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Autore: biberon    05/09/2013    1 recensioni
“Abbiamo dovuto farlo.” Disse la madre di Gwen con gli occhi lucidi.
“Ma è una ragazza dolcissima! Gentile, bella, educata, spiritosa! È una mia grande amica!”
“Capiscici, Duncan, ti prego. Lo facciamo per proteggerti!”
“Da cosa?!”
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Duncan era un ragazzo punk, forte, intraprendente, ribelle, ma buono.
Courtney era una ragazza bella, ordinata, intelligente, intraprende e dolce.
Gwen era una ragazza sola.
Lei era diversa, lei era un pericolo …
Ma lei voleva solo qualcuno, qualcuno che l’apprezzasse e l’amasse, qualcuno … lo voleva disperatamente, con tutta se stessa.
Ed era pronta a fare qualsiasi cosa per averlo.
Genere: Horror, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Gwen | Coppie: Duncan/Courtney, Duncan/Gwen
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo, Violenza | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Duncan si rimise seduto.
“Tesoro, ma che diamine ti è preso?” chiese Courtney preoccupata.
“No, nulla, è che …” Duncan stava pensando alla parole migliori da dire.
Doveva dire alle tre ragazze di quel numero?
Dopo tutto si era presentato solo tre volte, pura coincidenza …
No?
 
“Niente.” Disse.
Bridgette alzò un sopracciglio.
“Vi dicevo, quell’ospedale è pazzesco. E la minestra! Non ho mai sentito nulla di più schifoso in vita mia.”
“Povera Bee … ma dai, comunque è stato solo per poco.”
“Già, tu quattro pasti di sbobba li chiami poco?”
Le due ridacchiarono.
Duncan abbassò gli occhi sul piatto e iniziò a giocherellare con il suo toast, che aveva recuperato da terra.
Courtney prese il cartone del latte fresco dal frigorifero.
“Chi ne vuole?”
“Io!” esclamò Bridgette agitando le mani con il suo solito entusiasmo.
“Attenta!” esclamò Courtney, ma era troppo tardi, la surfista la urtò e il latte si rovesciò sul tavolo bagnando i resti  dei loro toast.
“Beeeeeeeeee!” urlò Courtney fingendosi arrabbiata.
Bridgette scoppiò a ridere e si alzò a prendere uno straccio per aiutare l’amica a pulire.
“Ehm …” inizò Gwen, che sembrò riprendere vita solo in quel momento, dopo un silenzio carico di odio per Bee.
“Non vi sembra che le macchie di latte abbiano una forma strana?”
Duncan sentì come se lo stomaco gli salisse in gola.
Quarta volta.
“66783967912 … ancora!” urlò esasperato.
“Che buffo! Delle macchie di latte che formano un numero!”
“Impossibile!” esclamò Courtney accorrendo per guardare.
“Ora faccio una foto, è davvero incredibile!”
Duncan si alzò da tavola.
“Devo andare in bagno.” Disse sbrigativo, attraversò la sala quasi correndo e sparì al piano di sopra.
“Che strano comportamento …” osservò l’ispanica finendo di mangiare il suo toast.
 

Duncan si chiuse in bagno a doppia mandata.
Ma come diavolo era possibile?
E soprattutto, dove aveva già visto quello strambo numero?
Si sedette sul coperchio del water a gambe incrociate e fissò la tendina della doccia rimuginando.
Eppure, eppure …
Non riusciva a formulare altre parole, nella sua mente, se non “eppure …”
Era certo di aver visto quel numero …
Ma non l’aveva in rubrica, non aveva molti amici …
Eppure …
Si alzò, e colto da un’improvviso lampo di genio controllò ovunque.
Sul water, sullo specchio, nella doccia …
Il numero non c’era da nessuna parte.
“Calma, Duncan. Calmati … è solo stress.” Si disse.
“Ora torni giù dalle ragazze e ti comporti normalmente.”
Duncan parlava spesso con se stesso, e benché lo rendesse strano, lo faceva sempre sentire meglio.


Uscì dal bagno e fece per tornare giù, quando una cosa attirò la sua attenzione.
Si precipitò in camera sua.
Ci aveva visto giusto, allora!
Sull’armadio era scritto con una bomboletta 66783967912.
“Ragazze!” urlò, deciso a dire la verità. “Venite immediatamente qui!”
In pochi secondi le ragazze si precipitarono su, spaventate.
“Guardate!2 esclamò il punk indicando l’armadio.
“Guardate COSA?” esclamò Courtney, fissando il punto che Duncan indicava.
“Ma non lo vedete, siete cieche?”
“Che cosa?”
“Ma è lì, davanti a voi! Quel numero!”
“Quale numero?”
“66783967912!”
“Duncan, lo vedi solo tu!”
“Ma se è lì sull’armadio!”
“Duncan, tesoro” disse Courtney accarezzandogli il petto “calmati. Non c’è nessun numero. Quell’armadio è pulito e lucido.”
“Ma …” iniziò lui, ma lei gli mise due dita sulle labbra per zittirlo.
“Sh … è solo stress.” Concluse, giocherellando con il suo pizzetto.
“Già.” Convenne Bridgette, che aveva ancora in mano mezzo toast.
“Noi finiamo di mangiare, vieni?” chiese Gwen speranzosa.
“No, resto qui. Non mi sento tanto bene …”
“Uhm … ok.”
Le tre ragazze annuirono e tornarono al piano di sotto.


Duncan si gettò disperatamente sul letto.
Lui lo vedeva!
Stava lì, davanti ai suoi occhi!
Non era mica cieco!
Eppure …
“Meglio distrarmi.” Si disse.

Si ricordò improvvisamente, pensando ai numeri, che doveva telefonare ai suoi genitori per dirgli com’era la convivenza. Gliel’aveva promesso tante volte prima di trasferirsi, e decise che, dato che non li vedeva né sentiva da parecchio, era meglio approfittarne.
Di solito quando c’era Courtney nei paraggi non poteva farlo, perché lei e sua madre si odiavano.
Non che lui fosse chissà quanto attaccato alla madre, ma pensò che, tuttavia, ogni tanto si può anche telefonare, erano pur sempre i suoi genitori.
E dato che Courtney era SEMPRE nei paraggi (in senso positivo, ovviamente), lui non avevav potuto per parecchio tempo.
Accese il cellulare, che teneva in  tasca, e premette il dito sullo schermo nell’incona rubrica.
Quando vide la rubrica, gli venne  la tentazione di urlare.
I primi cinque numeri erano quelli di Alejandro (un suo amico) Bridgette e Courtney, ma avevano qualcosa di diverso dal solito: erano tutti lo stesso numero.
Indovinate quale?
Con il cuore che batteva all’impazzata Duncan scorse tutta la rubrica, e notò che il numero era lo steso per tutte quelle persone.
“Mio Dio! Sono perseguitato dal demonio!” urlò, in preda ad un attacco isterico, imprecando e lanciando il cellulare a terra.
Alzò lo sguardo sull’armadio, e notò che il numero era sparito.
Ok, inizava ad avere veramente paura.
“Aspetta!” si disse. “Io sono Duncan Nelson! Nessuno, dico nessuno mi prende per il culo!” esclamò soddisfatto. “Se viene qui il demonio gli spacco la faccia!” aggiunse scrocchiandosi le nocche in un modo che sapeva usare solo lui.
Raccattò il cellulare e compose il numero  66783967912.
“E adesso vediamo un po’!”

Tu … tu … tu …
“Pronto.”  Disse una voce rigida e fredda.
Duncan alzò un sopracciglio, cercando di non farsi impressionare.
L’aveva già sentito quel tono misterioso.
Ma non apparteneva a nessuno dei suoi amici.
Eppure …

“Salve, mio caro.”

“Eh, oh, zio, non allarghiamoci troppo!” esclamò Duncan sarcastico.

L’altro sembrò non capire la battuta.

“è da tanto che speravo che mi chiamassi … ti sono stati utili i miei promemoria?”

“A proposito dei tuoi promemoria … avrei da dirti un paio di cosette!” esclamò Duncan agitando il pungo.
“Se con “cosette” ti riferisci a pugni non credo che tu possa farmi realmente male …”

“Eh, oh, Rocky Balboa! Non darti tante arie!”

“Come vuoi. Comunque sappi che ho visto che hai cestinato il mio numero. Ascolta, è importante che io trovi quella ragazza …”

“E perché?!”

“è importante. Ti dico solo questo. È pericolosa, ragazzo mio … devi stare lontano da lei. Dimmi dov’é. Devo saperlo.”

“Non sarai mica il suo ex o roba del genere, eh?”

“No. In effetti non ne ho avuto l’onore, di essere il suo prediletto.”

“Ma come parli, zio, non siamo più nell’ottocento!”

“Zio?”

“Lascia stare, nerd. È un modo di dire.”

“Nerd?”

“Ah, ma non sai nulla, eh? Senti, finiamola subito. Non so di che ragazza parli.”

“Menti.”


“Come credi. Comunque c’è una cosa che dovrei chiederti …”
“Sentiamo.”

“Come cavolo hai fatto a fare quei trucchi … devi essere un prestigiatore o cosa …”


L’altro attaccò.
Duncan esultò.
Sì! Lo sapeva, lo sapeva che era qualcuno che aveva già visto!
Indubbiamente, quello lì era un pazzo.
Non gli avrebbe detto dov’era Gwen neanche per tutto l’oro del mondo.
Ma cos’era questa storia del pericolo di Gwen?!
Si toccò le tempie.
Che densità di eventi, negli ultimi giorni …
Ora che ci pensava, le cose strane erano inziate da quand’era arrivata Gwen …

In quel preciso istante lei si materializzò sulla porta della stanza.
“Con chi parlavi?”
“Ero al telefono.”
“Con chi?”
“Boh, un tizio che non conosco …”
“In CHE SENSO?!”
“Credo fosse il tizio che mi ha accompagnato a casa l’altro giorno, quando sono svenuto …”
“Me lo descriveresti?”
“bah, non è che io me lo ricordi molto … era un tipo strano, alto, capelli neri, occhi inquietanti, sguardo assente …”
“OMIODIO!” urlò Gwen.
“Che succede?”
“Non ci credo! Duncan, promettimi che non gli parlerai mai più …” disse lei singhiozzando.
“Ma perché, chi è?”
Gwen scoppiò in lacrime dal nulla e si nascose il viso tra le mani.
“WAAAAAAAA!” urlò avvinghiandosi a Duncan.
“Gwen … ?”
“Quel tizio è … è un maniaco che mi perseguita! Mi scattava foto di nascosto … è un pazzo, un pazzo, ti dico!”
“Ok, ok … ti prometto che non gli parlerò più. Ma se solo ti tocca …”
“Oh, grazie, Dunki ...” sussurrò lei stringendolo forte.
Rimase lì così  a pinagere ancora per un po’, poi tutti e due scesero al piano di sotto da Bridgette e Courtney ed evitarono di parlarne per il resto della giornata.

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Gwen non poteva fare a meno di sorridere.
Dopotutto era stata bravissima.
Il suo piano stava procedendo in modo così perfetto che persino lei se ne stupiva.
E poi, che attrice era stata con Duncan!
Beh, le lacrime finte le erano sempre venute bene, fin da quando la sua mamma la schiaffeggiava da piccola quando uccideva un agnellino guardandolo soltanto.
Già, era così bello vederli soffrire, quegli agnellini della fattoria di fianco …
Come si contorcevano e belavano pietà, come soffrivano fino all’ultimo istante prima che lei potesse dare il tocco finale …
Certo, non avevano quel tocco di classe che avevano gli umani, questo era vero.
Ma quando non si hanno alternative ci si accontenta con tutto.

Tra pochi minuti lei Courtney e Duncan sarebbero andati da Bridgette per una notte a dormire, come festeggiamento per la guarigione improvvisa e miracolosa della surfista.
Ma quale miracolo!
Tutto secondo il suo piano perfetto.
Dopo la prima bevuta era normale che Bee stesse bene.
Ma ben presto, molto presto, non lo sarebbe stata più, bene.
Anzi.
Non lo sarebbe stata mai più.

“Gweeeeen!” la chiamò Courtney dal piano di sotto. “è ora di andare!”
Gwen si alzò dal pavimento del bagno sul quale era seduta.
Si passò ancora l’eyeliner e il mascara.
D’altronde, doveva essere bellissima per Duncan. No?
Il suo stomacò brontolò con un rumore simile ad un tu0no.
“Calma, piccolino … tra poco ti darò da mangiare.” Disse accarezzandosi la pancia amorevolmente.
Courtney la chiamò di nuovo, e lei scese.
“Andiamo!” disse l’ispanica.
I quattro uscirono di casa.
I genitori di Bridgette erano già ad aspettarli con la macchina.
Erano venuti a prenderli per portarli in città, dove viveva la surfista.
“Sai, Gwen” disse Bridgette mentre saliva in macchina “Sono contenta che tu  venga a casa mia!”
“Anche io.” Pensò la gotica sorridendo come uno squalo e passandosi due dita sulla pancia piatta; “Anche io.”

 
   
 
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