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Autore: Angelica_Ossessione    02/09/2013    0 recensioni
Sin dal giorno che l’ho incontrato mi sono sempre chiesta se potevo vivere senza lui, senza la sua presenza, senza il suo sorriso. Sin dal giorno che l’ho incontrato mi sono sempre chiesta cosa avrei fatto se dovesse andare via, andare via per sempre. Beh, ora ho le risposte a queste domande, ma per conoscerle, bisogna conoscere la mia storia.
Genere: Fantasy, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Avevo compiuto i diciotto anni da qualche settimana e, dopo averli convinti, i miei genitori mi avevano concesso di vivere in un piccolo cottage appartenuto a mio nonno tanto tempo fa. Il cottage si trovava in un piccolo villaggio nelle montagne a un’ora dalla città e dalla mia vecchia casa. Ovviamente, approfittando di questa mia libertà, feci venire ad abitare a casa mia il mio ragazzo, Albert. Neanche i suoi genitori erano molto d’accordo che noi due andassimo a vivere insieme, ma alla fine, e ancora non riesco a capire come, siamo riusciti a convincere anche loro!
Albert e io ci siamo conosciuti a capodanno, tre anni fa. Lui era stato trascinato lì a forza dai suoi amici: non voleva andarci perché odiava stare in luoghi troppo affollati e rumorosi, e passò tutta la sera seduto nella zona bar del locale. Io, invece, ero lì perché non volevo stare a casa ad annoiarmi. E poi, mi piacciono le feste,ti diverti, stai con i tuoi amici. Insomma...Quando vidi quel ragazzo seduto su una sedia al bar decisi di avvicinarmi. Era annoiato e voleva tornare a casa, allora io iniziai a parlargli, ci siamo scambiati i numeri di telefono e abbiamo iniziato a frequentarci. Qualche mese dopo ci siamo messi insieme. Da lì iniziò il nostro bellissimo sogno, destinato a non finire mai. Eravamo fatti l’uno per l’altro, ma qualche cosa cambiò la nostra storia e la nostra vita per sempre.
 Era una classica mattinata fredda nel pieno inverno e Albert si era svegliato presto perché doveva andare due giorni in città da un suo amico con cui lavorava a un progetto per l’università. Era la prima volta, da quando vivevamo insieme, che al mio risveglio trovai il letto freddo e senza nessuno da coccolare. Allora decisi di alzarmi e trovai Albert in cucina con una tazza di latte caldo in mano. Era pronto per uscire da casa.
- Buongiorno! mi disse con un grande sorriso. Non dimenticherò mai quel sorriso. Era unico! Ad ogni modo, risposi al buongiorno e lo abbracciai.
- Amore, che fai? Guarda che non devo partire per sempre! mi disse ridendo.
- Lo so, però mi mancherai. Verrai a trovarmi domenica?Quella domenica avrei avuto una mostra con la scuola. E Albert non aveva mai perso una mia mostra, nonostante non disegnassi  proprio quel che più piaceva a lui, anzi, quasi quasi lo odiava!
Da quando stavamo insieme aveva sempre seguito la mia passione per il disegno e spesso mi dava anche una mano: osservava le mie tecniche, veniva spesso alla galleria d’arte e mi dava consigli sui vari dipinti! Ogni volta che prendevo la matita in mano per esercitarmi lui si sedeva accanto a me a guardarmi. Era bello vedere come rimaneva incantato dal movimento delle mie dita che scivolavano da una parte all’altra.
- Spero di farcela. Farò di tutto per venire a vederti! Mi rispose sorridendo, poi appoggiò la tazza sul tavolo, mi diede un bacio e uscì di corsa per andare a prendere il treno che l’avrebbe portato in città.
Rimasi ferma in cucina per qualche istante. Non volevo andasse via, anche se era solo per due giorni, ma avevo come la sensazione di perderlo per sempre.
Furono due giorni lunghi e per di più noiosi! Potei sentirlo solo di sera per pochi minuti e non potevo mandargli messaggi perché teneva il telefonino spento per studiare. Quell’anno io avrei dovuto passare l’esame di maturità e lui si doveva laureare e voleva prendere il massimo dei voti, quindi aveva eliminato ogni tipo di distrazione durante lo studio, cellulare compreso!
Per far passare il tempo più velocemente, feci venire a casa delle mie amiche, che però avevano portato con se i loro ragazzi, e, di conseguenza, l’avevo finita con l’essere l’unica nel gruppo a non avere il mio ragazzo con me. Era una situazione davvero deprimente! Finalmente, però, arrivò il giorno in cui Albert sarebbe tornato. Mi alzai presto e iniziai a pulire tutta la casa, andai a fare la spesa e comprai quel pesce che a lui piaceva tanto. Ero sicura che ne sarebbe stato davvero felice. Quando l’avevo sentito la sera prima mi aveva detto che avrebbe preso il treno nel primo pomeriggio per tornare a casa. Non vedevo l’ora! Poi però, quando avevo appena finito di fare la spesa, squillò il telefono:
<> chiusi il telefono. Tutta la mia felicità svanì. Stavo per perdere la voglia di andare alla galleria. Ormai la sua presenza per me era fondamentale alle mostre. Alla fine decisi di tornare di buonumore e di dare il meglio di me stessa: è quello che avrebbe voluto Albert, e poi non potevo abbandonare i miei amici!
La sera arrivò presto. Avevo passato il pomeriggio facendo prove col gruppo nella piazza dove avremo dovuto dipingere quel giorno stesso. Era la prima volta che dipingevamo fuori città ma sarebbero dovute arrivare comunque un bel po’ di persone, anche se non tante come le altre volte. 
I nostri strumenti erano già posizionati sul piccolo palco improvvisato e la galleria iniziava a riempirsi. Cercai di chiamare Albert per sapere se stava arrivando ma dopo qualche squillo persi il segnale. All’inizio avevo pensato che stesse arrivando e che quindi mi aveva chiuso la chiamata. Dopo dieci minuti, però, non lo vidi arrivare e provai a richiamarlo, ma rispondeva la segreteria telefonica. Provai altre cinque volte, ma senza successo: pensavo che il suo telefono si fosse scaricato, ma iniziai a preoccuparmi. Volevo richiamare per l’ultima volta ma mi chiamarono per iniziare a dipingere. In galleria c’erano poco più di mille persone venuti dalla città per guardare e osservare la nostra bravura. Cominciammo a disegnare verso le undici di notte e finimmo all’una. Eravamo tutti esausti ma soddisfati: la gente era eccitata e ognuno voleva complimentarsi con noi! Io cercai di allontanarmi dal chiasso e provai a chiamare Albert per l’ennesima volta. Avevo guardato parecchie volte nel pubblico per cercarlo, ma di lui non c’era neanche l’ombra. Stavo seriamente iniziando a preoccuparmi e avevo un brutto presentimento. Aveva il telefono spento e sapevo che era in giro da solo, chissà cosa gli  poteva capitare!
Appena avevamo finito di sgomberare la galleria, ogni membro del gruppo tornò a casa propria. Io ne approfittai per stare un po’ per conto mio e andai a piedi a casa passando dal villaggio. Volevo passare dalla stazione per sapere se il treno che avrebbe dovuto prendere Albert era passato o meno. Appena misi piede nella stazione vidi un sacco di persone in lacrime e riunite al centro della sala d’attesa. In mezzo al gruppo di persone c’era un poliziotto che parlava. Provai ad avvicinarmi per sentire quello che diceva:
-… ma non sappiamo ancora cosa sia successo. Sicuramente con questi scioperi deve esserci stato un problema con il treno vecchio: molti di quelli che vanno verso piccoli villaggi sono poco controllati. Ma si prenderanno provvedimenti, ve lo posso garantire.  Appena aveva finito di parlare una donna iniziò ad urlare:
- Perché non sono stati presi provvedimenti prima? Ho perso mio figlio in quell'incidente! Stava per sposarsi e ha la fidanzata incinta! La povera donna scoppiò in lacrime. Allora anche il resto delle persone presenti iniziarono a lamentarsi e a sfogarsi. Io cercai di avvicinarmi al poliziotto per chiedere cosa fosse successo ma non ci riuscì. Allora urlai per farmi sentire e un uomo mi rispose al posto del poliziotto:
- Qualche ora fa c’è stato un incidente col treno diretto verso questa stazione. Ha deragliato ed è caduto da un piccolo dirupo. Non è sopravvissuto nessuno purtroppo. Il mio cuore iniziò a battere forte. Speravo, pregavo che il mio ragazzo non avesse preso quel treno! Corsi dal poliziotto spingendo chiunque mi ostacolasse, chiesi disperata se avevano già identificato le persone che c’erano all’interno del treno. Il poliziotto tirò fuori un foglio e me lo porse.
- Siamo riusciti ad identificare solo poche persone. Spero per te che la persona che stavi aspettando non sia in questa lista, signorina. Presi il foglio e cercai di leggere tutti i nomi scritti a mano, uno per uno, sperando di non trovare quello di Albert. Arrivai alla fine e non lo trovai. Sospirai. Pensai che magari aveva deciso di partire l’indomani, lasciando stare la mostra. Poi, però, si sentì una voce maschile provenire dalla radio attaccata alla cintura del poliziotto.
- Abbiamo identificato gli ultimi tre corpi presenti sul treno.. Rimasi in silenzio ad ascoltare i nomi delle ultime persone decedute in quell’incidente. Il poliziotto prese il foglio dalle mie mani e si preparò ad aggiungere i nomi alla lista. Si sentì un primo nome, poi un secondo, il mio cuore iniziò a battere forte, poi, il tempo si fermò: Albert. 
Non sapevo cosa fare, cosa pensare. Chiesi nuovamente conferma al poliziotto per essere sicura di non aver sentito male. Speravo di aver sentito male. Ma non era così. Avevo perso il mio ragazzo, il mio amore, la persona a cui tenevo di più al mondo. Non mi uscivano le parole dalla bocca. Le mie gambe cedettero e io finì a terra, contro il pavimento freddo della stazione. Iniziai a piangere, a urlare finché persi la voce. Ero arrabbiata, arrabbiata con me stessa che avevo insistito tanto per farlo venire a quella maledetta mostra! Lo urlavo! Urlavo che era colpa mia, che non sarebbe mai accaduto se non fosse stato per il mio egoismo.
Delle persone si avvicinarono a me e cercarono di sollevarmi da terra, di confortarmi, ma io li respinsi. Non volevo la loro compassione. Non volevo il loro aiuto. Volevo solo il mio ragazzo. Poi arrivarono altri poliziotti, mi sollevarono con la forza e mi portarono in macchina. Io cercavo di liberarmi, di scappare per essere lasciata in pace, ma loro erano più forti di me. Una vecchietta che mi conosceva aveva indicato dov’era casa mia e i poliziotti decisero di accompagnarmi, anche se io non volevo tornare a casa. In poco tempo arrivammo. Non avevo smesso di piangere. Non sapevo cosa fare. Avrei voluto entrare in casa da sola e togliermi la vita, ma uno dei poliziotti decise di rimanere a casa mia per controllarmi. Frugarono nelle mie tasche e presero le chiavi per aprire la porta di casa. Erano diventate le sei del mattino ormai e i primi raggi del sole iniziarono ad illuminare il villaggio. Mi portarono dentro casa e mi misero a letto. Ormai avevo smesso di urlare o di divincolarmi. Avevo smesso di reagire. Non parlavo più, e scesero anche le ultime lacrime. Ero esausta. Mi coricai a letto e mi addormentai. L’indomani mi svegliai e pensai fosse tutto solo un brutto sogno. Mi girai verso la parte del letto dove dormiva Albert, ma lo trovai vuoto. Allora capii che era tutto vero. Rincominciarono a scendere le lacrime. Il poliziotto che aveva passato la notte a casa entrò in camera con una tazza di tè caldo, me lo porse ma io rifiutai. Non avevo ne fame ne sete. Il poliziotto mi disse qualche cosa, ma io non ascoltavo. Non riuscivo a concentrarmi su quello che mi stava succedendo intorno. Avevo un’unica immagine in testa: Albert che mi guarda mentre dipingo, e sorride. Quanto mi faceva impazzire il suo sorriso.. non pensavo ad altro.
Il tempo passava e io rimanevo a letto. Non mangiavo quasi nulla, non mi alzavo, non guardavo la tv e non rispondevo ai miei amici quando cercavano di chiamarmi. Ero spenta. Non volevo fare nulla. Un giorno però risposi al telefono. Era una mia cara amica. Appena risposi al telefono iniziò ad urlare e ad insultarmi. Diceva che ero debole, che non volevo affrontare la realtà. Io la ascoltavo, ma non risposi. Non avevo neanche più la forza di difendermi.. Chiusi il telefono e andai a prendere le matite nel salotto. Non sapevo cosa fare, e avevo bisogno di sfogarmi.
Mi sedetti sul divano a pensare. Iniziai a disegnare e rimasi lì seduta sul divano per ore. Disegnavo ancora e ancora. Ad ogni foglio pensavo a lui, ad Albert. Pensavo al suo sorriso, ai suoi occhi, e ogni dipinto era dedicato a  lui. Volevo riportarlo in vita con il disegno. Però mi resi conto che ciò non era possibile, quindi poggiai la matita sul divano e andai di nuovo a letto.
Passai un’altra settimana sdraiata sul letto a guardare il soffitto. Una notte, però, sentii un suono lontano, una musica dolce provenire dal salotto. Quando entrai nel soggiorno c’era il silenzio totale, ma vidi l’album e le matite poggiate sul divano. Allora decisi di riprodurre quella melodia che avevo appena sentito. Anche se credevo fosse solo la mia immaginazione, era un suono misterioso che mi piaceva. Cercai di disegnarla con la matita. All'inizio non ci riuscivo, ma dopo qualche tentativo ero riuscita a ricreare una melodia simile a quella che avevo sentito. Iniziai a disegnarla a lungo. Era bella, e mi riportava subito al pensiero di Albert. Ad un certo punto sentii qualcuno sedersi accanto a me. Era lui. Smisi di disegnare. Ma appena lo feci, lui iniziò a svanire, allora continuai con la stessa melodia e ricomparve, quasi trasparente, come un fantasma, ma era lui. Non sapevo che pensare. Pensavo fosse un’allucinazione. Ero spaventata. Mi guardava con occhi intensi. Volevo dirgli qualche cosa, ma me lo impedii con un bacio. Era un bacio freddo, leggero, quasi quasi non lo sentivo, ma era bello comunque. Mi mancava il suo sguardo. Mi era tornata un po’ della mia felicità. Ma dopo un’ora se ne andava, lasciandomi nuovamente sola. Rimasi immobile per qualche minuto. Non riuscivo a capire cosa fosse successo, ma avevo provato una sensazione bellissima.
Così, per qualche giorno presi l’album in mano e la matita  ogni notte alla stessa ora, allora lui compariva accanto a me e mi guardava disegnare, così come faceva una volta. Ogni tanto si avvicinava alle mie labbra per darmi un bacio, ma non parlava.
- Portami via con te.. Gli chiesi un giorno. Lui smise di guardare la matita  e mi fissò con occhi grandi. Si alzò e piano piano indietreggiò. Io feci cadere l’album a terra per inseguirlo, ma prima che potessi raggiungerlo, sparì. Cercai di chiamarlo, continuai a disegnare la stessa melodia per ore, ma non riuscì a farlo tornare. Abbandonai di nuovo l’album. Quella poca felicità che mi era tornata svanì nuovamente. Ma decisi di aspettare il giorno seguente. Chissà, magari sarebbe tornato. Quindi la sera dopo mi sedetti sul divano e iniziai a dipingere. Sapevo che sarebbe comparso. Invece, dopo un’ora che avevo iniziato a dipingere, non arrivò. Continuai per altre tre ore, ma non riuscii a vederlo.
Il mattino seguente decisi di uscire fuori da casa mia. Volevo andare a comprare dei nuovi album. Magari erano quelli che impedivano ad Albert di tornare. Quindi uscii di casa e andai al villaggio. Dovetti attraversare una stradina e arrivai su un marciapiede in legno, quando vidi una strana sfera di luce sopra la parete del muro. Era una luce molto simile a quella che avvolgeva il corpo di Albert quando compariva accanto a me. Sentii nuovamente la stessa melodia che disegnavo ogni sera per chiamare il mio ragazzo, ma in sottofondo c’era un suono che stonava: era il suono di un clacson. Mi girai verso la strada e vidi un camion avvicinarsi velocemente. Sembrava che il conducente avesse perso il controllo. Si avvicinava sempre di più, quando tutto ad un tratto, finii nel bianco. Ero avvolta dalla luce bianca. Dietro di me c’era Albert che mi porse la mano.
- Cosa sta succedendo? ,chiesi, ma lui sorrise.
- C’è una fine a tutto amore mio. Mi rispose dolcemente. Lo guardai impaurita. Ero morta..
- Ma c’è una cosa che non può finire.. Continuò a parlare. Io continuai a guardarlo ma senza capire.
- Noi due non ci separeremo mai, qualsiasi cosa accada. Albert mi prese la mano. Era bellissimo, un angelo incantato. Mi portò via con se, in un altro mondo, in un mondo dove nulla ci avrebbe potuto separare.   
         

    



 
  
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