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Autore: pazzamenteViola    05/09/2013    1 recensioni
Giada e Alex. Alex e Giada.
Lui la ama, ma lei? Perché continua a fuggire?
E se un insospettabile diventasse il terzo incomodo? Chi sceglierà Giada? Alex, sé stessa o...
Se vi siete appassionati ai protagonisti di "I suoi occhi nei miei" e volete sapere come va a finire, siete nel posto giusto!
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Giada&Alex'
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Nota dell’autore: Ho pensato di continuare la storia precedente e di raccontarla dando voce non solo a Giada, ma anche ad altri protagonisti. Penso che così la storia renda meglio, spero apprezziate!
Buona lettura!

 
 
[Alex]
 
Quando quella mattina Michele chiamó per annunciarmi che la piccola Mia era nata, pensai che non ci potesse essere un modo migliore di cominciare la giornata. Ero davvero felice... Sì, ero egoisticamente felice, perché sapevo che l'avrei vista di nuovo. Si era persa il rientro in campo di suo fratello, la cena per il fidanzamento di Giorgio e Margherita, ma non si sarebbe mai persa i primi giorni di vita della sua nipotina. Non vedevo Giada da quella notte, da quel litigio in quel parcheggio affollato, quando arrivai da lei la mattina dopo, se ne era già andata, era scappata… a Londra, dove, lo sapeva benissimo,non avrei potuto raggiungerla, non potevo lasciare la squadra, gli allenamenti: ero bloccato a Pescara. L’avevo chiamata ogni giorno per più di un mese, ma non avevo mai ricevuto alcuna risposta, non un sms, non una mail, niente: il silenzio assoluto… Alla fine, arrivai a pensare che non mi amasse abbastanza,  altrimenti mi avrebbe dato la possibilità di spiegare, il beneficio del dubbio e smisi di cercarla. Ma, quando il giorno di San Valentino, Andrea si lasciò sfuggire che Giada sarebbe tornata a Milano per la ripresa delle lezioni, decisi di provare un'altra volta a ricucire il nostro rapporto, perché la mia vita, senza di lei, faceva abbastanza schifo. Le spedii il nuovo album della sua band preferita, nella maggior parte di quelle canzoni avevo ritrovato qualcosa di noi, ma una su tutte descriveva, perfettamente, come mi sentivo, gliela indicai, non poteva ignorarmi. Non questa volta. Passai tutta la sera e la notte con il cellulare in mano, in attesa di un suo segnale, ma ancora una volta, ottenni solo silenzio. La mattina dopo, mentre uscivo per andare in palestra, inciampai in uno scatolone che era stato abbandonato sulla soglia, dopo una miriade d’imprecazioni di vario genere lo spinsi in casa e lo aprii; sopra un mucchio di oggetti familiari, c’era lo stesso cd che le avevo mandato il giorno prima e un post-it, indicando un'altra canzone, diceva: “Sai anche tu che non parla di noi!”. Non avevo bisogno di ascoltare quella canzone, la conoscevo già ed era una stronzata quello che mi aveva scritto, corsi fuori di casa e mi precipitai nel posto in cui ero sicuro di trovarla: questa volta mi avrebbe dovuto ascoltare.

Andrea mi aprì la porta stupito di vedermi: “Che ci fai qui?Dovevamo incontrarci?”
“Dov’è? Devo parlare con lei!” dissi spostandolo dalla soglia ed entrando.
“Prego, entra pure!” commentò Andrea: “si può sapere cosa ti è successo?"
“Devo parlare con Giada, lo so che è qui!”
“Giada??” sembrava sorpreso: “Alex, mia sorella è a Milano!”
“Mi ha lasciato uno scatolone sulla soglia di casa, quindi evita… Dimmi dov’è?” richiesi per la milionesima volta, mentre cercandola per casa, cominciavo a realizzare che probabilmente non era lì.
“Giada è a Pescara ?” mi chiese Andrea sorpreso e… ferito?
Mi limitai ad alzare le spalle, lo vidi prendere il cellulare e lo osservai mentre parlava: “Ciao, Miche!… Scusa, ma stavi ancora dormendo?...Ah, capito!... Per caso Giada è da te?...Sì, hai capito bene. Giada, mia sorella!” ripetè alzando gli occhi al cielo: “Alex dice che gli ha lasciato sulla porta di casa uno scatolone … Lo so, grazie comunque. Ci vediamo più tardi in palestra!” riattaccò: “Neanche lui sa niente” mi informò e mi fece segno di seguirlo in cucina, dove Mara stava preparando il caffè.
 “Ciao,Alex!” mi salutò  sorpresa, la sua pancia era crescita parecchio nell’ultimo mese, ma lei, se possibile, era ancora più bella: “Fai colazione con noi?”
“No, grazie” dissi: “Non mi fermo a lungo”
Andrea si rivolse alla moglie: “ Amore, non è che tu per caso sai dov’è mia sorella?”
Mara lo  guardò come se fosse pazzo: “ Lo sai anche tu dov’è! A Milano, e dove se no?”
“Stamattina mi ha lasciato uno scatolone sulla porta di casa…” le spiegai
“Ah … “ commentò ,poi sorrise come se fosse divertita dalla situazione, anche Andrea lo notò e chiese: “ Sai per caso qualcosa che io non so?”
“Non so nulla, ma ti posso dire con assoluta certezza che in questo momento Giada è a Milano!” rispose convinta e poi vedendo i nostri sguardi sbalorditi aggiunse: “Immagino si sia trattato di una toccata e fuga…”
“Come…?” tentai di chiederle ma lei mi interruppe: “Sapeva benissimo che questo era il primo posto in cui l’avresti cercata e non poteva certo andare da Michele … quindi, fatto ciò che doveva,  se ne sarà tornata dritta dritta a Milano”
“Non ci avevo pensato” ammise Andrea
“Era tutto così logico, tutto così da Giada!” pensai: “ ma non mi meritavo di essere scaricato di persona? Perché non mi voleva neanche incontrare un’ultima volta?”. “Scusate l’intrusione, ragazzi!” dissi: “ci vediamo in palestra… scusate ancora” e feci per andarmene.
“Alex…” mi fermò Mara:  “Forse è meglio che lasci perdere, se lei ha deciso così… insomma non farti ancora del male, non ne vale la pena…”
Le sorrisi: “Sai hai ragione. Evidentemente non mi ama abbastanza, forse non mi ha mai amato…” Era la prima volta  che esprimevo quel pensiero a voce alta, ma ormai era l’unica spiegazione possibile.
“Già…” commentò Mara, ma non mi sembrò molto convinta.
Tornato a casa, presi lo scatolone e lo buttai nel ripostiglio, non avevo alcuna intenzione di rivivere quei momenti, di stare ancora male per una che non mi amava. Quella sera uscii con Michele: due amici single in cerca di divertimento. Fu proprio quella sera, che conobbi Alyssa.
 
Michele mi portò in un locale molto carino, poco fuori Pescara. Come al solito il mio amico non impiegò più di due minuti per individuare la sua preda, io invece avevo perso la mano. Mi guardai intorno per un po’, c’erano molto ragazze attraenti, ma nessuna di loro mi colpì, in fondo … nessuna di loro era Giada. Decisi di andare al bancone, magari l’alcool avrebbe abbassato le mie pretese. Fu allora che la vidi, per un attimo pensai che fosse proprio lei, la ragazza dietro il bancone non era Giada ma le somigliava moltissimo, gli stessi colori: occhi azzurri, capelli castano chiaro, pelle color latte. Avevo trovato la ragazza che faceva per me e il modo migliore per ferire Giada, era riprodurre esattamente il modo in cui l’avevo conosciuta, così mi sedetti al bancone e attirai la sua attenzione, le chiesi una birra e poi il suo nome: Alyssa. Non ci fu bisogno che mi presentassi, a differenza di Giada sapeva benissimo chi fossi: Alex Walsh, campione olimpico. Riuscii ad attaccare bottone  senza problema, le offrii una birra che accettò volentieri senza nessuna frase buffa tipo: “Non bevo in servizio!”. Non era Giada, non aveva quella sfumatura di dolore negli occhi, quel calore nella voce,quel  sorriso che mi toglieva il respiro, aveva il viso troppo truccato, i capelli sciolti che ricadevano sulle spalle e non raccolti in una sorta di chignon come faceva sempre la mia principessa quando lavorava o studiava o cucinava per me. Non era Giada, ma potevo sempre fingere che lo fosse ed è quello che feci quando, a fine serata, la portai a casa mia …
La mattina dopo me la svignai, senza svegliarla, le lasciai un bigliettino con il mio numero di telefono, lo facevo sempre, prima, lasciavo il numero e poi se mi contattavano, lo facevano quasi sempre, le liquidavo con un banale: “Non sei tuo il problema, sono io. In questo momento, non mi sento pronto per una relazione. Non voglio farti soffrire”.  Però quello era prima, passai la giornata a riflettere su cosa fare se Alyssa mi avesse chiamato, non avevo voglia di ricominciare a entrare in un letto diverso ogni sera, non avevo voglia di inventarmi complimenti stupidi per riuscire a portamele a letto, cominciare una relazione stabile con lei, poteva avere i suoi vantaggi, non mi dovevo impegnare per avere qualcuno con cui fare sesso e non correvo il rischio di innamorarmi, lo ero già e poi… l’ho già detto che somigliava a Giada? Quando, più tardi, Alyssa mi chiamò, la invitai a cena e da lì cominciò tutto. Niente drammi, niente pretese, due persone che si divertivano insieme sotto le lenzuola, una ragazza che finalmente veniva alle partite, che c’era se avevo bisogno di lei; avevo fatto la scelta giusta: se non potevo avere la donna che amavo, Alyssa era la persona che faceva per me, così simile a lei esteticamente, così diversa nei modi di fare, di pensare, di parlare, così lontana da tutto quello che amavo di Giada, ma che ci aveva separato.
Dopo poche settimane decisi di farla conoscere ai miei amici, portandola a una delle nostre cene al “Dragone Rosso”, appena la videro scossero il capo, sapevano che mi frequentavo con qualcuno e pensavano tutti che fosse una grandiosa idea, ma … “Non è con una controfigura che la dimenticherai, amico mio!” mi sussurrò Michele all’orecchio, mentre prendevamo posto al nostro tavolo.
Aveva ragione. Quella mattina erano passati quattro mesi dal nostro litigio, due dei quali  passati con Alyssa al mio fianco, eppure sapendo che l'avrei rivista, sentii una fitta allo stomaco, una sensazione… non saprei darle un nome, mi sentii come un bambino la mattina di Natale.
 
Purtroppo quella mattina, Alyssa dormiva al mio fianco, cercai di convincerla a non venire in ospedale, ma non volle sentire ragioni, non era poi così stupida,anche se nessuno le aveva mai detto nulla, sapeva che Giada, la Giada di cui aveva tanto sentito parlare, non era solo la sorella di Andrea o almeno non lo era per me. Arrivammo in ospedale verso l’ora di pranzo, come mi aveva suggerito Michele, lo incrociai nel parcheggio: “Ciao, Miche!” urlai per catturare la sua attenzione.
Michele si voltò immediatamente e sorridendo si avvicinò alla mia auto: “Ciao, bello! Spacchi il minuto ho appena …” s’interruppe notando Alyssa seduta accanto a me: “Ciao, Alyssa!” la salutò rivolgendomi uno sguardo di rimprovero che conoscevo molto bene.
“Michele …” rispose al suo saluto Alyssa, quei due non si erano mai piaciuti molto. “Stavi dicendo?”chiese.
“Certo … Stavo dicendo che sono appena andato a prendere Giada in stazione, è già su da Mara … Anzi mi conviene raggiungerla, mi starà dando per disperso … Ci vediamo di sopra!”
“Perfetto, non vedo l’ora di conoscerla” ribatté Alyssa.
“Immagino!” sussurrò sarcastico Michele, ma per fortuna lei non lo sentì.
 
Appena scesi dall’ascensore, Alyssa mi prese per mano, mi voltai verso di lei accennando un sorriso, ma si vedeva che ero nervoso. Finalmente l’avrei rivista, però, non era così che me lo ero immaginato, non volevo che mi vedesse mano nella mano con un'altra, che pensasse che l’avessi dimenticata, ma tutto questo non potevo certo dirlo ad Alyssa... Feci un respiro profondo e cominciai a camminare per il corridoio, appena svoltato l’angolo, la vidi. Michele le stava parlando, probabilmente stava tentando di avvisarla del mio... O meglio, del nostro arrivo. In un attimo, i suoi occhi incontrarono i miei e tutto il resto sparì, finalmente dopo mesi, mi sentii nuovamente a casa.
  
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