta.
D’un tratto, la nebbia tornò a vorticare loro intorno, minacciosa.
Non era finita…non ancora.
Ma adesso erano insieme e potevano affrontare qualunque incubo.
I due innamorati rimasero lì, nel centro del labirinto, stretti l’uno all’altra, in attesa.
Forse, Jadis stava per tornare all’attacco…Ma non fu lei che videro apparire dal sentiero di fronte, bensì la Stella Azzurra.
Aveva una strana espressione, li fissava quasi come se li odiasse dal più profondo del cuore, come se non sopportasse di vederli lì insieme, vicini, e le labbra che le tremavano di collera e pianto.
“E così, siete riuscito a vincere l’incubo della Strega Bianca, Sire. Ben fatto, davvero. Mi congratulo con voi”
Il Re e la Regina si separarono, ma restarono stretti l’uno accanto all’altra, senza ben capire ciò che stava succedendo.
Senza preavviso, Lilliandil alzò una mano e un fascio di luce simile a una folgore si sprigionò dal suo corpo, guidato dalla mano tesa verso Susan.
Caspian immediatamente le si parò davanti e venne colpito in pieno. La Regina gridò di terrore e cercò di soccorrerlo. Ancora una volta però, possenti tralci uscirono dal terra e iniziarono a lambirle le caviglie, attorcigliandosi alle sue gambe ai fianchi, alle braccia, imprigionandola senza che si potesse più muovere.
Caspian si sollevò da terra a fatica. “Lasciala…andare” ordinò, il respiro corto, il corpo dolorante.
“No!” gridò di rimando Lilliandil, estraendo dalle pieghe della veste un lungo pugnale di pietra, la cui punta acuminata brillò sinistra nella penombra.
A un cenno della Stella, i rami che tenevano Susan si strinsero attorno a lei, costringendola a soffocare un grido.
“LASCIALA!”  gridò Caspian, senza potersi controllare, rafforzando la presa sulla Spada di Revilian, che tornò a brillare.
Non le sarebbe successo nulla. Non sarebbe accaduto come nel suo incubo.
“Non sono abbastanza bella per voi?” esclamò Lilliandil, piangendo istericamente, la voce più acuta del normale. “Che cos’ha lei che io non ho?!”
Susan gridò di nuovo, mentre la Stella stringeva le dita attorno al pugnale.
“Signora, vi prego, calmatevi” cercò di dire Caspian, stordito da quel che vedeva e sentiva.
Lilliandil era una nemica.
Ma nonostante questo, per Caspian era impensabile usare le armi su una donna. Come fare allora? Lilliandil sembrava completamente impazzita.
“Siete stata sciocca” disse poi la voce di Susan.
Il Liberatore si voltò rapido verso di lei, trasalendo nel momento in cui si rese conto delle macchie scarlatte che le macchiavano gli abiti, il collo, le braccia, provocate dalle spine che fuoriuscivano dai rami che la tenevano imprigionata.
“Vi siete tradita” continuò la Regina Dolce, ignorando il dolore. “Comportandovi in questo modo avete mostrato quello che siete in realtà”
“Zitta! Zitta! Sta zitta!!!” urlò Lilliandil, lanciando un'altra onda di potere verso la ragazza.
Caspian si parò nuovamente davanti alla sua sposa, ma questa volta era pronto e attutì il colpo con la Spada.
Lilliandil alzò il braccio con il quale reggeva il pugnale di pietra e gli si lanciò contro. Caspian fu rapido nel torcerle il braccio e farlo cadere a terra.
In quell’istante, i legami che stringevano Susan si ritrassero e la Dolce cadde al suolo con un gemito.
Il Liberatore lasciò la presa sulla Stella Azzurra e accorse da lei, ma prima che potesse arrivare, ecco che Lilliandil sprigionò di nuovo il suo potere su di loro.
Era davvero fuori di sé, e non riusciva a contenerlo, anzi, lasciava la magia libera di agire come credeva, senza provare a controllarla.
I due innamorati furono divisi. Una tremenda voragine si aprì nel suolo quando la terra cominciò a tremare.
La Stella recuperò il pugnale di pietra e attaccò nuovamente la Regina Dolce.
Caspian fece di tutto per raggiungerle prima che potessero sbilanciarsi e cadere nel burrone formatosi a pochi passi da loro, ma non ci riuscì.
Susan era debole e non riuscì a prendere le sue armi e reagire. Le due donne finirono dentro la voragine, aggrappandosi entrambe, disperatamente, a una radice di un albero che spuntava dal terreno.
La magia di Lilliandil continuava a sprigionarsi, ormai completamente inarrestabile.
Si alzò il vento, la terra continuava a spaccarsi, a sprofondare. Risuonò il tuono, possente, forse più simile a un ruggito.
Il Re arrivò appena in tempo, prima che Susan perdesse la presa sulla radice, che si spezzò.
“Caspian!” gridò Susan e lui le afferrò una mano rimanendo incredulo quando lei afferrò quella della Stella che stava per cadere nel vuoto.
“Susan, non puoi farcela!”
“Tiraci su!”
Il giovane lo fece, tirò con tutte le sue forze, ma non servì a molto, anche perché Lilliandil iniziò a divincolarsi.
“Non voglio la vostra compassione!”
“Volete forse morire?!” gridò Susan, mentre la presa sulla mano dell'altra si allentò.
La Stella strillò. No, non voleva morire, ma lo avrebbe preferito piuttosto che essere salvata dalla Regina Dolce!
“Fermate la vostra magia, vi prego!” esclamò Caspian, dall’alto.
“Mai!” ruggì Lilliandil.
E a quel grido, il vento si alzò ancor di più, la terra franò proprio nel punto in cui si trovavano loro, e fu quasi un miracolo che Caspain riuscisse ancora a mantenere la presa.
Ma Lilliandil scivolò nel vuoto, con un grido che si perse nelle profondità del suolo.
Susan, serrò le palpebre, incapace di guardare, anche se si trattava di una nemica.
A un tratto, il vento si acquietò e la magia della Stella Azzurra si spense per sempre.
Caspian osservò la scena per un secondo, senza parole, poi riuscì finalmente a prendere anche l’altra mano di Susan e a trarla in salvo.
“Stai bene?” chiese freneticamente, esaminando il corpo di Susan, coperto di tagli.
Fu allora che lei emise un grido strozzato, crollando su di lui, mentre qualcosa dentro di lei si lacerava e la costringeva ad aggrapparsi così forte alle spalle di Caspian da fargli male.
“Sue…? Susan!!!” esclamò il giovane, terrorizzato, mentre la ragazza si portava una mano all’addome.
“Aiutami…” mormorò tremando.
Il Re la sorresse e continuò a chiamarla, incapace di fare qualsiasi cosa.
Erano bloccati laggiù. Lo spiazzo nel quale aveva visto apparire suo padre non esisteva più. Loro due erano rannicchiati dentro una piccola porzione di terreno ancora integro, mentre tutto intorno si spalancava una gigantesca voragine nera.
Poi ci fu un fragore assordante, come un ruggito. Caspian pensò disperatamente ad Aslan, ma non era lui.
“Eustace!!!” chiamò forte il Liberatore, mentre il drago appariva nel suo campo visivo, volando basso sulle mura che cercavano di fermarlo.
Era uno spettacolo agghiacciante: enormi pinnacoli di roccia uscivano dalla terra e svettavano verso il cielo.
Ma Eustace riuscì a schivarli tutti, perché stavolta non aveva nessuna intenzione di arrendersi.
Non aveva voluto rimanere al Veliero dell’Alba come gli avevano detto i cugini. Aveva avuto un terribile presentimento, e ignorando i richiami dell’equipaggio che gli intimava d fermarsi, aveva spiccato il volo verso il labirinto.
Sapeva benissimo che al di sopra delle mura non era possibile volare, ma all’interno sì. Shira ci era riuscita, e allora perché non lui?
E infatti, non appena si tuffò tra gli alberi, quando superò le mura e queste non poterono più ‘vederlo’, esse cessarono di rincorrerlo. Fu come se avesse superato un limite oltre il quale la magia non poteva agire.
“Eustace!” lo chiamò ancora Caspian, così forte da farsi male alla gola.
Il drago uscì dalle fronde e frenò a mezz‘aria, spaventato. Cosa diavolo era successo laggiù?
“Eustace, torna al Veliero dell'Alba! Gael ha il cordiale! Portalo qui, subito!”
Il drago non perse tempo a capire quanto grave potesse essere la situazione. La voce disperata di Caspian gli bastò. Si voltò, e volando radente le cime degli alberi si precipitò a cercare la magica pozione.
“Caspian…” sussurrò appena Susan, la voce flebile.
Lui non riuscì a capire se fosse cosciente o meno, ma continuò a parlarle.
“Sta tranquilla, andrà tutto bene”
“Fa male…”
No, maledizione, no!
“Ssshhh…non parlare. Tranquilla” le sussurrò, cullandola tra le braccia. “Devi resistere capito? Andrà tutto bene. Starai bene, te lo prometto”

 






Ciao a tutti, miei cari, come state???
Dopo questo finale immagino non molto bene…mmmm…*annuisce* comprensibile...ma potrei mai far capitare qualcosa ai nostri amatissimi Suspian??? Un po’ di colpi di scena ci vogliono, suvvia!!! Sono stata particolarmente sadica, lo so, ma mi piacciono da matti le scene tragiche!!! (non si era capito, vero?)
Una domanda: trovate che Susan si di peso a Caspian? Forse un po’ lagnosa? Non vorrei proprio, sapete…quindi, se qualcuno di voi ha quest’impressione, me lo dica senza farsi problemi!
Mi spiace aver mostrato poco le altre coppie, ma vedrete che mi rifarò!!
Ah, se qualcuno vuole sapere se la lucciola molesta è schiattata…SI!!! D’altronde, l’estate è quasi finita, e quando mai si sono viste le lucciole moleste durante l’autunno??? Non mi sono dilungata molto, ma sinceramente non è che avessi voglia di spendere tempo e spazio per quella cosa lì sbriluccicosa, lo ammetto senza problemi alcuni. Chi è d’accordo con me alzi la mano.

Ringraziamenti:


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Per le recensioni dello scorso capitolo:
Angel2000, Charlotte Atherton , EstherS, FioreDiMeruna, Fly_My world,  FrancyNIke93, HikariMoon, LittleWitch_ , mmackl, piumetta, e Serena VdW
 
E grazie a Isobel Mary Weasley che ha recensito il primo capitolo! ^^

 
Angolino delle anticipazioni:
Finalmente finalmente!!! Fan della Shandmund, ci siamo!!! Lo so, continuavo a dire ‘presto si incontreranno’, ma poi non lo facevo mai…perdono!!! Però però però…il prossimo capitolo sarà praticamente tutto dedicato a loro (variazioni dell’ultimo minuto permettendo). Ovviamente, non senza pima avervi mostrato come si risolverà la situazione dei nostri amatissimi Suspian!!!
 
Volevo mettere un nuovo risultato del sondaggio, ma aspetto un altro po’, così chi ancora non ha detto la sua, avrà tempo per farlo ^^
 
Per questa settimana è tutto, gentaglia! Statemi bene, ci sentiamo presto!!!
Un bacio e un abbraccio enormi,
Susan<3
   
 
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