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Autore: Unicornfever13    03/09/2013    3 recensioni
Al termine della scuola superiore, Brittany e Santana si trasferiscono a New York dove convivono in un delizioso appartamento; frequentano l'università dei loro sogni e affrontano una quotidianità idilliaca in cui sono finalmente in grado di potersi amare senza il timore di infrangere quel sentimento che ha condotto il loro cuore fin dal principio. In seguito alle avversità e ai momenti di oscurità vissuti, la loro vita non è mai stata così perfetta; ma ciò non significa che l'avventura sia effettivamente conclusa, piuttosto appena iniziata. Affiancate dalla sincera amicizia che li lega agli ex membri del glee club continueranno a percorrere il loro sentiero senza essere consapevoli che il fato riserverà loro un fatto davvero speciale, al di fuori dell'ordinario e che sconvolgerà per sempre le loro esistenze.
Long con accenni di Quick, Finchel e Klaine.
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Ciao a tutti! Come sempre vi chiedo scusa a causa del ritardo con cui aggiorno, ma sono felice di annunciarvi che in questo capitolo avverrà il primo incontro con April. Ringrazio immensamente chiunque legga e recensisca e spero che mi facciate sapere ciò che ne pensate.  :)
 

 A little brave girl.

La poliziotta con la pelle color ebano stava parlando con loro da qualche ora o forse più senza che riuscissero ancora a capacitarsi della situazione. Brittany e Santana avevano perso la cognizione del tempo e continuavano a lanciarsi sguardi confusi e provati angustiate nelle poltrone di pelle del piccolo ufficio. La donna sedeva all’altro capo della scrivania e le scrutava attentamente con i suoi occhi scuri, attendendo pazientemente una qualsiasi reazione. Brittany aveva le labbra increspate e gli occhi lucidi. Singhiozzava silenziosamente e tentava di nascondere il viso corrucciato poggiandosi una mano tremante sulla fronte pallida. Santana si sentiva terribilmente a disagio e non sapeva come reagire. Era sopraffatta dalle emozioni contrastanti che le attanagliavano lo stomaco e le impedivano di proferire parola. Posò una mano sulla sua spalla e l’accolse tra le sue braccia cullandola impercettibilmente. “Grace Pierce, figlia di Olive e Greg Hoffman, è deceduta una settimana fa in un incidente d’auto. S’ipotizza che il suo attuale compagno Jason la stesse seguendo, quando un camion e sbucato improvvisamente nella strada buia tamponando la sua auto. Purtroppo il camionista e la donna sono deceduti sul colpo, mentre il compagno si trova in stato comatoso. Sul luogo dell’incedente però era presente anche Caleb, un ragazzo minorenne alla guida di un altro mezzo che si trova attualmente al riformatorio per aver aggredito Jason. Ci ha confessato di averlo percosso solo per evitare nuovamente una situazione di violenza domestica. Purtroppo però la sua testimonianza non è in grado di scagionarlo dall’accusa a cui è stato sottoposto, perché è necessario attendere che Jason si risvegli dal coma rivelandoci la sua versione dei fatti. In ogni caso Caleb era il fidanzato di April, la figlia quindicenne di Grace, che è sopravvissuta all’incidente perché non si trovava nell’auto durante il tamponamento. Ovviamente dopo aver assistito alla morte della madre si trova sotto shock e viene seguita costantemente da un team di medici e psicologi. Abbiamo atteso che la ragazza si stabilizzasse prima di mettervi al corrente; infatti una volta giunta in centrale si è chiusa in se stessa rifiutandosi di parlare ed essere sfiorata, per cui neanche lei potrà fornirci a breve la sua testimonianza. Il nostro tempo a disposizione è esaurito e April ha bisogno di una casa in cui vivere dato che ogni parente a parte lei signorina Pierce è deceduto. Grace non era legalmente sposata e conviveva con Jason che non è il padre biologico di April. Dopo aver eseguito una ricerca abbiamo scoperto che l’uomo in questione risiede in una prigione ad Atlanta in cui dovrà passare i prossimi vent’anni. Per cui se accettasse di divenire la tutrice legale di April dovrà prendersene cura per i prossimi  sei anni e solo allora sarà esentata da qualsiasi responsabilità legata a quest’ultima.” La gola di Brittany si fece improvvisamente secca. “I-I-Io non c-capisco ...” Balbettò con un filo di voce. “Tutta la mia famiglia è scomparsa per colpa d’incidenti d’auto e …  e ora dovrei fingere che non sia accaduto nulle e prendermi cura di una ragazzina che ha appena perso la madre?” Domandò alzando la voce. Sgranò gli occhi turchesi sopraffatta dal timore e dalla richiesta. La poliziotta annuì. “Capisco che l’intera vicenda possa sembrarti troppo sia da accettare che da … affrontare direi, ma dopo tutto, pur avendoti conosciuta solo ora, potrei giurare di avere di fronte una ragazza davvero forte. Non sembri una che si lascia abbattere dalle avversità. In ogni caso non volevo sembrarti fredda, ho tre bambini e il sol pensiero che possa accadergli qualcosa di male mi ferisce, se dovessi prendere una decisione simile mi sentirei molto provata, ma sono legalmente obbligata a seguire il protocollo.” Disse con voce calma. Brittany tirò su col naso. “Ha ragione.” Le sussurrò Santana tentando di rassicurarla. “Scusi io … sono solo disorientata e … sorpresa.” Sospirò alzando le spalle. “Ero all’oscuro della presenza di Grace a New York e … mi addolora e spaventa allo stesso tempo apprendere così la notizia.” Concluse abbassando lo sguardo con la voce incrinata. “ Brittany”- la richiamò con uno sguardo gentile-“non devi accettare per forza la nostra offerta. April verrebbe trasferita in una casa famiglia per cui non sarebbe comunque sola.” “Sì, ma sarebbe consapevole di essere stata abbandonata una seconda volta dalla sua stessa famiglia nel momento del bisogno … Io … non potrei mai permetterlo.” Ribatté con un filo di voce. La poliziotta sorrise. “Mi pare che tu sia anche molto sensibile e altruista; in altre parole qualità perfette per instaurare un ottimo rapporto di fiducia. Sei tagliata per divenire un’ottima madre.” Nonostante un peso opprimente fosse calato su entrambe, Santana le sorrise stringendole la mano. Brittany alzò lo sguardo e le sorrise debolmente. “Penso anche che non sarai assolutamente sola in questa impresa.” Insisté la donna con un sorriso sincero rivolgendosi a Santana. “Rimarrò al tuo fianco qualsiasi scelta compirai.” La rassicurò carezzandole la superficie della mano con il pollice. Brittany si appoggiò allo schienale e senza interrompere il contatto visivo con Santana disse con l’accenno di un sorriso sul volto: “Accettiamo … Ci prenderemo cura di lei.”
                                                                                                    
In seguito all’affermazione i ricordi di Brittany si fecero confusi. Dovettero firmare un’enorme quantità di documenti per legalizzare la faccenda, compiere accertamenti e parlare con vari agenti. I colloqui si svolsero sia separatamente che congiunti e in ognuno di questi a Brittany e Santana vennero rivolti  principalmente i medesimi quesiti. Alcuni erano davvero inutili o fin troppo approfonditi. Alla domanda “che rapporto avete con i vicini?” Santana pensò alla signora McGrant e impiegò qualche minuto per trovare una risposta che non la facesse sembrare opportunista, inaffidabile o peggio ancora fuori di testa; mentre al quesito “in quale lato del letto è solita dormire?” fu costretta a compiere un respiro profondo per evitare di lanciare qualcosa in faccia al poliziotto o riempirlo d’insulti degni di Lima Heights. Mancava poco che le chiedessero ogni quanto andasse al bagno durante il giorno o con quale regolarità avesse dei rapporti con Brittany. Inoltre alla vista delle due ragazze gli agenti più giovani arrossirono intimiditi dimostrandosi dei veri idioti. Non fecero altro che far cadere a terra i documenti (uno perfino la pistola), inciampare nel vano tentativo di raccoglierli e scusarsi ridacchiando imbarazzati.
Quando riuscirono a concludere l’interminabile certificazione erano le cinque del pomeriggio, avevano saltato le lezioni del college (non che ne fossero realmente dispiaciute) e non erano ancora riuscite a parlare con la poliziotta della condizione fisica ed emotiva di April (aspetto che a loro parere era il più importante).
“Allora, convivete, siete molto giovani, frequentate attualmente l’Università, avete richiesto di lavorare part time in alcuni locali della zona dopo le vacanze natalizie e dovete occuparvi delle spese domestiche e di un animale domestico con le vostre risorse se non in occasioni particolari in cui i genitori di Santana le offrono un aiuto economico. Avete a disposizione anche il denaro ottenuto dal testamento dei genitori e della nonna di Brittany, ma siamo giunti alla conclusione che la presenza di un nuovo membro sarebbe un peso senza un supporto economico adeguato che vi verrà fornito dallo stato e dal testamento di Grace a cui ora avete acceso dato che April è minorenne. Infatti non avrete a vostro carico solo il sostentamento e l’istruzione della ragazza, ma anche le spese mediche, gli specialisti che hanno il compito di seguirla nel suo attuale stato e la sua assicurazione. Infine non erediterete la casa in cui risiedevano Grace e April perché appartiene a Jason, ma gli effetti personali della ragazza le appartengono e se desidera può portarli con sé a meno che voi non siate d’accordo.” “Perfetto.” Acconsentirono all’unisono. “E April può tenere tutto ciò che vuole.” Aggiunse Santana scambiando un’occhiata d’intesa con Brittany.  In un certo senso l’intera situazione pareva una sorta d’illusione. Soltanto qualche ora prima non erano nemmeno a conoscenza che Grace si trovasse a New York e avesse una figlia. Conversavano felicemente dell’opportunità di avere una famiglia pianificando come sarebbe potuto essere il loro futuro e non immaginavano minimamente che ciò potesse realizzarsi senza alcun preavviso. Avevano paura, erano sopraffatte e confuse, ma almeno avrebbero affrontato tutto questo insieme e niente avrebbe potuto fermarle.  
“Mi dispiace tanto Britt.” Sussurrò Santana senza lasciarle la mano. Probabilmente era l’adrenalina a impedirle di imprecare o gridare in preda al panico senza sapere come venire a capo alla situazione: insomma diventare genitori non è uno scherzo, tantomeno se il figlio non è tuo, ha quindici anni, ha appena perso la madre e si trova sotto shock. Forse l’entusiasmo nel volerla aiutare le aveva fatto dimenticare che era un totale disastro in materia. Nonostante tenere Beth si fosse rivelata un’esperienza meravigliosa, ora non era più così sicura delle sue abilità. La sala d’attesa era ricolma di persone che non facevano altro che camminare nervosamente da un capo all’altro della stanza, parlavano al telefono, discutevano animatamente tra loro o sedevano pazientemente attendendo di parlare con un agente. “Sono terribilmente spaventata e so che lo sei anche tu anche se cerchi di nasconderlo, Sannie.” Le sorrise stringendole affettuosamente la mano. “Sei carina quando ti mangi le unghie. Sembri uno scoiattolo che divora le sue noccioline.” Santana sorrise timidamente abbassando lo sguardo. Come se fosse stata appena scoperta. “Sono molto più che terribilmente spaventata, Britt.” Confessò. Sorrisero rivolgendosi un tenero sguardo con il quale furono in grado d’intendere molto più di quello che le parole erano in grado di esprimere. “Non riesco a credere che tutto questo sia reale. Sto ancora aspettando di svegliarmi nel nostro letto e parlare di quanto sarebbe fico avere una famiglia tutta nostra.” Aggiunse appoggiando il capo sulla sua spalla. “Forse però bere otto caffè non ha aiutato.” Concluse Brittany strofinandole delicatamente il naso sulla guancia. “Concordo.” Bisbigliò Santana. “Anche se un po’ di alcol non sarebbe male.” Brittany si accigliò. “Alcol in una centrale di polizia? Accoppiata perfetta.” “Se fosse vodka non se ne accorgerebbero, potremmo raccontargli che è acqua e non sarebbe una vera  e propria bugia. Lo sai che in Russia tale parola significa acqua? Così ha detto Rachel. Non che la stessi ascoltando.” Si affretto a precisare. “Oh sì e all’alcol test che raccontiamo?” “Credimi se ascoltasse l’intera storia ci lascerebbe bere in pace senza farci tante paranoie.” Brittany rise gettando il capo alle spalle contagiando anche Santana.
 
 “Vorrei vederla e sapere come sta.” Le rivelò. Brittany annuì mordicchiandosi il labbro. Entrambe stavano pensando alla medesima cosa senza avere il coraggio di pronunciarla ad alta voce. Forse era a causa del timore e del senso di colpa, ma in fondo non desideravano altro che la sua felicità e salute. Era qualcosa d’istintivo e non superficiale. Non volevano rimpiazzare Grace ma prendersi semplicemente cura di lei e amarla come una figlia. Vorrei che diventassimo una famiglia di quelle che si amano, ridono, scherzano, si confortano, si divertono, crescono insieme, passano insieme il weekend, guardano le partite di football in tv e cucinano i piatti tipici durante le festività. “Hai presente quando vuoi andare a tutti i costi su una giostra perché sei certo che sarà divertente, ma sul punto di salirci ci ripensi e inizi ad avere paura?” Le domandò Brittany. Santana annuì. “Beh ora ho scelto di salirci senza avere alcun ripensamento, perché penso che quando si parla d’amore ne valga sempre la pena.” Santana sorrise e percepì all’istante il formicolio dell’ansia comprimerle lo stomaco. Quella sensazione che si prova quando si attende qualcosa di speciale e non quando si ha timore. Si sentii improvvisamente più sicura. “Abbiamo giurato di amare per sempre April e diventare la sua nuova famiglia.” Prese un respiro profondo e continuò. “Ma con te al mio fianco penso che nulla sarà in grado di fermarmi. Trovo che tu sia capace di tramutare l’impossibile in qualcosa di magico e … reale.” Concluse con un sorriso sghembo. Brittany le depose un bacio sulla guancia. “Ti amo tantissimissimissimo Sannie.” Disse in un sussurro ovattato tra i suoi capelli corvini. “Anch’io Britt.” Rispose profondamente fiera di lei.
“Lopez Pierce, siete richieste nel mio ufficio.” Le chiamò l’agente sporgendo il capo dalla porta. A Brittany ricordò vagamente la coach Sylvester. Si alzarono fin troppo rapidamente raggiungendo la donna in un istante. “Vi prego chiamatemi Carole.” Annuirono. Le fece nuovamente accomodare sulle poltroncine scusandosi per l’estenuante attesa. “Alcuni agenti sono dei veri idioti.” Borbottò. Si scambiarono un’occhiata divertita. “Sono certa che abbiate avuto modo di vederlo con i vostri occhi, ma ora non è importante.” Disse visibilmente irritata. “Siamo qui per parlare di lei.” Si schiarì la voce e cominciò. “ La notte dell’incidente, April scese dalla macchina di Grace poco istanti prima del tamponamento attendendo sul ciglio della strada che la raggiungesse dopo aver costeggiato il mezzo. Non sappiamo ancora per quale motivo avessero deciso di fermarsi. In quel frangente come ben sapete, Grace è deceduta insieme al camionista e Jason nel tentativo di sterzare è finito contro il guardrail. Caleb invece grazie alla debita distanza è stato in grado di fermarsi. Non presentava lesioni legate all’incidente, ma del sangue e qualche ferita dovute allo scontro avvenuto poco prima con Jason. April, secondo la testimonianza di un uomo che usciva dalla tavola calda di fronte alla strada e quella di Caleb, dopo aver assistito allo scontro è corsa verso il mezzo della madre e ha tentato di salvarla estraendola dalle lamiere, ma era già morta sul colpo. Si è procurata solo qualche ferita superficiale alle mani e al viso e al momento del soccorso ha dichiarato ai medici di non aver subito urti o lesioni perché non era nell’auto durante lo schianto. Così non le hanno effettuato lastre, analisi o controlli fisici, ma si sono occupati di medicarle semplicemente le ferite superficiali.” “Hai detto che ha parlato ai medici?” Domandò Brittany. “Sì, quando gli agenti sono giunti a soccorrerle lei gridava e si rifiutava di lasciare il corpo della madre, poi però l’hanno trasportata con forza nell’ambulanza dove ha rapidamente dichiarato la sua condizione fisica e dove si trovasse poco prima dell’accaduto, per poi lasciarsi medicare e chiudersi in se stessa. Da quel momento in poi non ha più pronunciato una parola, toccato cibo e nessuno è stato più in grado di sfiorarla senza che fosse soggetta a un attacco di panico seguito da violente convulsioni. Gli psicologi e i medici hanno presupposto che sia una tipica reazione che si manifesta in seguito a violenti traumi che comprendono la perdita di un familiare, per cui l’unica soluzione si è dimostrata fornirle trattamenti psichici ed emotivi e svariati incontri quotidiani con una consulente. Una settimana non è stata sufficiente per determinare evidenti miglioramenti e sono stati costretti a nutrirla artificialmente con una flebo. Ciò che ci preoccupa maggiormente è il fatto che sia caduta in depressione e ci nasconda probabilmente gran parte della storia. Quando l’accoglierete a casa vostra, anche se vi preavviso che sarà piuttosto snervante, sarete circondate almeno per i primi tempi, da medici, psichiatri e Corinne, la sua attuale psicologa.” Entrambe annuirono. “Infine, ha saltato quasi due settimane di scuola e date le sue condizioni, la sua istruzione è temporaneamente sospesa in attesa della sua ripresa. Quando giungerà l’occasione, studierà in casa e ed effettuerà corsi di riabilitazione con altri ragazzi della sua età che si trovano in simili condizioni.” Spiegò loro con un sorriso triste. “Non dovrei dirvelo, ma ogni giorno chiedo ai medici sue notizie. Capisco cosa significhi perdere una persona che si ama e sono molto felice che abbiate accettato di aiutarla.” Sospirò trafficando con alcuni cartelle sparse sulla scrivania disordinata. Entrambe sorrisero timidamente. “Questi sono i suoi documenti.” Li offrì a Santana che aprì la cartellina facendo in modo che anche Brittany riuscisse a leggere le informazioni. April era nata il trenta di aprile, si era rotta il polso sinistro quando aveva quattro anni e frequentava la scuola pubblica che distava all’incirca poco più di un’ora dalla loro casa. I suoi voti erano piuttosto bassi e passava gran parte del tempo in detenzione a causa dei numerosi richiami ricevuti durante le lezioni. Secondo le note emergeva che non riuscisse a mantenere costante la sua attenzione in classe. Soffriva di dislessia e l’aveva scoperto soltanto all’inizio del liceo, per cui i professori avevano scritto una lettera a Grace in cui la invitavano a rivolgersi a un esperto, consiglio che risultava non essere stato seguito. Faceva parte della squadra di nuoto e aveva vinto vari trofei arrivando prima, poi purtroppo il rendimento scolastico non le aveva reso possibile continuare. “Se volete vederla posso portarvi subito all’ospedale.” Brittany e Santana si scambiarono uno sguardo d’intesa e annuirono con evidente entusiasmo e trepidazione seguendola lungo il corridoio affollato che progressivamente divenne sempre più spazioso e luminoso. “Quando verrà a casa con noi?” chiese Santana. “Oggi è lunedì, per cui penso che entro la prossima settimana avverrà il trasferimento, ma dovremmo chiederlo agli esperti con cui dovrete ovviamente condurre un colloquio privato tra poco.” “Le avete parlato di noi?” Aggiunse Brittany. “Sì, mi pare che sia stata informata della possibilità del suo trasferimento, ma non credo sappia che abbiate accettato.” Spiegò sinteticamente. Carole si fermò di fronte a una porta blindata, estrasse una chiave dalle tasca della divisa blu scuro e una volta inserita la girò rapidamente nella toppa. Quando la serratura produsse uno spettrale click avanzò oltre la soglia con passo fermo e salutò con un cenno degli agenti intenti a discutere animatamente. Si trovavano in un garage ricolmo di auto blu e nere del NYPD. A causa della sua modesta statura, quando Santana passò loro vicino le parvero alti e spessi quanto armadi. Comprese finalmente come Rachel dovesse sentirsi ogni volta al loro cospetto e si lasciò sfuggire un sorrisetto sotto ai baffi. Carole continuò ad avanzare e indicò loro una vettura. Si accomodarono nei sedili posteriori e si prepararono psicologicamente al fatidico incontro.
 
Fin da quando era una bambina Brittany odiava profondamente gli ospedali. Gli sguardi malaticci dei pazienti la mettevano a disagio, mentre quelli dei dottori le facevano dubitare della sua stessa salute. Ricordava perfettamente quella volta in cui si era recata in un ospedale in Ohio con sua nonna Olive per un prelievo. Nella sala d’attesa aveva letto su un cartellone appeso al muro tutti i sintomi di un virus letale e si era convinta di averlo contratto. L’infermiera continuava rassicurarla del contrario sorridendole eccessivamente, ma lei si era spaventata così tanto da non riuscire a crederle. La reputava terribilmente falsa. Voleva parlare con sua nonna Olive prima di morire, ma la ragazza non le permetteva di entrare nella stanza dei prelievi, così le diede un morso e si intrufolò oltre la soglia per raggiungerla. Appena vide la siringa infilata nel suo braccio pallido si sentii male e diede di stomaco sul camice dell’irritante ragazza che imprecò infuriata.
Brittany si distolse dai suoi pensieri nel momento in cui un vecchio dottore si presentò stringendo loro le mani. Con riluttanza sciolse la stretta con quella di Santana. Lo seguirono lungo un interminabile corridoio mentre Carole si congedò a causa di una chiamata d’emergenza ricevuta dal distretto proseguendo nella direzione opposta. Osservarono il loro riflesso lungo le vetrate a specchio tenendosi costantemente per mano, come se fosse una sorta di talismano contro la paura e giunsero in un reparto brulicante di addetti in camice bianco che sedevano di fronte a dei computer. Alcuni invece erano occupati a consultare dei documenti delle cartelle cliniche dei pazienti. L’ambiente era piuttosto spoglio ed eccessivamente illuminato dalle luci al neon posizionate strategicamente nel soffitto. Erano accecanti. All’estremità del corridoio si trovavano svariate camere, ciascuna con una propria vetrata. Alcune erano state oscurate con l’ausilio delle tapparelle in modo tale da creare privacy. Lo specchio questa volta però era all’interno cosicché i visitatori potessero assistere a ciò che avveniva nella stanza senza essere notati dai pazienti. “Come vi dicevo,  April sta perdendo peso. Non riusciamo a farla mangiare e impieghiamo delle procedure cliniche come le flebo. Non sappiamo bene come operare, perché trasferirla in un altro luogo nella sua attuale condizione potrebbe risultare critico.” Il dottore rivolse loro uno sguardo pensieroso. “Nel frattempo è necessario che parliate anche con Corinne, la psicologa che segue la ragazzina e tenta di stabilizzarla. È davvero molto complesso combattere la depressione nei pazienti in lutto, soprattutto se hanno assistito in maniera diretta al loro decesso. Senza considerare la perdita di peso, sono lieto di informarvi però che a livello fisico non ha subito lesioni. La sua salute è cagionevole solo per cause emotive.” “Prende dei farmaci?” “Ovviamente sì, le vengono somministrati degli psicofarmaci contro la depressione.” Rispose con una voce calma e sicura che gli donava un’aria eccelsa. “Vi assicuro che April supererà il trauma e potrete vederla sorridere di nuovo. È davvero forte.” Le rincuorò con un sorriso sincero. “Faremo tutto ciò che in nostro potere per permetterle di essere felice.” Affermò Brittany. “Mi fa molto piacere; ora però lascio la parola alla mia collega Corinne che vi parlerà di come gestire i suoi attacchi di panico, le convulsioni e il silenzio, inoltre vi indicherà come somministrarle i farmaci e instaurare un rapporto con lei.” Indicò loro una donna con uno stomachevole caschetto biondo platino che stava inveendo contro un addetto visibilmente irritata. Brittany e Santana si diressero verso di lei persuase dell’idea che a volte l’apparenza pregiudica realmente come sia la persona che hai di fronte. “Salve siam-” “Oh lo so chi siete, piacere Corinne.” Le interruppe con una fastidiosa vocetta squillante, stringendo ad entrambe la mano. Lanciò loro un’occhiata di superiorità. Era letteralmente l’opposto di ciò che una consulente sarebbe dovuta essere.“Direi di consegnarvi subito una lista che dovrete assolutamente leggere e studiare se vorrete occuparvi di lei.” Sollevò con visibile sforzo una tonnellata di fogli da un tavolino bianco, per poi depositarli tra le braccia di Santana che gemé in evidente difficoltà. Brittany la soccorse prendendone la metà. Corinne le ignorò. “Ora vi elencherò brevemente come dovrete comportarvi in sua presenza.  Primo: niente contatti. Al minimo sfioramento viene colta da un attacco di panico e si getta al suolo in preda alle convulsioni; per calmarla siamo costretti ad utilizzare degli anestetizzanti istantanei. Secondo: non forzatela a parlare dato che ha adottato l’ausilio del silenzio per chiudersi in se stessa. Ho ipotizzato che come altri pazienti simili, la sua depressione sia legata oltre che al lutto anche al fatto che si senta responsabile della morte della madre. Tre: soffre di disturbi legati al sonno. Quattro: è necessario farla mangiare senza che il tentativo venga interpretato come un’imposizione e ultimo ma non meno importante, non parlate di argomenti riconducibili alla madre o all’incidente. Infine, se avverrà il trasferimento, sarò la consulente legale di April, per cui dovrò parlarle, compiere delle attività finalizzate alla socializzazione e al conforto emotivo. Oh e frequenterà anche dei corsi di riabilitazione.” Santana deglutì tentando di sopportare la sua insolenza. “Vi avverto che non sarà facile.” Aggiunse con uno sguardo carico di sufficienza. Come se avessero pensato che affrontare l’intera faccenda fosse uno scherzo. “Non siamo qui per presupporre che lo sia.” Ribatté Brittany con un placido sorriso. Touché. A quanto pare quella stronza di Corinne non aveva avuto nulla da replicare. “E ripeto- emise un sospiro profondo lasciando intendere la sua contrarietà nei confronti della possibilità- se avverrà il trasferimento, dovrete anche portarle dei vestiti perché quelli che indossava sono stati danneggiati dalle fiamme.” Entrambe annuirono. “Bene seguitemi.” Santana alzò gli occhi al cielo imponendosi di non assalirla di fronte a pubblici ufficiali. La donna si arrestò improvvisamente qualche metro più avanti. “Quella è April.” Disse alzando impercettibilmente il mento in direzione della vetrata.
La stanza era angusta e completamente spoglia se non per la presenza di una specie di letto su cui era adagiata una ragazzina a cui erano collegate delle flebo. Santana sussultò e Brittany trattenne il respiro sgranando i suoi occhioni turchesi.
April era il perfetto ritratto di Brittay eccetto per la lunga chioma di un indefinibile rosso vivo. Aveva la pelle pallida quanto la neve e sul suo viso delicato erano deposte innumerevoli lentiggini rossastre che incorniciavano un nasino all’insù e una boccuccia rosata. Aveva un cerottino proprio sul sopracciglio sinistro che celava parzialmente un taglio che le percorreva la tempia. I capelli erano stati raccolti in una treccia che le ricadeva disordinatamente  sulla clavicola e la spalla. I suoi occhi persi nel vuoto erano del medesimo colore cristallino dell’oceano e la sua figura era minuta ma al contempo slanciata e armoniosa. Indossava una camicia dell’ospedale che le arrivava alle ginocchia e le lasciava scoperte il resto delle gambe che ricadevano nel vuoto dondolando impercettibilmente. Era bellissima.
Santana strinse la mano di Brittany. Alzarono lo sguardo all’unisono e si contemplarono dolcemente per un istante senza proferire parola. Accennarono un sorriso. L’ispanica si appoggiò alla spalla della sua ballerina che le circondò il fianco attirandola delicatamente a sé.
Dall’altro capo della vetrata April alzò il capo e pur essendo all’oscuro della loro presenza, rivolse uno sguardo intenso nella loro direzione. Quest’ultimo giunse direttamente al loro cuore lasciandole senza fiato. Le sue ciglia folte si scontrarono più volte lasciando intravedere una lacrima solcarle il viso. I suoi occhi lucidi si fecero più scuri e profondi e richiamarono l’inarrestabile mare in tempesta che s’infrangeva nel suo animo. Si passò una mano sul viso nel tentativo di scacciare le lacrime imminenti e nel gesto si formarono delle adorabili fossette ai lati delle labbra. Fece un respiro profondo e i suoi occhi divennero improvvisamente limpidi e luminosi.
 
Intorno a loro nulla aveva più alcuna importanza. I colori si fecero vividi e nel loro cuore brillò la consapevolezza che coloro che affermavano che nulla durasse per sempre non avevano mai assaporato l’amore sulla propria pelle. Quella sensazione di familiarità che ti pervade lo stomaco quando torni a casa e noti che gli ambienti, gli odori e le persone sono sempre i medesimi, ma l’unico a essere cambiato sei soltanto tu. Le nostre vite sono definite dalle opportunità, perfino quelle che manchiamo; ma alla fine quello che conta è ciò che ci portiamo nel cuore.

L’avrebbero amata per sempre.
   
 
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