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Autore: lovemeswaggy    02/09/2013    8 recensioni
Jessica James è distrutta. Va male a scuola, è morta la sua migliore amica ed è appena stata arrestata di nuovo. I genitori ne hanno abbastanza del suo comportamento così la iscrivono in un collegio.
Justin Bieber. Un ragazzo d'oro esteriormente ma lacerato dal dolore emotivamente.
Entrambi si ritrovano ad affrontare ostacoli difficili, ma sapranno usar tutto a loro vantaggio.
Due vite, tanto misteriose quanto difficili.
Un amore, tanto semplice quanto improbabile.
***
"Non lasciarmi andare, ti prego!"
"No piccola, sto io qui con te."
"Prometti?"
"Prometto.. e io mantengo sempre le promesse."
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Jaden Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5. Castigation
 
 
 
 
Justin’s point of view
“Quindi non prendertela, lei è mia.” La frase che dissi sette giorni fa non fece altro che torturarmi per tutta la settimana. In quel lasso di tempo cercai di avvicinarmi a lei, studiandoci insieme e giocandoci a volte, e a lei sembrava piacer.
Sicuro, chi ragazza rifiuterebbe le attenzioni di un bel ragazzo?
Mi aveva aiutato con l’italiano. In effetti sembrava aver una buona influenza su di me. E in quella settimana presi pure una A in scienze.
Ok, gente. Justin Bieber  ha preso un A in scienze. Non meriterei una medaglia? Fottuto collegio.
 
Adesso eravamo nella sua stanza a studiar.
In questi famosi giorni i nostri luoghi era il giardino sul retro dell’edificio, la mia stanza e la sua.
Per studiar con me, povera, era costretta a lasciar Rose da sole con Jaden ma in fondo poteva vederla durante le lezioni e la sera/notte, no??
Il fatto è che mi trovavo bene, averla al mio fianco tutto il tempo non avevo pensato ai miei e questa era una cosa più che positiva.
Lei era come l’aria per gli essere viventi, l’acqua per i pesci, il sole per le piante. Era come l’oasi nel deserto, una fonte d’acqua e purezza che non vedevi l’ora di provarla, dopo aver camminato per kilometri sotto un sole cocente e un bottiglia vuota.
Avevo bisogno della sua voce che mi tranquillizzava, del suo carattere un po’ paziente che mi sopportava quando mi arrabbiavo per aver sbagliato un esercizio di chimica o algebra.
“Justin, devi spiegarmi la terza declinazione di latino. Possibile che non riesco a capirla? La prof deve aver scelto proprio il libro più facile del mondo per noi del terzo anno eh.” Mi alzai dalla sedia della scrivania per poi sedermi sul letto dove c’era lei.
Mi ci appoggiai di fronte e presi il libro in mano.
“Uhm, bene. Allora, in pratica questa declinazione non è tanto facile, contiene tre gruppi e..”
“sì, fin qui ci sono, solo non capisco le eccezioni.”
“Sono facili, devi solo dire che ci sono alcuni parisillabi che, invece di finir in –um al genitivo plurale, escono in -ium.”
“Tutto qui?
“Be’ sì, poi ci sono anche i nomi irregolari.
“Quelli li so.”
“Domani hai l’interrogazione?
“Si, la prof Edwards vuole confermarmi la A.”
“Bene, hai qualche B?”
“No,no.”
“Meglio così, hai tutte A e io che pensavo non studiassi.”
“In effetti era così” ridacchiò alzando gli occhi al cielo “ma ho scoperto che lo studio mi tiene lontana da Claudia.”
“Claudia?”
“La mia migliore amica.”
Abbassai lo sguardo senza rispondere, non volevo andar oltre quell’argomento sapendo che comunque cercava di starci lontano. Chiusi il libro di latino, deciso di non rovinar l’umore di Jess “Bene, signorina. Abbiamo finito? Perché non vedo l’ora di uscir fuori.” Guardammo entrambi sorridenti al di fuori del vestro delle persiane.
“Speravo..me lo chiedessi.” Rispose divertita mentre prendeva i libri e portarseli al petto.
“Li porto io?”
“Di sicuro, sono distrutta.” E mi rivolse uno di quei rari sorrisi sinceri che mi concedeva.
Dopo aver posato i libri nella sua stanza decidemmo di andar sul retro dove c’erano anche Rose e Jaden.
“Ehi ragazzi” urlammo all’unisono poi ci avvicinammo per salutarli.
“ehi Justin! Avevamo bisogno di te, vuoi giocare Jess?”
“Certo.” La guardai abbracciar Rose prima di buttarsi tra le braccia di Joe ridendo.
Ero contento che Ben non fosse anche arrivato dalla sua settimana di vacanza, così almeno Jess era tranquilla.
“Ciao amico.”
“Ehi Jaden.”
E iniziammo a giocar a pallavolo, nel buio più totale del giardino con un palla e dei guanti fluorescenti. Una figata meglio di questa? Raccontatemela.
**
A volte il corridoio del dormitorio dei ragazzi sembrava non finir mai.
E questo era un di quei momenti.
Dopo esserci assicurati che tutti fossero nelle rispettive stanze, io e Jaden stavamo andar nelle nostre, di stanze. Non prima di essere richiamati da qualcuno.
Lo sguardo perso nel vuoto, entrambi avevamo sentito dei passi veloci. Ci guardammo sapendo benissimo di non vederci ma percependo gli occhi su di noi. Restammo immobili aspettando, ed io sembravo un ladro in una casa ricca sfondata a rubar qualcosa per poi essere colto in fallo.
“Jaden… Justin… sono io.”
“Kate?” domandò Jaden, facendo rilasciar l’aria che aveva trattenuto fino a qualche istante fa.
“Sì, potete seguirmi?”
Ci alzammo entrambi e guardammo in un punto vuoto, immaginandoci che Kate si trovasse di fronte a noi. “Guarda Kate, che noi non abbiamo combinato casini stavolta.” Alzai le mani in segno di difesa consapevole anche che non mi vedesse.
Quel buio era così insopportabile.
“Si tratta di August.”
E immaginai l’espressione sul viso del mio amico, preoccupata, spaventata e arrabbiata.
August Gibbins era l’ex marito di Kate Sheridan, che aveva chiesto quest’ultima, subito il divorzio. Gli unici a sapere il perché eravamo io, Jaden e il tribunale che aveva direttamente ordinato al giovane multimilionario di “Le proibisco secondo la legge n. 217 del dipartimento degli USA di seguire e vedere la signorina Kate Sheridan, il caso è chiuso.”
A quel punto, ci precipitammo tutti e tre in silenzio nell’ufficio della preside. Una volta accomodati sulle poltrone di pelle marrone, di fronte alla scrivania, Kate iniziò.
“Be’, sapete che in questi anni lui è rimasto dentro..”
“E’ rimasto?”
“Be’, adesso è uscito, di sicuro tutti i suoi avvocati si son riuniti e insieme hanno pagato la cauzione.”
“Frena sorellina, ci stai dicendo che è libero?” aspettando il consenso di Kate alla sua domanda, Jaden si alzò di scatto dalla poltrona, pronto ad esplodere.
“E quei pezzi di merda degli avvocati sanno cosa ha fatto quel lurido bastardo? Tu sei.. stata anni… sotto le sue…mani, cazzo.”
“Modera i termini,Jad.”
“Non dirmi..cosa fare, Kate. Lui non può essere libero!”
“Fermo Jaden, non puoi prendertela con Kate, non è mica colpa sua se è libero. Dobbiamo trovar un modo per sbatterlo dentro di nuovo.”
“Un modo? Trovare? Non gli bastano quei cazzo di video e questi?” prese violentemente il braccio di Kate scoprendo i tagli e i lividi ancora evidenti anche se vecchi ormai di tre anni. “Questi... questi Justin, li vedi?” La sua voce un sussurro, il suo tono arrabbiato. E sapevo, che stava lottando contro tutte le sue forze e debolezze, per non piangere.
E in fondo era così. Un ragazzo di quattordici anni che, con un video, si era distrutto la vita. Non credendo ai suoi occhi.
 
**
 
“Con i verbi stai bene, passiamo alla terza declinazione. Gruppi?”
“Tre.”
“C’è bisogno che vi dica anche ‘quali?’ Mr. bieber?”
“Sì, Mrs. Albans.”
Gli occhiali rettangolari abbassati all’altezza della bocca, rughe che riempivano il suo viso facendo notar la sua vecchia età. Ma nonostante quei piccoli segni a caratterizzar la faccia, i suoi grandi occhi blu mettevano a disagio chiunque.
E vagamente mi ricordava una ragazza.
“Come ti permetti Justin?” mormorò alzando la voce e usando magicamente il mio nome come se si fosse accorta finalmente che non mi chiamavo solo Bieber “In presidenza.”
“Ma dai, prof…” alzai le mani in aria come a giustificarmi, ma chi meglio della Albans cercava sempre una scusa, per mandarmi in ufficio?
“Fuori.” Indicò la porta pur sempre guardandomi insistentemente “Adesso.”
“Eh calma, ci sto andando oh.” Se dovevo andarci in presidenza, valeva la pena finir di stuzzicar la vittima, no?
Voci sussurrate e forti risate riempirono l’aula 13, mentre strisciavo letteralmente coi piedi fino allo stipite della porta, causando rumori.
“Oh, e non dir che non ti piaccia stare lì dentro Mr. Bieber!” commentò lei, sorrisi soddisfatto quando nessuno degli alunni rise alla sua, chiamata da lei, battuta.
“Oh, Mrs. Albans, mi sorprende. Sbaglio o non si può usar il ‘tu’ quando finite la frase con un ‘voi’?”
“Siamo umani, Justin. Tutti sbagliamo.”
“Questo suo cambiar nome e cognome non finirà mai di stupirmi.”
E non la lasciai rispondere a tono, che me ne uscii battendo i piedi a terra e dirigendomi verso l’ufficio di Kate.
Pensai alle possibili punizioni che potrebbe darmi Kate; magari mi farebbe lavar qualche aula, o togliere l’erbaccia, o semplicemente rinchiudermi dentro la stanza per due, magari tre, giorni.
Qui non si usa normalmente il metodo ‘in punizione a studiar’. Qui già sapevano le nostre qualità riguardo esso, perché darci qualcosa per punizione, che poi ci piace?
E sinceramente, a chi poi piaceva far lavori forzati? Sbuffai bussando alla porta della segretaria e dopo un ‘Avanti’ entrai.
La ventenne dietro quella scrivania color pesca di legno, non sembrava affatto sorpresa di vedermi lì. Capelli biondi, occhi marroni e fisico da modella. Quando fu ammessa come segretaria del collegio, quell’anno la maggior parte delle punizioni dai professori era per i ragazzi.
‘carpe diem’ cogli l’attimo, no? E così usammo le punizioni per rimorchiarla, per cercar di farcela amica per poi portarcela a letto. Era tipico: dicevi qualcosa di sbagliato, la prof ti mandava in presidenza, incontravi Vanessa, la rimorchiavi poi venivi chiamato da Kate che in quel momento, ti riempiva di lavori.
Col tempo smisi di provarci, sapendo che uno della scuola era riuscito nell’intento e tutti in seguito la lasciarono in pace.
“Ehi Jus, che hai combinato stavolta?”
Non alzò nemmeno lo sguardo dal computer portatile di fronte a lei, sapendo già che lo strusciar con i piedi era tipico del mio ‘sono annoiato e volevo venir qui’.
“Ehi Van, come va?” mi avvicinai alla scrivania e le posai un bacio sulla guancia, come sempre.
“Bene, e tu?”
“A parte il fatto che dovrò faticar, sì grazie.” Le sorrisi notando dell’inchiostro nero sul polso.
“Ma che combini?” risi guardandola e lei alzò lo sguardo, capendo subito e unendosi a me.
“Tatuaggio, ehi non provare a dirmi che non ti piace. E’ semplicemente stupendo.”
“Sì, certo. E’ proprio bello.”
“Oggi è venuta una ragazza in ufficio, quella nuova. Sai, è carina? Mi stupisco che tu e Jaden ancora dobbiate provarci.” Mi fece l’occhiolino per poi riprendere a battere le dita sulla piccola tastiera.
“Ohh, Jessica James. Jaden me l’ha lasciata.”
“Jaden Smith che si lascia scappar una ragazza?”
“Mi era in debito, Van.”
“Sì, ok ok. Ora puoi entrar.” Posò lo sguardo dietro le mie spalle notando una piccola figura attraversar la porta, occhi grigi, capelli biondi.
“Ehi Jessica!” urlai andandole incontro e abbracciandola.
Per un attimo pensai non volesse ricambiar l’abbraccio poi sentii le sue mani intrecciarsi dietro la schiena e la strinsi più forte.
“Justin.” Mi sorrise debolmente facendo un cenno di saluto con la mano.
“Che ci fai qui?”
“Ti spiego dopo…”
“Ok, entro io. A dopo, piccola.” La salutai vedendola avviarsi lungo il corridoio fino a vederla scomparire dietro il muro.
 
 
 
 
Jess’ point of view
NO. Non ero per niente arrabbiata con Rose.
Camminai velocemente lungo il corridoio delle aule al primo piano, per poi prendere le scale di legno scuro ed arrivar al secondo.
Non potevo crederci che si era permessa di farmi cacciar nei guai. Era lei che mi parlava continuamente nell’orecchio, e poi quando mi stufai e urlai un ‘zitta cazzo, Rose’ subito il professore di chimica aveva deciso di mandarmi dalla preside.
Inutile dire che, dopo aver studiato così tanto dopo tempo, trovavo sempre il modo di cacciarmi nei guai.
E in quel momento mi ricordai vagamente della mia vecchia scuola, con il mio migliore amico a fare cose vandaliche e farci beccare ogni volta che le facevamo.
Sorrisi amaramente al perché dell’ultima volta dalla polizia.
 
“Jake sta un po’ zitto, oh. Ma che lingua che hai.” Sussurrai urlando e ridendo, vedendolo gemere di dolore mentre gli calpestavo il piede.
“Se mi fai male, non posso  star zitto stronza.”
“Oh, ma che moccioso che sei. E ora cammina e zitto, se no ci scoprono.”
Ci avvicinammo al terzo piano, soddisfatti di non aver trovato bidelli notturni durante il tragitto.
Magari erano già a dormire, per poi dire al preside il giorno dopo, di non aver visto un emerito cazzo e che non c’era nessuno. Stupidi stronzi ruba soldi.
Con le punte dei piedi, camminammo verso la prima aula a destra. Pronti a scatenare l’inferno silenziosamente.
La aprimmo e contenti, entrammo nella stanza, facendo poco rumore.
“Do tutta la colpa a te, se ci scoprono.”
“Ammazzati Jake, lì c’è una finestra.”
“Non saresti pronta a perdermi, dolcezza.” Risi pensando al suo buonumore anche in certe situazioni.
Sbattemmo le bombolette nelle nostre mani, mentre prendevamo una torcia dalla tasca del giubbotto di pelle.
“Mantieni la torcia, io faccio il lavoro.” E così fu. Arrivammo a dipingere i muri di sei stanze, scrivendo tutte le stronzate possibili; ‘merda’ o ‘uccidetevi puttane’ o svelando il segreto de ‘il preside Josh porta la parrucca’.
Finché non sentimmo dei passi, ci guardammo complici iniziando a correre verso le scale antincendio, sbattendo la porta per poi uscir all’aria fresca. Cantammo pensando vittoriosi di non essere stati scoperti, ma mica sapevamo che alla fine delle scale c’erano proprio tre poliziotti, sempre i soliti.

Lo ammetto, eravamo come dire, dei novellini riguardo il vandalismo. Di certo non eravamo esperti, nel nasconderci bene e non farci beccare ma non avevamo intenzione di smettere. Perché fare quello ci rilassava terribilmente, non facendoci pensar a Claudia, ed era questo l’importante. Non pensarla.
“Scusa, cazzo.” Mormorai velocemente notando davanti a me un ragazzo seduto per terra, ed ero sicura che non era lì per puro piacere.
“Fa niente, tranquilla. Ma a che pensavi?”
“Cazzi tuoi, no eh?”
“Oh, sta’ calma dolcezza.” Lo aiutai ad alzarsi portandomi corpo a corpo con lui. un sorriso aleggiò sul suo viso e, staccandomi bruscamente, risposi con un “E se non volessi?”
“Tu sei quella nuova?” rimasi a bocca aperta per un po’, pensando al fatto che avesse cambiato velocemente argomento facendo finta che quel battibecco non fosse mai esistito.
“No, mi sono sempre nascosta nell’ufficio di Kate, non ci hai mai fatto caso?”
Rise porgendomi una mano che afferrai volentieri. “Piacere Ben.”
Ben… Ben… Justin, il primo giorno, certo! Avevo una memoria imbattibile, pensai ridendo alla mia tipica battuta.
“Jessica, ma chiamami Jess.”
“Oh, piacere allora… Jessica.”
“No, guarda che non sei simpatico.” Gli puntai un dito contro facendolo ridere e mi unii a lui.
“Lo sei tu.”
“Certo che lo sono, cosa vorresti insinuare al riguardo?”
“Assolutamente niente!” Alzò le mani in segno di difesa, senza smettere di ridere.
“Non dirmi le bugie.”
“Non lo farei mai, baby.”
Rimanemmo in silenzio per qualche secondo, ognuno aspettando l’altro che parlasse.
“Io comunque vado, ci si vede in giro allora.” Mi fece l’occhiolino già iniziando a camminar nella parte opposta alla mia.
Era robusto, alto e muscoloso. Come poteva essere caduto solo perché l’avevo spinto? E pure ero sicura di aver sentito un rumore quando il suo sedere aveva toccato il suolo.
“Sì.. sì. Ciao!” urlai dirigendomi poi verso la classe della prossima ora.
Incontrai la mia vittima fuori l’aula 21, dove si svolgeva biologia. Entrai senza nemmeno degnarla di uno sguardo, e lei mi seguì a ruota. Accomodandosi accanto a me nel banco, nonostante ci fosse la mia borsa lì.
“Jess, ti prego, scusami. Ero in preda al panico.”
“Un corno il panico, anche io ne soffro ma non faccio mica così!”
“Be’, ne abbiamo diversi.”
“Ma non dire cazzate, Rose. Per favore, risparmiatele.”
“e dai, Jessica. Mi dispiace un casino, se vuoi vado da Kate a dirle che è stata colpa mia.”
“Già lo sa,” la fulminai con lo sguardo prima di prendere il mio libro e mettere a pagina 50 “E poi non mi ha dato nessuna punizione.”
“Perfetto! Dai Jess, perdonami!” incrociò le dita come per pregare, e mi guardò dolcemente. E l’avevo già perdonata.
Mi addolcii visibilmente notando quanto era bella con quegli occhi che riuscivano a manipolarmi, mentre lei mi abbracciò per poi staccarsi subito.
“Aw, grazie. Io lo dico che sei fantastica!”
“Sì, grazie ok. Ma adesso non ti siedi vicino a me, vattene.” Le indicai il banco affianco sorridendole.
“Ok, me lo son meritato ma domani niente storie, io e te vicine.”
“Ok.”
“Ok.”
Ripetemmo per un po’ biologia, notando che il prof ancora doveva entrar e in classe c’erano solo i secchioni. Poi vidi avvicinarsi Justin, con un sorriso tirato sul viso.
“Che succede?”
“Sono arrabbiato.”
“Che ti farà fare stavolta?” domandò adesso Rose, interessata a voler ascoltar l’amico.
“Nulla punizione ma…” mi guardò come se avessi appena commesso un crimine e mi ricordò subito lo sguardo di mio padre, ogni volta che salivamo in macchina dopo essere usciti dalla centrale. Strinsi le mani in pugni, prima di “Che ho fatto mo’?” domandare.
“Nulla, solo che hai parlato col diavolo.”
“Se vuoi parlarci, sappi che dovrai darmi minimo cinquecento euro. E’ raccomandabile, credimi, fa tutto quello che gli ordino. Vuoi tipo ammazzar qualcuno?” chiesi scherzando cercando di alleggerir l’umore del ragazzo seduto affianco a me.
“Guarda che non sei divertente, Jess.”
“E adesso mi copi pure le battute!” sorrisi esasperata, mentre Rose rideva e il volto del biondo rimaneva pericolosamente serio. Che cazzo avevo fatto ora?
“Hai parlato con Gilmore.”
“Chi è sto tizio?”
“Ben, alto, muscoloso, fotocopia di Zac Efron, ti ricorda qualcuno?”
“Ahhh quel tizio,” risposi facendo mente locale al ragazzo che avevo fatto cadere che poi manco ci credevo riguardo la caduta, ma vabbe’.
“A me non sembrava avesse le corna, eh.”
“Be’, ce le ha nascoste dietro la coroncina d’oro stile Angelo Custode.”
“Ah senti, bello. Io qua non voglio far religione…” mormorai, stavolta facendolo ridere per il mio tono troppo newyorkese.
“E’ un coglione.” Ritornò serio improvvisamente.
Mi maledii mentalmente per aver scelto un amico lunatico tanto quanto Jake e Cla. Alzai gli occhi al cielo sbuffando per poi “Mica sei geloso, Bieber?” sentir da parte della mia amica.
“Io, geloso? Per favore, Rose. Ti ci metti già di prima mattina a dir le cazzate?”
“Può da…”
Il suono della campanella ci interruppe mentre il prof iniziava già a spiegare.
Solo allora notai la classe riempita, e una fitta allo stomaco causata dalle parole di Justin.
Non era geloso di me, e sembrava così sincero mentre lo diceva. E se qualcuno non è geloso, significa che quella persona non conta niente. Ed era così? Davvero non contavo nulla per Justin.
A differenza di Jake, lui non se ne importava mentre il mio migliore amico in quella situazione, invece di star a dirmi di non vederlo, sarebbe corso da lui rompendogli il setto nasale con un solo pugno, urlando a squarciagola di lasciarmi stare e non avvicinarsi più a me. E in quel momento mi sarei sentita in imbarazzo, ma poi ci avrei ripensato capendo che con lui mi sentivo protetta e fuori dai guai quando poi ero sempre io a cacciarlo in essi.
Abbassai lo sguardo sul libro notando una pallina di carta sulla pagina, alzai gli occhi cercando qualcuno che mi guardasse, capendo chi me l’aveva inviato ma tutti erano attenti alla voce del professore.
Dopo anni, riuscii ad aprirlo e trovandoci una scrittura carina.
Non voglio che ti faccia soffrire. xx
Chi poteva essere se non Justin? Lo guardai e lo trovai a fissarmi serio. Così presi in mano una penna, girando il foglio e
farò attenzione… amore. J
gli passai il foglio che lui lesse velocemente, prima di sorridere. Ne strappò un altro dal quaderno accanto al libro e ci scrisse sopra.
Mi girai verso la cattedra e notai che non avevo capito niente da quando ci ero appena entrata. Sbuffai affrettandomi a strappar un foglio anch’io e dopo aver scritto un ‘prendi appunti che non sto seguendo’ lo arrotolai e lo lanciai sul banco della mia amica.
Mi fece un cenno con la testa prima di riconcentrarsi sulla lezione.
Un’ora libera pur restando in classe non mi avrebbe fatto di certo male.
Lessi il messaggio di Justin, e ne rimasi colpita e confusa.
Dopo pranzo, nella tua camera. Ps: non inviarmi bigliettini ;)
Alzai lo sguardo e domandai al prof di poter uscire per il bagno, e mi concessi qualche minuto senza lo sguardo pesante di Justin su di me.
 
“Che ci fai già qui? Io dovrei cambiarmi.”
“Cambiarti?”
“Ho fatto una doccia e ho dimenticato i vestiti qua.” Indicai il letto su cui era seduto e solo allora si accorse.
“Be’, spogliati.”
“Be’, esci.” Risposi imitando il suo tono ma fallendo.
Mi imbronciai mentre mi dirigevo per prendere i vestiti, e una volta presi mi chiusi in bagno.
Ne uscii dopo alcuni minuti, anche se già ero pronta. Volevo far aspettare Justin, come ogni donna si rispetti anche se quello non era un appuntamento.
“Ci hai messo ore, per indossar quello?” mi guardò da capo a piedi, fermandosi sulle gambe in mostra.
“La mia faccia è qui, angelo.” Feci schioccar le dita prima di farlo ridere.
Mi sedetti affianco a lui e “Che devi dirmi?” domandai.




 
spazio autrice:
ciaaaao a tutte, ecco a voi il
capitolo uhuh
alcune ragazze mi hanno chiesto 
quando aggiugevo il perché dell'arresto di
Jess e Jake. 
ebbene, l'ho aggiunto in questo capitolo anche 
perché si trovava in sintonia col fatto che
Jess fosse andata in punizione.
Cosa ne dite del rapporto che c'è tra Jess e 
Justin? E riguardo la gelosia?
Pensate che davvero Justin non tenga a Jess?
Io li trovo fantastici insieme così come il loro legame.
Riguardo la storia di Kate e Jaden... non centra nulla
col fatto che Justin poi si sente colpevole di tutto, anzi,
è tutt'altra cosa. il loro è un argomento a parte, che
ho deciso di aggiungere dopo averci pensato
un po', direi che il capitolo è carino.
Scusatemi se ci sono errori, ma non ho riletto quindi...
mi scuso già da adesso.
Riguardo l'ultimo pezzo del capitolo...cosa pensate le dirà?
quale sarà l'argomento della loro discussione?
fatemi sapere con una recensione.
ringrazio chi sta continuando a recensire e 
rinrazio anche chi lo aggiunge nei preferiti o nelle seguite.
xoxo, angelica.
  
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