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Autore: Cheshire_Blue_Cat    02/09/2013    1 recensioni
... bene, questa è la prima fic che pubblico e, anche se sono cosciente che fa veramente schifo, spero che piaccia a qualche buon anima ^.^ parla di una ragazza che non è umana, si chiama(casualmente -.-) Lirin e sul suo passato è gettato un velo di mistero su cui lei intende far luce, ovviamente possiede un'Ombra(di mia invenzione)... bhe, spero vivamente che qualcuno legga questa schifezza... P.s. ho preferito scrivere che i personaggi fossero un po' più grandi che nell'anime... spero non dispiaccia a nessuno. ^.^
P.p.s. ho apportato alcune modifiche al capitolo 8 per chi fosse interessato... -.-" mi ero dimenticata che per inserire i dialoghi bisogna usare i trattini e non le virgolette... pardon! ^.^
//Incompiuta... già... mi duole il cuore, ma alla fine ogni storia è già finita appena si scrive la prima parola per chi la scrive quindi anche questa storia prima o poi avrà una fine//
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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No Happy Ending for Me

 

Passai la notte sveglia, rabbrividivo per ogni spiffero che passava attraverso le ante appena accostate della finestra, An dormiva e non si sentiva volare una mosca nell'intero edificio.

Kirillion era silenziosa, del tutto estranea alle mie paure come non lo era mai stata. Non so cosa le potesse passare per la testa dopo che avevamo ucciso Gilliam... mi devo correggere... IO l'avevo ucciso.

E Delphinium era sulle mie tracce.

Come volevasi dimostrare né An né Schneider sapevano cosa intendesse la donna con il suo ultimo avvertimento.

Ma se è vero come è vero che il buio attira il buio si riferiva al mio sangue e non potevo darle torto. Era tutto ciò che sapevo sul sangue nero dopotutto.

Mi alzai in punta di piedi e feci qualche passo verso il letto di An, gli smossi un braccio e mugugnò qualcosa prima di socchiudere un occhio: - Lirin? Perché ancora sveglia? Non riesci a dormire? -

Annuii abbassando il viso e arrossendo: - Posso dormire con te? -

An si tirò immediatamente a sedere e quando la coperta gli scivolò addosso potei notare che dormiva senza maglietta.

Evitai il suo sguardo arrossendo ancora e facendo già per tornare dalla mia parte di stanza che mi afferrò per un polso: - Se vuoi resta. - balbettò imbarazzato.

Annuii ancora, come fossi totalmente assente e non mi preoccupai nemmeno di cambiare forma prima di infilarmi sotto il lenzuolo di fianco a lui.

Sarebbe stato forse meno imbarazzante per entrambi se mi fossi acciambellata ai piedi del letto sotto forma di giaguaro, ma avevo bisogno di quel contatto, del suo calore tanto del suo fiato sul collo.

- Hai paura? -

Rabbrividì abbracciandolo per i fianchi e chiudendo gli occhi.

Avevo sempre saputo cosa fare della mia vita, come comportarmi e quale strada scegliere ad un bivio.

Mi avevano messo all'angolo come mai nessuno era riuscito a fare.

Ero spaventata perché non sapevo più da che parte girarmi.

- No. - mentii.

Le sue mani mi serrarono i fianchi e un bacio leggero mi scivolò sul collo scorrendo rapido lo scollo del pigiama.

- Che stai facendo? - chiesi stranita.

An evitò accuratamente i miei occhi, abbassando lo sguardo: - Niente... -

Mentiva, esattamente come avevo fatto io. Avevo capito perfettamente dove stava andando a parare e i brividi non ne volevano sapere di cessare.

Fui assalita dalla fretta.

Forse avevo solo bisogno di qualcuno che mi facesse le coccole, che mi dicesse “Ssh, va tutto bene, ci sono qua io.”.

Mi diedi dell'egoista.

Concessi il mio corpo ad un umano quella notte, solo perché avevo paura. Non era né amore né sesso.

Ricordo che piangevo, aggrappandomi a lui come fosse la mia unica ancora di salvezza, ma non faceva male, sebbene fosse la prima volta.

Le sue carezze erano gentili, la sua bocca cercava la mia e io non facevo altro che sospirare o gemere.

Ero come ubriaca dalla voglia e da quella sensazione palpitate che mi stava crescendo dentro. Cercavo di non amare quelle sensazioni... che idiota...

Rimanemmo così per un tempo che parve interminabile, con i corpi incastrati che si muovevano l'uno sull'altro come se non fossero stati fatti altro che per questo.

La notte assunse tutt'altro significato per me, credo anche per lui.

La vera sfida però fu uscire dall'illusione: la mia non è una storia con un lieto fine, come una di quelle sciocche favole che, dopo il “The End” ti strappano il sorriso.

La principessa sposò il principe e vissero per sempre felici e contenti. No, non è così che è andata.

Capì subito dopo il perché di quella fretta che mi aveva assalito in quel momento, in fondo sapevo che non ci sarebbe più stato tempo.

E la guerra non terminò con la morte di Nene. Perché io l'ho visto, è morto quella notte. L'evocatore di Blue Dragon l'ha ucciso.

Dopo di che il Generale Logi ha afferrato la successione del Gran Reame ormai distrutto; ora è lui a capo del paese e si sentiva già puzza di sangue.

Non era cambiato niente.

An e Schneider erano stati richiamati ai fronti non'appena il Galeone di Nene aveva iniziato a precipitare per prendere il comando degli eserciti per conto del Generale.

Non avevo mai visto An distruggere qualcosa come una corazzata con tanta leggerezza, le faceva saltare in aria come giocattoli, e Schneider non era da meno. Poteva essere solo una mia sensazione, ma faceva venire i brividi.

Zola e gli altri?

Nessuno sapeva dove fossero andati dopo l'impresa e la festa in loro onore.

Il primo obbiettivo di Logi era trovarli e farli fuori.

Non ci volle molto prima che li trovassero, riuscì ad origliare una conversazione e seppi che si dirigevano verso le Terre Sigillate.

Ma come trovarono loro, alla fine trovarono anche a me.

Io non me n'ero neanche accorta, Delphinium sapeva della mia posizione già dal principio. Mi tese un agguato nella mia stessa stanza, quando ero da sola, e subito dopo fuggì lasciandomi alla mercé di Logi.

Di lei non si seppe più niente.

Logi invece sfondò la porta della stanza insieme a una dozzina di soldati, c'erano anche Andropov e Schneider.

Non riuscì ad alzarmi da terra, men che meno a fuggire. Delphinium aveva giocato sporco e mi aveva conficcato il pugnale nel fianco fino all'elsa avvicinandomi di spalle.

Guardai Logi per un breve istante: quello non era più l'uomo che mi aveva raccolta dalla strada e mi aveva cresciuta come un padre.

Cercai la salvezza negli occhi di An, ma vidi solo l'impotenza. Cercai si sollevarmi, ma ad un gesto di Logi lui scattò in avanti.

Ebbi appena il tempo di prendere un respiro che mi inchiodò al muro tenendomi per il collo, nei suoi occhi leggevo il perdono che non avrebbe mai ricevuto.

Mi spinse ancora contro il muro tenendomi una mano sopra lo sterno, sentii un gelo glaciale divampare da lì. Mi accorsi tardi che teneva un cristallo in quella mano e che me lo stava spingendo dentro al petto.

Boccheggiai e mi risalì un grumo di sangue dalla bocca, il cuore mi venne stretto in una morsa mentre qualcosa di insopportabilmente stretto mi veniva messo al polso destro.

Quando An mi mollò ero sul punto svenire e caddi in avanti tenendomi a stendo sulle mani. Mi colava sangue dalla bocca.

Nella disperazione provai a trasformarmi o ad evocare l'Ombra, non riuscì a fare nessuna delle due e crollai sui gomiti sfiorando il pavimento con la fronte.

Il respiro era martellante mentre il cuore silenzioso...

 

Si posò una mano sul cuore, a momenti non batteva, doveva stare molto attenta e trattenere il respiro per sentire qualche debole pulsazione.

Due giorni.

Era diventata di un pallore quasi spettrale, non aveva mangiato un solo boccone né aveva aperto bocca per parlare.

L'avevano rinchiusa in quella stanza, senza nemmeno legarla e dalla porta non era ancora entrato nessuno.

Per l'ansia non aveva neanche dormito così che, dopo due notti insonni, gli occhi erano circondati da un alone violaceo molto pronunciato e l'iride viola si era lentamente spenta assumendo una tonalità opaca e malata.

Si sentiva un animale in trappola. Non si interrogava nemmeno su cosa le avrebbero fatto ora, lo sapeva già o per lo meno lo immaginava.

L'avrebbero trasformata in una cavia da laboratorio.

Si strinse le ginocchia al petto rabbrividendo dal terrore: Bugiardo... strinse i denti. Era tutta colpa sua per quel che le riguardava.

Alla fine An non era tanto diverso da tutti gli altri, anche lui era capace di tradire.

Era almeno la decima volta che ripercorreva i fatti accaduti e non trovava altro modo per tenere la sua mente attaccata alla realtà.

Le bastava girarsi di lato per vedere l'altro letto addossato al muro e già le pizzicavano gli occhi, però non riusciva a piangere.

Riavvolse il nastro e stava già per caderci di nuovo, in caduta libera in quella che non era stata altro che un'illusione. Li sentiva ancora i sospiri, le carezze, le parole sussurrate all'orecchio quasi con la paura che qualcuno potesse sentire e lì voleva morire. Cercò di cacciarla via, non voleva vedere.

Scosse la testa dando un'occhiata distratta alla finestra serrata e al di fuori vide volteggiare uno di quei dannati cristalli: Che vuoi? pensò con un verso di stizza sottintendendo la domanda in un'espressione truce.

Il cristallo volò fuori dalla sua vista e subito dopo udì bussare alla porta, saltò sul posto andando a rannicchiarsi sul letto il più lontano possibile dall'entrata. Rimase in silenzio con il cuore che tentava disperatamente di accelerare i battiti per la paura e che, soffocati, le procuravano un dolore lancinante al costato.

L'uscio si socchiuse appena e An scivolò dentro tenendo in mano un bicchiere di latte, Lirin gli tenne lo sguardo puntato addosso studiandolo diffidente.

Il ragazzo non osò avvicinarsi oltre i piedi del letto e, senza dire una parola, le porse il bicchiere voltando la testa dall'altra parte.

La ragazza afferrò ciò che le veniva offerto e fissò il liquido bianco sempre scettica, guardando talvolta An, che non se n'era ancora andato.

Avvicinò il naso al latte e lo annusò per poi allontanarlo per abbandonarlo sul comodino: - …i ...red...te ...avv...ro co... ì st...ida* - biascicò con la gola secca. Non aver detto una parola per due giorni le aveva impastato la lingua e inaridito la bocca così che, anche se muoveva le labbra, solo la metà delle sillabe erano comprensibili.

An si sedette ai piedi del letto senza preavviso, sembrava agitato e non riusciva a guardarla in faccia: - Non c'è niente lì dentro... - balbettò indicando il bicchiere.

Era vero. Quel bicchiere l'aveva preso dalla cucina di nascosto e non c'era dentro nessun tipo di veleno, sonnifero o allucinogeno, ma lei non gli credette comunque.

- Tsk... - gli voltò le spalle, si schiarì la voce: - Non ho motivo di crederti... - riuscì a sussurrare con molta fatica con voce sempre più bassa.

- Erano ordini. - si giustificò lui.

Lei lo guardò truce e solo per il fatto che le costasse troppa fatica rispondere restò zitta.

- Non ti avrei mai fatto quello se non fosse stato un ordine del Generale. - tentò di scusarsi sapendo lui stesso quanto fosse inutile.

Lei si rigirava la saliva in bocca nel frattempo, nel tentativo di bagnarsi la lingua per riuscire a ribattere.

Inghiottì: - Bravo cagnolino. Ti riferisci alla mia cattura o a qualche sera prima? - lo provocò con cattiveria.

An serrò la mascella e senza dire altro uscì dalla stanza, solo allora Lirin poté lasciarsi cadere sul letto.

Erano due frasi messe in croce, ma si sentiva stanca come non mai. Si voltò verso il comodino e il suo stomaco brontolò rumorosamente rimestando succhi gastrici.

Non ce la faceva più a digiunare, magari se fosse stata un'animale avrebbe retto un po' di più, ma da umana era dannatamente fragile.

Era una fottuta debole, non poteva fare a meno di appoggiarsi al suo sangue demoniaco per restare in piedi.

Quella sensazione alla bocca dello stomaco l'aveva provata talmente tante volte da essersela quasi dimenticata, quel ribrezzo per se stessa che da bambina l'aveva quasi spinta ad uccidersi.

E pensava. Forse se fosse stata un Demone e basta invece di uno schifoso ibrido avrebbe avuto la forza per reagire a quello, a tutto e a tutti.

Ma era vero anche che, se fosse stata come tutti gli altri, non sarebbe mai uscita dall'Isola Errante.

Che avrebbe fatto ora?

Si schermò gli occhi con il braccio. Fra tutto detestava dover aspettare; che fossero scuse, un momento, una persona o una battaglia.

Il punto è che aspettare era quel che le riusciva meglio, la pazienza era una delle virtù dei predatori, ma se quel che aspettava non sarebbe mai arrivato... questo la spaventava.

In ogni caso non aveva alcun posto dove andare: a casa non poteva tornare, da lì doveva fuggire e possibilmente non tornare mai più.

Non aveva altra scelta se non andare da Zola a farsi uccidere se necessario, avrebbe sputato fuori tutto, a partire dal fatto che era una pessima doppiogiochista. Si coinvolgeva troppo qualunque cosa facesse così ché ora non avrebbe avuto il coraggio di uccidere nessuno in entrambe le fazioni.

Non era né alleata né nemica, stava nel mezzo sulla linea del fuoco.

Deglutì un paio di volte e afferrò il bicchiere gettandosi il contenuto in bocca tutto in una volta. Le andò anche di traverso.

Le venne naturale trattenere il respiro e rimanere immobile, ad ascoltare i battiti così lievi da sembrare morenti del proprio cuore.

Sussultò forte e il bicchiere le sfuggì di mano infrangendosi sul pavimento. La testa le vorticò pesantemente facendole risalire un conato di vomito che però le rimase incastrato in gola.

Quello che l'assalì era autentico terrore: Veleno... realizzò: C'era veleno!

Cadde dal letto tentando invano di rimettersi in piedi mentre il soffitto e le pareti danzavano ad un ritmo sfrenato.

Perse la presa e rovinò sul pavimento, con il letto che le pareva distante chilometri dalla sua mano tesa.

Stava sfiorando la semicoscienza e le palpebre le pesavano, rimase a reggersi sui palmi guardandosi intorno nella più completa confusione finché non ebbe l'impulso di girarsi di lato e rigettare un grumo indistinto di sangue e latte.

Se possibile, dopo stava ancora peggio.

Bastardo... ringhiò aggrappandosi al tappeto con le unghie accartocciandosi a terra come una pagina bruciata e perse coscienza.

Navigò nel buio così a lungo che pensò seriamente che ci avrebbe vissuto per il resto della sua esistenza e ci stava già facendo l'abitudine; ma un fastidioso pulsare sempre di maggiore intensità accendeva una luce bianca di fronte a lei.

Chiuse gli occhi infastidita e sentendo di nuovo i giramenti di testa cercando in tutti i modi di evitarla; senza successo.

Lirin... bambina?

Si fece immediatamente attenta: solo Kirillion continuava a chiamarla con quel tenero nomignolo.

La cercò speranzosa: Kirillion? chiamò, ma chi le apparve davanti non era la dragonessa bensì il volto di un uomo che le sorrideva amorevolmente. La pelle seccata dal sole si increspava agli angoli degli occhi e della bocca; non lo ricordava così bello Almalas. Diciamo pure che non ricordava affatto. Solo che era tornato da sua madre per morire.

- Padre... - biascicò riconoscendolo e lui sorrise.

I suoi occhi viola brillarono impercettibilmente di quella che poteva sembrare felicità. Cercò di afferrarlo, ma le sfuggì; invece fu lui a prenderle il viso tra le mani e guardandola seria: Ascoltami bene Lirin...

Lei dovette concentrarsi solo su di lui perché tutto intorno vorticava e le si stava per ribaltare lo stomaco.

Hai fatto tanta strada, ma non è ancora finita. Dovrai capire quel che è realmente importante per andare avanti e solo dopo la guerra sarà finita perché non è nelle competenze umane fare quel che ti sto chiedendo...

Non capiva, ma non aveva voce per chiedere spiegazioni ne il tempo perché Almalas si stava già dissolvendo lasciandole in mano solo quel caldo sorriso.

Le toccò il centro del petto con un dito poi tutto scomparve risucchiato da una luce abbagliante, spalancò gli occhi: - Padre! - urlò.

Si guardò intorno stranita, quella non era la sua stanza e, provando a muoversi, capì di essere legata a qualcosa. Una sedia molto probabilmente.

Si sforzò di aprire gli occhi dato che la troppa luce l'aveva costretta a richiuderli e, poco prima che ci riuscisse, le arrivò sul viso una secchiata d'acqua gelida.

- Come al solito Delphinium ha esagerato, quell'allucinogeno era troppo forte. - borbottò una voce abbastanza contrariata.

- Generale, è sicuro che non stia morendo? - domandò un altro.

Altra secchiata gelida e stavolta spalancò gli occhi risvegliandosi da quel torpore mortale.

Tossicchiò cercando di bloccarsi per riuscire ad inghiottire almeno un po' d'acqua, ma le uscì tutta di bocca lasciandola a lingua asciutta. Rantolò sofferente sentendo il sapore amaro della bile e un conato premere prepotentemente sulla bocca dello stomaco, ma qualcuno le tenne la fronte facendoglielo ricacciare giù e facendole cozzare la nuca contro qualcosa di duro.

Tante piccole luci rosse le danzarono davanti agli occhi, rendendola ceca per qualche minuto nella quale senti delle persone parlare, ma non capì una sola parola.

Chiuse gli occhi un paio di volte abituandosi pian piano alla luce, vide che davanti a lei c'erano tre persone e una di loro era comodamente seduta su un divano: - Ben svegliata. - ostentò con falsa cortesia, o almeno, questo è ciò che percepì lei.

Rimase in silenzio.

- Sai Lirin, ho scoperto alcune interessanti informazioni su di te. - continuò e, a causa del malessere, le voci le arrivavano come distorte. Non capiva chi fossero e i suoi occhi erano ancora troppo opachi per vedere nitidamente.

Era come se le sue orecchie si rifiutassero di associare un tono alla voce rendendole tutte uguali e indistinguibili.

- Mi dispiace essere stato così spartano con la “mia bambina”. - rise.

Contorse le labbra in una smorfia stizzita, capendo che la stava prendendo in giro e purtroppo per lei riuscì a riconoscerlo: - Logi! - ringhiò sollevando il viso con quanta più forza aveva in corpo. Quindi a rigor della sua logica sbronza dal narcotico le altre due figure che riusciva a malapena ad intravedere dovevano essere Schneider e

Andropov.

- Cosa vuoi? - disse con la voce impastata.

Logi accavallò le gambe con nonchalance, cosa che irritò ancora di più la prigioniera: - Parlare. -

Non ci avrebbe creduto neanche tra un milione di anni. Cominciava a pensare che tutta quella guerra fosse cominciata per colpa sua e non si riferiva solo a quella che si stava combattendo dentro il suo animo.

Finalmente riuscì a vedere i due ragazzi, dopo aver sbattuto un'altra decina di volte le palpebre: Andropov strava in piedi al fianco destro di Logi mentre chi le teneva ancora la fronte era Schneider.

Non poté fare a meno di restarne un po' delusa, sperava fosse stato An a sorreggerla; scosse la testa per liberarsi della mano del biondo, combatté un altro capogiro e rimase dritta da sola.

Logi guardò compiaciuto il suo animo indocile ergersi in tutto il suo splendore e appoggiò il capo sulle mani congiunte coi gomiti posati sulle gambe: - Verrò subito al punto... - la indicò con la mano guantata e lei rabbrividì.

Potrebbe sembrare un controsenso, ma quello era un brivido d'adrenalina.

- Mi serve il tuo sangue. -

Lirin assottigliò le pupille: - Perché mai... -

- Iniettato in un corpo umano potrebbe avere effetti molto promettenti. - disse vago: - Gli ibridi che ne verrebbero fuori saranno la mia arma contro Zola e la devo raggiungere prima di stasera. Non conosco i suoi scopi, ma alla fine di questo giorno riporterò indietro la sua bandana macchiata di sangue. - disse sicuro sfiorandosi di riflesso la cicatrice sull'occhio.

Lirin non rispose, anche se sapeva benissimo che quella fosse una follia, non poteva opporsi. In ogni caso non gli avrebbe ceduto il suo sangue.

Ad alzarsi la spinse la rabbia. Evidentemente non l'avevano legata stretta confidando nel fatto che fosse molto debole. Si resse in piedi ancora traballante: - Mai. - gli sputò in faccia.

Logi scattò afferrandola per il collo: - Piccola bastarda, bel ringraziamento dopo che ti ho allevato per ben 7 anni. -

Lirin boccheggiò assumendo un colorito ancora più cadaverico: - Visto che succede? Quel che otterrai sarà il buio perché ciò che porta questo sangue è solo odio e rabbia. Un umano non potrebbe mai reggere. Quindi presumo che tu abbia già provato ad iniettartelo, forse prendendolo dalla tua stessa spada quando combattevi contro di me. - disse velenosa: - E poi non sono l'animaletto di nessuno, tanto meno il suo Generale. -

Sentì la presa sul collo stringersi e i piedi staccarsi da terra lentamente: - Così la uccide. - sentì dire da Schneider come quello che sembrava un semplice e cordiale avvertimento mentre An restava rigido al proprio posto anche se i pugni chiusi gli tremavano.

Ringhiò stringendo i polsi del Generale e, non avrebbe dovuto farlo e non sarebbe mai dovuta riuscirci, si trasformò in giaguaro sfuggendo alla sua presa.

Forzò il sigillo facendolo esplodere dentro di se e i frammenti le si conficcarono nella carne; e la sua parte animale riemerse. Alcune parti del corpo erano tumefatte , aperte direttamente dall'interno e la pelle lacerata lasciava intravedere lastre di cristallo che crescevano direttamente dalla carne e la infettavano come parassiti. Mezzo muso, la parte sinistra del costato e la zampa posteriore destra erano ridotti in quello stato.

Ignorò i frammenti del cristallo infranto che la stavano ancora pungolando da dentro affondando sempre di più e si resse in piedi pronta ad uccidere se necessario.

Logi rimase bloccato dallo stupore, pochi secondi che sembrarono infiniti.

Lirin mostrò i denti e fece leva sulle zampe posteriori per balzargli addosso, in quel lasso di tempo talmente lento e altrettanto veloce da sembrare intrappolato dentro al catrame Logi sguainò la spada e menò un fendente orizzontale smorzando il salto della belva ad un soffio da se.

Tutto fu fermo per qualche minuto.

Lirin ansava riversa a terra con uno squarcio che si estendeva da un lato all'altro del ventre.

Logi si asciugò il sudore freddo dalla fronte e ripose la spada con la massima calma andandosene a passi lenti: - Portatela via. - ordinò.

I due ragazzi non si erano mossi di mezzo millimetro, anche se, allo stridio della spada sul fodero An aveva sussultato più forte del solito e solo quando Logi si richiuse la porta alle spalle si buttò in ginocchio di fianco a Lirin strattonandola per una spalla e chiamandola con voce strozzata.

Lei teneva gli occhi socchiusi, il muso contratto in una smorfia e i denti stretti; cercò di spingerlo via, ma ricadde sulle sue ginocchia.

An rimase immobile tormentandosi le mani non sapendo cosa fare.

Schneider si chinò puntellandosi sui talloni: - Che stai aspettando? Che ci lasci le penne? - disse con tono di rimprovero guardando Lirin che agonizzava.

Esitò un momento di troppo.

- Avanti, levale quel fottuto cristallo! Così la uccidi. -

- Dovrei infilare le mani nelle ferite... -

Schneider roteò gli occhi esasperato: - Non è il momento di fare lo schizzinoso, se non sbaglio le mani gliele hai infilate anche altrove. Fallo e basta! -

Non aveva nessuna intenzione di fare ironia, era solo per rendere l'idea e per sua fortuna ci riuscì: - I frammenti devono essere quattro. Devi aprire un taglio e levarglieli. - spiegò svelto chiamando in aiuto la propria Ombra.

Afferrò uno dei cristalli e lo trasformò in un coltello, si mise ad incidere la pelle dell'animale con precisione quasi chirurgica, cercando di non far tremare la mano, lì dove il cristallo arpionava la pelle. Schneider cercò di aiutarlo per quanto riuscisse e alla fine i cristalli insanguinati tintinnarono per terra, Lirin era ridotta in stato pietoso.

Se possibile Andropov era persino più pallido di lei, gli tremavano le braccia coperte di sangue nero fin sopra il gomito.

Sarà per il fatto che fosse sfinito, che si sentisse tremendamente in colpa, il disperato bisogno di scusarsi con il mondo intero, … scoppiò a piangere a dirotto, stringendo i denti per non singhiozzare troppo forte.

A quel punto Schneider si alzò senza dire una parola, infilò le mani in tasca e s'incamminò verso la porta. Lo lasciò da solo a sfogare le sue pene, a dire il vero non sapeva neanche come comportarsi: non aveva mai visto Andropov piangere.

Chissà se aveva pianto quando aveva perso la sua famiglia...

Lui no, non l'aveva fatto. Il luogo dove viveva era andato distrutto ed erano tutti morti tranne lui, aveva vagato per ore in cerca di qualcuno ed era calmo, quasi freddo, guardava il tutto quasi con disinteresse e aveva solo sette anni.

Poi aveva incontrato Logi, l'aveva addestrato all'uso delle armi e militava alla sue dirette dipendenze.

Era tutto più semplice così, premevi il grilletto e sparavi una pallottola in testa al primo che ti capitava, ma poi erano arrivate le Ombre, lo Squadrone e tutta quella roba là e la guerra era diventata tutt'altra cosa.

 

Non ricordava di aver perso coscienza.

Ora si trovava stesa su delle lenzuola, con il corpo e la testa terribilmente appesantiti e faceva una fatica immane ad inspirare.

Provò ad alzarsi, ma si bloccò subito dato che non era sola: An era seduto ai piedi del letto che si premeva una mano sugli occhi e si premeva sulle tempie con due dita.

Lirin rimase immobile, a guardare ad occhi socchiusi e fingendosi addormentata.

Fu sicura che disse qualcosa, ma non riuscì ad afferrarne il senso; Le posò un delicato bacio sulla fronte e dovette tenersi a freno dal rabbrividire, se possibile voleva tenerlo lontano; subito dopo per sua fortuna si alzò e fece per uscire.

Lirin contò i secondi più lunghi di tutta la sua vita mentre indugiava sulla porta poi lo vide tirar fuori qualcosa di metallico dalla tasca e appoggiarlo sul mobile lì affianco con la massima discrezione, come se intuisse di essere osservato.

Quando uscì Lirin tremò forte sciogliendo un lungo respiro rimasto in gola. Si tirò a sedere con fatica e iniziò a ricordare: il veleno, la febbre e la ferita.

Si guardò lo stomaco e trovò delle bende zuppe e il materasso sotto macchiato. Aveva ancora la nausea quindi doveva ancora avere veleno in circolo.

Voltò la testa cercando di vomitare, ma non riusciva.

Si alzò in piedi ignorando il dolore al ventre intenzionata a provocarsi il capogiro, come previsto la stanza iniziò a vorticare. Cadde in ginocchio e scorse una sagoma da sotto il letto vagamente riconducibile ad un secchio.

Qualunque cosa fosse l'afferrò, si infilò due dita in gola e vomitò l'anima. Ancora tossicchiando si aggrappò poi al letto e ci si rigettò sopra.

Lasciò calmare le vertigini poi si costrinse nuovamente ad alzarsi, barcollò sentendo il boato poco distante di dei motori in accensione, ma arrivò ad appoggiarsi al muro vicino alla porta.

Andropov aveva poggiato qualcosa lì, cercò a tentoni sul mobile finché le sue dita non incontrarono qualcosa di piccolo e freddo.

Scivolò a terra tenendolo in mano, era una chiave, ma non della stanza: era troppo piccola.

Si era sdraiata letteralmente sul pavimento, sollevò la chiave con la destra davanti a se e solo allora notò che emanava lo stesso luccichio del bracciale che le serrava il polso.

Per poco non le andò di traverso la saliva. In tutta fratta tentò di infilare la chiave, non riuscendo a trovare la serratura per quanto provasse.

Fu sicura che quello era il suono più bello che avesse mai sentito quando il bracciale produsse un secco “CLACK” e si allentò.

Lo sfilò fiacca girandosi su un fianco, esausta.

Lirin!

Ansò sorridendo, poteva di nuovo sentirla: Kirillion...

L'Ombra comparì al suo fianco, sembrava sofferente tanto quanto lo era lei, la raccolse dal pavimento stringendola tra le zampe come si farebbe con un cucciolo indifeso.

- Kirillion... - balbettò lei aggrappandosi alle squame lisce: - Devo andare là... -

Il drago non chiese niente, non si mosse nemmeno.

- Devo andare alle Terre Sigillate, faranno un massacro... - disse ancora.

Scivolò via dall'abbraccio reggendosi precariamente sulle gambe, per far vedere che ancora ce la faceva: - Accendi l'Inferno per me. - la pregò sollevandosi la maglia lacera e scostando le bende.

Kirillion scosse il muso: - Non potrei mai... -

- Se non lo fai morirò. Avanti. - la incalzò stringendo con più fermezza le bende: - Ti prego. - la presenza della sua Ombra le aveva ridato fermezza, era ad un passo dalla salvezza, non avrebbe sopportato che per colpa del suo stupido corpo non ce la faceva.

Kirillion chiuse gli occhi tirando fuori una lingua di fuoco dalla bocca socchiusa per far intendere che era pronta.

Lirin si stese e strinse i denti poi un fiume di fiamme le si riversò sull'addome. Si contorse, ma non urlò.

Poteva sentire la carne sfrigolare e ogni singola goccia di sangue scivolare lungo i fianchi.

Bastardi, ci vuole ben altro per uccidermi... pensò con rabbia.

Il fuoco arse tutto, compresa la stanza e il veleno che la infettava.

Si rialzò, per l'ennesima volta, con una cicatrice che andava da un fianco all'altro e il ventre ustionato fin sotto la pelle.

Strinse i pugni: - Portami da loro. - ordinò all'Ombra.

Appena salì sulle spalle di Kirillion e fu in cielo si guardò indietro e sollevò un pugno: - PADRE! RIESCI A SENTIRMI?! HAI LA MIA PAROLA, NON MORIRO'! - lo giurò al cielo.

Almalas le aveva detto che avrebbe deciso le sorti di una guerra.

Su quello stesso sangue che lui le aveva dato lo giurava, poteva marcire all'inferno se non manteneva la parola.

 

*= … - Mi credete davvero così stupida? - …

 

 

ANGOLINO VANEGGIO

Cavolo, è passato quasi un anno dall'ultima volta che ho aggiornato!

Scusate... ma è successa parecchio “roba”, non riuscivo più a scrivere niente di questa storia... sarà il fatto che sono cambiata, è cambiato il mio modo di scrivere(si nota molto???) e tante altre cose...

Ma sono felice di essere tornata :)

Spero qualcuno recensisca.

Dopo averlo riletto, questo capitolo non ha neanche un grammo di ironia, non posso far altro che definirlo crudo e truce. :|

Vabbuono... speriamo di non finire alle calende greche anche per il prossimo capitolo, ma ora che è settembre mi sto già deprimendo per l'inizio della scuola DDDDD:

Merda, estate vai troppo veloce!

 

Bye Bye

-Lirin_

  
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