Gioco da bambina
A chi non è mai capitato di giocare a “la regina e il re” da bambini?
A ognuno il suo ruolo, la regina, il re, il cattivo e tanti
altri personaggi, magari anche un conte.
Hermione Jane Granger ogni
tanto rivedeva la sua vita con gli occhi di una bambina, in quei rari momenti
in cui la troppa maturità mostrata, quell’esser donna troppo presto subiva su
di lei l’effetto contrario: la faceva tornare ai suoi cinque anni, i suoi sei,
quando tutto era ancora perfetto, quando ancora non conosceva la magia e tutto
era “magia”. Lo stupore delle piccole cose e i giochi, sì soprattutto quelli.
Giochi da bambini, bambini che non vivevano un anno dopo la guerra che tanti
aveva portato via.
La vedeva la sua Regina, fiera Grifondoro dai boccoli
color cioccolato e gli occhi dorati proprio come lei e
il suo re, Grifondoro anch’egli, capelli rossi
perennemente spettinati e occhi così azzurri che reggono il confronto con il
cielo. Sì, Ron Weasley con tutte le sue lentiggini,
era il suo Re.
Sospirava a quei pensieri, sorrideva mentre davvero immaginava quel grande
castello ma se da bambina sarebbe stato un “vissero felici e contenti” ora
c’era un minuscolo particolare che non andava.
Il suo odore la inebriava, si sentiva protetta dalla sua figura.
Seppelliva con le dolci attenzioni del suo Re quelle sensazioni, seppelliva il
tutto con l’amore che provava per il rosso perché infondo una Regina non può
vivere senza Re.
Quando l’aveva realmente incontrato? Quando realmente aveva cercato rifugio
nelle sue spalle possenti?
Quando quelle parole taglienti di nuovo avevano ferito?
» Passo dopo passo, torre raggiunta in qualche
secondo. La guerra è finita, sappilo mondo, il bene ha vinto. Già ha vinto.. e il suo prezzo? Cadaveri, giovani innocenti che si erano
macchiati del più terribile dei delitti. L’omicidio. Quanti la giovane Regina
ne aveva visti perire sotto la sua bacchetta in quell’ultima battaglia, quanti
dei suoi erano periti per le bacchette dei loro nemici. “ Combatti Regina ”.
Quante volte in quei sei anni se l’era ripetuto, troppe forse e ora quelle
parole erano il vuoto. Ora si era liberi di amare, di non trattenere più nulla
per la paura che quell’amore si sarebbe spento troppo presto con due sole
parole. Parole che le sue labbra di rosa purtroppo avevano sfiorato. “Avada Kadavra”. Sospirò la riccia
sulla torre della sua scuola, torre che tanti suoi desideri sussurrati al vento
aveva udito, che aveva visto anni prima le sue lacrime e che ora serviva a
riempire il vuoto. Lo stesso vuoto negli occhi di coloro che aveva ucciso, lo
stesso vuoto che portava con sé l’odore di sangue della battaglia appena
finita. Si era svolta nel grande cortile, sulle sponde del lago nero, nella
foresta proibita, nelle aule. Nulla, nulla tranne la sua amata torre si era
salvato alla distruzione del combattimento. Finito il conteggio delle vittime
era sparita, via alla sua torre.
La porta si aprì e li vide. Vide l’argento fuso dei suoi occhi come se fosse la
prima volta che li vedesse. Vide il traditore che si era schierato dalla loro
parte, il traditore che davanti ai suoi occhi aveva ucciso il suo proprio padre.
« Granger. »
Nulla nella voce, proseguiva lento non staccandole gli occhi di dosso, non
interrompendo quel temporaneo incontro di sguardi. Oro e Argento.
« Furetto. »
Non vi era disprezzo nel tono. Non più. Non poteva più disprezzare il suo
coraggio.
« E’ inutile che eviti di dire il mio cognome. Sono
un Malfoy, Mezzosangue. »
Sprezzante il tono, non come un tempo. Qualcosa di diverso, qualcosa che non
avrebbe mai capito.
« Non.. cambierai mai, eh? »
Sussurrò quella, cercando di scherzarci, cercando di esser ironica, cercando un
motivo alla voce improvvisamente incrinata. Lui le si affiancò, in silenzio,
freddo più distante del solito. Più lontano di quanto per lei sia mai stato.
« Non posso. »
Disse a un certo punto, atono questa volta, se non era disprezzo era il nulla.
Ciò che lo stupì però fu il suo sommesso singhiozzare. Il sommesso singhiozzare
della bella Regina dagli occhi d’oro.
« Io..i..io.. per..perchè
sto piangendo? »
Domandò ingenua portandosi un dito alla base dell’occhio sinistro, raccogliendo
con quello una lacrima. Si voltò il bel Conte, la fissava curioso. Vedeva
quella piccola mano pallida ancor sporca di terra cercar di asciugare il volto,
sporcandolo. Le si avvicinò alzandole il capo, cercando quell’orgoglioso
sguardo dorato di cui non era rimasto nulla che il vuoto. Vuoto che vi era
anche nell’argento, vuoto che svaniva mentre trovandola tenera non aveva potuto
non stringerla a sé.
« Sei forte, Mezzosangue, per questo piangi. »
Aveva sussurrato. Sì, la sua
Mezzosangue era forte. «
Scostò una ciocca ondulata
dal volto, ciocca ribelle sfuggita alla sua coda alta. Gli occhi fissavano
lontano. Nella sua testa l’immagine di una certa testa bionda che subitamente,
ripresa coscienza, venne sostituita da una rossa.
Eppure era stato così strano, quel giorno, sentire attorno a sé il calore di un
abbraccio di Serpe. Altrettanto bizzarro sentir quel sussurro per poi vederlo
allontanarsi, conscio improvvisamente di ciò che aveva fatto. Lo sguardo
improvvisamente tornato alla vita, alla lucidità. Ancor più strano fu per lei
fare un passo in avanti vedendolo andar via, abbracciarlo da dietro supplicando
in lacrime di non lasciarla. Assaporandone l’odore, arrossendo allo sciocco
desiderio di un attimo, posare le proprie labbra su quelle spalle possenti,
sentendo il bisogno di Draco Lucius
Malfoy.
« Granger. »
Voce alle sue spalle. Si voltò la bella Regina al solo richiamo del Conte,
sorridendo alla quotidianità di quel gesto. Un anno esatto che a quell’ora
« Furetto. »
E nonostante tutto ancor lo chiamava in tal modo, ignorando l’espressione di
disappunto in quel volto pallido, su quelle labbra sottili che per un minuscolo
istante avrebbe voluto far sue.
« E’ passato un anno. »
Sussurrò quello.
« Il tempo a volte vola davvero. »
Rispose, malinconica perché in fondo nulla era cambiato.
« Capita. »
Silenzio dopo quell’unica parola. Silenzio per ascoltare il soffio del vento,
silenzio per sentir arrivare dal basso il celebrare la commemorazione per i
caduti.
« Ti è mai capitato da bambino di giocare al Re e
Domandò a un certo punto la giovane dai bei ricci. Sorridente in direzione del
biondo, un po’ bambina di nuovo.
« Granger io da bambino non
giocavo. »
Non vi era cattiveria nelle sue parole, solo precisazione
mentre l’osservava scettico, di sicuro domanda più inadatta non avrebbe potuta
trovarla nessuno.
« Ah peccato.. mi chiedevo se
Sbuffò quella, tormentata dai pensieri del cuore dopo che la fine della guerra
l’aveva liberata dal resto. Sempre scettico il bel Serpeverde
la fissava, non capendo la domanda, non riuscendo a cogliere il senso di quelle
parole.
«
Esclamò d’un tratto, stupendola come ogni volta che le rivolgeva la parola. E
lei fu disorientata per qualche istante, annui senza riuscire ad aprir bocca.
Era poi tanto convinta che quella fosse la realtà?
«
Per un istante rivide su quel volto d’angelo il ghigno strafottente che sempre
l’aveva caratterizzato, ghigno che nonostante tutto aveva un che di diverso,
qualcosa che così vicino al suo volto l’attraeva pericolosamente.
« Forse. »
Azzardò chiedendosi come mai quell’unica parola fu tanto sussurrata,
chiedendosi perché le gambe non rispondevano al suo cervello e la spingevano ad
avvicinarsi, a venirgli incontro mentre anche lui muoveva svariati passi verso di lei.
« Si o no? »
Domandò di nuovo, prendendo qualche onda tra le dita lunghe e affusolate, portandola
vicino alle sue labbra, respirando l’odore di vaniglia che da sempre la
caratterizzava.
« No. »
Rispose poi, titubante. Rossa in volto probabilmente mentre con la mano
sinistra andava a scacciare quella di lui. Inutile, solo un ulteriore brivido,
una scossa mentre il polso le veniva afferrato e la distanza trai due ulteriolmente accorciata.
« Sicura.. Hermione? »
Scandì con lentezza il suo nome, sensuale come se sapesse cosa aveva celato
dietro la sua ingenua domanda. Attirandola a sé come spesso aveva,
inconsciamente, desiderato fare.
« n..no»
Disse l’altra, cercando di chiamare a sé la sua
razionalità.
«
Domandò di nuovo poggiando la testa nell’incavo del collo di lei, stringendola
quasi possessivamente a sé. Sfociando nell’assurdo. Se l’avessero detto ad
entrambi poco più di un anno prima non ci avrebbero creduto. Se glielo avessero
detto dopo avrebbero capito che reprimere quelle sensazioni non era stato che
un errore. Sin dalla volta che lui l’aveva vista di nuovo piangere, sin da
quella volta che le sue piccole mani l’avevano trattenuto dall’andar via.
« Sì. »
Sussurrò lei, un brivido lungo la schiena sentendo il soffio del Serpeverde sul proprio collo. Aveva ceduto al Conte.
Desiderio di baciarlo che nuovamente arrivava, desiderio da realizzare quando
stupito quello aveva alzato il capo fissandola. Oro nell’Argento. Argento nell’Oro.
Trappola ben escogitata che aveva catturato sia preda che cacciatore. Fu un
attimo e le loro labbra si sfiorarono, un attimo per mandare all’aria del tutto
la razionalità, lasciandosi travolgere dall’istinto. Passione che aveva bussato
alla loro porta.
Angolino dell’autrice:
Salve a tutti, dopo un po’ di tempo
sono tornata a postare in questa sezione e ovviamente con una Dramione.
E’ scritta di getto quindi perdonatemi tratti non molto chiari, ambientata in un ipotetica fine del settimo anno non tiene conto né del
sesto né del settimo libro. Voldemort come già
scritto è stato sconfitto per quanto riguarda la storia nel sesto anno.
E’ basata su un classico gioco fatto da bambini, questa idea mi frullava in
testa da un po’ e quindi ho pensato di mettere tutto su carta. Piccolo
particolare è che ho deciso di affiancare a Draco la
figura del Conte, visto che in questa storia “principe” ( come di solito è definito
) non mi suonava bene. E con questo vi lascio. Spero di trovare almeno un
piccolo commentino ( anche critiche ) e ringrazio in anticipo sia coloro che
recensiranno che quelli che si limiteranno alla lettura.
Un bacio,
Ly’