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Autore: nefert70    02/09/2013    0 recensioni
Il 27 ottobre 1597 muore, senza eredi legittimo, Alfonso II d'Este.
E' la fine della dinastia estense a Ferrara...
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rinascimento
Capitoli:
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28 settembre 1574
 La camera da letto del duca Guidobaldo era appena illuminata dalle candele poste ai lati del letto.
 Ad assistere le ultime ore del duca vi erano solo la moglie, la figlia Lavina e la nuora Lucrezia. L’erede, Francesco, non era ancora giunto.
 “Francesco dov’è?” domandò la duchessa alla nuora Lucrezia.
 “Non lo so. Ho mandato già molti messaggeri ad avvisarlo delle condizioni del padre, ma non ho avuto risposte. All’ultimo ho chiesto di attendere risposta ma l’unica risposta che mi ha portato…”
 Lucrezia si era fermata temendo di addolorare ancora di più la duchessa madre.
 “Non temete, ormai mi attendo di tutto da mio figlio”
 Lucrezia con un filo di voce continuò “Di avvisarlo quando sarà divenuto il nuovo duca”
 La duchessa madre si portò il fazzoletto alle labbra per fermare le parole che stava per pronunciare e con l’altra mano strinse forte quella di Lucrezia.
 Nello stesso momento Guidobaldo aprì debolmente gli occhi e rivolgendosi alle tre donne disse “E’ giunta la mia ora. Avvicinatevi Vittoria, desidero salutarvi… “
 La duchessa asciugò le lacrime e avvicinandosi al letto si inginocchio prendendo la mano del marito
 “Vittoria, siete stata una moglie perfetta. Vi ringrazio di tutto e perdonatemi i torti che vi ho fatto” Poi poggiandole la mano sul capo “Andate e che Dio vi protegga sempre”
 Vittoria piangeva disperatamente mentre si alzava per lasciare il posto alla figlia.
 Dopo che Guidobaldo ebbe benedetto la figlia “Lucrezia avvicinatevi ho da dirvi un’ultima cosa”
 Lucrezia lasciò che Lavinia le lasciasse il posto e poi inginocchiatasi anch’essa prese la mano del suocero.
 “Povera, dolce Lucrezia. Cosa abbiamo fatto? Perdonami e perdona anche tuo fratello, pensavamo di farvi cosa gradita ad unire la vostra vita a quella di mio figlio, invece… Mai avrei pensato che si sarebbe comportato in modo così sconveniente… Non ho parole per chiedervi perdono… Perdonatemi”
 Poi accarezzando il viso di Lucrezia la benedisse.
  
Gennaio 1575
 
Lucrezia era allo scrittoio, intinse la penna nell’inchiostro e cominciò a scrivere
 
Carissima sorella,
mi auguro che le feste per il Santo Natale e il nuovo anno siano trascorse gradevolmente.
Altrettanto non posso dire delle mie.
Come vi ho già raccontato nelle mie precedenti, dalla morte del duca Guidobaldo, che per me fu un amorevolissimo padre, la mia vita ha subito un’ulteriore inasprimento.
La mia salute malferma  ha dato motivo, al mio sposo, di escludermi da tutti i festeggiamenti per il suo insediamento.
Anche la notte di Natale, si è presentato in cattedrale con la sua nuova amante impedendomi di partecipavi.
Sapete che non amo lamentarmi in vano, ma questo è un comportamento indegno ed oltraggioso. Ho già scritto a nostro fratello ma da lui non ottengo risposta.
Cosa ho fatto  di male per essere costretta a subire tutte queste umiliazione?
Nella nostra bella Ferrara ero ammirata, onorata ed avevo una piena vita sociale.
Ora sono costretta a vivere in questo luogo ingrato ed inospitale.
Non posso accettare oltre un trattamento simile, comincerò immediatamente a chiedere a mio marito il permesso di ritornare a Ferrara. Non credo me lo negherà, perché farlo? Quando lui è il primo a non desiderare che io viva qui?.
 
La Vostra amatissima sorella
Lucrezia
 
 
30 aprile 1575
 
Lucrezia era seduta su una poltrona, una coperta sulle gambe e gli occhi chiusi quando sentì aprirsi la porte e il rumore di stivali sul pavimento.
Lucrezia aprì gli occhi e vide suo marito porgerle una lettera.
 
…Avendo, la duchessa mia moglie, più volte espresso il desiderio di venire a Ferrara
 soprattutto per curare il male agli occhi, che da un po’ di tempo l’affligge.
Mi sono risoluto a concederle questo desiderio,
anche se avrei preferito che rimanesse qua,
vista l’insistenza che ha dimostrato…
 
“Spero siate soddisfatta. La missiva partirà oggi stesso per Ferrara” disse Francesco Maria riprendendo la lettera e dirigendosi verso la porta.
 “Oggi stesso darò ordine di preparare i miei bauli. Entro pochi giorni sarò partita” rispose Lucrezia ma Francesco Maria non la udì, perché era già lontano.
 
 
5 maggio 1575
 
Il piccolo corteo composto dalla carrozza della duchessa Lucrezia, quella contenete i bagagli e le sue dame e i pochi cavalieri di scorta era partita da Pesaro due giorni prima e nella tarda mattinata era finalmente giunta nel cortile del palazzo ducale di Ferrara.
 Il capitano della guardia ducale si precipitò ad aprile la porta della carrozza e porse la mano alla duchessa.
 “Madonna Lucrezia è bello rivedervi a Ferrara” disse il capitano Contrari con un ampio sorriso.
 Lucrezia ricambio immediatamente il sorriso e poggiando la mano su quella del capitano “Anche per me è bello essere tornata a casa… e rivedervi”
 Poi Lucrezia volse gli occhi verso l’ampia scalinata di marmo bianco e sorrise “Non sapete quanto mi è mancato questo palazzo e tutto quanto ho lasciato qui”
 “Posso immaginarlo. Mi permettete di accompagnarvi nei vostri appartamenti”
 “Certo, mi farebbe piacere. Porgetemi in vostro braccio”
 Il capitano porse il braccio e Lucrezia vi poggio la mano. I loro occhi si incontrarono e per un lungo istante nessuno parlò, il tempo sembrava essersi fermato. Esistevano solo loro e quello che vedevano l’uno negli occhi dell’altro.
 
 
12 giugno 1575
 
Le finestre erano aperte e il calore del solo primaverile riscaldava la stanza.
Lucrezia era seduta in un ampia poltrona, le spalle alla finestra in modo che la forte luce non le disturbasse gli occhi che in quegli ultimi giorni erano tornati a darle fastidio.
 Un leggero bussare alla porta la risveglio dalla leggera sonnolenza che l’aveva colta.
 “Altezza, il capitano Contrari chiede di essere ricevuto?”
 Lucrezia aprì di scatto gli occhi e si sistemò meglio sulla poltrona, ormai la visita del capitano era una consuetudine quotidiana e lei l’attendeva con ansia.
 “Fatelo accomodare”
 Ercole Contrare entrò con passo spedito, l’ampia figura si stagliava nella stanza e la riempiva.
 Il marchese Contrari oltre a essere il capitano delle guardie era anche il capo di una delle famiglie più ricche e influenti di Ferrara oltre ad essere uno degli uomini più affascianti della corte. I suoi occhi azzurri avevano fatto cadere ai suoi piedi molte giovani e meno giovani dame.
Dal ritorno di Lucrezia a Ferrara però il marchese non sembrava più interessato a nessuna delle belle donzelle che gli giravano intorno. Aveva occhi solo per la bella duchessa d’Urbino.
 A corte i bisbigli sulle frequenti visite del marchese alla duchessa stavano diventato sempre più insistenti e già si cominciava a spettegolare che la duchessa avesse mancato alla sua fede coniugale.
 Il capitano giunto vicino alla duchessa si inginocchiò e presale la mano la baciò tenendola fra le sue per più tempo del consentito.
 “Lucrezia sorrise e a malincuore ritirò la mano “Sapete che attendo con ansia le vostre visite”
 “Anche io non vedo l’ora di porre fini ai miei doveri per trascorrere qualche momento con voi”
 “Prendete la sedia e raccontatemi la vostra giornata”
 Il marchese aveva appena finito di parlare quando udirono bussare alla porta.
 “Vostro fratello”
 Il duca Ercole entrò e rimase impietrito alla vista del marchese “Cosa ci fate voi qui?”
 Lucrezia posò una mano su quella del marchese “Il marchese è così gentile da essere venuto a chiedere notizie sulla mia salute. Ma stava proprio andando via”
 Il marchese si alzò e inchinandosi prima alla duchesse e poi al duca uscì dalla stanza.
 “Allora è vero” imprecò il duca Ercole appena uscito il marchese
 “Cosa?”
“La vostra tresca con il capitano Contrari. Non volevo credere che vi sareste resa così ridicola”
 “Ridicola? L’unica volta che mi sono resa ridicola è quando ho sposato un uomo che non mi voleva. Un uomo che mi ha umiliato in ogni modo possibile. E ora voi vorreste negarmi una sincera amicizia”
 “I principi non hanno sincere amicizie” e uscì sbattendo la porta.
 
 
7 luglio 1575
 
Lucrezia e il marchese passeggiavano in giardino senza parlare solo la mano del duca era appoggiata a quella della duchessa.
 "Lucrezia conoscete i miei sentimenti per voi”
 “E voi conoscete i miei per voi Ercole. Ma purtroppo sono sposata a un uomo che detesto e che mi detesta. Non potete immaginare quante umiliazioni mi ha inflitto. Ma sono pur sempre sua moglie”
 “Meritate di essere felice. Permettetemi di rendervi felice”
 “Quanto lo desidererei” posando le mani sull’ampio petto del marchese Lucrezia si lasciò baciare con tutto il trasporto e il desiderio mai provato.
 Quando le loro labbra si staccarono il marchese notò un mantello svolazzare oltre un albero e improvvisamente divenne di pietra.
 “Cosa accade Ercole? Cosa avete?”
 “Nulla non vi preoccupate, mi sembrava di aver visto il mantello del marchese di Montecchio. Ma devo essermi sbagliato. Ora che guardo meglio non c’è nessuno”
 “Siete sicuro. Non vorrei che ci avessero visti.”
 “State Tranquilla. Ma ora rientriamo non vorrei che le vostre dame si preoccupassero e ci venissero a cercare”
 
 
20 luglio 1575
 
 
La festa era quasi conclusa e la maggior parte degli ospiti stava tornando ognuno alle proprie abitazione quando Lucrezia si sentì gli occhi scuri e profondi del marchese di Montecchio che la fissavano.
 Lucrezia si sentì improvvisamente a disaggio e alzandosi dalla sedia si diresse verso il marchese che nel frattempo aveva rivolto la parola al duca suo fratello.
 “..bacio…giardino…Contrari”
 Avvicinandosi Lucrezia riuscì a captare solo poche parole ma quelle poche le diedero i brividi e soprattutto lo sguardo che subito dopo le rivolse il fratello.
 “Alfonso cosa avete? Perché mi guardate in questo modo?”
 Poi il duca si rivolse al marchese “Vi porrò fine”
 
 
2 agosto 1575
 
La dama entrò nella camera e trovò Lucrezia alla finestra.
 
“E’ arrivato il marchese? Ditegli che sono pronta”
 
“No altezza.… E’ successa una disgrazia”
 
“A chi? … No… non ditemi che il marchese…”
 
“E’ appena giunta la notizia. Il marchese Contrari era stato invitato a pranzo da vostro fratello il duca ma appena giunto è stato colto da un malore”
 
“Ma è vivo? Sta bene… Mandate immediatamente qualcuno ad informarsi della sua salute… presto… Mio Dio…NO. Ti prego NO”
 
Non trascorsero che pochi minuti che Lucrezia mandò a chiamare nuovamente la sua dama
 
“Avete mandato qualcuno a palazzo Contrari? Mandate qualcun altro… Ho bisogno di avere notizie”.
 
Trascorsero altri pochi minuti e suo fratello Alfonso si fece annunciare.
 
“Ditemi… come sta il marchese?”
 
“E’ morto”
 
“No… non potete avermi fatto questo”
 
“Cosa vi avrei fatto? Il Marchese ha avuto un colpo di goccia. Appena l’ho viso cadere ho mandato a chiamare il medico e poi non vedendolo arrivare sono andato io stesso a chiamarlo. Ma quando è giunto il marchese era già morto. Questo sarà detto”
 
“Certo questa è la versione ufficiale. Adesso ditemi la verità… No, non ne ho bisogno… la posso immaginare. “
 
Lucrezia si avvicinò alla finestra e guardando lontano continuò.
 
“Ditemi solo una cosa…siete stato spinto da rivelazioni che vi sono state fatte?”
 
“Mi sono giunte molte voci. Si. Avete mancato al vostro dovere di moglie e principessa. Quello che è accaduto era necessario. Il marchese era troppo potente ora i suoi beni torneranno agli Este”
 
“Siete stato usato… era solo una questione economica… Che tu sia maledetto Alfonso di Montecchio. Il mio odio perseguiterà lui e la sua stirpe finché avrò vita. Ora lasciatemi sola”
 
Dopo che il fratello se ne fu andato Lucrezia si abbandonò al pianto “Ercole, amore mio cosa ti ho fatto. A causa mia hai perso la vita. Ma ti giuro che ti vendicherò. Troverò il modo. Te lo giuro.”
 
 
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Lugo -
1 gennaio 1598
“E quel momento è giunto.”
 
“Madonna avete detto qualcosa?” domandò la dama che le era seduta di fronte.
 
Lucrezia non si era accorta di aver pronunciato quelle parole ad alta voce e scossa rispose “Nulla, stavo sognando. Dove siamo?”
 
“Nei pressi di Lugo si vedono già i nostri soldati schierati”
 
Lucrezia aprì la pesante tenda di velluto rosso e la fredda aria invernate le sferzò il viso “Capitano”
 
Il capitano della guarnigione che l’accompagnava si affiancò alla carrozza “Ditemi Madonna”
 
“Mandate un messaggero al comandante e annunciategli il nostro arrivo”
 
“Eseguo immediatamente”
 
Quando arrivarono al campo i soldati si aprivano al passaggio della carrozza e quando questa si fermò davanti alla tenda del comandante il capitano uscì a ricevere la sua illustre ospite.
 
“Madonna Lucrezia è un onore ricevervi. Perdonate il luogo inospitale. Ma vi prego venite a riscaldavi dentro la tenda da campo” e porgendo la mano a Lucrezia l’aiutò a scendere dalla carrozza.
 
“Vi prego madonna accomodatevi su questa sedia”
 
“Non preoccupatevi. Ho trascorso già troppo tempo seduta. Preferisco rimanere per qualche momento in piedi” e si avvicinò al braciere che ardeva al centro della tenda.
 
“Giungendo ho visto i soldati già schierati in ordine di battaglia”
 
“Si Vostra Grazia. Anche l’esercito papale è già schierato.”
 
“Bene… Fate ritirare i soldati e fate consegnare questo messaggio al campo papale” disse Lucrezia estraendo una lettera dal manicotto di pelliccia.
 
“Siete certa di voler ritirare i soldati.” domandò preoccupato il comandante.
 
“Assolutamente. Il duca mi ha pregato di mediare la resa di Ferrara.”
 
“Capisco… sono ai Vostri ordini”
 
 
Campo esercito papale
 
Il cardinale Aldobrandini era nella sua tenda  con le mani rivolte verso il braciere quando il capitano dell’esercito pontificio scostò la pesante tenda e d entrò
 
“Eminenza è accaduto qualcosa al campo ducale. Abbiamo visto arrivare una carrozza con lo stemma ducale e poco dopo le truppe hanno cominciato a ritirarsi. Poco dopo una staffetta è uscita dal campo e si è diretta verso di noi”
 
Il cardinale si voltò e con un ampio sorriso esclamò “Finalmente!!! Ci sono buone speranze che evitiamo uno scontro armato. Appena il messaggero arriverà al campo portatelo alla mia presenza”
 
“Ai vostri ordini” rispose il capitano uscendo.
 
Il cardinale Pietro Aldobrandini, cardinal nipote, era decisamente soddisfatto, ormai non si aspettava più di riuscire ad entrare in Ferrara senza sparimenti di sangue. Ma questo improvviso ritiro delle truppe gli dava molta speranza.
 
Il messaggero fu condotto alla presenza del cardinale e dopo essersi inchinato ed avergli baciato l’anello gli consegnò la lettera della duchessa.
 
Il cardinale si accomodò sulla sua sedia da campo, con un colpo secco ruppe la cera lacca e cominciò a leggere.
 
Eminenza Eccellentissima,
il duca Cesare mi ha inviato per trattare la resa di Ferrara e consegnare la città al suo legittimo signore, Sua Santità.
Come primo gesto ho fatto ritirare l’esercito e molti altri Vi prometto verranno fatti.
Ora Vi chiedo umilmente di poterVi incontrare per discutere tutte le condizioni.
Vostra umile e fedelissima
Lucrezia d’Este della Rovere
duchessa di Urbino
 
 
Il cardinale intinse la penna nell’inchiostro e cominciò a scrivere
 
Eccellentissima duchessa Lucrezia,
sono felice dell’esito a cui sta volgendo questa incresciosa occasione.
Il luogo dove ci troviamo non ritengo sia adatto alle questioni di cui dobbiamo parlare quindi vi propongo di raggiungere insieme la città di Faenza.
Cardinale Pietro Aldobrandini
 
 
Faenza
3 gennaio 1598
 
Il cardinale e Lucrezia erano giunti nella città il giorno precedente ed avevano ricevuto una cordiale accoglienza seguita da diverse cerimonie e da un lauto banchetto serale.
 
Lucrezia, stanca del viaggio, si era ritirata presto e aveva lasciato il cardinale e i plenipotenziari cittadini ai divertimenti.
 
Quella mattina si era svegliata presto, aveva ancora sognato Ettore, ed ora era pervasa da una certa agitazione.
 
Finalmente avrebbe avuto la sua vendetta sulla stirpe dei Montecchio.
 
Lucrezia si fece vestire dalle sue dame, indossando un pesante abito di damasco verde, che riprendeva esattamente il colore dei suoi occhi, poi fece una frugale colazione ed infine uscì dalle stanze in cerca del cardinale.
 
Alla prima guardia che incontrò domandò “Il cardinale è già sveglio?”
 
“Si Madonna. Il cardinale mi aveva mandato, appunto, a scortarvi.”
 
“Bene, non perdiamo tempo. Accompagnatemi”
 
Il cardinale era in un ampia stanza, arredata spartanamente con un grande tavolo di legno scuro e molte sedie. Il Cavalier Gualengo era già seduto e stava leggendo alcune carte.
 
“Madonna Lucrezia spero abbiate riposato bene?” domandò il cardinale venendole incontro e porgendole il braccio.
 
“Benissimo grazie” rispose Lucrezia accomodandosi sulla sedia che le veniva offerta.
 
Dopo che anche il cardinale si fu seduto il cavalier Gualengo prese la parola subito fermato da Lucrezia con un gesto stizzito della mano.
 
“Il duca Cesare mi ha chiesto di perorare la sua causa ed ora vado ad esporvi le condizioni. Cesare è disposto ad abbandonare Ferrara ma vuole mantenere il possesso della Romagna, in quanto bene allodiale. Il duca ritiene inoltre che le artigliere, in quanto forgiate di propria mano dal duca Alfonso o comunque forgiate dietro suo esborso sono di sua stretta proprietà. Inoltre…”
 
Il cardinale interruppe Lucrezia “Madonna, perdonatemi l’interruzione ma il duca non è nelle condizioni di porre condizioni. Mi state facendo un elenco di cose inaccettabili per il Santo Padre.”
 
Lucrezia dopo un attimo di silenzio e uno sguardo connivente con il cavalier Gualengo riprese “Comprendo e posso assicurarvi che sono qui con il proposito di non fare nulla di contrario dalla volontà di Nostro Signore e che il mio proposito è che il popolo possa tornare sotto il dominio della Santa Sede senza danno e spargimento di sangue. “
 
“Bene, apprezzo la vostra sottomissione al Santo Padre e credetemi che non rimarrà ignorata”
 
5 gennaio 1598
Erano due giorno che Lucrezia, il Cardinale e il cavalier Gualengo ogni mattina entravano nella stanza e ne uscivano solo a tarda sera.
Il cardinale era in piedi, di fronte alla finestra e volgeva le spalle ai suoi ospiti.
Quando si rigirò il suo volte era impietrito “Madonna, le nostre condizioni sono irremovibili. O il duca depone la corona e invia il figlio Alfonso come ostaggio o non verrà concessa nessuna sospensione di scomunica.
Lucrezia si alzò in piedi “Non potete non accettare nessuna delle nostre proposte. E’ inaccettabile. Cavalier Gualengo questa notte stessa partirete e porterete le offerte del Cardinale al duca. Informatelo anche che io stessa domani partirò perché la mia presenza è inutile. Non posso far nulla. Ora andate a prepararvi” e si risedette.
Appena il cavalier Gualengo fu uscito Lucrezia si alzò e raggiunse il Cardinale che la fissava.
“Non preoccupatevi non ho intenzione di andarmene senza avervi consegnato Ferrara. Domani mi fingerò malata, e conoscendo la mia salute non sarà difficile da credere. Attenderemo insieme la decisione di Cesare e se lo conosco non tarderà a inviarvi il piccolo Alfonso”
Il Cardinale le prese la mano e la baciò “Per un attimo avevo temuto di aver perso il vostro appoggio”
“Mai” fu la risposta di Lucrezia.
 
6 gennaio 1598
Il Cavaliere Gualengo arrivò a Ferrara nel primo pomeriggio e immediatamente fu ricevuto dal duca.
“Allora ditemi come stanno procedendo le trattative?”
“Male Vostra Grazia, il Cardinale è irremovibile dalle sue posizione. La scomunica verrà sospesa solo nel momento in cui voi abbiate deposto la corona  e mandato vostro figlio Alfonso a Faenza come ostaggio.”
Cesare si sedette sconsolato sulla sedia, il capo fra le mani. “E la duchessa Lucrezia cosa dice”
“Mi ha detto di comunicarvi che oggi stesso partirà”.
Cesare rimase così fino a notte tarda quando fece chiamare il suo segretario.
“Vostra Grazia mi ha fatto chiamare?”
“Si, voglio che facciate suonare tutte le campane a distesa.”
“Ora?”
“Si, a quest’ora della notte. Pensano di spaventarmi con la loro irremovibilità. Vedremo i ferraresi da che parte stanno. Andate.”
 
9 gennaio 1598
Cesare era seduto alla scrivania, le mani sostenevano il capo piegato.
“Eccellenza vi sentite male?” domandò preoccupato il cavalier Gualengo.
Il segretario sapeva di avergli riportato una pessima notizia, ma non si aspettava certo questa reazione.
“Anche la neve ci mancava. Ormai Cento è persa. Il Governatore cacciato dalla città. Le lastre di ghiaccio e i tronchi disseminati lungo le strade, a bella posta, per impedire il transito dei nostri soldati”.
 
10 gennaio 1598
Cesare giunse nelle stanze della moglie senza farsi annunciare, aprì la porta e mandò via tutte le dame.
Virginia seduta su una poltrona accanto al fuoco rimase tramortita, mai suo marito si era comportato così.
“Cosa accade Cesare?” domandò con un filo di voce.
“E’ tutto perso. Il trono che Alfonso mi ha consegnato non sarà mai mio. Cento si ribella, i ferraresi mi ignorano… Quando feci suonare le campane, ricordate, pochi risposero alla chiamata. La situazione volge al peggio. Non mi resta che una soluzione, accettare le condizioni preliminari dell’accordo e conferire a Lucrezia ampio mandato.”
Poi prendendo le mani della moglie continuò “Mia cara, purtroppo c’è una clausola che non posso ignorare, perché le trattative continuino…devo mandare Alfonso come ostaggio a Faenza.”
“No, Cesare. Vi prego non potete… ha solo sette anni.” Virginia cominciò a piangere.
“Lo so. Strazia anche il mio di cuore… ma non posso fare altrimenti. Perdonatemi”
Dopo aver baciato la guancia della moglie, uscì.
 
12 gennaio 1598  ore 5
 
La notte era stata lunga ma fruttuosa, il Cavalier Gualengo stava stilando l’ultima copia dell’accordo.
“Finito. Se le loro eccellenze vogliono apporre le loro firme”
 
Lucrezia era sfinita, si alzò faticosamente dalla poltrona dove si era seduta a riposare “Finalmente così potremmo ritirarci pe riposare”
“Mi rincresce di avervi fatto aspettare ma Sua Santità desiderava che l’accordo fosse firmato al più presto.”
“Non Vi preoccupate Eminenza. L’importate è che sia finita.”
Apposte le firme Lucrezia porse la mano al Cardinale che la baciò e lasciò la stanza.
Quando giunse nelle sue stanze la stanchezza sembrava svanita, dopo essersi fatta spogliare dalle sue dami decise di scrivere al marito per comunicargli la buona conclusione del negoziato.
 
 
13 gennaio 1598
 
Sua Santità aveva appena ricevuto l’avviso che tutto era concluso e la sua era palese.
“Possiamo rallegrarci, la riverenza che i principi d’Italia ci ha mostrato non era cosa scontata. Ordinate immediatamente di intonare il Te Deum.”
 
 
16 gennaio 1598 - Vienna
L’imperatore Rodolfo era alla sua ampia scrivania.
“Alla fine ha dovuto cedere Ferrara. Sospettavo che non fosse una buona idea affidare il compito alla duchessa Lucrezia. Comunque… ecco il rinnovo dell’investitura di Modena, Reggio. Fatelo recapitare immediatamente.” E appose la sua firma in calce al documento.
 
  
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