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Autore: Destrudo    02/09/2013    0 recensioni
Un' insana amicizia all'insegna dello star bene.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si conobbero e uno di loro capì subito di essere uguale all’altro. Dei due ragazzi, uno era sfacciato, strafottente ed egoista, mentre l’altro era timido, riservato e superbo. Ciò che li accomunava era la malattia: entrambi erano malati e portavano assieme a loro, sin dalla nascita, un bagaglio esplosivo, a cui solo il ragazzo introverso diede la dovuta importanza e meditazione, meditazione che lo portò alla indesiderata e fastidiosa verità per cui, se avesse in futuro voluto rapporti umani, avrebbe dovuto mentire e trattenere il respiro fino alla fine, allo scopo di non rivelare di più sul suo conto. Capì anche che aveva il coltello dalla parte del manico rispetto al coetaneo, del tutto indifferente alla faccenda, fiero del suo marciume interiore. Il ragazzo pensatore conosceva la portata e le possibili conseguenze di quella spirale di corruzione, ma nessuno scrupolo di coscienza lo frenò dal non avvertire della condanna, anche solo in parte, la sua nuova amicizia. Quello del ragazzo fu un semplice esperimento empirico, che avrebbe valutato se fosse stato fattibile convivere con la reggenza di una perversione tanto acuta tra la gente comune. Il risultato fu disastroso: ben presto il ragazzo prepotente smarrì la sua sicurezza e si trovò solo, non voluto, respinto dal branco. Carico della delusione di un suo simile, l’altro ragazzo, ancora a carte coperte, cominciò a insabbiare sé stesso, nascondendosi dietro murate pronte a cedere. Finse, e finse tanto da quel momento, che quasi si abituò all’idea di essere ciò che lui stesso aveva creato: un’altra persona. Nonostante il costo di questa scelta, sebbene quel tornado fosse stato domato con successo, il ragazzo si stancò e cominciò ad ardere d’invidia nei confronti dell’assassino catturato, che oramai, scontata la pena di una vita di dolori e ripensamenti su sé stesso, aveva trovato finalmente la pace. No, non poteva finire così anche per lui, non lo avrebbe permesso. Lui aveva letto interi libri dedicati all’argomento, aveva un posto di lavoro che gli garantiva la minima dose giornaliera di riflessione, una moglie che soddisfava le sue pulsioni superficiali; non poteva accadere lo stesso… in effetti non poteva trovare la pace anche lui. Avrebbe mentito, sempre, a sconosciuti, conoscenti, vicini, amici e parenti, tronfio della sua malata diversità. Da medico qual’era, ambiva a definire egoisticamente il proprio concetto di malattia, affinché lui non ne fosse racchiuso. Non solo si sarebbe scagionato, ma avrebbe anche contribuito a perfezionare ed aggiornare lo scibile. Male che fosse andata, sarebbe rimasto pur sempre un filosofo degno di lode, sicuro del proprio ideale, morto per esso. Ma stava perdendo la lucidità, e la gabbia era divenuta troppo piccola per quel cumulo di incontinenza umana. Ben presto, il campo su cui coltivò la sua sfrenata e illegale moralità si sarebbe pietrificato, irrigato da una pioggia di rose straripanti di spine.
  
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