Cap. XIV°
L’incidente
Gianni
lasciò sospirando il salotto, diretto al giardino. Non ce la faceva più a
resistere lì dentro, non con quei due. Ovunque si voltasse, ne vedeva uno
appollaiato sul davanzale, con una faccia da veglia funebre e il cervello in
vacanza. Era una lagna! Una vera e propria tortura che durava da due
giorni…insopportabile.
Ma
una notizia stava per arrivare, pronta a far esplodere tutti.
L’italiano
stava giusto dirigendosi nel parco, quando venne quasi travolto dal
maggiordomo, che correva gridando:
-Che
tragedia!! Signorino Andrew!!
-Ma
che diavolo…- si chiese il blader, lanciandosi all’inseguimento dell’uomo che,
intanto, aveva raggiunto gli appartamenti del padroncino.
-Signorino
Andrew!!
-Cosa
ti prende, Frank?- domandò l’interessato, senza prestargli particolare
attenzione.
-È
una tragedia, signorino…i suoi genitori…un terribile incidente…
-Come?!-
esclamò, volgendosi di scatto.
Nel
frattempo, anche Gianni e Olivier, attirato dalle voci, erano entrati nella
stanza.
-Stavano
tornando alla villa quando sono rimasti coinvolti in un terribile incidente
automobilistico…- raccontò Frank, agitatissimo. –Hanno appena chiamato
dall’ospedale…
Andrew
aveva gli occhi sgranati e il respiro a zero: i suoi genitori…in ospedale…erano
forse…
No,
non osava nemmeno pensare quella parola…non potevano essere…
E
poi un altro pensiero lo colpì.
-Rose…-
mormorò. –Devo avvertire Rose…
I
compagni non lo avevano mai visto in quello stato: solitamente l’inglese era
acido e altezzoso. Trovarlo così fragile e umano era decisamente una sorpresa,
che dimostrava loro l’esistenza di un cuore pulsante sotto l’acredine.
-Frank- intervenne il francese. –Prepara la macchina.
-Subito,
signorino Boringer.
-Drew-
continuò, prendendolo per le spalle e costringendolo ad ascoltare. –Vai in
ospedale con Gianni: i tuoi genitori hanno bisogno di te. Penserò io a trovare
Rose e a raggiungervi.
-Ma…
-Nessun
ma. Vai.
Lo
lasciò alle mani dell’italiano, con cui bastò uno sguardo per intendersi:
poteva sembrare incredibile, ma l’intrattabile McGregor aveva bisogno come non
mai di qualcuno a cui appoggiarsi, di un amico che gli restasse accanto.
-Andiamo,
Drew.
Olivier
attese la loro partenza per darsi dell’imbecille: dove andava a cercare Rose?!
Non aveva la minima idea di dove potesse essere…non sapeva nemmeno se era
ancora a Londra…
Si
diresse verso la camera della giovane sperando ci fosse un minimo indizio…una
traccia…
Ed
ecco lì, sulla scrivania, l’agenda di Rose. L’aprì alla pagina segnata da un
nastro rosso e lesse indirizzo scritto: non era lontano.
-Rose,
non credi sia il caso di fare la pace con Drew?
-No,
Judith. Dev’essere lui a scusarsi- rispose la ragazza. Già, Andrew che si scusava:
era più facile che i marziani arrivassero sulla Terra.
Il
campanello dell’appartamento trillò, interrompendo la discussione fra le due
giovani. La padrona di casa andò ad aprire, trovandosi di fronte un bel giovane
dagli occhi azzurri, i capelli verde brillante e il viso fanciullesco.
-Scusi
il disturbo, mademoiselle- disse. –Cerco Rose McGregor…
-È
qui. Aspetta che la chiamo- replicò Judith, molto meno formale del francese.
–Rose!
-Sì?
Oh…ciao, Olivier. Allora qualcuno ha capito il messaggio dell’agenda- commentò
l’inglese. –Sei già in partenza?
-Rose,
non è una visita di cortesia- la interruppe Olivier. –Si tratta dei tuoi
genitori…