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Autore: _Lince_    03/09/2013    0 recensioni
Tratto dal Capitolo 2:
Dal giorno del loro secondo incontro, Aria non faceva che pensare a quel ragazzo. Aveva finalmente provato quelle sensazioni. Però doveva esserne sicura. Aveva già attuato un piano, per testare i suoi valori e la sua generosità, inoltre aveva notato che il ragazzo che la aveva tirata fuori dal tombino girava sempre con la sua bicicletta verde, dietro il gruppo del fratello. La banda di bulli aveva un punto di incontro, che si trovava in un bar poco distante da lì. Il primo punto del piano era recarsi esattamente lì.
Genere: Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~Capitolo 1~
Le luci di quello stadio la stavano accecando, ma si stava divertendo tantissimo.
La musica le rimbombava nella testa, le faceva battere forte il cuore, mentre il terreno vibrava. Conosceva quella canzone e cantava. Ogni tanto notava qualche persona che si girava a guardarla. Non ne capiva il motivo e continuava imperterrita a cantare. La musica cessò, ed un componente della band iniziò a parlare. Aria non aveva sentito bene ciò che il cantante aveva detto, si limitò ad urlare come tutto il resto della platea fece.
La luce del proiettore girovagava tra la folla, fino a quando non intercettò la nostra protagonista, che fu inondata di luce. La folla iniziò nuovamente ad urlare. Aria si girò verso un ragazzo che aveva affianco e gli chiese che doveva fare. Doveva salire sul palco. Panico totale. Aria si alzò e dopo un lungo tratto di camminata, sempre osservata da migliaia di occhi, salì sul palco. Applausi. C’era uno sgabello in mezzo al palco. Il cantante le disse di sedersi. Si sedette e la musica iniziò. Era una di quelle canzoni così sdolcinate che ti facevano arrossire al solo ascolto, figurarsi quando la band la cantava e dedicava a te. Aria abbassò la testa e iniziò a fissare i suoi pantaloncini lillà, con il viso in fiamme e un sorriso da ebete sulle labbra. A fine canzone non sapendo che fare, si fece autografare le braccia e le gambe, per poi andarsi a sedere, nel posto precedente. Dopo quell’esperienza sentiva la testa che le girava, perciò se ne andò prima della fine del concerto.
Camminava per la strada, in preda a pensieri di ogni tipo. Quando tornò a casa si sedette sul letto e iniziò a pettinarsi i capelli, canticchiando la canzone dolce che le avevano dedicato. Si addormentò pensando che non aveva ancora trovato quello giusto.
Aria si svegliò di buonumore, come ogni mattina. Doveva andare a lavoro. Ogni giorno percorrere il tratto di strada che la separava dalla fermata del tram era un pericolo, perché il quartiere in cui si trovava il suo condominio era tra i più malfamati. Avrebbe voluto trasferirsi in un’altra zona, ma non aveva ancora avuto la possibilità di esaudire quel desiderio. Faceva un lavoro che la metteva in contatto con altre persone, e questo, per quelli come lei, era un  vantaggio ed un bene. Consegnava le pizze a domicilio, con una bicicletta a fiori molto carina. Non era necessario vestirsi in modo grazioso, perché indossava l’uniforme. Era gialla e rossa, e in testa aveva un’enorme pizza margherita. Indossava l’uniforme solo quando era nell’edificio in cui lavorava, indossarlo per andare a prendere il tram avrebbe attirato l’attenzione, cioè avrebbe attirato pericoli e problemi come se lei fosse il miele e loro le api. Di solito metteva il costume dentro una valigetta, ed usciva come se niente fosse. Mise una semplice maglietta grigia, dei jeans, delle converse e una giacca blu, con il cappuccio. Pettinò i lunghi capelli biondi e uscì. In strada si mise il cappuccio della giacca. Aveva sempre paura di attirare l’attenzione a causa dei suoi capelli molto  chiari. Percorse il tratto di strada senza problemi, arrivò al tram e le chiavi di casa le caddero di mano. Fece per inchinarsi, quando sentì una brusca frenata e un ragazzo, velocemente com’era arrivato, le raccolse le chiavi e gliele porse. Le prese, poi senza lasciarsi ringraziare, sfrecciò sulla sua bici verde. Aria rimase ferma a fissare la chioma bionda tagliata in modo strano di quel ragazzo. Ricordò i suoi occhi, verdi e chiarissimi, che aveva incontrato per pochi secondi prima che se ne andasse. Quello era il fenomeno che molti chiamavano “fulmine a ciel sereno”, solo che lei non se ne era ancora accorta.
La giornata passò esattamente come le altre, solita routine e soliti clienti. L’evento avvenuto nella fermata del tram aveva messo in uno stato confusionale la povera testa bionda di Aria, che svolgeva il suo lavoro con in mente quell’unico pensiero fisso.
Ogni giorno era sempre lo stesso, non riusciva mai a trovare la persona che stava cercando, provava a fare di tutto, ma le tipiche sensazioni che si sentono quando si trova quello giusto non arrivavano mai. Aveva incontrato tanti tipi di persone che potevano essere quelle opportune: da quelli altruisti e generosi, a quelli onesti e sinceri, aveva incontrato persone timide ed introverse, con un mondo dentro da scoprire, e aveva incontrato quelle figure simpatiche e che ti danno sempre il giusto aiuto. Ma niente. Lei non aveva sentito niente. Aspettava, ma ogni giorno era sempre costretta ad osservare quel maledetto orologio che stava nell’ultimo cassetto del comodino. Aria sentiva i secondi che passavano, portandosi via minuti, ore e giorni. Non poteva aspettare ancora, doveva agire. Non aveva mai provato quello che stava per fare, ma se non voleva morire, doveva tentare.
Era una serata estiva particolarmente fredda. Una vecchia signora, ricurva su se stessa, si aggirava completamente sola in quei bui veicoli pericolosi. Era vestita di scuro, le rughe le coprivano il volto, quasi nascondendo due magnifici occhi azzurri, i capelli erano bianchi, quasi luminosi, coperti per gran parte da uno scialle blu a fiori. Tirò fuori da una tasca della veste, un barattolo di latta, con qualche moneta dentro. Si sedette a fatica per terra e poggiò davanti a lei la lattina. Iniziò a recitare una specie di cantilena: -Soldi, soldi, soldi per una povera vecchia…Soldi, soldi, soldi per una povera vecchia…- Continuò così per circa 10 minuti, con la sua voce roca e stanca che rimbombava tra le strette pareti di quel veicolo, fino a quando non sentì delle risate, il rumore di passi e un forte odore di fumo.
-Ciao nonna.- la canzonò uno di quei ragazzi.
-Sei in cerca di soldini?- disse ridendo un altro, mandandole un’alitata di fumo in faccia.
La vecchietta alzò lo sguardo su un ragazzo biondo, molto simile ad un tale che aveva incontrato poco tempo prima. Finalmente anche lei parlò: -Si cari ragazzi…- Non finì la frase, che il ragazzo che stava osservando diede un calcio al suo barattolo di latta, disperdendo tutte le sue monetine. Quel ragazzo iniziò a ridere e diede un calcio anche alla povera vecchia, che stava rannicchiata contro il muro, terrorizzata. Il ragazzo biondo si chinò dicendo: -Mi scusi brutta vecchia, ma questo scialle glielo prendo in prestito.- cosi dicendo le strappò lo scialle dalla testa, se lo mise e fece una brutta imitazione della vittima. Evidentemente quel bullo non si era ancora stancato quindi, sotto le grosse risate degli amici, si riavvicinò alla vecchia. La osservò e notò un luccichio nel collo rugoso. Strappò la collana dell’anziana signora, una delle cose più care che ella avesse al mondo. Questa volta  la signora non ebbe la reazione che tutti si aspettavano. Si alzò con molta più agilità e pian piano, le rughe scomparirono, lasciando una pelle perfetta, e due occhi stupendi, che mandavano occhiatacce a tutti. I capelli le si allungarono fino alla vita e cambiarono colore, dal bianco divennero biondi. Il seno rimpicciolì, come la sua vita e il suo bacino. Il vestito le stava grande, ma Aria non ci fece caso.
-Ciao tesoro, vuoi ancora prendertela con me?- Disse accarezzando il viso del ragazzo che la aveva maltratta, ma che ora aveva uno sguardo terrorizzato. Il tono di voce di Aria non era per niente dolce, al contrario, era sarcastico e minaccioso. Strappò di mano la collana al ragazzo e la rimise, e così fece anche per lo scialle.
-Ho solo un paio di paroline da dirti. Incontrerai una ragazza, la amerai come niente al mondo, lei non si accorgerà nemmeno della tua esistenza, perché amerà un altro ragazzo e tu non potrai farci niente. Morirai vecchio, triste e solo. Bene ora puoi andare.- questa volta Aria sorrise, minacciosa, soddisfatta, e con una nota di divertimento nei suoi occhi.
Non era la prima volta che Aria lanciava una maledizione. Era capitato altre volte, con alcune sue compagne. Non capivano ciò che aveva bisogno? Era la domanda persistente di Aria, fin quando riuscì a darsi una risposta: Non ho di certo bisogno di loro. Così aveva lanciato una maledizione. Sapeva che poteva farlo, quelli come lei riuscivano a fare tante cose, sia belle che brutte. Quando si arrabbiava faceva le cose di impulso, però ripensandoci dopo, si rendeva conto di quanto fosse stato stupido quel gesto. Lo ritenette per ogni azione cattiva che fece, tranne per l’ultima. Quel ragazzino la maledizione se l’era meritata. Finalmente una delle sue giornate aveva un pizzico di diversità, ed era sicura che anche le altre sarebbero state così.
Un bambino, che aveva circa 5 anni, si aggirava tutto solo in mezzo alla strada, con un gigantesco lecca-lecca in mano. Indossava una salopette rossa e una maglietta verde mela. In più aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri.  Tutti quei colori così sgargianti avrebbero attirato sicuramente l’attenzione di qualcuno. Il bimbo aveva perso la sua mamma, e chiedeva aiuto in giro. Era quasi un suicidio aggirarsi da solo per quel quartiere, soprattutto di notte. 
“Oh no, non di nuovo” pensò Aria, vedendo arrivare la banda di fumatori della scorsa volta. Aveva promesso a se stessa che non avrebbe agito d’impulso.
-Guardate chi c’è! Ciao bimbo, che cerchi?- disse avvicinandosi quella canaglia bionda. Aria era sicura che lui fosse il capo della banda.
-La mia mamma- disse Aria con la voce del bambino, piagnucolando, mentre una lacrima scendeva sulla sua guancia paffuta.
-Se vuoi ti aiutiamo noi- disse il biondo con una voce premurosa, fin troppo per essere vera. Così dicendo lo prese in braccio. Sembrava davvero volerla/o aiutare, magari non era così male dopotutto. Camminarono per un po’ fin quando si fermarono.
-Ho ritrovato la tua casetta. Guarda.- pronunciate quelle parole mise il bambino/Aria dentro un tombino.
-Ciao piccolo.- disse ridendo assieme ai suoi amici. Fece una tirata alla sua sigaretta e se ne andò, sempre con un sorriso beffardo sul volto. Questa volta Aria era davvero arrabbiata. Strinse i pugni sulla salopette e alcune lacrime di rabbia iniziarono a scendere dalle sue guance. Ad un tratto si sentì tirata su da qualcuno. Si girò e vide il ragazzo che un giorno le aveva raccolto le chiavi da terra.
-Cerca di non riperderti mai più, okay?- disse. Aria si accorse della straordinaria somiglianza con quel bullo, e pensò che fossero fratelli. Lui era leggermente più alto. Aveva un aspetto da “cattivo ragazzo” con alcuni tatuaggi qua e là, i capelli biondi tagliati in modo strano e gli occhi verdissimi, che aveva già notato il giorno del loro primo incontro. Il fratello bullo invece sembrava uno di quei bravi ragazzi che si vedevano nei college prestigiosi. Erano la prova vivente di quanto l’apparire, a volte, nasconda quello che c’è dentro. Aria balbettò un si e svoltò l’angolo, girandosi solo alcune volte per rivedere quel ragazzo.
Ne era sicura, lui era quello giusto.
  
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