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Autore: JD Jaden    04/09/2013    3 recensioni
Come è nata Panem? Lei lo sa. Lo ha imparato a scuola e ne ha sentito parlare dagli anziani del Distretto 12. Come si è passati dalla pace ai Giorni Bui? Beh lei li ha vissuti, anche se era piccola e ha cercato di rimuovere il trauma. Come è finita la guerra? Per lei con una perdita inaccettabile. E come si sono svolti i primi Hunger Games? Lei è stata il primo Tributo femmina del Distretto 12. Ed è stata la prima vincitrice. Nessuno meglio di lei può raccontare questa lunga, terribile storia...
Chi è lei? Jaden Cartwright, 17 anni, ragazza del Giacimento che cerca di tirare avanti in un mondo difficile e crudele. In questa brutta avventura cercherà di imparare come si fa a sopravvivere in mezzo alla morte, a non impazzire davanti a scelte impossibili, a ricominciare a vivere quando tutto sembra finito.
Ma capirà che niente è finito. Che è proprio quando sembra che la vita sia più bella, più semplice, che l'incubo ricomincia, più reale e temibile di prima.
Genere: Avventura, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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"Let's start over,
we'll try to do to it right this time around.
It's not over,
cause a part of me is dead and in the ground.
This love is killin me... "

(Chris Daughtry - It's Not Over )


 

CAPITOLO 19.
Mezzogiorno di metà dicembre. L'ultimo pasto civile, in casa mia, con la mia famiglia. Fra poco la parvenza di vita normale che ho ritrovato dopo gli Hunger Games verrà spazzata via dall'arrivo di telecamere, giornalisti, preparatori e compagnia bella. Ci saranno anche Flavia, Ken e... Ray. E questa sarà la mia ultima opportunità per mettere a posto le cose. E poi c'è un'altra cosa che devo sistemare.
Non ho più visto Mark, da quel giorno alla stazione, quando sono tornata. Credo che mi stia evitando... o forse sono io che cerco di evitare lui, inconsciamente. Ora però ho bisogno di chiarire anche con lui, così ho fatto in modo di farlo inserire nella lista di persone che saranno presenti alla mia partenza.
A tavola sono distratta e nervosa, non parlo, mi muovo a scatti, rovescio perfino la brocca dell'acqua... Alla fine la mamma, esasperata, mi porta via il piatto e mi trascina in bagno, dove riempie la vasca di acqua calda e olii rilassanti.
«Cosa ti sta succedendo Jaden? Credevo fossi più serena, da quando sei tornata. Eppure è qualche giorno che sei elettrica: fai cadere le cose, scatti al minimo rumore, la notte non dormi... è a causa di questo Tour? Oppure... c'è qualcosa che non ci hai detto, vero?» è proprio vero che le mamme sono uniche nel loro genere. Solo loro sanno leggerci dentro. E' vero che il mio radicale cambiamento degli ultimi giorni, è stato piuttosto evidente, ma lei è l'unica che ha capito che non è solo il Tour in se il problema. Credo sia arrivato il momento di renderla partecipe dei miei problemi. Non posso continuare a chiuderla fuori dal mio mondo fatto di incubi e paure. Forse sarà più piacevole di quello che penso, confidarmi con lei...
«Mamma, sono nei guai. Ora non agitarti, ascoltami fino alla fine.» la vasca è pronta e lei mi aiuta ad entrarci, poi si accuccia vicino al bordo con un'espressione preoccupata che altera i lineamenti del suo viso delicato. Io provo a rilassarmi, stendo le membra, faccio un respiro profondo e inizio a raccontarle tutto. Comincio dalla mia pseuso storia con Ray, il bellissimo stilista che mi ha vestita agli Hunger Games. Non tralascio neppure il fatto che, all'inizio, mi sono lasciata andare con lui solo perché ero convinta che sarei morta. E le racconto pure della mia prima volta, con un po' di imbarazzo, ma in modo più spontaneo di quel che si potrebbe pensare. Poi passo alla visita di Snow, alla scelta che mi ha obbligato a compiere. E termino con le confidenze con Ken, aggiungendo che è stato come un padre, in quei giorni terribili. Le dico proprio tutto. Lei ascolta sempre più preoccupata, ma non mi interrompe mai. E anche quando smetto di parlare e mi abbandono quasi galleggiando sul pelo dell'acqua, si limita a guardarmi negli occhi, senza fiatare. Ha un'espressione indecifrabile. Non saprei davvero dire se sia più severa o triste, arrabbiata o preoccupata. E' una tipica espressione da mamma, ma siccome questa è la prima volta che parliamo di certe cose, e visto il contesto in cui ne stiamo parlando, non so davvero come possa reagire.
Passa qualche minuto, poi si alza, posa un asciugamano vicino alla vasca da bagno e si dirige verso la porta.
«Sono preoccupata Jaden, ma anche delusa. Se hai seriamente dei dubbi su quale sia la scelta migliore, significa che non sei davvero adulta come credi. Come credevo. Come credono tutti.» detto questo esce dal bagno, lasciandomi sola con un vuoto indescrivibile nella testa. In qualche modo so che la sua delusione è in realtà paura e questo mi spaventa. Eppure, stranamente è proprio il suo commento, che suona quasi come un severo rimprovero, ma che non lo è, a fare chiarezza nel labirinto di dubbi del mio cervello. Non so se sia stato il semplice fatto di parlarne con lei o proprio la sua accusa nei miei confronti di essere una bambina, ma ora so cosa fare. So che l'amore è qualcosa di importante. So che la vita è ancora più importante. Devo viverla senza badare alle imposizioni, senza voltarmi indietro, senza pentimenti, senza pensare a ciò che vogliono gli altri. Nemmeno quelli che amo. O credo di amare...

Sono appena uscita dalla vasca e mi sto asciugando, quando senza preavviso e senza chiedere permesso, entrano tre individui ridicoli carichi di valigette di tutti i colori. Sono il mio staff di preparatori, sì, sempre loro, Rose, Tod e Max, che come al solito hanno un aspetto assurdo e non rispettano la mia privacy. Sono già presi dai loro discorsi frivoli e l'unico ad interrompersi per salutarmi è Max. Rose invece si limita a togliermi di mano l'asciugamano e prendere il materiale per le torture: il kit da depilazione. Intanto Tod sta aprendo le sue valigie di prodotti per capelli e sta selezionando le creme e le spazzole più adatte a domare la mia chioma liscia, ma piena di nodi. So bene che è stato stupido da parte mia non curarmi troppo, in tutti questi mesi, per cui ora non dovrei lamentarmi per il dolore. Ma non sarei proprio riuscita a presentarmi al mercato o a scuola tutta luccicante e curata, mentre il resto del distretto non può permettersi nemmeno l'acqua corrente calda!
Dopo ore di torture fisiche e psicologiche finalmente sono pronta. Max mi porge un accappatoio tiepido e mi accompagna in camera mia.
Quando entro rimango per un attimo senza fiato: una ventina di abiti meravigliosi, di tutti i colori, tessuti e generi sono appesi su altrettanti manichini. Questa è senza ombra di dubbio opera di Ray, però lui non c'è. In compenso Ken mi sta aspettando a braccia aperte, dando le spalle a tutte quelle meravigliose opere d'arte. L'ho sentito spesso, visto che ora abbiamo un telefono. Mi ha aiutato a scegliere il mio talento, la cosa che tutti i vincitori devono presentare come propria abilità. Non è stato molto difficile, perché a quanto pare sono molto brava a dipingere...
Per tutta l'estate ho disegnato ritratti. Ritratti dei Tributi morti. Quando li ho inviati a Ken, però, lui mi ha rimproverata severamente, perché ha detto che il presidente mi farebbe uccidere se li presentassi al pubblico. Non ne capisco il motivo, comunque mi sono messa d'impegno e ne ho fatti altri, sta volta però della mia famiglia, di alcuni abitanti del distretto e anche di Flavia e Ken... Ne avevo fatto anche uno molto bello di Ray, ma Ken non vuole che lo presenti. Tutte queste imposizioni mi fanno impazzire, ma se tengo alla mia vita devo fare ciò che mi dice. Mi fido ciecamente di lui.
«Ciao signorina. Come stai?»
«Male. Mi hanno torturata e ora la pelle mi pizzica. - scherzo con lui, fingendo un'espressione seria e imbronciata che non mi si addice, per poi sorridergli - però sono felice di vederti!» lo abbraccio e mi sento di nuovo come se fosse tornato mio padre. Nessuno sarà mai meraviglioso come lui, ovviamente, ma Ken è davvero molto dolce e paterno con me.
«Anche io sono contento, ma ora devi vestirti che tra pochi minuti arriveranno i giornalisti per la presentazione dei tuoi quadri! - poi abbassa la voce - ho convinto Ray a non venire, per ora. Ci aspetta sul treno, così potrete chiarirvi in pace, lontano dalle telecamere e senza il rischio che si lasci andare in effusioni fraintendibili. Meno persone sanno della vostra relazione, meglio è.» capisco perfettamente e lo ringrazio con lo sguardo. Sapevo che mi avrebbe aiutata e ringrazio il cielo di essermi confidata con lui, ma per un attimo ho paura di aver commesso un errore a confidarmi anche con mia madre...
Mi lascia sola con Max, che mi fa indossare una semplice tuta bianca, con ricami a ghirigori astratti, neri e un paio di quelle scarpe basse che adoro, sempre nere. Max mi dice che si chiamano "ballerine", perché hanno la stessa forma delle scarpette da ballo. Tutto sommato lui è davvero simpatico e gentile e sono contenta che ad assistermi ci sia lui e non tutto lo staff di preparatori. Alla partenza mi farà indossare anche un cappotto nero lungo fino ai piedi, molto caldo, un paio di guantini di lana bianchi e una spece di cuffietta abbinata, che lui chiama "basco". In questo periodo da noi è inverno e le temperature scendono spesso sotto 0, per cui sono felice di essere ben coperta. Infine, il trucco che mi applica è molto leggero, ma grafico, per intonarsi ai disegni della tuta.

Quando scendo, nel salone è già tutto pronto per la presentazione. I miei quadri sono esposti a semicerchio su alcuni cavalletti, davanti alle telecamere e al centro c'è Coral Flickerman, il famoso presentatore degli Hunger Games, che aspetta solo me.
Le ore successive passano lente e noiose, fra falsi sorrisi e spiegazioni insensate sui ritratti che ho fatto durante l'estate. Coral è molto gentile ed è bravissimo a indirizzarmi nella presentazione. Quando finiamo è ormai ora di cena. Qualcuno mi mette in mano un panino imbottito e un bicchiere di succo, poi la casa si svuota. Sono andati tutti a posizionarsi alla stazione, ad aspettarmi per la partenza.
Resta una sola cosa da fare, prima: i saluti ai miei cari.
La mamma e i miei fratelli potranno accompagnarmi alla stazione, mentre le altre persone che desidero salutare sono state segnate su una lista, che credo sia stata approvata da Snow in persona... In quella lista ho fatto mettere Mark e ho intenzione di chiarire con lui, finalmente.
Arrivano per primi alcuni negozianti, che sono affezionati a me perché sono anni che faccio compere da loro. Poi qualche compagno di classe, persone che io ritengo false a dichiararsi così tranquillamente mie amiche, quando mi hanno a mala pena rivolto la parola, prima degli Hunger Games. L'unico compagno di scuola che potevo considerare mio amico è morto. E sono stata io ad ucciderlo. E non riesco ancora a pensarci lucidamente...
Alla fine arriva il mio vero amico, Mark, e l'atmosfera diventa subito tesa. Non voglio parlargli li, davanti a tutti, per cui gli propongo di visitare la mia nuova casa, lui accetta e entriamo, finalmente da soli.
«Lo sai che non mi importa niente della tua casa, vero?» mi dice freddo, ma anche ironico.
«Se è per questo non importa gran che nemmeno me di questo posto. Volevo solo rimanere da sola con te...»
«Ma se mi hai evitato per mesi! Riconosco un rifiuto, quando è così palese.»
«Rifiuto? Quale rifiuto, io non ho rifiutato proprio niente.»
«Strano mi era parso che non ti importasse proprio nulla di me...»
«Non fare lo stupido Mark, lo sai benissimo come stanno le cose! Gli Hunger Games sono un incubo che non finisce mai e avevo paura. Paura che ti succedesse qualcosa di male, paura di morire, paura di... tutto. E se possibile adesso ho ancora più paura.»
«Perché mai dovresti avere paura, adesso? Sei libera, no? Hai vinto, sei diventata ricca e famosa e tutti ti amano! Perfino qui al distretto la gente fa la fila per salutarti, per dire di essere tua amica... non hai più bisogno di me, forse.»
«Io avrò sempre bisogno di te. Anche se ammetto che durante gli Hunger Games ho tagliato fuori tutte le persone a cui voglio bene, perché pensavo solo alla mia sopravvivenza... Ma è colpa del meccanismo di quei giochi infernali! E sono giochi che non finiscono mai, Mark, per questo ho paura. Il presidente Snow in persona minaccia...» mi blocco di colpo, terrorizzata dalle mie stesse parole. Non devo rivelare a nessun altro queste cose, Ken è stato chiaro in proposito: quelli che sanno sono in pericolo e complicano le cose! E poi non riuscirei mai a dirgli di Ray... ormai è chiaro che non è più il mio migliore amico, quello a cui confidavo ogni cosa. Adesso Mark è qualcosa che ancora non comprendo, a metà fra un amico e un innamorato, ma in fondo nè l'una nè l'altra cosa.
«Cosa, che minaccia? Avanti Jaden parla!»
«Non posso Mark, è una cosa più grande di me, che non controllo... devi fidarti e basta, se ti dico che ti voglio bene e non voglio rovinare quello che c'è, o c'era, fra noi.»
«Come posso fidarmi di te se non mi dici tutta la verità?»
«Dovrai trovare un modo...»
«La fai facile tu! E se fossi io a non volere avere più niente a che fare con te?» ahi. Questo fa male. Non avevo considerato questa possibilità e solo ora mi accorgo che è una possibilità reale e anche molto dolorosa. Sento gli angoli degli occhi pizzicare e ingoio un nodo enorme che mi si sta formando in gola. L'ultima cosa che mi serve ora è piangere... sto pensando a qualcosa da dire, ma non ho più parole, non ho più fiato in realtà. Abbasso la testa e mi fisso le scarpe, a disagio.
«Scusa, non volevo dire questo... è solo che mi sono sentito abbandonato, ecco. Volevo davvero un futuro per noi... ci credevo. Non scherzavo quando ho detto che ti amavo.»
«Mi amavi? Quindi ora hai cambiato idea...» alzo lo sguordo e lo fisso negli occhi, quei bellissimi occhi che sono verdi, ma non come quelli di Ray... sono più sbiaditi, di un verde chiaro come quello dell'erba appena tagliata. Come quello dei miei stessi occhi...
«Non potrei mai cambiare idea Jaden. Tu eri, sei e sarai sempre il mio amore...» ora è lui a piangere e questa è una cosa che non avrei mai pensato di vedere. Mark Abernathy che piange è una visione indescrivibilmente atipica. Mi perdo un istante in quello spettacolo ed è già troppo tardi: mi afferra le spalle e mi avvicina a se, posando le sue labbra sulle mie. Sanno di sale, ma per il resto sono le stesse labbra che ho baciato prima dei giochi, le ricordo come se fosse ieri. Ora ricordo come mai in quel momento mi sembrava una cosa così giusta: è semplice, siamo come le due metà di una mela. Ci compensiamo e combaciamo perfettamente l'uno con l'altra.
E' questo il colpo di grazia. O la goccia che fa traboccare il vaso. E' questa la cosa che mette definitivamente chiarezza nella mia testa.
Ora so davvero cosa devo fare...


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NOTE DI JD:

 

Sedicesimo capitolo aggiornato e non betato, ma soprattutto ultimo capitolo che necessita di revisione! Finalmente sono arrivata in fondo, non ci posso credere. Su questo capitolo ho poco o nulla da dire, se non che prego affinché Jaden non passi per una zoccoletta xD la verità è che è un'adolescente confusa e in preda agli ormoni, una cosa che mi pare abbastanza realistica anche in un contesto distopico, ma giudicherete voi. Sono ancora indecisa se concludere la Fanfic con un capitolo di epilogo in cui spiego a scene le fasi successive o se rimanere ancora una vita dietro al progetto originale, rischiando di non finire mai... propendo più per la prima ipotesi, ma vedremo... nel caso fatemi sapere cosa preferireste voi ^^
Saluti, pace, amore e palme nane a tutti voi,
JD

   
 
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