Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: Heilig__    05/09/2013    10 recensioni
- Salve!- disse questa, alzandosi – Io sono Vera Cooper- si presentò, porgendo la mano ai due ragazzi – Voi dovete essere Bill e... Madison?- disse guardando confusa Tom.
Il viso del chitarrista s'imporporò, mentre il fratello tentava di soffocare una risata.
- No, io sono Tom- spiegò il moro.
- Oh...- disse semplicemente Vera – Lawrence deve essersi sbagliato... Non mi aveva detto che eravate... sì, insomma...-
Bill e Tom sgranarono gli occhi, inorriditi: quella ragazza stava forse pensando che loro due erano...?
- Tom è mio fratello!- si affrettò a dire Bill, cercando di risolvere qualsiasi fraintendimento– La mia ragazza, Madison, non è potuta venire, e quindi mi ha accompagnato lui.
- Sì, è come dice lui- aggiunse Tom.
Vera guardò prima Bill e poi Tom, per poi scoppiare in una risata fragorosa.
- Scusate, non volevo offendervi. È che... sembrava tutto molto equivoco!- disse, andando a sedersi dietro la scrivania – Prego sedetevi- disse, indicando ai due delle poltroncine di pelle nera.
I gemelli si sedettero, e Vera prese un taccuino su cui prendere appunti.
- Allora, Bill. Quando e dove si terrà il matrimonio?
Trailer: http://www.youtube.com/watch?v=Uny-NTReVRg&feature=youtu.be
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Fourteen



















- Tieni-
Vera alzò di poco il capo e vide Tom posare davanti a lei, sul tavolo a cui era seduta, una tazza colma di tè fumante.
Biascicò un "grazie" imbarazzato, poi iniziò a sorseggiare in silenzio il suo tè, sotto lo sguardo di Tom.
- Non hai ancora risposto alla mia domanda- osservò quest'ultimo, dopo qualche istante.
Vera inarcò un sopracciglio, confusa.
- Di cosa stai parlando?
- Avevi deciso di suicidarti quando ti mi hai tagliato di colpo la strada?-
Vera rimase interdetta a quella domanda, e per un attimo pensò che Tom stesse facendo solo dell'ironia, ma poi incontrò l'espressione seria del ragazzo, e si limitò a stringersi nelle spalle.
- Quello era un sì?- fece Tom.
- Perché avrei dovuto suicidarmi?- sbuffò Vera, alzando gli occhi al cielo.
- Non ne ho idea!- esclamò il chitarrista, allargando le braccia – Magari non hai trovato il paio di scarpe che volevi- aggiunse, con un'alzata di spalle.
Vera gli lanciò un'occhiata stupefatta, e lui si affrettò a spiegare.
- Ho visto mio fratello minacciare un cassiere per un paio di jeans. Ho tutto il diritto di pensarlo-
La mora faticò a reprimere un sorriso, mentre s'immaginava la scena appena descritta dal chitarrista, al quale però non sfuggì il cambio di espressione della ragazza.
- Oh, cosa vedo lì?- fece sarcastico – Un sorriso?- continuò, beffardo.
Vera distolse lo sguardo, soffocando una seconda risatina.
- Oh!- esclamò Tom – Non posso crederci, ti sto facendo ridere! Questa sì che è una notizia!- aggiunse – Beh, allora?- fece dopo qualche istante ritornando improvvisamente serio – A cosa stavi pensando quando hai attraversato la strada?
- Niente che ti riguardi- bofonchiò Vera, prendendo poi un sorso del suo tè.
Aveva problemi a mostrarsi debole perfino con Lawrence: non avrebbe di certo parlato delle sue vicissitudini con la madre a Tom.
- Io invece credo che mi riguardi- insistette però il giovane.
- E io credo di no- ribatté secca Vera.
Tom sbuffò, roteando gli occhi: ma chi gliel'aveva fatto fare di portarla a casa sua?
Perché non l'aveva semplicemente mandata a quel paese dopo che lei si era letteralmente lanciata in strada?
Sospirò profondamente, e ritornò a guardare la mora, che aveva preso a bere a piccoli sorsi il suo tè: sembrava – o forse era – malinconica e triste.
In ogni caso, c'era sicuramente qualcosa che la turbava.
Sospirò una seconda volta:
- Senti,- disse, con tono sommesso, attirando l'attenzione di Vera – io non sono bravo in queste cose- precisò – Però... insomma- balbettò imbarazzato, grattandosi il capo – Potrei anche... decidere di ascoltarti se tu mi parlassi dei tuoi problemi. Sono tutt'orecchi-
Vera lo osservò per qualche istante, incredula: Tom le stava offrendo il suo aiuto? Di nuovo?
Non essere sciocca” si disse “Non raccontargli nulla. Sono solo ed unicamente fatti tuoi”
Il lieve sorriso che era comparso sul volto del chitarrista, però, la faceva tentennare: in fondo, che male c'era?
Prese un respiro profondo e dopo qualche istante di silenzio imbarazzato, iniziò a parlare.
- Si tratta di mia madre- disse tutto d'un fiato – Non andiamo molto d'accordo- continuò, torturandosi le mani.
Tom annuì, rimanendo però in silenzio, e la esortò a continuare con un cenno del capo.
- Oggi abbiamo litigato. Ancora- raccontò Vera, sentendosi insolitamente a suo agio nel parlare di certe cose con Tom.
- Posso sapere il motivo?- chiese quest'ultimo.
A quella domanda Vera s'irrigidì sulla sedia, stringendo i pugni, e rabbuiandosi d'un colpo.
- E' così terribile?- domandò Tom, notando la sua reazione.
Vera non rispose, ed abbassò lo sguardo, cercando di ricacciare indietro le lacrime che minacciavano di scendere: la strana sensazione di serenità che aveva provato poco prima era scomparsa, lasciando spazio ad un vago senso di disagio.
- Ok, messaggio ricevuto- sospirò Tom, dopo poco – Non sei obbligata a dirmelo. In fondo, nemmeno ci conosciamo-
Vera non aprì bocca, e nella cucina scese un silenzio cupo e carico di tensione: la mora sentiva qualcosa bloccarla, eppure, dentro sé, sentiva il bisogno di parlarne.
Non voleva consigli su come comportarsi, né tanto meno un aiuto.
Solo qualcuno che l'ascoltasse.
Sono tutt'orecchi” le aveva detto Tom.
Forse avrebbe potuto abbattere quel muro invisibile che li separava, dopotutto.
- Mio padre è morto quando avevo undici anni-
Il chitarrista alzò il capo ed vide che Vera aveva smesso di giocherellare con le mani, e sembrava fissare un punto ignoto davanti a sé.
- Era malato- continuò Vera – Cancro-
Tom sgranò gli occhi, sorpreso dalle triste rivelazioni che la mora gli stava facendo.
- Io... io non sapevo...- iniziò a dire – Non sei obbligata a...
- Non hai detto che volevi ascoltarmi?- replicò stizzita Vera.
Lui si ammutolì di colpo, ed annuì, permettendole di proseguire.
- Prima abitavamo in una cittadina fuori New York, ma poco dopo la morte di mio padre, mia madre ha trovato un lavoro qui a Los Angeles come truccatrice, e quindi ci siamo trasferite- raccontò Vera – Poi è arrivato Greg- sibilò, serrando la mandibola.
- Il nuovo compagno di tua madre, suppongo- disse Tom – E presumo anche che tu lo odi con tutta te stessa, sbaglio?-
Vera lo guardò, stranita.
- Tu come fai a saperlo?- chiese, confusa.
- Conosco quella sensazione. I miei si sono separati quando io e Bill avevamo sei anni- raccontò Tom – Ci siamo trasferiti in un paesino di duecento anime, e dopo poco mia mamma ha conosciuto Gordon, il suo attuale marito- aggiunse – Non puoi neanche immaginare l'odio che provavo per lui- confessò, lasciandosi sfuggire un sorriso – Lo credevo causa di tutto ciò che era capitato nella mia famiglia. Ero convinto che, se non fosse stato per lui, i miei sarebbero potuti tornare insieme- continuò.
- E adesso?- chiese Vera, incuriosita.
- Adesso credo che Gordon sia la miglior cosa che potesse capitare a mia madre- rispose il moro – Dopo di me, s'intende- precisò.
Vera roteò gli occhi, sorvolando sull'ultimo commento del giovane, e concentrandosi invece sulle sue parole.
Lui aveva smesso di odiare il suo patrigno. Aveva capito che incontrarlo era stato un bene per sua madre, che lui la rendeva felice.
Ma lei avrebbe mai potuto dire la stessa cosa su Greg?
- Immagino che la tua situazione sia molto più difficile della mia,- riprese a dire Tom, ridestandola dai suoi pensieri – ma in fin dei conti non sei più una bambina: dovresti provare a vederla da un altropunto di vista-
Vera storse la bocca, infastidita: quell'uomo aveva usurpato il posto di suo padre, era entrato nelle loro vite senza nemmeno chiedere il permesso, ed ora tutti pretendevano che lei lo accettasse.
Perché?
- Non è semplice come sembra- disse abbassando lo sguardo.
- Non è mai semplice come sembra- replicò Tom, accennando un sorriso – Ma, ehi, stai organizzando il matrimonio di Bill Pazzo Kaulitz!- esclamò – Sistemare i rapporti con la tua famiglia dovrebbe essere uno scherzo!-
Vera non poté non ridere a quella battuta, e si ritrovò a pensare, che, dopotutto Tom non era male come le era sembrato.
- Grazie- sussurrò, riconoscente.
- Ehi, è la seconda volta che mi ringrazi- le fece notare Tom – Sicura di stare bene?-
Vera sbuffò sonoramente, ritirando ciò che aveva pensato poco prima.
- Sei un idiota- sbottò, incrociando le braccia al petto – Ma ti devo comunque un favore- ammise, scrollando il capo.
- Bene, me ne ricorderò- disse Tom, sorridendo sghembo.
Vera scosse la testa, con fare rassegnato, per poi alzarsi e prendere la giacca che aveva messo sulla sedia quand'era arrivata.
- Credo sia meglio che vada, ora- disse, mentre la indossava – Ti ringrazio, ancora Tom. Davvero- aggiunse, con un insolitamente timido sorriso.
- Ancora?- rise Tom.
- Beh, lo sai, no?- fece Vera – Non c'è due senza tre. Ci si vede. Ah, non disturbarti. Conosco la strada-
Senza lasciare al ragazzo tempo per replicare, si voltò ed uscì dalla cucina, per poi raggiungere con passo veloce la porta d'ingresso.
Afferrò la maniglia, ma, prima di abbassarla, lanciò un ultimo sguardo al corridoio, pensierosa: quella situazione era difficile da credere anche per lei stessa che la stava vivendo.
Scosse la testa con veemenza, come a scrollarsi di dosso tutti dubbi che stavano affiorando nella sua mente, per poi aprire la porta ed uscire, chiudendosela alle spalle.












* *






Qualche giorno dopo




- Tom? Ehi, Tom?-
Tom si risvegliò improvvisamente dal trance in cui era caduto da qualche minuto e rischiò di inciampare sul tapis roulant.
Si aggrappò alle maniglie, tentando di recuperare l'equilibrio, per poi voltarsi alla sua destra, dove il suo personal trainer, Paul, lo osservava, accigliato.
- Sei sicuro di stare bene?- chiese.
- Certo, certo- replicò con fare Tom, riprendendo a correre.
Quel giorno aveva deciso di andare in palestra di prima mattina, pensando che forse un po' di allenamento mattutino gli avrebbe fatto bene e l'avrebbe distratto un po'.
- A che pensavi?- gli domandò l'amico.
A Vera” rispose mentalmente il giovane.
Ormai gli capitava sempre più spesso di pensare a lei: quando era in auto, quando Bill parlava del matrimonio, quando era solo a casa... Praticamente sempre.
E la cosa cominciava a fargli paura in modo serio.
Aveva pensato di parlarne con Bill, ma alla fine si era ben guardato dal farlo.
E' ovvio, ti piace” gli avrebbe detto.
E quella non era la risposta che voleva.
- Tom? Ti sei incantato di nuovo?-
La voce tuonante di Paul lo ridestò di nuovo dai suoi pensieri, facendolo voltare.
- Hai detto qualcosa?
- Per oggi può bastare- ripeté Paul, spegnendo il macchinario – Anche perché sei piuttosto distratto, e in queste condizioni rischi di romperti qualche osso- aggiunse, scuotendo la testa – Va' pure. Ci si vede settimana prossima-
Tom scese dal tappeto, prese la felpa che aveva lasciato a terra precedentemente, e dopo aver salutato Paul con un cenno del capo, si diresse verso gli spogliatoi.
Decise che avrebbe fatto una doccia una volta arrivato a casa, e prese quindi a sistemare le sue cose. Prese la borsa e ne tirò fuori il cellulare, notando sul display di avere un nuovo messaggio.
Madison?” pensò, perplesso.
Aprì il messaggio e lo lesse velocemente:
Tom, chiamami appena puoi. E' urgente. Molto urgente
Il ragazzo rimase basito, nonché spaventato da quelle parole: che fosse successo qualcosa?
Subito compose con fare concitato il numero di Madison. Il telefono squillò tre o quattro volte, poi, finalmente, la giovane rispose.
- Tom!- esclamò.
- Madison! E' successo qualcosa?- chiese lui, agitato.
- Cosa? No, certo che no!- fece la ragazza – Cosa dovrebbe essere successo?
- Mi prendi in giro?- sbottò il chitarrista – Perché mi hai mandato quel messaggio?
- Oh, è per quello!- replicò con nonchalance Madison – Non preoccuparti: mi chiedevo soltanto se avessi già comprato l'abito da cerimonia-
Tom sentì la propria mandibola cadere a terra, con un tonfo sordo.
- Mi hai fatto spaventare, accidenti!- sbuffò – Perché hai scritto che era una cosa urgente?
- Beh, perché è urgente, Tom- osservò con perplessità Madison – Non vorrai mica presentarti al matrimonio con quella giacca di jeans che indossi sempre, vero?
Tom sospirò e si trattenne dal risponderle per le rime.
- Lo farò il prima possibile- disse invece, sospirando.
- Oggi?
- Cosa? No, non ho detto quest...
- Bene!- esclamò felice Maddie, interrompendolo – Allora domani pomeriggio passa di qui e fammi vedere cos'hai comprato! Ciao!
- Ma...-
Tom non fece in tempo ad opporsi perché Madison aveva già chiuso la chiamata.
- Lei e il suo brutto vizio di mettere giù quando qualcuno parla- borbottò, indispettito, mentre riprendeva a sistemare le sue cose.
Una volta finito, chiuse la borsone e se lo caricò in spalla, per poi uscire a passo affrettato dallo spogliatoio, ed infine dall'edificio, mentre pensava a come uscire dalla situazione in cui si era cacciato.
Devo trovare assolutamente un vestito, o Madison è capace di dare di matto” si disse, mentre raggiungeva la sua auto e saliva a bordo.
Chiuse la portiera e rimase immobile nella vettura, incerto sul da farsi.
Aveva decisamente bisogno d'aiuto: da solo non ce l'avrebbe mai fatta.
Si passò una mano dietro la testa, grattandosi il capo, in cerca di un'idea, quando all'improvviso un ricordo riaffiorò nella sua mente.


Ma comunque ti devo un favore


Sorrise, soddisfatto, mentre recuperava il telefonino dalla tasca dei jeans, per poi iniziare a comporre un numero: aveva trovato la soluzione.




* *






- Un abito da cerimonia?- ripeté Vera, perplessa.
- Esatto- disse Tom – Allora? Ricorda che mi devi un favore, l'hai detto tu stessa!-
Vera, seduta sul divano del suo salotto, a gambe incrociate, alzò gli occhi al cielo.
- Era solo un modo di dire!- esclamò – Non credevo l'avresti presa sul serio!
- Stai dicendo che non mi aiuterai?-
Vera rimase sulle sue posizioni, ma le parole di Tom la facevano vacillare: in fondo, quel giorno era la sua giornata libera ed in più si intendeva di quelle cose; inoltre Chris, il ragazzo di Lawrence, lavorava in un negozio poco lontano in cui Tom avrebbe potuto trovare quello che cercava.
Quindi, perché non accettare?
- Ok- disse, sospirando – Ok, ti aiuterò.
- Bene! Passerò a prenderti questo pomeriggio. A dopo!
- Sì, a dopo Tom-
Vera chiuse la chiamata, e sospirò una seconda volta: aveva una strano presentimento, non sapeva dire se bello o brutto.
Sapeva solo che quel pomeriggio qualcosa sarebbe successo.






* *












Quel pomeriggio




Tom era in ritardo. Di nuovo.
Vera sbuffò per l'ennesima volta, infastidita: quale persona dava un appuntamento per poi non presentarsi?
Si sistemò la maglietta che indossava, per poi riprendere ad osservare la strada, aspettando che l'auto del giovane comparisse da un momento all'altro.
Dopo qualche minuto, sentì finalmente il rombo di un motore accompagnato dallo strombazzamento di un clacson, e poco dopo Tom si fermò a pochi centimetri da lei.
La giovane salì in auto e chiuse la portiera con un colpo secco.
- Sei in ritardo- fece notare, piuttosto scocciata – Di nuovo- aggiunse.
- Vera, trattieni l'entusiasmo- scherzò Tom – So che sei felice di vedermi, ma per favore, non esagerare.
- Non sei per niente divertente- lo rimbeccò Vera: ora si metteva anche a fare dell'umorismo?
- Nemmeno tu sei un mostro di simpatia, se è per questo- replicò Tom – Allora, dove andiamo?- chiese poi, prima che la mora potesse rispondere.
Vera gli diede le indicazioni e una quindicina di minuti più tardi, giunsero davanti alla vetrata di un un piccolo negozio di sartoria.
- E' questo il posto?- domandò Tom, inarcando il sopracciglio.
- Beh, non è molto grande,- fece Vera, mentre si slacciava la cintura – ma sono certa che troverai ciò che cerchi- concluse, per poi scendere dalla vettura.
Ancora titubante, Tom scese dall'auto a sua volta e seguì Vera verso l'ingresso.
Prima ancora che ci mettessero piede, però, la porta si aprì, e ne uscì un giovane.
- Vera!- esclamò, per poi fiondarsi su Vera, abbracciandola.
- C-chris...- balbettò lei – M-mi stai s-soffocando-
Il giovane, un ragazzo di qualche anno più grande di lei, dai capelli corvini sistemati con la lacca e un paio di grandi occhi azzurri, si allontanò, ridacchiando.
- Scusa,- disse – è che è da molto che non ci vediamo. Mi sono fatto prendere dall'entusiasmo – si giustificò - Lui deve essere Tom- asserì infine, osservando il chitarrista
dietro a Vera, rimasto immobile – quanto esterrefatto - durante l'intera scena.
- Esatto- disse Vera – Tom, ti presento Christopher, il ragazzo di Lawrence- fece, indicando il giovane in questione.
Tom annuì e gli porse la mano.
- Piacere di conoscerti, Christopher- disse, con un sorriso.
- Chiamami pure Chris- rispose l'altro, stringendogliela – Vera, stamattina al telefono non mi hai detto che il tuo”caso disperato” era così carino-
Vera sgranò gli occhi ed assestò una gomitata nelle costole del giovane, che emise un lamento.
- Sei impazzita? Cos'ho fatto?!- esclamò, tenendosi la parte colpita.
- Sarà meglio cominciare- disse con fare affrettato Vera, ignorandolo.
Ancora dolorante, Chris fece segno agli altri due di seguirlo.
- Caso disperato?- sussurrò Tom all'orecchio di Vera, quando Chris si fu voltato, entrando poi nel negozio.
- Ha aperto il negozio un'ora prima solo per noi. Dovevo convincerlo in qualche modo- si giustificò Vera, stringendosi nelle spalle.
Chris raggiunse il bancone del negozio, dove, insieme al registratore di cassa, stavano un metro e un paio di forbici. Sulle pareti si ergevano armadi di legno chiaro in cui erano impilate scatole di varie grandezze e colori.
Il moro prese il metro e si avvicinò a Tom.
- Mi vuoi legare?- chiese questo, spaventato, facendo un passo indietro.
Chris aggrottò la fronte, per poi guardare Vera.
- E' sempre così idiota?- chiese con disarmante sincerità.
Vera scoppiò a ridere, mentre Tom assumeva un'espressione offesa.
- Devo solo prenderti le misure, accidenti!- disse Chris, rivolgendosi al chitarrista – Avanti, allarga le braccia-
Tom storse la bocca, poi fece come gli era stato detto, permettendo così a Chris di prendergli le misure.
- Hai delle braccia che fanno paura- commentò il moro dopo qualche minuto, segnando le ultime cifre su un pezzo di carta.
- Vado in palestra- spiegò il chitarrista.
- L'avevo immaginato- rispose Chris con un sorrisino – Vediamo un po' cos'ho qui per te- fece, poi, voltandosi verso gli scaffali.
Passò in rassegna le scatole, prendendone una di tanto in tanto, fino a che non si disse soddisfatto.
- Ecco, tieni- disse a Tom, lasciandogli in mano tutte le scatole – I camerini sono di là- aggiunse poi.
Tom assunse un'espressione confusa, ma Chris non gli diede tempo di porre alcuna domanda.
- Forza! Vai!- lo incitò, spingendolo verso le cabine di prova.
- Non serve spingere!- sbottò indignato il chitarrista.
Vera, intanto, appoggiata al bancone, osservava la scena, consapevole che ci sarebbe voluto più di quanto pensasse.








* *




Diverso tempo dopo






- Quel ragazzo è fuori di testa-
Tom stava borbottando quella frase da ormai una decina di minuti, alternandola ad un “Come si è permesso di trattarmi così?” ed un “Dovrebbe cambiare lavoro
- E' stato divertente in fondo- commentò invece Vera, bevendo un sorso del suo frullato.
Dopo aver -finalmente- trovato l'abito giusto per Tom, il ragazzo l'aveva presa alla sprovvista invitandola a bere qualcosa con lui ad uno dei bar nei dintorni, e lei, dopo qualche titubanza, aveva accettato.
In fin dei conti, non c'è nulla di male” aveva pensato.
- Non è stato per nulla divertente- diceva intanto Tom – Mi ha trattato come se fossi un idiota!
- Ah sì?- fece Vera – Ti sei chiesto il perché?-
Tom fece per rispondere, ma finì solo per sbuffare sonoramente.
- E dire che avevo cominciato a reputarti simpatica- borbottò tra i denti, riprendendo a bere il suo caffè, per poi finirlo in pochi sorsi.
Posò la tazzina sul tavolo, e fece per proporre a Vera di andare, quando però, un particolare lo fece incuriosire.
- E questo?- chiese rivolto a Vera, sfiorandole il polso con un dito, là dove c'era il tatuaggio del delfino – E' un tatuaggio?- chiese, continuando ad accarezzarlo.
Vera si limitò ad annuire, scostando poi il braccio dal tocco di Tom.
- Come mai un delfino?- chiese spontaneamente il chitarrista.
Vera indugiò qualche attimo, distogliendo lo sguardo: ormai aveva rivelato a Tom tutto ciò che doveva sapere, quindi, perché non dirgli anche quello?
- Senti,- disse Tom – se non vuoi io non...
- Mio padre era un biologo marino- fece Vera, interrompendolo, senza però voltarsi – e la sua passione erano i delfini- continuò - Ho pensato che questo tatuaggio potesse essere un modo per ricordarmi che comunque sia, lui è sempre con me- confessò infine, abbassando lo sguardo – E' una cosa stupida?- chiese poi, ridacchiando nervosa.
- No, non troppo- rispose Tom – Io la trovo una cosa ammirevole-
Vera alzò gli occhi e scorse sul volto del ragazzo un'espressione maledettamente sincera, che la portò a sorridere.
- Beh,- fece all'improvviso Tom, quasi brusco – direi che possiamo andare, no?- disse, alzandosi.
Vera annuì, seguendolo a ruota, e dopo che Tom ebbe pagato per entrambi al bancone, uscirono e salirono in auto, parcheggiata poco distante dal locale.
- Ti porto a casa?- chiese il chitarrista mentre metteva in moto la vettura.
- Sì, grazie- rispose Vera, mentre allacciava la cintura di sicurezza.
Per l'intero viaggio, l'auto fu avvolta nel più completo dei silenzi: sia Tom che Vera sentivano un vago ed inspiegabile senso di imbarazzo, che li portava a rimanere muti come pesci.




Una decina di minuti dopo, Tom stava parcheggiando nel cortile del palazzo della giovane.
- Grazie per avermi accompagnato- mormorò Vera, mentre toglieva la cintura – Ci vediamo- disse poi, aprendo la portiera.
- Aspetta!- esclamò Tom, facendola voltare – Ti accompagno- si offrì, scendendo a sua volta dalla vettura.
Vera rimase sbigottita dalle sue parole, ma non fece domande né si oppose: aspettò semplicemente che Tom la raggiungesse, per poi avviarsi verso il portone di ingresso, ed entrando infine nel palazzo.
Vera salutò con la mano la signora Clarke, che le sorrise teneramente, prendendo poi le scale che portavano al suo appartamento, seguita da Tom, e in un paio di minuti i due giunsero davanti alla porta della giovane.
Vera infilò la chiave nella toppa ed aprì la porta.
- Vuoi entrare?- chiese, rivolgendosi a Tom.
- No, sarà meglio che io vada a casa- rifiutò gentilmente il ragazzo.
- Bene, allora... ciao-
I due ragazzi rimasero ad osservarsi per qualche istante, e, involontariamente, si ritrovarono molto più vicini di quanto non dovessero, e i loro visi si stavano avvicinando sempre più.
Erano ormai ad un soffio l'uno dall'altra, quando Tom decise di annullare le distanze, posando le sue labbra su quelle della giovane.
Fu un bacio casto, a fior di labbra, ma Vera sentì comunque ogni fibra del suo corpo vibrare a quel contatto appena accennato e il tempo fermarsi
Sentiva come se, nel suo subconscio, stesse aspettando quel bacio da sempre.
Quell'idillio, però, durò solo pochi istanti.
Qualche secondo dopo, infatti, Tom si allontanò dalle labbra della mora, rompendo l'atmosfera che si era venuta a creare, e lasciando nella giovane un vago senso di insoddisfazione.
- C-credo che sia meglio che vada ora- balbettò incerto Tom, passandosi una mano dietro la nuca.
Perché aveva fatto una cosa del genere?
Cosa l'aveva spinto a fare una mossa così azzardata?
Ma soprattutto, perché lei non l'aveva fermato? Nemmeno si piacevano.
- Grazie per avermi aiutato con l'abito- disse ancora il chitarrista, cercando di reprimere l'istinto di fiondarsi di nuovo sulle labbra di Vera.
- Figurati, è stato un piacere- rispose lei, visibilmente imbarazzata, portandosi un ciuffo di capelli dietro l'orecchio – Allora, a presto.
- A presto, sì- disse Tom – Ci vediamo- salutò infine, per poi voltarsi ed uscire.
Appena la porta si chiuse alle spalle del chitarrista, Vera tirò un lungo sospiro, sentendosi sollevata; tuttavia, però, sentiva ancora quello strano senso di inappagamento..
Automaticamente, si portò un dito alle labbra, sfiorandole appena, e si ritrovò a pensare che se fosse tornata indietro di pochi minuti, l'avrebbe rifatto.
Non poteva più negarlo: era attratta da Tom.
E ciò la spaventava a morte.
Scosse la testa, cercando di scacciare tutti quei pensieri: sicuramente Tom si sarebbe dimenticato di tutto appena uscito, e non toccava di certo a lei rimuginare su ciò che era successo.
Si voltò e cominciò a dirigersi verso il bagno, pianificando di farsi una doccia fredda e scrollarsi tutti quei dubbi e quei timori di dosso, quando, d'un tratto, il campanello suonò.
Ma che diavolo...?”
Fece qualche passo indietro, diretta verso la porta, per poi aprirla.
- Che ci fai ancora qui?- domandò esterrefatta, quando Tom apparve davanti ai suoi occhi.
Il moro non rispose: semplicemente afferrò il viso della ragazza tra le mani, avvicinandolo al suo, per poi baciarla con passione.
Lei sgranò appena gli occhi, sorpresa da quel gesto, ma subito si lasciò trasportare dalla foga con cui Tom la baciava.
Il ragazzo la spinse all'interno dell'appartamento, per poi chiudere con un colpo del piede la porta alle sue spalle, senza interrompere il contatto con le sue labbra.
La afferrò per la vita e la sollevò, mentre lei cingeva le sue gambe attorno a lui, in preda ad un'enfasi sconosciuta perfino a lei.
Tom cominciò ad avanzare, finendo in corridoio.
- Destra- mugugnò Vera, contro le sue labbra.
Tom seguì le sue indicazioni, arrivando così nella stanza della giovane. Avanzò a tentoni, fino a toccare ciò che lui capì essere una delle gambe del letto.
Fece stendere Vera sul materasso, mettendosi poi a cavalcioni sopra di lei.
I due interruppero il contatto tra le loro labbra, per prendere fiato, e si guardarono negli occhi per qualche attimo, ansimanti.
Vera non ricordava di aver mai provato qualcosa di simile in vita sua: sentiva brividi di passione pervaderle il corpo, dandole un'inspiegabile sensazione di calore.
La sua mente era come annebbiata: in quel momento c'erano solo lei e Tom, nient'altro.
I suoi dubbi, le sue incertezze le erano scivolati di dosso non appena il giovane l'aveva baciata.
Dal canto suo, la mente di Tom era completamente in blackout: percepiva solo la bramosia e il desiderio di averla.
Insinuò una mano sotto la sua maglietta, accarezzandole delicatamente il ventre, prendendone i lembi ed alzarla piano.
Vera si sollevò di poco per permettergli di sfilargliela, rimanendo in reggiseno, per poi aiutarlo a privarsi dello stesso indumento, che finì a terra, insieme alla t-shirt della ragazza.
Rimasto a petto nudo, Tom passò a sbottonare i pantaloni scuri di Vera, che calò lunghe le gambe della mora fino a toglierli del tutto, lasciando poi che lei facesse lo stesso con i suoi jeans.
In pochi istanti si spogliarono anche dell'intimo, ritrovandosi nudi, in preda all'eccitazione sempre più crescente.
Si guardarono intensamente per alcuni istanti che parvero eterni, poi Vera fece un cenno con il capo, come a dire di essere pronta.
Tom le sorrise, sistemandosi meglio tra le sue gambe, e poi, con un movimento deciso, ma al tempo stesso non troppo violento, entrò in lei, per poi iniziare a spingere.
La mora inarcò la schiena, e ad ogni spinta sentiva il piacere propagarsi in tutto il suo corpo.
Tom la osservò, beandosi dell'espressione di assoluto godimento dipinta sul suo volto, per poi buttare la testa all'indietro, mentre un primo ansimo sfuggiva dalle sue labbra.
Ben presto l'intera stanza si riempì di gemiti che, man mano che le spinte diventavano più decise a veloci, aumentavano di intensità.
Le loro menti erano completamente andate in tilt: intorno a loro tutto si era fermato, ed ora esistevano solo loro. Loro e quell'estasi ardente che li mandava in visibilio.
Vera si aggrappò alla schiena del moro, graffiandola, mentre lui, con due ultime spinte raggiunse il culmine, lanciando un grido di puro piacere, subito seguito da quello giovane.
Ancora ansimante, Tom si lasciò cadere affianco a Vera.
I loro petti si alzavano ed abbassavano in sincronia, mentre entrambi cercavano di realizzare ciò che era appena successo.
Ma soprattutto ciò che tutto quello avrebbe comportato.
Tom si avvicinò alla ragazza, stringendola a sé e lei si abbandonò a quell'abbraccio, senza dire una parola.
Il moro affondò il viso nei suoi capelli, prendendo poi ad accarezzarli, mentre lei poggiò la testa sul suo petto, percependo così i battiti del suo cuore, che sembrava minacciare di uscire da un momento all'altro. Si ritrovò a sorridere, sentendo un senso di soddisfazione nel sapere di essere la causa di quel battito così accelerato.
Si accoccolò meglio al petto del chitarrista, e pochi istanti dopo, una domanda sorse spontanea sulle sue labbra.
- E ora?- sussurrò, rivolgendosi a Tom.
Il ragazzo sospirò, e Vera poté giurare che avesse detto qualcosa, ma non sentì mai quella risposta: si era addormentata.












* *














Intanto, a Lisbona




- Rimarrai molto?
- No- rispose Philip, comodamente steso sul letto della sua stanza d'albergo – Qualche giorno, non di più.
- Hai detto così anche quando sei andato a Parigi- gli ricordo la madre, all'altro capo del telefono con tono indispettito.
- Sì, ma a Parigi ho avuto un contrattempo- spiegò il giovane, alzando gli occhi al cielo – Stai tranquilla, mamma, dopo Lisbona mi prendo qualche ferie, e prima di tornare a casa mi fermerò da te e papà per qualche giorno. Non ti preoccupare, è tutto sotto controllo
- Sì, tutto sotto controllo. Come sempre – borbottò la donna - Beh, sappi che non vedo l'ora di riabbracciarti- aggiunse, con dolcezza – Ora devo andare, ma mi raccomando fatti sentire in questi giorni.
- Certo, mamma- rispose Phil – A presto, ti voglio bene-
Chiuse la chiamata, e si ritrovò a sorridere, pensando che nonostante avesse ormai ventisei anni, sua madre si ostinava a trattarlo come un ragazzino.
Appoggiò il telefonino accanto a sé, sul cuscino, e portò un braccio dietro la testa.
Finalmente dopo questo incontro si torna a casa” si disse, sollevato “ Ah, Los Angeles quanto mi sei mancata”
















Ma salve a tutti! Guardate un po' chi è tornata! Finalmente, eh?
September has come, people!
Come state, gente?

Vi dico subito che la parte 'erotica' (?) di questo capitolo è frutto di fatica, sudore, lacrime, sangue e chi più ne ha più ne metta.
Insomma, un vero e proprio parto, come il resto del capitolo, ad essere sinceri.
E inoltre ho rotto tutto ciò che poteva essere rotto a _RockEver_ chiedendole continuamente consigli e pareri.
Davvero, non ho mai scritto nulla del genere, quindi capitemi se non è all'altezza delle vostre aspettative; io ho cercato di fare il possibile c.c
- Sì, sto cercando di giustificare quest'eterogenea e piuttosto rivoltante assemblaggine (????) di parole, chiedo scusa -

Anyway...
PHIL IS BACK (?)
Spero che voi non l'abbiate dimenticato u.u
Nel caso, andate a rivedervi il secondo, il quarto e il quinto capitolo C:
Sapete che non posso lasciare che tra Vera e Tom sia tutto rose e fiori u.u
Però dai, in fondo sono stata gentile, no? Cioè, per lo meno si sono divertiti LOL
Ok, torno in me.
Beh, che altro aggiungere? A voi l'ardua sentenza:
è valsa la pena aspettare due settimane per questo quattordicesimo capitolo?

Prima di lasciarvi volevo comunicarvi che durante l'assenza di 'Wedding Planner', ho postato due shots, 'Dancing With Ghosts' e 'Cinquanta Striature di Biondo'
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate!
Vi lascio i link sotto insieme al mio Twitter e al mio Facebook.


Inoltre ho cambiato il banner *^*
Andate a vederlo e ditemi cosa ne pensate (:


Infine (giuro che poi scompaio), una cosa davvero importante:
io e la mia amica _Frency_ abbiamo avuto l'idea di creare un gruppo su Facebook per le Aliens di EFP (lettrici e scrittrici) dove potremo scambiarci idee, opinioni e chiacchierare in assoluta tranquillità!
Spero vogliate unirvi a noi!
Come per gli altri, il link del gruppo lo trovate sotto!


Ok, adesso vado via davvero, non c'è bisogno che mi guardiate così.


Ci tenevo solo a ringraziare tutti, quelli che leggono, recensiscono, seguono, ricordano e preferiscono questa fanfic: non sapete quanto il vostro supporto mi renda felice, davvero.
C'è gente che mi scrive e dice di quanto io sia brava e cose del genere, ma la verità è che
questa personcina qui – MOI- non sarebbe arrivata a questo punto senza di voi, quindi, davvero, grazie.
Se fossi in voi mi farei un applauso.
E poi un saluto di benvenuto a tutte le nuove lettrici che si sono aggregate in queste ultime settimane! *^*


Bene, alla prossima allora!
Un buon ritorno a scuola a tutte C:
E se volete saperlo, no, non ho finito i compiti.
Ma il capitolo era pronto e alla fine non ho resistito c.c
A proposito, il prossimo capitolo arriverà sicuramente dopo l'inizio della scuola C:


Ok, vado vado u.u


Un bacione,
Heilig






Trailer | Twitter | Facebook | Gruppo Facebook


Dancing With Ghosts | Cinquanta Striature Di Biondo


   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: Heilig__