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Autore: Alex Wolf    03/09/2013    7 recensioni
Dal primo capitolo:
« Ma che cosa fai? Mettimi giù rampollo viziato!. »protestai nel mentre il mio sedere toccava il cuoio chiaro della sua sella.
« Quanto sei bisbetica. » borbottò salendo dietro di me e passando le sue mani attorno ai miei fianchi per prendere le redini.
« Togli quelle mani, guido io. » ringhiai afferrando d’impulso le redini e procurandomi una fitta alla spalla.
« Smettila. » mi riprese il principe scocciato levando le mie mani dalla giuda e riportandoci le sue. « E sta zitta. Hai già parlato troppo. » spronò il cavallo.
Risucchiai le guance e le labbra all’interno e le rilasciai andare con uno schiocco frustrato.
« Se dovrò viaggiare così, tanto vale che mi metta comoda. » borbottai appoggiando la mia schiena al suo torace e chiusi gli occhi. « Se ti metti a cantare qualche canzone in elfico ti strappo le labbra. » aggiunsi.
Non fatevi ingannare dalle apparenze, leggete e poi saprete dirmi che ne pensate ;)
Storia ispirata al film "la compagnia dell'anello"
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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When you let her go.  
 

 
 
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La notte di Gran Burrone era calma e ventilata. Le foglie imbrunite frusciavano fra loro, creando strane melodie. Qualche gufo si lanciò in picchiata per procurarsi la cena e poi scomparve di nuovo tra le folte fronde brune. Io rimasi in silenzio, a guardare l’acqua scorrere nei ruscelli, ad ascoltare la natura, a guardare l’anello che re Elrond mi aveva dato, rigirandolo col pollice sul mio dito.
Chiusi gli occhi e inspirai.
C’è buio attorno a me. I grandi alberi non lasciano trasparire nulla, se non pochi raggi di sole. Continuo ad avanzare, silenziosa e attenta, in cerca del nemico. L’arco che tengo in mano è leggero e forte, non avrò problemi a muovermi velocemente, nel caso dovessi farlo. Fruscio di foglie. Qualcosa attira la mia attenzione facendomi voltare in tempo per schivare l’assalitore, che getto a terra e tengo fermo con un piede piantato sulla gola. Il ragazzo non si muove più, non si dibatte, resta fermo e sorride leggermente.
« Cosa ci fa un nano in questo posto? », ringhiò, sorprendendomi della mia aggressività.
« Cosa ci fa una ragazza con gli elfi? », risponde prontamente quello, alzando una mano per afferrare la mia, che gli porgo gentilmente, forse per scusarmi del modo in cui l’ho attaccato.
  « Sopravvive », rispondo solamente, allontanandomi.
 « E perché, dovrebbe, sopravvivere? », s’incuriosisce lisciandosi la barbetta bionda scuro, ornata di trecce.
 « Perché vivere è un termine così antiquato, non è vero Fili? », domando sorprendendolo. L’ho riconosciuto, so chi è, ma lui non sa chi sono io, meglio così.
 « Come conosci il mio nome? ».
« Come conoscevi il mio luogo di caccia? », rispondo prontamente, dandogli le spalle e lasciandolo indietro.« Tu e la compagnia di Thorin dovete andarvene, è solo un consiglio », lo avverto, prima di scomparire tra le foglie.
 
Aprii le palpebre, accorgendomi di avere il fiatone. I miei occhi saltarono sul ruscello che passava sotto al ponte, su cui sostavo, e solo allora mi accorsi di essermi sporta per aggrappare le mani alla ringhiera di legno. Accanto a me qualcosa si mosse, attirando la mia attenzione.
« Sognavi, ragazza del drago? », domandò Gandalf, appoggiato pigramente al suo bastone.
Lo osservai circospetta e sorrisi, dopo poco. Non l’avevo sentito arrivare, com’era possibile? E com’era possibile che io avessi avuto quella, sotto specie, di visone.  E chi era Fili?.
 « Mi sono lasciata trasportare dalla fantasia », mormorai verso di lui.
 « Dalla… fantasia? », chiese, assumendo un portamento altezzoso.
La lunga tunica grigia si confuse con la barba, che continuava ad alzarsi e abbassarsi mentre il mago parlava.
« Re Elrond mi è venuto a dire che ti sei unita alla compagnia », borbottò distrattamente, « Sono felice che tu cercherai di riportare a casa noi, banda di deficienti … », concluse.
Arrossii violentemente, abbassando lo sguardo a terra, e presi a dondolarmi sui talloni. Le opzioni, per cui lui sapeva quello che avevo detto, erano due: oh quel rincoglionito d’elfo era andato a riferirlo a tutti, oppure il caro Gandalf aveva un orecchio finissimo.
« Oddio… mi, mi dispiace così tanto di averlo detto », avvampai.
« Giovane, Isil », mi alzò il mento col bastone e sorrise amorevolmente, «  Non  sei cambiata di una virgola ».
 « Tu sai? », domandai con impeto, stupendomi, « Ma come…? ».
« Io e re Elrond siamo, ottimi, amici ».
« O ma certo », capii, una certa apprensione si formò nel mio petto e così mi ritrovai a chiedere, in un sussurro, « Non dirà nulla agli altri, vero? ».
Il vecchio mago annuì e mi accarezzò i capelli. Trattenni un urlo, frustrato. Odiavo che qualcuno mi toccasse i capelli, era sempre stato più forte di me.
« Sciocca ragazza, certo che no », fece un passo indietro e piegò leggermente la testa d auna parte, « Ora vai a letto, domani si partirà all’alba ».
« Ma… » .
« Vai a letto! ».
Sbuffai e mi congedai dalla presenza del mago, borbottando.
 
Strinsi le braccia al petto e percorsi la piccola piazzola che portava agli alloggi. La luna splendeva solitaria nel cielo, e potevo udire il dolce canto del vento. Sbuffi freschi mi accarezzarono la pelle e mi accompagnarono alla porta della mia camera, che aprii stancamente per poi buttarmi sul letto. Chiusi gli occhi e in pochi secondi mi addormentai.

 
 
°  °



L’alba si riverso nella mia stanza, mentre io ero già sveglia. Il caldo sole si propagò sul pavimento, sulle pareti e sui mobili infondendo un sento di assoluta tranquillità. Trattenendo il fiato cominciai a infilarmi i pantaloni di pelle, con cautela.
Posso farcela, mi dissi, Tutto in un colpo ed è fatta. Trattenni il fiato e saltai portando in su la vita dell’indumento. Con mia sorpresa ci riuscii. Esultai, felice, e continuai a vestirmi tranquillamente, finché qualcuno non bussò alla mia porta.
« Arrivo, arrivo! », gridai infilandomi gli stivali, « State calmi! ».
Quello “state calmi” non fu compreso bene da chiunque mi aspettasse fuori, perché dopo pochi secondi la porta si aprì ed entrò un Boromir smanioso di partire.
« Esci subito! », gridai tirandogli un cuscino, che lui evitò per un soffio.
« Stiamo per partire », annunciò, e intanto evitò un altro cuscino.
« Stiamo, non siamo ancora partiti! », protestai io, infilando la mia spada nuova, donatami dalla principessa Arwen la mattina stessa, quando era venuta a portarmi una camicia pulita, nel fodero.
« Oooh, me ne infischio se non sei ancora pronta », sbottò avvicinandosi a me, « Voi donne non siete mai pronte! », e così dicendo mi caricò in spalla.
« Maschilista, egocentrico, stupido testardo! », esclamai dimenandomi, « Lasciami, o farai un brutta fine! ».
« Nel caso tu non l’avessi notato, mia signora, sei praticamente imprigionata nella mia stretta, non che la cosa dispiaccia a me, ovviamente, ma non vedo come tu possa lib… », prima che concludesse la frase gli tirai un calcio secco in mezzo alle gambe e lo feci cadere a terra, mentre io atterrai morbidamente su di lui, per poi rialzarmi e stirarmi i vestiti con le mani.
« Ops, ho dimenticato il mantello », dissi tranquillamente, scavalcandolo e tornando nella mia camera a prendere l’indumento che legai al collo.
Il verde smeraldo della stoffa, morbida e setosa, dell’indumento si abbinava, in modo strano, alla mia divisa fatta di pelle nera e camicia bianca. Tutta via, non mi dispiaceva molto.
Camminai tranquilla verso l’esterno, passando sopra Bormoir, ancora steso a terra, che si lamentò e mi consigliò una dieta. Io risposi sorridendo, premendogli uno stivale sulla schiena mentre l’attraversavo.
« Tu avresti bisogno di un corso di mascolinità », conclusi poi, svoltando l’angolo e scendendo le scale che portavano all’entrata di Gran Burrone.
Erano tutti radunati li davanti. Il piccolo Frodo stava accanto a Gandalf, e Aragorn era  intento a battibeccare con Merry e Pipino riguardo qualcosa di cui non capivo bene. Sam se ne stava in disparte a preparare il pony, mentre Legolas ignorava Gimli e il nano faceva lo stesso. Quando arrivai alla compagnia, tutti si voltarono nella mia direzione, sorridendo.
« Dov’è Boromir? », domandò Merry, scrutando oltre le mie gambe.
« Ancora accasciato sul pavimento, credo », ammiccai io, e il piccolo hobbit arrossì imbarazzato gettando lo sguardo verso l’alto.
« Perché dovrebbe essere accasciato sul pavimento? », s’incuriosì Gandalf, con un sorriso divertito in volto.
« Mi ha caricata di peso sulle spalle, e io non avevo ancora preso il mantello! », con una mano presi un lembo di tessuto verde e lo misi davanti al mago, per animare la conversazione, « E non potevo venire via senza. La principessa me l’ha dato di persona. Ma lui non mi mollava e così ho dovuto ricorrere alle maniere… forti ».
« Non l’avrai pugnalato? », rise il nano, poggiato all’ascia.
« Ma che, gli ho solo… ».     
« Oh, eccolo! », esclamò Pipino sorridendo.
Ci voltammo tutti nella direzione che il mezz’uomo stava indicando con il dito e i nostri occhi catturarono l’immagine di un Boromir zoppicante e addolorato. Mordendomi il labbro inferiore, sgattaiolai verso Sam e il suo pony e cominciai ad accarezzare indifferente l’animale.
 


 °  °
 



« Eleonora », ringhiò Bormir, quando ormai eravamo lontani da Gran Burrone.
« Si? », chiesi indifferente, ancora non capivo perché dovesse avercela con me. Solo perché ero una donna, che non stava a casa a cucinare e dare piacere al marito, come diceva lui, gli dovevo stare antipatica? Lui mi stava antipatico perché ragionava così. Lui mi stava antipatico a prescindere, veramente.
« Non ti sei ancora scusata con me », borbottò affiancandomi.
« Dovrei? », sorrisi divertita. Mi piaceva dagli sui nervi, era più forte di me.
« Dio, tu sei… sei una cosa », strinse i pugni lungo i fianchi e si posizionò davanti a me, bloccandomi il passaggio.                                                           Gli altri continuarono ad andare avanti. Aragorn ci passò vicino, ci lanciammo uno sguardo ma poi lui continuò a camminare.  Solo Legolas, qualche volta guardava indietro, come Gandalf.
« Senti », presi un respiro profondo, « Sei carino, ma non invisibile. Perciò sparisci dalla mia vista e farò finta che non sia successo nulla ».                                                                                                                                                                                                                           
« Chiedimi scusa », mi ordinò l’uomo.
« Sai che non lo farò », ribattei, cercando di aggirarlo ma lui non mi permise di farlo.
« Fallo », ripeté.
« Se non te ne vai, giuro sui Valar, che ti spacco la mascella ».
« Provaci », mi sfidò.
« Fossi in te non scherzerei col fuoco », l’ammonii , con un ringhio sommesso.
Lui fece un passo avanti e il mio petto scontrò contro il suo. Il suo volto si abbassò e la sua mano indicò la sua guancia.
« Avanti ragazzina, vediamo che sei fare. Sto tremando di paura », rise.
Deficiente, pensai nella mia testa.  Caricai il braccio e sferrai l’attacco. Una mano fermò prontamente il mio polso a pochi millimetri dal volto dell’uomo. Mi voltai a vedere a chi appartenesse e repressi un ringhio di frustrazione. Possibile che quell’elfo fosse sempre in mezzo?
« Boromir, vai », ordinò Legolas all’uomo, con un tono che non permetteva repliche.
Il figlio del governatore di Gondor lo guardò male e voltò i tacchi, borbottando contrariato.
« Perché l’hai fatto? », gridai dimenandomi, in modo che lui mi lasciasse.
E lo fece. Mi lasciò il braccio e mi guardò con i suoi occhi blu, come il mare in tempesta. Sul suo volto comparve una smorfia, di dispiacere forse?
« I-io credevo, pensavo che Boromir stesse per baciarti contro tua iniziativa e sono venuto per… proteggerti », ammise senza distogliere lo sguardo.
« Cooosa?! Non mi stava per baciare! Credi che quello che tu hai fermato fosse una carezza? Ma lo sai riconoscere un pugno da un effusione, Legolas? » , ululai.
« Si, però io credevo di farti un favore ».                    « Bhe, la prossima volta, quando crederai che io abbia bisogno d’aiuto, non intervenire, a meno che non te lo chieda! » sbraitai, diventando rossa in viso,  « E ora spostati, principe dei miei stivali, mi blocchi la strada! », lo spinsi da una parte e ripresi a camminare. Non avevo bisogno di essere protetta, potevo pensare benissimo da sola alla mia incolumità. Non ero una di quelle fanciulle delle fiabe, che se ne stavano in una torre a parlare con gli animali e a intrecciarsi i capelli, che aspettavano il principe in attesa di essere salvate. Io non avevo bisogno di esse salvata, proprio, da nessuno. E questo doveva entrare in meta a tutti gli uomini della compagnia.
Passai di fianco a Gandalf, che ci aveva aspettati, e lui socchiuse le labbra con l’intenzione di dire qualcosa, ma la mia espressione gliele fece richiudere.
 
 
 °   °



Legolas la guardò allontanarsi. Ripensò alle parole taglienti che gli aveva detto poco prima e si sentì pervadere dal dispiacere. Sospirando si diresse nella direzione in cui la compagnia aveva proseguito e ad aspettarlo trovò Gandalf. Si sorrisero e insieme raggiunsero gli altri. Gli occhi dell’elfo scrutarono i compagni, in cerca di lei, ma non la trovò. Solo quando il suo fine udito colse la tonalità dolce e sicura della voce di Eleonora si voltò e la trovò intenta a parlare con Frodo e Sam, Pipino e Merry. Sorrideva intenta ad ascoltare le storie degli ultimi due, dove ogni tanto s’intrometteva anche Frodo e meno di rado il piccolo giardiniere. Evidentemente, lei, si sentiva osservata, perché si voltò nella sua direzione e gli rifilò un occhiata glaciale che fece rizzare i capelli sulla nuca al principe.
« Non disperare », s’intromise nei suoi pensieri Gandalf, « Le passerà ».
Il principe non rispose e restò a guardarla scoccare un’occhiataccia anche a Boromir, che le sorrideva come un cascamorto. Lei alzò il mento e tornò a concentrarsi sui piccoli hobbit.
« Ragazzo! », lo riprese il mago, dandogli una piccola botta in testa col bastone, « Mi ascolti? ».
« Auch », Legolas si accarezzò il punto dolorante, annuendo.
 « Dicevo, non devi disperare. E’ una donna, col tempo imparerai a capirla e lei abbasserà le sue difese ».
«Ma che donna, quella è una serpe », gracchiò Boromir.
« Zitto! Non sparla male delle signore, stolto », borbottò Gandalf, rifilando anche a lui una bacchetta sul capo.
« Ma perché l’hai fatto? », protestò Boromir guardandolo con occhi stupefatti.
« Perché hai offeso una signora », ripeté il mago.
« Ho detto quello che pensavo », si difese l’uomo, « E’ una serpe, manesca e impulsiva ».
« Taci », lo riprese ancora il mago, rifilandogli un’altra botta.
Legolas non poté fare a meno di ridere divertito dalla scena e staccarsi dai due per andare a interloquire con Aragorn, che non aveva ancora aperto bocca dalla partenza.                                                                                                                                                                                                                                                                                                      
                                   
  
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