Titolo: Toying Around
Serie: D.Gray-man
Personaggi: Rabi – Un po’ tutti
Rating: Arancione
Note: One-shot – Alternative
Universe (AU)
*Importante* Secondo alcune fonti letterarie
giapponesi, esiste la credenza che una specie di Farfalle Nere (Ageha Nera) abbiano il compito di condurre le anime dei morti
nell’aldilà.
Toying around
«Sia un granello di sabbia che una roccia,
nell’acqua affondano allo stesso
modo.»
.Old Boy.
Era una
bella giornata. Dalla finestra aperta entrava un vento caldo e piacevole, che
gli solleticava invitante la pelle. Poco più in là, sul ramo che
sfiorava il muro della casa, qualche uccello cinguettava concitatamente.
Più in là ancora, sulla strada di ciottoli grigi, un gruppo di
ragazzini correva e strepitava, ridendo per qualcosa che lui di sicuro avrebbe
voluto vedere.
Là
fuori era tutto bellissimo, caldo, invitante e divertente. Quindi, che diavolo, perché lui doveva
starsene chiuso dentro una stanza piena di libri e muffa? Era giovane, giovane!, doveva godersi la vita!
La muffa
faceva parte della sua immaginazione, certo, ma non si sarebbe stupito
più di tanto se ad un certo punto il vecchio Panda gli avesse detto che
se l’erano portata appresso, “sai,
da’ aria di casa”.
Quindi, di
nuovo, non trovava una buona motivazione per restarsene tappato come un vecchio dentro casa.
Poi una
vocina dentro la sua testa cominciò a belare qualcosa del tipo: “i tuoooii doveeeriiii” e “seeeeiii iiil
futuuuroo Bookmaaaan”, ma lui la ignorò con decisione. Quasi quasi
avrebbe preferito il Grillo Parlante. Quello, almeno, avrebbe potuto
schiacciarlo.
Un attimo
dopo Bookman Jr. era saltato fuori dalla finestra,
aggrappandosi con una mano al ramo più vicino – gli uccelli
cinguettarono spaventati e volarono via – atterrando con maestria sulla
strada.
«Et
voilà!» posò le mani sui fianchi e sorrise soddisfatto.
«Niente di più facile!» Si guardò intorno, indeciso
da dove cominciare.
Poi
inspirò a fondo l’aria mattutina, rilassandosi.
Aaah, libertà…
Aprì
gli occhi e fece un passo avanti.
«Onii-san,
onii-san!» Ma una voce infantile ed eccitata lo bloccò prima che
potesse muoverne un altro.
«Mh?»
Rabi abbassò lo sguardo su uno dei ragazzini che poco prima correvano in
strada. Un secondo dopo lo raggiunsero anche gli
altri, e si ritrovò praticamente circondato. Avevano tutti gli occhi
sbiriluccicanti e colmi di ammirazione, forse addirittura commossi.
«Onii-san!»
riprese il ragazzino «Lo rifai, lo rifai?» cominciò
addirittura a saltellare sui piedi, e aggrappandosi alla sua maglia
«Rifai quel salto pazzesco, onii-san?»
Anche gli
altri lo imitarono, saltellando e schiamazzando, e Rabi, dopo un attimo di
smarrimento, rivolse a quello che gli stava tirando la maglia un sorriso
smagliante. Aveva degli occhiali spropositati che poggiavano sul naso piccolo e
a punta, i capelli castano pallido raccolti in un ciuffo riccio che gli
solleticava la nuca e un paio di cuffie poggiate sul capo che facevano pandan
con i capelli. Praticamente uno scienziato in miniatura.
«A
che giocate, ragazzi?»
«Noi?»
si sentì una risata di scherno in mezzo al gruppo, da cui
improvvisamente emerse un bambino moro e dai tratti asiatici. «Noi siamo
«No,
no, non è giusto!» si lamentò un altro. «Se tu sei il
Supervisore io sono il Caposezione!» continuò quello, agitando le
braccia per farsi ascoltare.
Rabi si
portò una mano davanti alla bocca per nascondere una risatina.
Un battito di ciglia, una farfalla Nera.
«Un…Dio
della Morte?»
«Uh?»
Il rosso
alzò il viso, distratto da qualcosa. I bambini continuarono a
strepitare, senza rendersene conto, qualcuno tirandogli la maglia, qualcun
altro cercando di attirare la sua attenzione. Lui abbassò lo sguardo, un
po’ sorpreso, sorridendo.
«Devi sempre essere gentile e
amichevole, ricordatelo.»
Ancora una
volta, Rabi alzò gli occhi. Chi è che lo diceva?
Non ricordava il nome…
Semplicemente perché non c’era nome da
ricordare.
«Ci…ci
vediamo dopo, ragazzi.»
Diede un
buffetto distratto al bambino vestito da fantasmino e uscì, non senza
una certa fatica, dal gruppetto e prese a camminare, inseguendo la farfalla
nera che volava veloce tra la folla.
Ben presto
si ritrovò a correre, tenendosi con una mano la fascia nera per non
farla cadere.
«Aspetta!»
Una coppia
di innamorati si girò a guardarlo, e lui ricambiò con un fugace
sorriso di scuse al pallido uomo col ciuffo bianco, e uno più invitante
alla bionda dal nero vestito attillato.
«Aspetta!»
ripetè, ma a voce più bassa, quasi in un sibilo. Non sapeva
neanche perché la stesse seguendo. Quella si
portò in alto con paio di battiti d’ala, e lui si ritrovò
ad alzare lo sguardo al cielo per non perderla di vista.
Anche se
non era scritto nella guida del Bravo Bookman, avrebbe
dovuto rendersi conto che non era una buona idea correre in una via affollata
con il naso per aria, senza curarsi degli altri passanti.
Quindi,
visto che la matematica non è un’opinione, inciampò dopo
pochi minuti, andando a sbattere contro qualcosa e
trascinandosela appresso nella caduta.
«Ahi
ahi…»
«Ahia!»
un altro lamento si unì al suo.
Rabi era
ancora per terra, con entrambe le mani premute sullo stomaco, ma si
guardò comunque intorno alla ricerca della Macchia Nera.
Niente,
l’aveva persa.
Quindi
strinse la presa sul ventre dolorante, tornando a problemi più
materiali.
«…tu! Razza di idiota!»
«Posso
vomitare un attimo? Credo di aver preso un colpo allo stomaco…»
biascicò un attimo dopo, ignorando la voce acuta e quasi metallica che
lo stava – giustamente – insultando.
Poi se ne
aggiunse un’altra, preoccupata e frettolosa. «Four! Four, tutto
okay?»
«Certo
che sto bene, cosa credi? E’ questo
idiota che tra poco starà veramente male!»
Sentendo
la velata minaccia rivolta alla propria persona, il rosso si decise a dedicare
un minimo di attenzione alle due figure che incombevano su di lui. Una
ragazzina dall’aria truce e i capelli color arancio – Rabi
cercò (invano) di non soffermarsi sul suo abbigliamento decisamente succinto – e un
giovane biondo poco più alto di lei che cercava (invano) di
tranquillizzarla.
«Fouuur,
sta calma!»
«Ma lui…lui…!!! Diavolo Bak, mi ha fatto male!»
Rabi si
alzò in piedi, tastandosi ancora lo stomaco. Sorrise colpevole, non
sapendo bene cosa dire, se non uno «Scusa» un po’ forzato.
«Dai
Four, basta, ha chiesto scusa…» il ragazzo congiunse le mani in
segno di supplica «Faremo tardi…»
«…mpf!»
lei, dopo aver lanciato un’occhiataccia al rosso – il quale allargò il sorriso per essere più
convincente - fece un gesto di stizza con le labbra e riprese a camminare,
superando i due ragazzi a grandi falcate. Il biondo si portò una mano al
petto e sospirò, probabilmente grato ad un qualsiasi Dio per essersela
cavata con così poco.
«Scusa»
disse poi prima di correre dietro alla ragazza.
Un battito di ciglia, una farfalla Nera.
«Io…l’ho
già vista, no?»
E qualcosa
che gli strattonava la maglia.
«Ehi!
E che diavolo!»
Rabi si
voltò di scatto, corrucciato. Ma non vide assolutamente niente.
«Questa è
Tease.»
La folla
continuava a scorrere, a volte spintonandolo, qualcuno che blaterava scuse
senza senso.
«E’ un Golem
Cannibale.»
Si
guardò attorno, perplesso. Era sicuro di essere stato…
« Più esseri umani
divora, più si riproduce.»
…morso?
«Quindi cerca di fare attenzione, ok?»
«Merda.»
Sollevò
lo sguardo talmente veloce che sentì un osso scricchiolare. Ed eccola
lì, la farfalla, ad appena un centimetro dal suo naso. Quella
sembrò sorridergli, rivelando i mostruosi denti appuntiti.
Lui
sgranò gli occhi, trattenendo il respiro. Ad ogni battito quelle piccole
e nere ali-
Non era forse cresciuta,
dall’ultima volta?
-salivano
e scendevano, sfiorandogli a tratti le guance.
Era
completamente preso da quella… cosa. Perché, in fondo, non era
effettivamente una farfalla. Le Butterflies non hanno denti aguzzi e coroncine
sulla testa, no? Beh, non hanno neanche una testa, se si vuole essere pignoli…
e Rabi ultimamente lo era molto.
Era
talmente preso che ignorò il ragazzo corrucciato che gli andò a
sbattere contro, sentendo a malapena il suo «Tsk» di disapprovo,
probabilmente riferito ai continui richiami di una – strike! – graziosa ragazza che lo raggiunse un attimo dopo.
«Aspetta
Yusuke!» sembrava abituata a quel genere di corse, ma pareva comunque
scocciata. «Yuu!» disse infine, afferrando il ragazzo per i
capelli.
Rabi non
vide nessuna di quelle cose. Strabuzzò gli occhi un paio di volte e piegò
la schiena all’indietro quando il Golem
cercò di mordergli il naso, ma a parte quello non fece altro. Cominciava
a fargli male il collo, a dirla tutta…
Un battito di ciglia, una farfalla Nera.
E una risata spezzata a metà.
Cristallina.
Un
po’ forzata, come un ansito.
E Tease
scomparve.
Emise un
verso stridulo, come di unghie sul vetro, e volò via.
Troppo
tardi il ragazzo protese il braccio per afferrarla,
aprendo la bocca in un silenzioso richiamo.
Rabi
abbassò lentamente la mano, un po’ deluso. Avrebbe voluto avere
davanti quella strana farfalla ancora per un po’. Era sul punto di
arrivare a qualcosa, se lo sentiva. Forse gli sarebbe bastato un attimo e
avrebbe capito perché aveva quella spiacevole sensazione che gli faceva
attorcigliare le budella.
Poi,
improvvisamente il mondo gli si riversò nella testa, riscuotendolo. Le
voci dei bambini, il brusio dei passanti e qualche urla
di commercianti che sovrastava il tutto.
«Lo spettacolo dell’orrore del teatro
Pieter, “
Di nuovo,
una sensazione di gelo.
Si
voltò di scatto, inquadrando quasi all’istante un uomo che correva
in mezzo alla strada, verso di lui. Istintivamente, quando quello gli
passò affianco, mosse veloce la mano –
fischiettò indifferente nel farlo - ma l’uomo non si accorse di
nulla, e continuò a scappare.
Intanto,
poco lontano, una donna si guardava attorno, disperata.
«Buona a nulla»
Rabi
sospiro di sollievo, scuotendo la testa. La raggiunse un attimo dopo,
chinandosi per porgerle un borsello, visto che si era accasciata a terra.
Piangeva, forse?
«Tieni»
Lei
sollevò lo sguardo.
Forse, per
quel giorno, non sarebbe stata licenziata.
«Miranda!
Miranda! La iettatrice Miranda!
Nessuno ti vuole, sei triste e tonta!
Anche oggi vai a
cercare lavoro?
Tanto ti licenziano
di nuovo subitooo!»
«Smettetela.
E’…crudele»
«Su,
su, non è niente»
La donna
piangeva.
Gli si era
aggrappata ai pantaloni, piangendo. Riconoscente, volle sperare.
Ma Bookman
non era un paladino della giustizia.
Quindi,
dopo un ultimo (neanche tanto) falso sorriso, il ragazzo si liberò dalla
presa della donna, quasi scongiurandola di lasciarlo.
Doveva
andare, le disse. Doveva ritrovare
E
così la lasciò, con un inchino che la fece sorridere e un
occhiolino che la fece arrossire.
* * *
La folla
si era diradata. A poco a poco, tutti i passanti avevano lasciato i negozi e le
bancarelle per tornare alle proprie case. Alle proprie famiglie.
Il cielo
si era fatto di un arancione cupo, spruzzato qua e la di azzurro pallido.
Bianco, ogni tanto.
Si stava
facendo sera.
Non era forse mattina,
poco prima?
Rabi
sospirò.
Alla fine
era ancora dietro a quella farfalla. Voleva…vederla, ancora una volta. Si
sentiva trascinare, come da una mano invisibile, come se
Da Qualcuno.
Perchè
ogni tanto quella appariva, sfiorandogli a tratti la maglia, la sciarpa, certe
volte cercando addirittura di afferrarlo per la benda. Quindi lui la seguiva,
con un sorriso perplesso sulle labbra.
«Ora puoi anche smettere, sai?»
La folla
si era diradata. Era rimasto solo.
Cammina
cammina, era arrivato quasi fuori città. Gli sarebbe bastato
attraversare il ponte di pietra che gli stava davanti e sarebbe arrivato al
bosco.
C’era
solo un piccolo problema.
«Piccola,
non è che hai visto una Farfalla Nera volare da queste parti?»
Oltre il
ponte c’erano tre sentieri. E lui aveva perso di vista Tease. Non aveva
certo intenzione di percorrerli tutti e tre.
Una
bambina scese dal muretto con un saltello, rivolgendogli un sorriso sicuro.
«Certo»
«E
dov’è andata?»
«Chi?»
«…la
farfalla.» rispose perplesso lui.
«Farfalla?
Quale farfalla?» e si guardò attorno, come se sperasse di vederla.
«Ma…ma
hai detto…» il ragazzo, non capendo, piegò la testa di lato.
Lei fece
altrettanto. «L’ho detto?»
Rabi
aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse un
attimo dopo.
«Di
là!» urlò un attimo dopo la bambina, indicando velocemente
alla propria destra e guardando a sinistra.
«…sicura?»
Lo
guardò con la coda dell’occhio, arricciando le labbra.
«Dipende»
Lui
sospirò, e per poco non si lasciò sfuggire una
risata. «Da cosa?»
«Da
cosa vuoi fare» e con un saltello si sedette
sull’ombrello. Quello la sorresse senza fatica e si librò in aria.
Il rosso, ancora una volta, ci mise un po’ a rispondere.
«Voglio sapere dove andare» disse infine.
Lei
sorrise in risposta, incrociando le mani dietro la
schiena. Ma non rispose.
«Allora,
che strada devo prendere?»
«Dammi
il tuo occhio e te lo dirò»
Il sorriso
di lui si incrinò leggermente.«…scusa?»
«Il
tuo occhio» e lo indicò con un ditino impertinente. «Se me
lo dai ti dico dove andare»
«Ma
non posso. E’ l’unico che ho, vedi?» e si batté piano
l’indice sulla benda nera.
«Beh,
io non ho neanche quello» si impuntò lei.
«Non
posso» ripetè il rosso scuotendo la testa.
«Allora
è di là!» esclamò improvvisamente la bambina,
allargando entrambe le braccia.
«Ehi!
Non mandarmi dalla parte sbagliata solo perché non ti do il mio
occhio!»
«Dai?»
«No!»
«Uffa…»
Lui
sorrise. Forse per davvero. «Non c’è nient’altro che possa darti?»
«Mhh…»
sembrò pensarci, ciondolando la testa ed evitando il suo sguardo. Poi
scese dall’ombrello e gli picchiettò il petto con decisione.
«Che ne dici di questo?»
Il sorriso
del ragazzo svanì del tutto. Fissò corrucciato la bambina, ma per
un attimo solo. Poi sospirò, rilassando i muscoli con un sospiro
plateale «Vuoi il mio amore?»
Il petto
di lei si alzò e abbassò in un attimo a causa della risata, come
uno spasmo. E di nuovo, e ancora, finchè la ragazzina non si
aggrappò alla sua maglia con una mano per non cadere.
«Il
tuo cuore» disse infine, terminando con una risata meno sfacciata e
più trattenuta. «Non ti serve, giusto?»
«A Bookman non serve un cuore»
«Hn…»
il rosso cercò di indietreggiare, ma la stretta di lei si fece
più forte. La stretta allo stomaco si fece sentire ancora una volta,
più forte, più fastidiosa. Qualcosa dentro ribolliva.
«Che
ne dici di questo?»
Improvvisamente
le mani della bambina si staccarono dal suo petto, cadendo più sotto e
indietreggiando di scatto.
«Cosa…?»
«Ma
si, questo, questo!» e gli agitò un lecca-lecca rosa davanti agli
occhi.
…glielo
aveva tirato fuori dalle tasche?
«Di
là!» disse ancora una volta la bambina, indicando il sentiero
centrale alle proprie spalle. Sembrò quasi slogarsi una spalla nel
tendere il braccio in quel modo. Allo sguardo serio, perplesso e diffidente del
rosso, sorrise. «Dico davvero. Non stavi seguendo una Farfalla Nera, tu?»
Rabi fece
un respiro profondo, scuotendo la testa. «Già. Pensa che
stupido…»
Lei prese
a leccare il lecca-lecca, guardandolo di sottecchi. Dopo un po’ si fece
da parte, lasciando il passaggio libero. Continuava a sorridere.
Il ragazzo
fece una smorfia, ancora non del tutto convinto.
«Va
bene, va bene» sospirò poi, alzando le braccia in segno di resa.
Si incamminò per superare il ponte, e, quando passò accanto alla
bambina, le poggiò distrattamente una mano sulla testa, scompigliandole
i capelli.«Ci vediamo, Road»
«Ci
vediamo!» chiocciò lei in risposta.
* * *
Il ponte
era…scomparso. Puff, svanito in
mezzo alla nebbia in un attimo, cancellato come se non fosse mai esistito. Ora
c’era solo il fiume.
E il cielo
si era fatto cupo. Blu scuro, senza stelle, quasi opprimente sopra di lui.
Nero.
La bambina
era scomparsa con tutto il resto, svanendo in uno sbuffo di colori
mentre la manina ancora si agitava e l’ombrello strepitava.
C’era
qualcun’altro, invece, ad attenderlo.
«Yo,
Rabi!»
E qualcosa dentro di lui
cominciò a scricchiolare.
Rabi
rallentò il passo non appena lo vide, fermandosi a pochi passi da lui,
senza sorridere. Non ostile. Semplicemente, non sorrise. Non riuscì a
capire il perché, ma sentì la propria mascella rifiutarsi
categoricamente di sorridere a quell’individuo.
«Yo»
rispose, guardandosi attorno. «Hai per caso visto…?»
Un battito di ciglia, una farfalla Nera.
«…Tease?»
Il giovane
aprì la mancina.
Ed eccola
lì.
La piccola
Macchia.
Svolazzava
pigramente tra le sue dita, stridendo di tanto in tanto
quando veniva sfiorata.
Il ragazzo
ispirò a fondo, sollevato. L’aveva trovata.
Poi rimase
in silenzio ad osservarla, rapito ancora una volta da quei movimenti
così dannatamente lenti e ipnotici.
«E’
tua?» chiese dopo un po’ all’altro.
Quello
fece un mezzo sorriso, alzando la mano per seguire il volo del Golem. Si
girò a guardarlo.«Qualche volta»
«Ah»
Rabi
rimase per un attimo colpito da quello sguardo. Da quegli occhi.
Che erano
dorati.
«Ma
dimmi» il ragazzo mosse un passo in avanti verso
di lui. «Come mai seguivi Tease? Non mi sembri tanto morto»
«Non…non
lo sono, infatti.» Rabi si strinse nelle spalle.
«Oh.
Quindi pensi di morire entro breve?»
«Neanche»
indietreggiò impercettibilmente.
L’altro
invece avanzò ancora di un passo. «Sicuro?»
«…sicurissimo»
Tease era scomparsa.
Il giovane
si fermò a neanche mezzo metro da lui. Piegò la schiena in avanti
e si ficcò le mani in tasca, curvando gli angoli delle labbra in un
sorriso enigmatico.
«Vedremo.»
Il rosso
deglutì a vuoto.
«Sir
Tyki Mikk, al vostro servizio»
«Morirai…anche
tu?»
* * *
Rabi fece,
ancora una volta, un passo indietro.
Tyki Mikk
invece si raddrizzò sulla schiena, fissandolo divertito.«Andiamo a
fare due passi, ti va?» e senza attendere risposta si incamminò
verso il bosco.
«Io…»
se fosse indietreggiato ancora un po’ sarebbe finito dritto con i piedi
nel torrente. Quindi decise di fare un paio di passi di lato. Sempre meglio che
niente.
«Su,
muoviti.» lo incitò l’altro.
«Ehm…io…io
dovrei…» il rosso indicò dietro di se, gesticolando senza
motivo «Avrei…avrei delle cose da fare, sai…libri da
leggere…cose da scrivere…»
«…muffa
da scrostare dai libri…muoviti dai»
con un cenno del capo lo invitò di nuovo a seguirlo.
Quindi
Rabi non potè far altro che sospirare e seguirlo.
«Vuoi?»
gli chiese dopo un po’ il portoghese, porgendogli un pacchetto di
sigarette mezzo accartocciato stretto nella mano guantata.
Lui, dopo
un attimo di indecisione, scosse il capo, facendo ondeggiare in modo buffo i
capelli che erano ricaduti davanti agli occhi. Se li portò indietro
subito dopo, in un riflesso condizionato. E poi non voleva perdere di vista il
Noah neanche per un istante.
«Ok»
quello scrollò le spalle e lasciò cadere il pacchetto per terra, senza
fermarsi «Come vuoi»
Continuarono
a camminare. Anche se erano passati pochi minuti da quando
avevano lasciato la riva del fiume, quello già non si sentiva
più, ogni rumore assorbito da quello del bosco e dai loro passi.
«Di’
un po’, Tyki…»
Il giovane
si girò distrattamente, affilando le labbra in un sorriso speranzoso.
«Si? Cambiato idea?»
Al rosso
scappò uno strano sbuffo dal naso che sapeva di risata.
«Spiacente, no.»
«Ah.»
l’altro tornò a guardare avanti.
«Cosa, allora?»
«Stiamo
andando da qualche parte in particolare o…?» lasciò in
sospeso la frase, invitandolo a rispondere.
«Non
so» ancora un volta, Tyki Mikk scrollò le
spalle con noncuranza «Magari troviamo qualcosa di interessante, che
dici?»
«Oh si certo» replicò il rosso.«Cosa potremmo
mai…»
Rabi si
guardò attorno, rallentando quasi fino a fermarsi.
«…trovare...?»
Non era
più nella foresta. Non era più circondato da spessi e robusti
alberi come querce e pioppi. Continuò a muoversi, lentamente, girando su
se stesso per poter guardare anche dietro di se.
«…Tyki?»
Era
circondato da una foresta di bambù, i quali salivano alti e imponenti
sulle loro teste. Il sole, spezzato a metà all’orizzonte,
scheggiava alcuni arbusti di rosso e arancio.
«Mh?
Oh!» la voce del portoghese lo raggiunse immediatamente, proprio
nell’attimo in cui sbattè le caviglie contro qualcosa.
«Sta attento…»
Rabi si
girò di scatto, sorpreso.
L’altro
lo afferrò per un braccio, sorreggendolo nel caso fosse caduto. Ma non
ce ne fu bisogno.
Rabi
incrociò lo sguardo della cosa che stava per farlo cadere e
sospirò di sollievo, dandosi mentalmente dello sciocco.
Era solo
un cadavere.
«Visto?»
la voce sottile di Tyki Mikk sembrò insinuarsi direttamente nel
cervello. «Te l’avevo detto che avremmo trovato qualcosa
d’interessante!» esclamò entusiasta un attimo dopo avergli
lasciato il braccio.
Rabi
invece osservò con aria vagamente annoiata il corpo steso a terra. Era
poco più di un ragazzino. Poveretto.
«Questo
non è interessante. E’ macabro»
«Dipende
dai punti di vista» replicò l’altro, facendo schioccare la
lingua in segno di disapprovo alla sua mancata reazione.
Ancora una
volta, il rosso sospirò. Non c’era nulla di interessante in un
morto. Solo altro inchiostro da impregnare su carta. Semplicemente, qualcun
altro aveva smesso di far parte della storia.
«Vado
a chiamare qualcuno» dichiarò dopo un po’. Sospirò.
Eppure…
Quella sensazione
allo stomaco…
Deglutì
a vuoto.
Si
portò una mano alla gola, stringendola appena. Sentì la
salivazione aumentare. Ansia? Dolore?
Perché
la gola gli faceva così male?
«Vado
a chiamare qualcuno» ripetè. Il Noah gli rivolse uno sguardo
sfuggente, come se stesse analizzando le sue reazioni. Sorrideva, forse?
«…d’accordo.
Va’ pure»
Rabi mosse
un passo indietro. Un altro. E un altro ancora.
Senza staccare
gli occhi da quel ragazzo steso a terra. Morto.
Si sentiva
fottutamente male, come se qualcuno gli avesse appena scavato dentro al petto
con un cucchiaio. Aveva voglia di vomitare. E questa volta non aveva preso
nessun colpo allo stomaco.
Si
girò e corse via. Non voleva vederlo più.
Non
voleva restare un attimo di più in quel posto. Non in quel modo.
Sentì
una risata isterica premergli sulla gola.
Non
con quel ragazzino morto davanti agli occhi.
Sfrecciò
veloce fra gli alberi, seguendo un sentiero immaginario che non poteva sapere.
I colori spenti e rossi degli alberi si mischiavano quasi in un unico colore
biancastro.
Andava
veloce. Troppo.
Chiuse
gli occhi, li aprì.
Non
correva più. Sotto di lui, stretto con troppo forza dalle sue mani
tremanti, qualcosa di rosso e nero lo sosteneva nella sua corsa verso-
«Cosa, Esorcista?»
-il nulla.
Qualcosa,
dentro la sua testa, sbatteva o mordeva. Voci che si affollavano.
Una scena,
una sola, una mano che trapassa.
«Basta!»
L’aria
gli colpiva il viso talmente velocemente da sembrare bagnata. Il respiro
forzato, tanto veloce da sembrare inutile.
E quella
stretta, allo stomaco, così inutile, così insensata, così
fastidiosa e inspiegabile.
Non lo
conosceva. Non lo conosceva, dannazione!
Non erano
neanche compagni!
Solo al
pensiero strinse la presa sull’Innocence.
Stava
diventando tutto uno stramaledettissimo incubo. Era cominciato bene. Sole. Una
finestra aperta. Un mucchio di ragazzini strepitanti.
Una
Farfalla che l’aveva portato alla Morte.
Non la
sua, certo, ma – faceva male, male da impazzire – quel
ragazzino…era così…piccolo.
Aria.
Aveva bisogno di aria.
Un lampo
di luce gli ferì gli occhi.
Li chiuse.
Li
riaprì.
Di nuovo,
correva. Si faceva strada a forza con la mani tra gli
arbusti, le piante crepitanti, inciampando per colpa delle radici degli alberi
che spuntavano fuori dal terreno.
Smise
quasi di respirare, premendo il viso contro la piega del braccio. C’era
un odore dolciastro in giro, troppo forte, intenso, nauseante.
Poi rallentò
fino a fermarsi.
Aveva
voglia di staccare la spina e smettere di pensare.
«Ripeto Sir, sempre al vostro servizio»
Un’altra
scena.
Un braccio
che si staccava, svaniva in polvere, un urlo e una supplica.
Più
vivida, più vicina. Poteva quasi sentirne l’odore.
Aveva la
sensazione che se avesse allungato un braccio avrebbe potuto toccarlo.
Più
forte, più vicino.
Avrebbe
potuto salvarlo.
Se solo…
Avrebbe
potuto salvarlo.
L’odore
sparì.
Un rumore,
costante e tenue, ne prese il posto. Un fiume. Un fiume ed un ponte.
Alzò
il viso.
«Road.»
Alzò
il viso e la vide, ancora lì a ciondolare sul muretto di pietra.
Il
ragazzino. Morto. Gli occhi bianchi e
le pupille dilatate. Morto.
«Road!»
si alzò in piedi e corse verso di lei.
Meglio, si
sentiva decisamente meglio. Non era solo. Non stava impazzendo.
Diavolo,
per un attimo aveva creduto di esserlo.
«Road!»
ripetè con più forza, sebbene l’avesse raggiunta. Quella si
girò con un sorriso cordiale e incrociò le mani dietro le schiena.
«Siii?»
Lui
sospirò, inspirando a fondo. Era lucido. Andava tutto bene.
«C’è un cadavere nel bosco.»
«Due»
lo rimbeccò.
«Cosa?»
«Cosa?»
gli fece il verso lei.
Il rosso
si passò una mano davanti al viso, stancamente.«E’ una cosa
seria. C’è un cadavere nel bosco»
«No
che non c’è. Solo metà di un pezzo
e tu nemmeno l’hai visto»
«Che
cosa? E non farmi il verso!»
La bambina
chiuse la bocca di scatto, quasi senza rendersene conto. Poi sorrise.
«E
com’era questo cadavere?»
«Hn»
lui storse il naso. «Parecchio morto, direi»
«Magari
era per terra a faccia in giù?»
Il ricordo
venne a galla come un pallone di plastica, schizzando tutto attorno
piccoli dettagli che prima non aveva notato. Registrato ma non
analizzato.«In su»
«E
gli occhi? Com’erano gli occhi?»
Fissi su
di lui. Accusatori. Distorti dal dolore. Sorpresi, forse?
«Bianchi»
Sentì un groppo alla gola. Ingoiò a fatica e fissò per
terra, ma poi la sentì prendere fiato per parlare e la fissò
quasi supplicante. «Però Road, adesso…»
«E il
sangue? Magari c’era un sacco di sangue» la vocetta infantile di
lei si fece più bassa.
«…smettila…»
Quasi un
sussurro.
«Magari
il corpo era quello di un ragazzino!»
«…non
è…»
Si
insinuava direttamente fra i suoi pensieri.
«Magari
come quello?»
La piccola
Noah indicò dietro di lui.
La risata
isterica di poco prima si perse in un fremito.
«…oddio.»
Sentì
qualcosa dentro di lui spezzarsi. Qualcos’altro riprendere a mordere.
Qualcos’altro, ancora, ebbe paura.
«Andiamo,
andiamo a vedere!» saltellò allegra la bambina, prendendo una mano
rigida del rosso tra le sue piccole e calde e trascinandolo nel punto indicato.
Rabi
chiuse gli occhi ancora prima di girarsi.
«Basta»
sussurrò.
Se non
l’avesse visto non sarebbe stato male. Se non l’avesse visto non
avrebbe ricordato. Era convinto che se avesse chiuso gli occhi abbastanza a
lungo e sperato abbastanza intensamente, tutto sarebbe sparito.
Fece un
respiro profondo e li riaprì.
«Ahh,
per questo qui non c’è niente da fare. E’ proprio
morto.»
Il
ragazzino era lì, immobile e freddo come lo ricordava.
Era morto
davvero.
Se solo…
Tanto era
morto, inutile pensarci. Avrebbe scritto qualcosa di doloroso e molto toccante
a tal proposito, ma sarebbe finita lì.
«Oddio…oddio oddio oddio…»
Sentì
la bambina inginocchiarsi affianco a lui. Le ginocchia avevano ceduto ed era
finito per terra.
«Fallo
smettere» sibilò, prendendosi la testa fra le mani.«Fallo
smettere»
«Povero
Esorcista, ti hanno lasciato solo?»
«Qualsiasi
cosa sia…» la sua voce diventò un sussurro forzato.
«E’
colpa tua, lo sai vero?»
«…ti
prego…» avrebbe potuto spezzarsi in qualsiasi momento.
«Se
solo non lo avessi lasciato andare…»
«…ti prego fallo smettere!!!»
«Allora
che ne dici di farlo tornare in vita?»
«…cosa?»
Il vuoto
dentro di lui si fece ancora più profondo.
Alzò
gli occhi davanti a se. La bambina non era più al suo fianco. Svolazzava
pigramente dietro la schiena di qualcuno che prima non c’era.
«…il…Conte?»
Si
sentì una risata, ma nessuno aprì bocca.
«Esatto!
♥ »
Istintivamente
Rabi si portò una mano al fianco, sicuro di trovarvi qualcosa che invece
non c’era. Ma cosa?
«Allora,
lo facciamo resuscitare o no?»
Lui
fissò l’uomo che aveva davanti. Il suo sorriso impassibile. Il
corpo steso a terra dietro di lui che lo fissava, lo fissava come se fosse colpa sua, supplicandolo di aiutarlo.
Fissò
Road. La propria mano al fianco ancora alla ricerca di qualcosa.
Sentì
qualcosa dentro di lui rompersi.
Urlò.
«Aaaah!!!»
Era tutto
sbagliato. Lui non era lì. Lui non stava facendo quelle cose. Lui «Aaaah!!!Aaah!!!» era in camera sua a copiare e a
«Aaaah!!!» scrivere.
Lenalee
gli avrebbe sorriso.
Kanda
avrebbe cercato di picchiarlo.
Il vecchio
Panda si sarebbe arrabbiato per il rumore.
«Aaaah!!!»
Ma lui era
lì, il ragazzino – Dio, Dio,
il nome! Non ricordava il nome! – era morto, e invece non doveva.
Di nuovo,
desiderò morire.
«Allora?
Cosa rispondi?»
Fissò
una mano bianca davanti al proprio viso. Attaccata al un
braccio. Ad una spalla e poi ad un collo e ed un viso.
Tyki Mikk,
con un gesto veloce della mano mosse le dita ed estrasse dal nulla una carta da
gioco.
Un asso di
picche.
«Allora?»
Un altro
gesto, un altro numero di magia. A lui sarebbe
piaciuto di certo.
E un pezzo
d’argento graffiato si sovrappose alla carta.
Inciso, un
nome.
Allen Walker
«Devi solo chiamarlo»
Al resto pensiamo noi.
Rabi
chiuse gli occhi.
Pregò.
Non
credeva in niente, ma pregò.
Lenalee gli avrebbe sorriso.
Kanda avrebbe cercato di picchiarlo.
E il vecchio Panda si sarebbe
arrabbiato per il rumore.
«…voglio andare a casa…»
«…Allen-kun…»
«Happy
Birthday to you…♥»
THE END
[…maybe ♥]
*Note fine capitolo*
Bene. Bene
bene bene. Questa fiction mi ha completamente
svuotato. Ci ho messo una settimana a finirla, kso. All’inizio era una
storia completamente diversa, avrebbe dovuto esserci la yaoi…ma
poi una certa persona (cercava di
prendermi in giro, e io invece l’ho ascoltata) mi ha detto che Rabi e
Tyki avrebbero potuto trovare un cadavere…e il resto lo sapete.
Ho deciso
di scrivere Rabi invece di Lavi perché nonostante siano
simili, danno due impressioni totalmente diverse, e quella che si avvicinava di
più allo spirito della fic era Rabi.
Se ci
sono…cose, citazioni o pezzi
che non capite chiedete pure, e io risponderò alle recensioni qui sotto
un attimo dopo averle lette. Promise.
*E, per il Dio della Nutella, commentate*