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Autore: Lord Byron    04/09/2013    1 recensioni
Marie e Leo non hanno niente in comune, ma il destino li fa incontrare, avvicinare, conoscere. E forse, innamorare.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Come ogni sera, Leo compose il numero di Marie. Il cellulare era irraggiungibile. Si distese sul letto ancora completamente vestito. Era stanco, disgustato da quanto vedeva continuamente in ufficio. Si era reso conto che erano molte le prassi ai limiti dell’illegalità, gli accordi stipulati sottobanco con organizzazioni discutibili e con affaristi con il curriculum non proprio immacolato. Lui era nuovo e con poca esperienza ma aveva capito subito su che cosa si basava gran parte del giro d’affari della Company ormai da molti anni. Il cellulare squillò. Vide che si trattava di Debbie. Rispose stancamente. La segretaria gli ricordò del ricevimento all’ambasciata inglese fissato per le nove. Leo lanciò un’occhiata alla sveglia, erano già le sette. Si fece una doccia veloce e indossò lo smoking pronto proprio per quelle occasioni. Prima di uscire provò a richiamare Marie, ma era ancora impossibile raggiungerla. Così, lo ripose nel taschino e scese nella hall dell’albergo dove fu raggiunto dall’autista e da Debbie. La ragazza lo ragguagliò sull’agenda della mattina successiva mentre l’autista in livrea lo conduceva all’automobile, una Jaguar grigia di grande effetto. Il percorso fu brevissimo. L’ambasciata di trovava a meno di due isolati e quando arrivò Leo vide la folla assiepata ai lati del tappeto rosso sistemato davanti all’entrata. Le lanterne rischiaravano la strada, evidenziando le aiuole curate e fiorite e una bella luna splendeva nel cielo.  Pensò che sarebbe stato perfetto avere accanto Marie.. Lo accolse l’ambasciatore con la sua signora ed insieme si avviarono al buffet. La musica di sottofondo era piacevole e ben presto alcune coppie eleganti occuparono la parte centrale del salone illuminato a giorno. L’ambasciatore gli presentò Laura, la figlia, che studiava legge a Londra e si trovava a Pechino per un breve soggiorno con i genitori. Leo fu felice di incontrare qualcuno della sua età, visto che era circondato da politici e manager di lungo corso.. Le tese la mano e si presentò. Notò la bellezza degli occhi di lei, azzurri e valorizzati dall’ombretto argenteo e i capelli, neri come la notte e sciolti con naturalezza sulle spalle, lasciate scoperte dall’abito da sera. Una bella ragazza, pensò Leo. La invitò a ballare e subito sentì gli occhi addosso di tutta la sala. Erano bellissimi insieme. Durante il valzer, Laura gli parlò dei suoi studi, per ora piuttosto stagnanti, e della sua intenzione di visitare Pechino e le regioni limitrofe. Leo trovò naturale offrirsi per accompagnarla. Il ballo terminò e anche durante la cena rimasero insieme per la maggior parte del tempo. Leo s’intrattenne anche con i principali ospiti dell’ambasciatore, con cui la Company prevedeva di stringere collaborazioni fruttuose. Al contrario di quanto si era aspettato, la serata fu piacevole, tanto che lasciò la festa quasi per ultimo, non senza aver preso appuntamento telefonico con Laura per il giorno successivo. Entrò in macchina alle due e mezza e mentre rientrava in hotel provò a chiamare Marie senza successo. Nemmeno lei l’aveva cercato. Si sentì vagamente a disagio.. ma poi la stanchezza ebbe la meglio e sonnecchiò per tutto il tragitto.
Cominciò ad impensierirsi soltanto la mattina dopo, quando per l’ennesima volta scoprì che era impossibile parlare con Marie. Lei stessa continuava a non farsi viva. Pensò di chiamare Silvia, di cui conservava il numero in agenda, ma poi si trattenne. Non voleva apparire troppo apprensivo, nonostante l’ansia cominciasse a montare in lui. La riunione durò tre ore, durante le quali più volte il suo sguardo si era posato sul cellulare, muto. Aveva anche chiesto a Debbie di provare a chiamare Marie dal suo cellulare, ma gli esiti erano stati gli stessi.
Così, quando giunse la telefonata di Laura che lo invitava al Museo delle Arti Cinesi nel pomeriggio, accettò distratto da altri pensieri. Si trovò così a girare per le ampie stanze del Palazzo dei Musei ad ammirare quadri e manufatti di ogni genere e di ogni tempo insieme a lei, affascinante anche in jeans.
 
In Italia e in America le edicole furono invase dalle foto di Leo al ricevimento dell’ambasciatore insieme alla bella figlia dello stesso, intenti a volteggiare al centro del principesco salone delle feste. Marie non poté ignorare quel bombardamento mediatico e vide le immagini della festa e successivamente quelle del giro turistico dei due rampolli del jet set, come venivano già chiamati. Fu un vero e proprio choc per lei. Erano passati soltanto dieci giorni dalla partenza di Leo e già aveva voltato pagina.. No, non poteva crederci, non poteva cadere nella trappola dei sospetti, doveva ragionare e non lasciarsi scoraggiare da quelle immagini. Avrebbe fatto il gioco di Ermes Venturi.. Quando accese il cellulare, finalmente, dopo due giorni di black out vide le chiamate di Leo. Ne contò dieci. Stava per comporre il numero di lui, perché solo lui avrebbe potuto dare un senso a quel che stava capitando, quando lampeggiò sul video numero privato. Intuì subito i chi si poteva trattare, ed infatti la voce di Ermes Venturi le giunse chiara – Immagino che abbia visto i giornali di oggi, Marie – esordì andando al sodo.
Lei rimase in silenzio, troppo scossa per parlare, così Ermes continuò – Le avevo detto che Leo non sarebbe tornato a Roma. Non sono contento neanche di questa.. affettuosa amicizia con la ragazza delle foto, Laura, mi pare si chiami. Ma vede, è soltanto un’amicizia, senza alcun impegno. Lui deve concentrarsi su altro..- Marie interruppe la comunicazione e lanciò lontano il telefono, scoppiando in lacrime. Maledetto, maledetto.. Si accasciò in poltrona e pianse disperatamente, a lungo, senza riuscire a fermarsi, senza poter ragionare..
Fu Silvia la prima a parlare con lei. L’aveva chiamata molte volte ed alla fine lei aveva risposto, con la voce rotta dal pianto. Silvia aveva visto i giornali, aveva letto tutto e subito aveva pensato a Marie, sola al mare, a sopportare quell’umiliazione.. Non poteva credere che fosse vero, era profondamente convinta dei sentimenti di Leo per la sua amica. Così, tentò di consolarla, pregandola di buttare nell’immondizia quelle immagini e di tornare a Roma, di sentire Leo e parlare con lui di quanto stava accadendo. Marie era troppo scossa per riuscire ad ascoltare i suoi consigli. Le disse che aveva bisogno di riflettere e solo dopo avrebbe deciso che cosa fare.
- Marie, io so che Leo non potrebbe mai farti questo – le disse convinta – Non lui, la stessa persona che ho conosciuto quando sei stata tanto male. Non ci credo..- e continuò così, a lungo, sperando che la sua convinzione facesse breccia nel cuore di Marie.
Nonostante Silvia avesse insistito per farla rientrare, Marie non ripartì da Forte dei Marmi. La vecchia casa della nonna era accogliente, silenziosa in quei primi giorni di marzo e piena di ricordi che in certi momenti le riscaldavano il cuore. Spesso si soffermava a guardare le fotografie della sua famiglia esposte in ogni angolo della casa. C’era la foto del matrimonio dei suoi genitori, prima che ognuno prendesse la sua strada lasciandola alle cure della nonna. Erano così belli nel giorno del matrimonio. L’affetto della nonna l’aveva aiutata a superare la solitudine. Non aveva rancore per loro, troppo giovani al tempo della sua nascita, e ringraziava in cuor suo la nonna che l’aveva accolta tra le sue braccia.. Guardò il ritratto in bianco e nero della bisnonna, Marie, cui doveva il nome. Con uno sguardo dolce e un’espressione saggia, la fissava sorridendo dalla parete del soggiorno. Marie era francese ed aveva sposato il suo bisnonno dopo un viaggio in Italia. Si lasciava invadere dai ricordi, dalle storie che la nonna le aveva sempre raccontato, dalle immagini vivide che la sua mente aveva trattenuto di quel periodo così importante per lei. Sono quella che sono grazie a voi, pensava spesso in quei giorni solitari.
Così fece anche quella sera mentre stringeva tra le mani il cellulare e fissava sullo schermo il numero di Leo. Inviò la chiamata, dopo tanti ripensamenti.
- Amore mio! – esclamò subito Leo – Ma dove sei? Non riuscivo a contattarti.. Mi sembrava di impazzire..-
Tentando di conservare un tono freddo disse – La linea non sempre è a posto – stringeva spasmodicamente l’apparecchio combattendo con l’ansia che la divorava – Io.. io devo parlarti -.
- Ma certo, anch’io. Mi sembra un’eternità che non ti sento e non ti vedo – l’interruppe lui.
Dovette raccogliere tutte le sue forze per dire – Ho visto delle fotografie, Leo. Ho visto i servizi sui giornali del tuo.. soggiorno a Pechino – si sentiva imbarazzata, a disagio, sciocca. Ma che cosa voleva da lui…
- Amore – la sua voce suonò incredula – Amore sono le solite trovate per fare cassetta. E’ gossip – disse. Dopo un momento di silenzio, aggiunse – Non vorrai credere a quelle sciocchezze..- il silenzio di lei gli parve insopportabile, così riprese – Avanti, Marie. Ne abbiamo parlato tanto..-.
Marie si sentì prendere allo stomaco da una morsa ferrea. Qualcosa le impediva di parlare e la testa pulsava e doleva. Avrebbe voluto chiudere lì quella conversazione ma capiva che non poteva farlo proprio adesso. Mormorò – Non è questo. No. So che ciò che ho letto è falso, inventato ad arte.. ma non è questo. Oh, Dio, Leo, mi dispiace ma io.. non ce la faccio così – confessò alla fine tra le lacrime – E’ troppo difficile, così diverso da me, dal mio modo di vivere e di intendere una.. una relazione..-.
Leo l’ascoltava sconvolto. Eppure, in fondo all’anima sentiva di comprenderla. Capiva che si trattava della reazione normale al disordine che lo circondava. Spesso si chiedeva come facesse lui stesso a mantenere il controllo della propria situazione. Ma da quando aveva conosciuto Marie aveva imparato a sopportare e andare oltre, a guardare l’obiettivo. Che era quello di stare con lei. Per quale altro motivo sopportava la lontananza e le pressioni di suo padre?
- Forse è meglio prenderci un po’ di tempo –sussurrò lei - .. darci la possibilità di fare scelte.. ponderate – la voce suonava incerta alle sue stesse orecchie. Ed infatti Leo la investì – Ma che dici, Marie! La mia scelta l’ho già fatta e anche tu – la paura che montava in lui gli annebbiava i pensieri – Voglio stare con te, che cosa è cambiato..-.
- Ti prego, Leo. Non cercarmi più.. per ora. Non telefonare.. ti prego..- e senza dargli il tempo di rispondere, spense il cellulare. 
 
   
 
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