Mirror of
Erised.
and you
can’t get another try,
something side this heart has
died:
you’re in ruins…”
Il fragore delle porcellane
che s’infrangevano sul
pavimento riecheggiò tra le pareti della Tana, contribuendo
a svegliare chi
ancora non era stato raggiunto dal profumo delle uova e delle salcicce
che
scoppiettavano in padella.
Molly
Weasley
osservava il disastro con le palpitazioni a mille per lo spavento.
Chissà come,
la credenza era esplosa, e il suo prezioso servito di piatti (che usava
solo ed
esclusivamente per le occasioni più importanti) era
schizzato fuori come
impazzito, volando verso la parete e finendo inevitabilmente in cocci
con un
incredibile fracasso.
Non ci
volle
molto prima che la sorpresa si trasformasse in rabbia. Non le riusciva
difficile immaginare chi avesse infatuato i piatti, la stessa persona
che
appena la settimana prima aveva incantato i suoi bellissimi gerani
perché
spruzzassero acqua a chiunque tentasse di innaffiarli e potarli.
«GEORGE WEASLEY!»
Quelle urla finirono
per attirare nella spaziosa cucina una Ginny piuttosto assonnata, che
mai aveva
visto sua madre tanto irritata.
«Che cosa diavolo è successo?»
«E me lo chiedi?!», sbottò la donna, facendo riferimento
ai piatti
irrimediabilmente distrutti che coprivano il pavimento e fulminando la
figlia
con lo sguardo. «Il
mio preziosissimo servito, guarda com’è ridotto!
Questa volta tuo fratello non
la passa liscia, nossignore!»
Quelle parole
fecero rabbrividire il povero George, che si era rintanato sul tetto di
casa
Weasley per sfuggire alle ire della madre. Era ben consapevole che
quello
scherzo l’avrebbe spedita fuori dai gangheri e che, molto
probabilmente, si
sarebbe giocato il pranzo. Nonostante tutto, però, non
poteva non sorridere.
Teneva
le
braccia all’indietro per sorreggere la schiena appena
inclinata, e lasciava che
il calore di quello splendido sole mattutino lo pervadesse fino alle
ossa.
Poteva sentire il tepore delle tegole sotto i palmi delle mani aperti.
Chiuse
gli occhi, lasciandosi cullare dalla brezza che gli scompigliava i
capelli
rossi.
«È
stato fantastico, vero?»,
mormorò, malinconico. «La
mamma mi ucciderà, ma ne è valsa la pena.» Fece
una piccola pausa, concedendosi il tempo di un sospiro.
«Quante volte ci abbiamo provato, a
far fuori quei piatti! Avevamo promesso che lo avremmo fatto insieme,
ricordi?
Dovevamo fare un sacco di cose, io e te.»
Sorrideva
tristemente, George. Ora, con l’immagine del fratello vivida
nella mente, anche
il pensiero dello scherzo appena fatto aveva perso ogni entusiasmo.
Fred non
sarebbe dovuto morire, quella notte. A George piaceva pensare che fosse
tutto
un enorme scherzo, seppur di cattivo gusto. Un incubo da cui presto si
sarebbe
svegliato.
Sentiva
la
nostalgia travolgerlo come un fiume in piena, e non poteva fare niente
per
evitarla. Il suo cuore smise di battere per un attimo, prima di
riprendere il
suo consueto ritmo, e in quell’attimo George pensò
d’esser morto anche lui.
Ma alla fine,
morto o vivo, che importava? Niente
era più lo stesso, senza Fred. Gli scherzi non lo
divertivano come una volta,
le sue battute non facevano più ridere. La Tana era
diventata silenziosa e
irrimediabilmente triste.
Ora
George
sentiva sua madre singhiozzare sulla spalla di Ginny, e non certo per
il suo
prezioso servito. Piangeva per chi, quel servito, non aveva potuto
farlo a
pezzi, per quel figlio che non sarebbe più tornato a casa
per la cena.
Una volta,
Harry aveva raccontato loro di quella notte, quando aveva trovato
quello strano
specchio a Hogwarts. ‘Specchio delle Brame’, lo
aveva chiamato, e George si era
sempre chiesto cosa mai avrebbe potuto vedere se vi si fosse
specchiato, quale
fosse il suo desiderio più profondo. Ora lo sapeva: nello
specchio non avrebbe
visto altro che se stesso, e non perché non desiderasse
altro nella sua vita.
George non era felice, affatto; ma la cosa che più bramava
in assoluto era identica
a lui, e non sarebbe più tornata.
Il
sole si era
alzato velocemente nel cielo terso, illuminando il giardino di casa
Weasley.
Gli gnomi si imboscavano ancora nella solita siepe, cercando malamente
di non
farsi notare. Le loro vecchie Tornado erano lì, appoggiate
alla staccionata,
l’una accanto all’altra. George decise che le
avrebbe spostate al più presto,
prima che si danneggiassero sul serio.
Si
alzò,
scuotendosi la polvere dai jeans, prima di infilarsi in uno dei
comignoli,
collegato direttamente con la camera dei gemelli. Atterrò
nel camino con un
tonfo, il ché non fece che peggiorare le cose.
Ignorò la fuliggine e scese in
cucina, senza il minimo entusiasmo. Il suo stomaco brontolava
rumorosamente, ma
non se ne curò.
Sua
madre era
seduta su una delle numerose sedie, e si reggeva la testa con la mano.
Ginny le
accarezzava i capelli, tentando di consolarla. Ron, seduto di fronte a
lei, le
mormorava frasi d’incoraggiamento, tentando in malo modo di
farla sorridere.
«Mamma...», borbottò,
avvicinandosi cautamente al tavolo già apparecchiato.
Nessuno aveva osato
toccare il cibo, però, che iniziava a freddarsi. Il
pavimento era ancora
cosparso di schegge di porcellana che nessuno si era preso la briga di
ripulire. George estrasse la bacchetta e la agitò: i cocci
si radunarono
immediatamente in un angolo.
Molly
alzò gli
occhi lucidi e arrossati, puntandoli in quelli azzurrissimi del figlio.
Singhiozzò ancora una volta. «Fred»,
sussurrò, tra le lacrime che erano tornate a rigarle
le guance.
Anche Ron
rivolse un’occhiata al fratello, e nei suoi occhi George
lesse una profonda
tristezza. Dovevano essere forti, per la mamma. Non potevano
permettersi di
crollare, per nessuna ragione, o sarebbe stata la fine.
«Io sono George, ma’», mormorò il gemello, armandosi del
sorriso più
sincero che riuscì a tirar fuori. «Possibile
che tu riesca ancora a scambiarci?»
Molly si
alzò,
asciugando le lacrime con la manica del pullover. Tirò a
sé il figlio, ridendo
e piangendo allo stesso tempo. Lo strinse forte, sperando che anche
Fred,
ovunque fosse, sentisse il calore di quell’abbraccio. E quasi
lo percepì, il
tocco delicato di una mano sulla schiena, che la confortava
e la
spingeva ad andare avanti. Doveva lottare, per Bill, Charles, Percy,
Ron e
Ginny. Per George, che le sussurrava all’orecchio che andava
tutto bene. Ed era
vero... più o meno.
«Dimenticavo:
voi due siete in guai seri. Nessuno distrugge il mio prezioso servizio
e se ne
va impunito.»
Direi
che è proprio il caso di presentarsi. Sono Umiko e,
be’, sono nuova del Fandom.
Questa
storia è stata un vero e proprio salto nel buio, e necessita
di un minimo di
note. Come prima cosa, mi scuso per eventuali errori - non tanto di
sintassi,
quanto di contenuto. Ho iniziato a leggere i libri da pochissimo (sono
appena a
‘La camera dei segreti’, che è in fase
di ultimazione), quindi per la morte di
Fred mi sono basata sulle poche cose che il film lascia intendere.
Spero non ci
siano dettagli fuori posto, e di non aver strafatto con i caratteri dei
personaggi.
Spero
vi sia piaciuta, più che altro. Fatemi sapere, critiche e
correzioni sono
sempre ben accette, purché costruttive.
Alla
prossima, dunque. E, magari, vedrò di scrivere qualcosa di
un po’ più allegro.