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Autore: alyfa    05/09/2013    9 recensioni
Partire per l'Italia era stata la scelta migliore che aveva fatto, a quel tempo credeva era felice, sicuro di aver deciso per il meglio. Ma ora..doveva tornare a casa e sentiva il peso dei ricordi che lo schiacciava. Chissà i suoi vecchi amici come sarebbero stati? Chissà se si ricordavano di lui? E poi...poi c'era Lei..Isabella. La ragazzina che amava segretamente e che desiderava disperatamente anche dopo tutti quegli anni. Chissà se sarebbe stata felice di vederlo?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
- Questa storia fa parte della serie 'Love will not pass'
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**Ciao a tutte..Anche se ho la long iniziata..ho pensato di postare anche questa..giusto perché ci voleva un po’ per strappare l’attenzione dall’altra. In realtà ero un po’ troppo concentrata a scrivere gli ultimi capitoli di “Suddenly I felt love in the air” e stavo impazzendo perché non trovavo l’ispirazione giusta..per cui è nata questa cosa qui. Spero vi piaccia..spero che vi faccia ridere un po’ e vi faccia sentire le gambe molli dal diabete! Credo che potrebbe essere anche la prima di una serie..non so, vedremo! Forse i protagonisti hanno dei tratti caratteriali diversi, mi scuso però i personaggi sono nati così..Non so che altro dire..odio presentare una storia perché non so mai che dire! Hihi…mi aspetto molte recensioni! Buona lettura!
PS: Il banner è una creazione di Aiami! Grazie mor! <3
Aly**



 


Only You

Pov Edward.
Ricominciare è difficile.
Ripartire da zero e farsi forza di non guardare al passato è difficile.
Difficile ma non impossibile.
Finalmente, dopo tanti anni stavo tornando a casa. Finalmente stavo tornando da Alice, la mia sorellina. Probabilmente se mi sentisse si arrabbierebbe a morte, ma sono pur sempre il fratello maggiore e per me, lei sarebbe rimasta sempre e solo la mia piccola sorellina fragile, da proteggere. E invece stavo tornando a casa perché tra poco più di tre mesi avrei dovuto accompagnarla all’altare. Avevo conosciuto Jasper quando lui e mia sorella erano venuti a Venezia per un viaggio, qualche anno fa. Stavano già insieme da qualche mese e finalmente vedevo mia sorella serena e spensierata. In occasione di quel viaggio, comunque, colsero l’occasione per passare da Firenze a fare un saluto.
Ero volato in Italia subito dopo la morte di mio padre. Edward Masen Senior era un uomo con la mania del controllo, che mi aveva reso l’adolescenza triste e complicata. Cercavo di sfuggire alle sue regole il novantanove percento delle volte. E ogni santissima volta finivo in punizione. Mia madre purtroppo è mancata molto tempo prima, appena aveva messo al mondo Alice. Seppure la sua mancanza è stata abissale e traumatica per tutti e tre, ci ha lasciati un tesoro prezioso, che sapevo di dover proteggere a costo della mia stessa felicità. Ma non appena nostro padre morì ho sentito la libertà prendere il sopravvento e darmi la forza di decidere. Mio zio Carlisle insieme a sua moglie Esme si presero cura di Alice e insistettero per prendersi cura anche di me, ma rifiutai. Andai a studiare architettura a Venezia e appena riuscii a laurearmi mi spostai a Firenze, dove mia nonna mi attendeva con ansia.
Mio cugino Emmett in questi anni ha preso il mio posto accanto a mia sorella, prima di partire mi sono fatto promettere che l’avrebbe protetta come se fosse sua..e così aveva fatto. Spesso mi chiamava, raccontandomi delle bravate che lei e la sua pazza amica Isabella combinavano nel week-end e che lui doveva pensare sempre a risolvere, per non metterle nei pasticci. Era grazie a loro che aveva conosciuto la sua compagna, con la quale conviveva da circa sei anni, Rosalie Hale, che poi è la sorella gemella di Jasper. Anche loro sono venuti in Italia a trovarmi e trovai mio cugino molto più mansueto, ma lo stesso giocherellone di un tempo, la sua donna lo stava raddrizzando per bene!
E poi c’era lei, Isabella Swan. Era stata la mia tortura quando eravamo piccoli. Abitavamo vicini e così lei e mia sorella, dato che frequentavano la stessa classe fin dalle elementari, passavano ogni pomeriggio a giocare e fare i compiti insieme. Molte volte chiedevano il mio aiuto e lo facevano con così tanta insistenza che dovevo lasciare ogni cosa per fare quello che mi dicevano. Mi piaceva stare con loro, mi piaceva giocare e scherzare soprattutto con Isabella. Credo di essere innamorato di lei da quando avevo nove anni. Certo, a quell’età non potevo di certo sapere cosa fosse l’amore, ma con il tempo, coltivandolo ogni giorno, arrivai ai diciotto anni che crebbe un amore disperato e solido, che non voleva andarsene neppure con l’acido, da dentro di me. E’ stata anche la consapevolezza di questo amore viscerale e passionale che nasceva giorno per giorno dentro di me, che mi ha fatto scegliere, senza rimpianti o rimorsi, di partire. Più distanza c’era tra noi, meglio sarebbe stato, per entrambi. Per lei perché non avrebbe rischiato di essere assalita da uno che era ossessionato da lei e dal suo corpo. Per me, perché speravo che tutto quello che sentivo si sarebbe spento. Ma non era così. Dannazione! Avevo fatto tanto per cercare di non avere contatti con lei..ma non c’ero riuscito fino in fondo. Non era mai venuta a trovarmi in Italia insieme a Alice, nei suoi viaggi, e credevo che di me non potesse importargliene poi molto. Invece mia sorella di tanto in tanto, mi faceva sapere che Isabella chiedeva come stessi e cose del genere, mi raccontò anche di averle dato il mio numero di telefono, che però in tanti anni non era mai stato usato. Avevamo solamente tre anni di differenza, entrambi avevamo avuto le nostre esperienze passate e sbagliate e molte cose a farci apparire simili, eppure non avevo il coraggio di provarci. Probabilmente perché sono sempre stato un po’ timido e impaurito di ricevere il due di picche.
Non dovevo pensarci. Non erano i pensieri giusti per questo momento.
Ero qui per aiutare Alice con il matrimonio, con la scelta della torta, con la scelta dell’abito eccetera. Aveva insistito come al solito e alla fine aveva ottenuto la mia partenza prima del previsto. Per fortuna ero il capo di me stesso, per cui potevo benissimo prendermi le vacanze che volevo.
Ero atterrato all’aeroporto di Seattle esattamente tre quarti d’ora fa, attendevo il bagaglio che doveva essere controllato perché risultava che ci fosse qualcosa di strano. Ovviamente! Non importava che avessi dichiarato alla partenza di custodire all’interno delle mie valigie i miei strumenti di lavoro, doveva assolutamente controllare con i loro occhi. Maledizione! Mi portarono nell’ufficio della sorveglianza aeroportuale e li guardai mentre tiravano fuori ogni singolo indumento dalla mia valigia, fino ad arrivare al fondo.
-E questi signor Masen? – la voce dell’ispettore della sicurezza cominciava a darmi sui nervi. Cosa vuole che siano, bombe pronte ad esplodere? Non lo vede da solo che sono delle semplici squadre da disegno?!
-Sono i miei strumenti di lavoro, squadre, righe, compasso, piccoli taglierini che servono per incidere il plastici..sono un architetto. – Ero si il capo, ma dovevo pur lavorare in quei tre mesi, o quando sarei tornato a casa ogni singolo progetto sarebbe risultato troppo indietro per i miei standard.
-C’è qualcosa che lo possa testimoniare? – avevano rafforzato i controlli, ed io ero la persona più contenta del mondo per questo, davvero, pensavo che fosse una buona cosa anche perché lavoravano più persone, ma in questo momento li avrei mandati tutti a quel paese. Come diavolo si fa a testimoniare di essere un architetto in un aeroporto?!
-Può chiamare a questo numero – gli porsi il mio biglietto da visita –Il mio studio si trova a Firenze, in Italia, le risponderà la mia segretaria Margherita. – Passai una mano tra i capelli, sperando che facessero in fretta quella telefonata.
-L’attende qualcuno fuori dal terminal signor Masen? – in realtà non lo sapevo, ma più di tutto mi chiedevo che diavolo ne volessero sapere questi qui.
-Non lo so, dovrebbe esserci mio cugino o mia sorella o i miei zii..insomma non lo so. Potrei anche prendere un taxi. – stavo per incazzarmi sul serio. Le mie preziosissime camice erano state buttate alla rinfusa sopra il tavolo e due delle guardie armeggiavano con i miei strumenti. Quando videro un porta rullino, di quelli delle vecchie macchinette fotografiche, cominciarono ad agitarlo e a domandarsi cosa ci fosse lì dentro. Se continuavano così mi sarei alzato e presi a pugni.
-Signori, quella cosa non è una bomba, d’accordo? Sono qui per il matrimonio di mia sorella. Devo assentarmi dal lavoro per tre mesi, ho portato dall’Italia il mio lavoro..lì dentro ci sono le mie matite piccole che utilizzo per disegnare degli schizzi, siccome sono molto preziose e mi portano addirittura fortuna, potreste smetterla di agitarle? Sono un tantino geloso di quelle cose.. – avevo parlato il più gentilmente possibile, ma stavano davvero superando loro stessi.
Ero frustrato cavolo! Non era possibile tutta quella trafila per delle matite e un compasso. Mi stavo alterando ancora di più quando vidi l’uomo guardare attentamente le mie matite. Perché diavolo non mi lasciavano in pace? Non avrei potuto nascondere una bomba all’interno della mina..Non sono neanche capace di costruirne una, dannazione!
-Capo Choo, la signorina è qui per il signor Masen.. – annunciò un’altra guardia alla porta. Ecco. Adesso ci voleva anche un’altra signorina che magari mi faceva il terzo grado, laureata in psicologia, per capire se avevo intenzione di mettere qualche bomba in giro per Seattle. Non mi girai neppure e continuai a controllare le guardie che ispezionavano la mia valigia, curioso di sapere cos’altro avrebbero tirato fuori.
-Si accomodi! Lei è?
-Isabella Swan, piacere! – mi bloccai di colpo. Tutta l’arrabbiatura completamente svanita mentre mi giravo ad osservarla. Stringeva la mano all’ispettore, con un cipiglio frustrato sul volto e una borsa a tracolla troppo piena per le sue spalle esili. Era bellissima. I capelli castano cioccolato le ricadevano ondulati sulle spalle, i suo occhi sempre brillanti e lucidi di un’emozione particolare la facevano sembrare ancora più bella. Le labbra a cuore che tante volte avevo sognato e desiderato. Indossava una t-shirt azzurra con addirittura delle macchioline di cioccolato sul bordo e un jeans che la fasciava perfettamente e un paio di ballerine nere semplicissime. Era una dea ai miei occhi.
-Lei conosce il signor Masen? – lei mi rivolse uno sguardo sorridendo.
-Si, si. Siamo amici da quando eravamo bambini. Il signor Masen è qui per il matrimonio di sua sorella Alice e..ma che state facendo? – disse un po’ alterata guardando le due guardie che frugavano tra la mia roba.
-E’ una questione di sicurezza signorina Swan. Abbiamo passato allo scanner questi bagagli ed hanno verificato che c’era qualcosa che non quadrava. Sono controlli di routine! – adesso si stava infervorando. Si passava una mano tra i capelli, sospirando pesantemente. Prese in mano le carte che l’ispettore Choo gli passava, forse i miei documenti e poi li rimise con stizza sulla scrivania, prendendo un altro profondo respiro.
-Mettete giù subito quelle cose! – Oh-oh. Il tono di voce alterato e così imponente da far fermare le guardie che ancora controllavano le mie cose. Non la ricordavo così determinata e assolutamente eccitante.
-Signorina Swan, lei non sa cosa sta dicendo..si guardi bene da quel che dice, posso benissimo farla arrestare! – eh no, eh! Adesso che l’ho ritrovata no, vi prego!
-So bene quello che dico ispettore Choo. Lei forse non si ricorda di me, ma sono la figlia del capo Swan! Si ricorda il capo del dipartimento della polizia di Seattle? Conosco bene le regole. Avete appurato per quasi un’ora tutti i dettagli della vita e del lavoro di quest’uomo e avete invaso la sua privacy, nonostante avesse dichiarato per iscritto cosa contenessero i suoi bagagli. Sono sicura che è il caso che vi informiate meglio su chi trattenete. Vi pregherei di riordinare le cose del signor Masen e di lasciarlo passare. Non credo che all’interno di un blocco da disegni o con un compasso possa far scoppiare una bomba a Seattle! Ci state facendo perdere tempo prezioso e fate passare la voglia a questo povero uomo di tornare in America dalla sua famiglia! La sua cittadinanza Americana non l’ha persa, per cui vi ricordo che il rispetto è la prima forma di educazione che ci insegnano in questo paese da, ormai, molti anni. – aveva finito la sua arringa come se fosse in un’aula di tribunale. Era stata pazzesca. Aveva parlato con la voce decisa e guardando negli occhi l’ispettore Choo che sembrava alquanto sconvolto.
-Mi dispiace per l’inconveniente signor Masen..tenga i suoi documenti e…Benvenuto negli Stati Uniti! – disse subito dopo l’ispettore, passandomi i documenti; raccolsi le mie cose e volai fuori da quell’ufficio, seguendo la mia dea.
-Sei stata formidabile lì dentro! – non avevo saputo trattenermi e lei si fermò sorridendomi dolcemente.
-Ciao Edward! Ben tornato! – mi abbracciò dolcemente e fui felice di ricambiare affettuosamente quell’abbraccio, troppo lungo per degli amici standard.
-Come hai fatto a stenderli così? – lei mi guarda arrossendo appena.
-Non ti ha detto Alice che ho studiato giurisprudenza? – disse mentre ci incamminavamo verso l’esterno dell’aeroporto.
-No, in verità..no. Questa cosa mi mancava.. – lei sorrise enigmatica.
-Credo che ti manchino molti tasselli della mia vita, signor Masen! – mi ribeccò. Sorrisi e pensai che probabilmente avrei potuto riprendere un qualche rapporto con lei, in questi tre mesi. Vedevo che si avvicinava a un box su cui troneggiava una scritta tutta colorata “Children House” –Scusami un attimo.. – la guardai mentre entrava nel piccolo cancelletto marrone, alto neppure un metro e si avvicinava a una delle ragazze che stava seduta a disegnare con alcuni bambini. Una bambina con i capelli castani e gli occhi color cioccolato le volò in braccio e lei la strinse forte. Credo di essere morto in quell’istante. La situazione era chiarissima, soprattutto quando la piccola aveva urlato “Mamy” a Isabella.
Mi riscossi appena la vidi tornare verso di me, non dovevo farmi vedere turbato.
-Scusa l’attesa. Ti presento Caroline..Caroline, lui è Edward, il fratello della zia Alice.. – la bambina si nascose nell’incavo del collo di Isabella e lei mi sorrise aggiungendo –E’ un po’ timida con le persone che non conosce, tempo qualche giorno e non ti libererai più di lei! Andiamo..Caroline, scendi..cammina con le tue gambine.. – la bimba scosse la testa forte e rimase in braccio di Isabella, che sbuffò sonoramente. Ci avviammo al parcheggio, in un silenzio imbarazzante. Non sapevo che dire, ero davvero confuso. Alice non mi aveva mai parlato di sua figlia. Pensò ad allacciare la piccola nel seggiolone mentre io caricavo i miei bagagli. E poi la raggiunsi in macchina, sul lato passeggero.
-Come mai..ehm sei venuta a prendermi tu all’aeroporto? – domandai incerto.
-Non ti piacerà saperlo.. – rise appena e diede uno sguardo alla piccola dietro. –Amore..vuoi dirlo tu a Edward cosa stanno combinando gli zii a casa? – mi girai verso la bimba ma lei scosse la testa. –Uffa amore..di Edward non devi avere paura è amico della mamma da molto tempo.. fagli un sorriso dai.. – cercava di farla interagire con me ma non ne voleva sapere.
-Non lo conocco.. – biascicò debole la piccola. Aveva la voce di Isabella. Era completamente la sua fotocopia. –E non ha pottato egali pe me.. – disse incrociando le braccine sul petto. Sorrisi e guardai Isabella che rise.
-Amore..ma Edward non sapeva di te..sai..lui è andato via tanto, tanto tempo fa dalla casa di zia Alice..neanche lui ti conosce..però potresti almeno dirgli ciao.. – cercava di spiegargli lentamente e con dolcezza. Non so perché ma volevo disperatamente che quella piccolina mi accettasse!
-Tao.. – sorrisi verso la piccola e le risposi.
-Ciao anche a te..sai che sei proprio bellissima?! – lei diventò rossa sulle guance ed io mi rivolsi a Isabella –E’ proprio uguale a te! – e scoppiammo a ridere.
-Tia Alice e Tio Emmett pepaano una fetta a soppesa pe te.. – disse la piccola a un certo punto e io mi voltai verso Isabella che ora rideva sguaiatamente.
-Non ho potuto fermare il tornado di tua sorella. Ci ho provato, giuro..ma non ha voluto sentire ragioni! – e rideva sempre di più. Non c’era niente di più bello in quel momento. Stava concentrata alla guida ma rideva allegra e gli occhi le luccicavano ancora di più.
-Ho fatto anche uno stiscione co sclitto “ben…Ben…” Mamy..come ti dice?
-Benvenuto amore.. – le rispose lei in Italiano. Ero completamente stordito.
-Davvero?! – non sapevo a chi chiedere ero su un altro pianeta. Mi sentivo atterrito da tutte quelle nuove novità.
-Ti! Non dico budie! – mi voltai per sorriderle e la piccola sorrise appena. Almeno era una piccola conquista.
-Allora Isabella..raccontami..E’ dura fare l’avvocato? – provai a chiederle ma lei scosse la testa sorridendo.
-Da quanto tempo non parli con Alice? – mi passai una mano tra i capelli confuso. –Oh cielo..non ci credo! – la guardai come a chiederle di che diavolo parlava. –Pensavo che chiedessi di me ogni tanto, ad Alice, infondo eravamo amici..e lei mi dice che parlate di me..ma.. Cielo che figura! – diventò rossa e poi si passò una mano sul volto, senza coprire gli occhi.
-Non credo di capire..- essere confusi era dir poco, pochissimo.
-Io..Niente. Non faccio l’avvocato, o almeno non più.. – sussurrò le ultime parole. –Con Caroline non potevo stare fuori tutto il giorno e addirittura nel week-end, non potevo portarla in ufficio con me e oltretutto ero un avvocato penalista, la peggior specie!- sorrise -Per cui ho dovuto cercare un altro lavoro.. Avrei potuto lavorare a casa, è vero..ma comunque non era la vita che sognavo per mia figlia..Ho aperto una pasticceria invece, proprio sotto il palazzo in cui abito. Caroline sta con me quasi tutto il tempo, quando finisce l’asilo..oppure sta con tua zia e tuo zio..Sono dei bravi nonni.. – sorrise verso la piccola –E’ vero amore?
-Ti..nonna Emme mi fa i bicotti e nonno Callile mi potta sulle spalle.. – sorrisi a quella confessione. Era bello sapere che aveva comunque contatti con la mia famiglia.
-E..tuo marito? – tentai arrossendo un po’ per quella domanda personale. Lei rise di gusto e poi mi guardò con la coda dell’occhio.
-Dio, tu hai bisogno di chiacchierare di più Edward! Alice è una gran pettegola, è strano che non abbia fiatato con te.. – già. Me lo stavo dicendo anche io. –Comunque non sono sposata. Il papà di Caroline è andato via..
-Io non ho papà..il mio papà ha paua e ti è naccotto! – guardai a fondo Isabella. Come aveva potuto dire ad una bambina così piccola la verità sul padre?
-Siamo arrivati. – non mi ero neppure accorto che avevamo parcheggiato all’interno di un giardino di ghiaia che metteva in comune tre villette. Non sapevo che i miei zii avessero cambiato casa. Questa sembrava più..grande, più accogliente..più bella. –Amore tu vai dagli zii intanto, noi scendiamo i bagagli.. – Isabella scese dall’auto e io la seguii fino al bagagliaio.
-E’ bella la villa..
-Oh no..non dirmi che non sapevi neppure di questo! – mi guardava completamente allibita. La mia confusione fu la risposta. Scoppiò a ridere e io mi sentii un po’ umiliato.
-Ti piace ridere di me vero?! – era l’unica cosa che mi veniva in mente.
-Edward Masen..torna in te. Non ti riconosco più! – sorrise brandendo due miei borsoni e lasciandomi il trolley pesante. Si stava avviando verso la casa di destra e mi chiedevo sempre di più chi fosse quella ragazza. Lei diceva di non riconoscere me, ma ero io che non sapevo più chi avevo di fronte. –Siamo qui! – urlò lasciando i borsoni all’ingresso e avviandosi verso una porta finestra.
-Edwaaaarrd! – non riuscii neppure ad attraversare la finestra che Alice mi era saltata al collo. Chiusi gli occhi respirando odore di casa, odore di famiglia..lei. Aprii gli occhi e trovai un tavolo con una torta di medie dimensioni con scritto “Bentornato Edward”. Lo striscione con scritto “Benvenuto” in italiano, che aveva aiutato a fare anche Caroline e tutte le mie persone. Emmett e Rosalie, zio Carlisle e zia Esme, Jasper, Alice, Isabella e Caroline e c’erano anche Angela e Ben, due amici del liceo. Dio quanto tempo era passato…dieci anni.
Salutai ogni persona sorridendo entusiasta. Mia zia mi tenne nell’abbraccio molto più di tutti e potevo capirla. Mi aveva sempre considerato come un figlio..e un figlio non è normale che non si veda per dieci anni. Isabella cominciò a tagliare la torta e a servirla insieme a Rosalie. Io mi perdevo ad osservarla era serena e ben ambientata in questa casa, si muoveva con disinvoltura e sembrava addirittura che fosse sua.
-Fratello..perchè stai fissando Bells in quel modo? – ovviamente non potevo scappare al suo sguardo con i raggi laser.
-Tu lo sapevi vero? – indicai la sua amica d’infanzia. Lei mi sorrise ma finse di non sapere nulla.
-Non so di cosa parli..
-Non sono stupido fino a questo punto Alice..perchè non mi hai detto nulla? Perché non hai provato a fare cupido come al tuo solito? – lei sorrise enigmatica.
-Avevi bisogno di trovare te stesso e lei..aveva bisogno di capire cosa volesse..Ora però..entrambi sapete cosa volete! Buona fortuna! – disse allontanandosi facendomi l’occhiolino.
-Questa è per te.. spero ti piaccia.. – mi sorrideva tenendo in mano un piattino per se e uno per me.
-L’hai fatta tu? – mi guardava come se fosse ovvio. –D’accordo oggi ho dato il meglio di me! – passai una mano tra i capelli, imbarazzato e lei rise.
-Sai..non mi ricordavo fossi così divertente! – mi sorrise ed arrossì.
-Io non mi ricordavo tu ridessi così tanto! E’ bello vederti ridere..mi piaci! – lei arrossì ancora di più e credo di aver fatto lo stesso. Balbettai cercando di giustificarmi. –Intendevo..ehm..intendevo dire che..mi piace la tua risata! – lei volse lo sguardo verso Caroline che stava avanzando verso di noi, ed era ancora imbarazzata. Dio che figure di merda che stavo facendo!
-Ehi amore..che c’è non ti va la torta? – la piccola scosse la testa e salì in braccio a Isabella. –Ne mangiamo un po’ insieme? Lo sai che la mamma non la mangia tutta.. – le sorrise e prese una forchettata imboccandola. La scena mi sembrava così dolce, così tenera..estremamente bella. Mi veniva voglia di farne parte. Dopo un paio di forchettate in assoluto silenzio Isabella riprese a parlare con sua figlia. –Mi dici che è successo amore?
-Tavo giocando con tio Jaz e tio Emmett mi ha tirato le codine che ha fatto la tia Rose..e’ cattivo, mi ha fatto la bua! – io sorrisi e scossi la testa.
-Questo perché lo zio Emmett è più piccolo di te! – non riuscì a frenare la lingua e Isabella capì subito quello che intendevo. Mi avvicinai alla piccola che sembrava aver la faccia di chi dice “ehi a me non la fai, Emmett è grande e grosso mica piccolo!” –Sai Caroline, lo zio Emmett è grande e grosso ma in realtà è ancora un bambinone a cui piace giocare tanto, tanto e tanto. Ti ha tirato le codine perché è invidioso che la zia Rosalie dava più attenzione a te che a lui! – Isabella rise alla mia spiegazione e quando Caroline si girò per verificare se fosse così cercando le risposte negli occhi di sua madre lei annuì.
-Alloa è popio tupidino! – scese velocemente dalle braccia della madre e volò verso mio cugino per abbracciarlo. Io e Isabella scoppiammo a ridere.
-E’ davvero bellissima Caroline..
-Si..lo è!
-Come la madre.. – azzardai, arrossendo di botto. Potevo essere così stupido? Dai..non era possibile alla mia età. Con tutte le donne che avevo avuto poi..mi veniva la rabbia a pensare che proprio con lei ero così dannatamente timido!
-Grazie..ma comunque..Caroline è più bella.. – arrossì abbassando lo sguardo sulle sue scarpe e io sorrisi.
-Ti va di raccontarmi cos’è successo con suo padre? – azzardai un po’ impaurito dalla sua reazione. Ma lei mi sorprese e sorrise.
-Lo conosci probabilmente..te lo ricordi James Hunters? – cercai nella memoria ma non usciva niente –Era nella tua stessa classe al liceo, possibile che non te lo ricordi? – poi mi venne in mente.
-Lo sfigato cronico con gli occhialoni da nerd, che cadeva ogni due passi? – lei scoppiò a ridere.
-Proprio lui! Beh..diciamo che..dopo che te ne sei andato lui si sentiva un po’ più sicuro di se stesso ed è diventato..più belloccio e meno sfigato! – rideva appena e poi scosse la testa, come per riordinare le idee –Si sentiva in competizione con te, come se con te presente lui non potesse vincere, me l’ha confessato un giorno..comunque, questo non è importante.. – Oh si che era importante invece! Era la cosa che mi interessava di più! –Siamo stati insieme tre anni, poi siamo andati a convivere..Caroline è arrivata all’improvviso. James sembrava molto innamorato di me ma per niente elettrizzato all’idea di avere un figlio. Ci ha comunque tentato. Ha promesso di sposarmi il prima possibile, ha promesso di prendersi responsabilità che erano più grosse di lui..ma gli leggevo negli occhi la voglia di scappare, di essere un ragazzino spensierato ancora qualche anno..così..non me la sono neppure presa la mattina che mi sono alzata e non l’ho trovato. Mi ha lasciato un biglietto con scritto semplicemente “Scusami, ho troppa paura..Perdonami” – mi trovai ad essere allibito, senza parole.
-E poi..cos’è successo? – lei sorrise e guardò intorno a lei.
-Questo..La tua famiglia mi è stata vicina come mai prima. Alice mi ha proposto di vivere con lei, anche se a quel tempo c’era già Jasper. Emmett e Rosalie si preoccupavano per me anche se non erano miei parenti e tuo zio e tua zia sono stati i nonni migliori al mondo..- aveva un sorriso sincero sul volto ed era bellissimo vederla così serena, nonostante tutto ciò che era successo..nonostante i brutti ricordi.
-E tuo padre? – lei si irrigidì un attimo poi si rilassò chiudendo gli occhi e sorridendo.
-Mio padre è alla ricerca della sua anima gemella.. – sorrisi a quel pensiero. Charlie Swan, il capo della polizia di Seattle era alla ricerca di una donna! –Ma per intendere che la sta seguendo ovunque, cercando di farla innamorare di lui.
-Davvero? E chi è?
-Mia madre! – scoppiò a ridere alle sue stesse parole. –Cioè..fammi spiegare..Mia madre è in giro per il mondo perché Phill l’ha lasciata e lei si è data al volontariato e alla ricerca di se stessa..e mio padre sta cercando di riconquistarla. Mi chiamano due volte a settimana, entrambi! E’ una cosa pazzesca..ma li sento felici e sono contenta per loro!
-Da quanto va avanti questa storia? – chiedo divertito.
-Tre anni e mezzo! – scoppiamo a ridere entrambi! Ci calmiamo solo perché i nostri sguardi si incontrano e scoppiano le scintille. Entrambi arrossiamo e vogliamo lo sguardo da un’altra parte. –Così..sei il capo di te stesso..Sei un architetto famoso a Firenze, ho sentito dire..
-Già..così dicono..
-Sono felice per te..avevi bisogno di andare via per un po’..si vede nei tuoi occhi che hai qualcosa di diverso da quando eri qui.. – sussurrò appena.
-Sono abbastanza fiero di me stesso, contento di avercela fatta da solo, nonostante tutto..
-Lo capisco benissimo! – mi sorrise arrossendo –Mi ricordo com’eri burbero alle volte avendo tuo padre intorno che quietava i tuoi desideri e il tuo spirito libero..Alice mi ha detto che quando è venuta a trovarti a Firenze eri sempre allegro, oberato di lavoro, ma allegro..e credimi, per chi ti vuole bene non c’è niente di meglio che vederti felice..
-Potrei essere più felice..se trovassi una donna da sposare, che mi ama indipendentemente da tutti i soldi che ho.. – sussurrai.
-Brutte esperienze a livello sentimentale Masen? – scherzò per alleggerire la situazione.
-Solite ragazzine viziate che vanno bene per togliersi..ehm..certi piaceri.. – arrossii. Ero partito convinto di quello che stavo per dire, capendo più tardi che stavo parlando con Isabella. Lei scoppiò a ridere arrossendo lievemente. –Scusa..ehm..non dovevo dire certe cose..
-Perché no? Sono abbastanza grande per sapere certe cose adesso sai?! – fece la faccia oltraggiata, ma non riusciva a trattenersi molto dal ridere.
-MAAAAMYYYYYY! – Un urlo feroce dall’altra parte del giardino attirò la nostra attenzione. Caroline era a terra in preda a una crisi di pianto, con le braccine sporche di sangue. Vidi Isabella correre velocemente verso sua figlia e non potei fare a meno di seguirla.
-Amore! Shh..non è successo nulla! Shh…bambina mia.. – la prese tra le braccia portandola dentro in casa velocemente. Tutti si erano riuniti attorno a lei sul divano. –Vediamo queste ferite amore.. – non sapevo come faceva a sopportare il sangue, quando era più giovane sveniva anche solo se ne sentiva l’odore.
-Vado a prendere qualcosa per pulirle le ferite.. – come sempre Carlisle era previdente e molto gentile, mentre Isabella ispezionava il corpo di sua figlia per vedere se c’erano altre ferite.
-Mi dici cos’è successo?
-T-tavo coo-coeendo vitino alla tattonata ma il vettito ti è incatato e..e terano piete cattive.. – non avevo capito molto perché parlava tra le lacrime ma credo di immaginare.
-Ti sei fatta male con delle pietre appuntite amore? – la piccola annuì con la testa appoggiata al petto della mamma.
-Vado a controllare.. – disse subito Emmett, correndo fuori.
Carlisle arrivò veloce con disinfettanti e cerottini e anche un lecca lecca.
-Mamy…buaaaa.. – mi intenerì ancora di più, con quella voce dolce e segnata dal pianto. Mi accomodai sul divano di fianco a loro e iniziai a giocare con i ricciolini della piccola, sembrò calmarsi velocemente.
-Come fai? – mi sussurrò Alice, io scrollai le spalle, non lo sapevo neppure io.
Isabella pensò a pulire le braccine mentre io mi occupavo di accarezzarle la testa per farla rilassare mentre le mie dita passavano tra i suoi ricci. Era rilassante anche per me, dannazione!
-Non ti azzardare a farle soffrire o ti cerco e ti strappo i gioielli di famiglia a morsi! – sussurrò al mio orecchio di nuovo Alice e io sorrisi appena, sentendomi abbastanza in soggezione.
-Ecco fatto amore.. – ma Caroline si era già addormentata sotto le mie carezze. Lo sguardo di Isabella era impagabile. Stupito, sereno ed estremamente tranquillo e felice. –Come hai fatto? – La gente attorno a noi si dileguò velocemente.
-Ehm..non..non lo so.. Scusami.– sospirai togliendo le mani dai capelli di sua figlia e sentendomi a disagio. Perché l’avevo fatto? Dovevo dare troppe spiegazioni.
-No, ti prego..non ti scusare! E’ stato..grazie. Solitamente si calma solo con me..Alice ci tenta ogni volta ma non ci riesce..grazie. - La tenne in braccio mentre si alzava e si avviava al piano superiore.
-Dove vai?
-La porto nella camera dei bimbi…torno subito.. – Stava per fare il primo scalino ma la raggiunsi subito, prendendole Caroline dalle braccia, facendo attenzione che non si svegliasse.
-La porto su io..dimmi dove devo andare.. – lei sorrise e arrossì velocemente, indicandomi la camera in cui c’era un letto a una piazza e mezza.
-Dorme qui di solito quando vuole passare un po’ di tempo con Alice.. – sussurrò piano mentre le accarezzava i capelli.
-Questa..questa è casa di Alice? – lei annuì.
-Quella opposta è di Emmett e Rosalie e…beh quella in mezzo..sarebbe tua.. – arrossì ancora di più e si concentrò su Caroline.
-Come scusa? – pensavo di non aver capito bene.
-Alice voleva che steste tutti insieme, vicini in qualche modo..non trovava nulla di adeguato. Un giorno tua zia ha scoperto questa residenza e..ha pensato di ristrutturarla e ecco, darvi..la possibilità di non..perdervi di vista..
-Sono dei pazzi! – lei rise piano e mi fece segno di uscire dalla stanza. Scese dalle scale per tornare dagli altri ma mi fece segno di aspettare lì, mentre usciva a parlare con Alice. Non riuscii a trattenermi e mi avvicinai per ascoltare.
-Alice, prendo le chiavi della villa di Edward..gli faccio fare un giro, ti dispiace?
-No figurati..magari se gli parli sarebbe anche meglio..
-Alice non continuare con questa storia..Caroline dorme nella cameretta..la controlli di tanto in tanto?
-Sei una testona Isabella Swan! Buon viaggio turistico! – le fece la linguaccia e tornò dagli ospiti mentre Isabella mi raggiunse.
-Andiamo..ti faccio visitare la villa.. – uscimmo dalla casa di Alice per fare pochi passi e salire qualche scalino che ci portava alla villa centrale. Mi diede le chiavi e mi sorrise –Credo..che debba essere tu ad aprire la porta..
Afferrai le chiavi lentamente e ancora con più calma aprii la porta. Dentro non c’era assolutamente nulla. Tutto spoglio e solo i muri portanti. Capii che avevano voluto lasciarmi libera scelta di finirla come più volevo. Isabella mi passò davanti e sorrise, arrossendo un po’.
-Le scale sono di fortuna..ma…devi assolutamente salire al piano di sopra.. – sembrava elettrizzata. La seguii sulla scala di ferro che avevano messo da un piano all’altro, ben fissata per carità..ma sempre quella dei pompieri sembrava. Raggiunto il secondo piano lei non si accontentò e tirò giù una piccola botola. –Non ho intenzione di chiuderti dentro, non mi guardare con quella faccia stralunata! – sorrise e salì le scale. Dio aveva un culo favoloso! Ehm..Masen torniamo alla casa, si alla casa! Come se fosse possibile.. Avanzava sopra quella che doveva essere la soffitta, molto alta, poteva essere benissimo un vano abitabile e mi condusse su una terrazza che dava sul davanti della casa. Si vedeva Seattle, anche se potevo notare i palazzoni e qualche albero ma era comunque una bella visuale.
-Bello..E’..- ma non finì la frase che lei rise.
-Oh..smettila Edward. Non è questo che voglio farti vedere…seguimi.. – proseguì sul balcone facendo il giro del tetto, praticamente e ci affacciammo sul retro della casa. Guardai oltre gli alberi della villa. Riuscivo a vedere il mare. Era uno spettacolo mozzafiato, al tramonto o all’alba sarebbe stato meraviglioso.
-Wow… - riuscì a dire solamente.
-Già.. è la stessa cosa che ho pensato anch’io quando l’ho vista per la prima volta! – disse a voce bassa.
-Perché..perchè non mi hai fatto vedere a casa di Alice questa terrazza? – lei arrossì di colpo e pensai che fosse sempre più bella, ogni secondo di più.
-Alice ed Emmett non hanno..il terrazzo. – rimasi basito.
-Perché no?
-I tuoi zii ci hanno portati tutti qui, per vedere le case..C’ero anche io..anche se non sapevo bene cosa avessi dovuto fare..Ma Alice e Esme ci tenevano perché ci fossi..
-Fai parte della famiglia ormai.. – sorrisi, arrossendo e pensando che avrebbe potuto farne parte..davvero, più di quello che era adesso, se solo…
-Comunque..dicevo..Quando ci hanno fatto visitare questa casa, vidi la botola e mi domandai cosa ci fosse..salì titubante e vidi il terrazzo che dava sul davanti..bello ma niente di speciale..poi però..passai sul retro. Mi ricordai di quando dicesti che volevi poter guardare l’orizzonte, meglio se ci fosse stato il mare presente, affacciandoti sul terrazzo e beh..forse ho parlato troppo e senza interpellare nessuno ma ho praticamente volato giù dalle scale per dire che questa doveva essere la tua..assolutamente. – era di ogni tonalità di rosso possibile. Era tenerissima e dolcissima e io sentivo il cuore stringersi forte dall’amore che provavo per lei.
-Ti..ricordi..? – sussurrai intimidito e sorpreso.
-Ricordo..tutto di te.. – anche lei aveva solamente sussurrato.
-Isabella.. – la chiamai e i suoi occhi si strinsero velocemente.
-Devo..dirti una cosa..- le sue guance erano già del color porpora.
-Ti ascolto.. – dissi debole.
-Sono..innamorata di te da quando avevo otto anni! – disse velocemente, troppo veloce per il mio povero cuore, ma non per il mio udito. E’ che non riuscivo a crederci. –Ero caduta nel giardino di casa vostra, tuo padre era al lavoro ed Alice era arrabbiata con me perché non volevo giocare con lei e i suoi stupidi vestiti delle bambole, preferivo mille volte passare il mio tempo in giardino a guardare la distesa verde e rilassante..mentre correvo mi sono sbucciata un ginocchio e tu sei arrivato di corsa e mi hai portata in bagno a pulire la ferita e mi hai messo un cerotto con degli orsetti ridendo perché ero davvero buffa con quel coso addosso. Eri così premuroso e così dolce..Ovviamente a quel tempo pensavo solo di volerti tanto bene..poi con gli anni..le cose sono cambiate.. – aveva parlato a raffica, non credo neppure di aver seguito ogni parola. Non sapevo che dire..mi sentivo..Avevo perso tutte le mie facoltà sensoriali e letterarie. In quel momento scoppiò a ridere, facendomi pensare che fosse tutto un maledettissimo scherzo. Rideva talmente forte che l’avrebbero sentita fino nell’altra casa se non abbassava un po’ il tono. –Non ci credo che te l’ho detto! Mi sento meglio in effetti..
-Mi..mi stai dicendo..la verità? – balbettavo come uno stupido pivello. Dovevo darmi una regolata.
-Beh..si..ti sembra che mi sarei imbarazzata così se fosse stato uno stupido scherzo? – sembrava un po’ oltraggiata ed io scossi la testa. –Ecco appunto.. – io scossi la testa sorridendo e poi scoppiando a ridere. –Che cavolo hai da ridere adesso? Mi sembra che siano finiti gli anni delle prese in giro no? Non sei abbastanza maturo? – sembrava davvero offesa.
-Isabella..devo dirti una cosa.. – tornai serio, cercando di rimanerci per tutto il tempo del mio discorso.
-Ti ascolto… - mi imitò lei incrociando le braccia al petto.
-Sono innamorato di te da quando avevo otto anni! – ma non ci riuscii e scoppiai a ridere subito dopo. –No, non ce la faccio..aspetta.. AH AH AH! – ridevo così di gusto come non facevo da un po’ e lei mi guardava come se fossi invasato. –Ti amo davvero..ma davvero..sono partito con la convinzione che mi sarei dimenticato di te, ma non è stato così..e..Dio sono così felice che per te sia lo stesso..Ma è così esilarante. Abbiamo passato tutti questi anni a fare cosa precisamente?! – le chiesi con il sopracciglio alzato e il cipiglio divertito. Lei rise con me.
-Siamo due stupidi eh?! – io annuii e lei rise, avvicinandosi a me, l’abbracciai stretta.
-Posso baciarti Isabella Swan? – le chiesi avvicinando il suo volto al mio.
-Direi che dopo tutti questi anni il tuo sia un dovere.. – sorrisi ed appoggiai le mie labbra sulle sue. Niente era stato mai così bello in tutta la mia vita. Le sue labbra erano morbide e piene, setose al punto giusto e passionali. Tirammo fuori la lingua nello stesso momento e ci accarezzammo a vicenda, le sue mani erano tra i miei capelli, io le accarezzavo la schiena. Era il momento perfetto..che fu interrotto dal cellulare di Isabella che prese a squillare. –Scusa.. – aveva le guance talmente rosse che sembrava un fuoco. Ma era bellissima. –Pronto? Si Alice, siamo ancora qui..gli ho mostrato la terrazza..Si Alice, adesso torniamo..Fatti gli affari tuoi nanerottola! – e le chiuse il telefono in faccia sorridendo.
-Problemi con mia sorella? – chiesi e lei scosse la testa.
-Erano secoli che voleva che ammettessi con te cosa provavo..e adesso non le darò la soddisfazione di dirglielo subito..attenderà..comunque Caroline si è svegliata e mi cerca..ti dispiace se torniamo indietro?
-Andiamo.. – le presi la mano sorridendo e scendendo di sotto, facendo attenzione a chiudere la botola e la porta di casa. Caroline aspettava Isabella seduta sul divano del salotto e si fiondò tra le sue braccia appena varcammo la porta.
-Mamy, dov’ei?
-Sono andata a mostrare la casa a Edward..lo sai che la villa qui vicino è sua? – lei scosse la testa e mi guardò negli occhi.
-Pecchè non vivi qui? – chiese ingenuamente ed io sorrisi avvicinandomi a lei e inginocchiandomi sul tappeto.
-Perché sono stato via per un po’ di tempo..ma penso che d’ora in avanti..avrò un buon motivo per stare a casa.. – guardai negli occhi Isabella e le sorrisi. L’amavo e lei amava me..in Italia non c’era più niente per me. Quello che volevo era qui, era sempre stato qui.
-Caroline..cosa ne dici se ogni tanto Edward viene con noi al parco?
-Mi compi i gelati? – annuii e le baciai il nasino.
-Tutto quello che vuoi piccola..tutto quello che vuoi. – intrecciai le dita con quelle di Isabella e non c’era nulla di più bello di quel momento.


The End.
   
 
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