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Autore: Gwendolyn Smith    02/09/2013    1 recensioni
"Bisogna comportarsi come se il ritorno fosse una cosa certa e non una questione di fortuna"
Ma è davvero così semplice per tutti?
*****
Prima fanfiction sulla saga di Cassandra Clare. Spero vi piaccia ^^
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La peggior battaglia è guardarli andare via Titolo: La peggiore battaglia è guardarli andare via
Rating: Verde
Genere: Malinconico, Introspettivo, Triste
Fandom: The Mortal Instruments
Personaggi: Nuovo personaggio
Pairing: Nessuno
Avvertimenti: Nessuno


La chiamata è arrivata da meno di tre secondi, e già i miei genitori e mia sorella sono scattati verso l’armeria. Io rimango nella biblioteca, davanti al camino.
È estate, ma ho freddo. Nemmeno le fiamme che danzano davanti a me riescono a riscaldarmi.
Cerco di non pensare al peggio. È solo un altro demone, un’altra missione. Andrà tutto bene.
Allora perché ho così freddo? Perché ho così tanta paura persino di muovermi?

Passo davanti all’armeria. Mia sorella, che ha venti anni, sta sistemando l’arco. La vedo prendere venti frecce e infilarle nella faretra. L’ho vista allenarsi, ha una mira eccezionale e non ha davvero bisogno di tutte quelle frecce. Non si è mai fidata troppo, però, del suo talento. Non mi vede, concentrata com’è.
Papà, invece, nota la mia presenza silenziosa sulla porta. Non dice nulla, né sorride. Non è mai stato un uomo molto solare o espansivo. Probabilmente sta pensando a quale demone dovrà affrontare. Sceglie la spada angelica con una perizia eccessiva: è sempre stato un perfezionista, attento al minimo dettaglio.
Mamma, al contrario, fa rifornimento di pugnali. Se mia sorella ha ereditato la sua dote da qualcuno, quella è nostra madre. Lei mi sorride, fiduciosa e positiva. Come fai?, vorrei chiederle. Lei è quella forte della famiglia, quella che sostiene gli altri. La invidio, perché non si lascia abbattere da nulla, nemmeno dal pericolo che la aspetta.
Capacità che vorrei avere anch'io. Per quanto mi sforzi, non riesco a vedere altro che il lato negativo della nostra vita.
Non credo che ce la farò mai a sorridere, mentre si preparano. È un blocco mentale, il mio, che mi impedisce di far finta che vada tutto bene. Non va tutto bene: c’è un demone feroce in giro per la città, e loro stanno per andare ad affrontarlo.

Indossano la divisa nera, mentre escono dall’Istituto. Io non vado con loro, sono ancora troppo piccola per partecipare ai combattimenti. Rimarrò in biblioteca, ad aspettarli. Leggerò un libro, mi addormenterò sulla poltrona di papà, mi preparerò un infuso. È quello che faccio sempre. A volte penso che mi rilassi, ma è una bugia. Potrei strapparmi a forza le emozioni, ma continuerei ad avere paura.
Li guardo sparire dietro l’angolo. Mi bruciano gli occhi.
Non di nuovo, dannazione.
È da quando avevo cinque anni che li guardo andarsene. Prima mamma non mi lasciava assistere, perché aveva paura che volessi andare con loro, o che mi mettessi a piangere.
La prima volta, mio papà e mia sorella stavano andando a stanare un Eidolon. Mentre uscivano, sono scoppiata a piangere. Quella volta, mamma non ha detto niente. La seconda, mi ha dato uno schiaffo. Non forte, non violento, ma di ammonimento. “I Nephilim non dicono mai addio, né fanno intendere di non aver fiducia nel loro ritorno” mi disse, con tono tagliente. “Quindi non piangere”. Non so perché, ma ebbi la sensazione che, invece, anche lei fosse spaventata come me.

Chiudo il portone principale, e faccio scattare la serratura. L’atrio è silenzioso e cupo. Lentamente mi dirigo alla biblioteca, al piano superiore. I miei passi risuonano nell’edificio. Sono così rumorosi, tanto da riempire il vuoto creatosi dall’assenza della mia famiglia.
Mi butto sulla poltrona di papà, con un libro in mano. E, come fanno sempre, le lacrime iniziano a scivolare sulle mie guance, bagnandomi il viso.
Non le fermo, non posso né voglio farlo. Semplicemente lascio che cadano, senza fare nulla per asciugarle. Sono quattro anni che mi beo di questa compagnia: solitudine e lacrime silenziose. Mamma dice che i Nephilim non piangono. Credono nel ritorno dei loro colleghi, non ammettono diversamente. Per loro è un onore combattere i demoni, i nemici della pace e dell’Alleanza. È la loro missione.
Sarò, un giorno, capace di essere davvero una Shadowhunter?





:::Angolo Autrice:::
Ciao a tutti! Che dire, grazie per aver letto questa cosa. Spero vi sia piaciuta, anche se non parla di nessun personaggio del libro ed è una storia generale. È nata parlando con la mia migliore amica riguardo i pericoli che i protagonisti dei libri corrono un giorno sì e quello dopo pure. Ho immaginato che non deve essere facile per tutti guardare i propri cari andare a combattere creature mostruose o nemici potenzialmente mortali. Soprattutto ho preso ispirazione dalla frase di Jem Carstairs in “Clockwork Angel”: Bisogna comportarsi come se il ritorno fosse una cosa certa e non una questione di fortuna. Spero di non aver commesso errori grammaticali e di aver espresso bene il concetto che volevo condividere. Se vi è piaciuta (o anche se non vi è piaciuta) lasciate una recensione, se vi va ^^

Gwen
  
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