La prima volta che aveva perso qualcuno era ancora bambina.
- Vattene, non voglio più vederti -, gli aveva urlato e, come se
avesse voluto seguire alla lettera il suo comando, Adam se n'era
andato senza neanche salutare.
Se n'era andato in un caldo pomeriggio estivo, di quelli in cui si ha
voglia solo di un gelato e di buona compagnia.
Angel avrebbe preferito che il suo migliore amico scegliesse un
giorno d'inverno per lasciarla, magari carico di pioggia, cosicché
almeno il clima avrebbe potuto condividere il suo dolore. 
Invece era l'ora più afosa e limpida della giornata quando giunse
la chiamata: Adam era morto, travolto da un'auto mentre
correva nel vano tentativo di recuperare il pallone finito in strada.
Il conducente dell'auto era troppo vicino per fermarsi; lui, come anche Adam,
aveva già capito come sarebbe andata a finire.
Quella notte, e quelle a seguire, Angel pianse anche l'anima: mai prima di quel momento aveva versato
tante lacrime e a una bambina, si sa, basta un no per far straripare il fiume salato nei suoi occhi.
Gli occhi di Angel, poi, sembravano proprio fatti dell'acqua del Nehir*: erano
azzurri, di un azzurro difficile da dimenticare perché misto al ghiaccio degli occhi della madre. 
Eppure gli occhi della bambina non avevano più vita da quando l'unico
che riusciva a illuminarli e farli sorridere aveva lasciato silenziosamente la sua vita.
In un giorno d'estate.




*Nome fittizio di un fiume preso in prestito dal Turco.