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Autore: PhoebeRiddle    06/09/2013    3 recensioni
I morti si incontrano in un unico luogo, qualsiasi sia il mondo da cui provengono. E possono parlare. Raccontarsi storie. Aiutarsi.
“Va’, e non dimenticare”
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Era sdraiato su un fianco, sulla dura terra. Niente sassolini, niente polvere, solo il suolo compatto. Faceva freddo. Molto freddo. Neanche il nero mantello in cui era avvolto lo proteggeva molto. Sentiva però del calore che gli raggiungeva la schiena, lo sentiva provenire da un piccolo falò scoppiettante. Non aveva il coraggio di aprire gli occhi. Se c’era il fuoco, c’era anche qualcuno. E non voleva sapere chi. Serrò più forte le palpebre cercando di non muovere un muscolo, tormentato dall’ultimo ricordo che aveva prima del buio. Dolore. E gli occhi di Lily.
“Ti sei svegliato finalmente” Piton spalancò gli occhi “Vieni a sederti su questo tronco, devi avere non poco freddò là”.
Il professore si alzò guardingo, si avvicinò al falò e si sedette di fronte a colui che aveva parlato, fuori dal cerchio di luce.
“Ciao Severus, sai dove siamo?” Piton non rispose, ma molto lentamente estrasse la bacchetta dalla manica. La voce profonda e probabilmente di un giovane maschio riprese: “Sei morto, lo sai? Come me d’altronde. Siamo morti entrambi per nobili ideali, per proteggere chi amavamo abbiamo nascosto la nostra vera natur…”
“SECTUMSEMPRA!” Piton estrasse improvvisamente la bacchetta pronunciando l’incantesimo, ma non successe nulla. Due occhi rossi si accesero dall’altra parte del falò.
“No, Severus, qui non funziona. Almeno non finché non avremo finito di parlarci”.
“Dimmi chi sei” sibilò tra i denti il professore.
“Lo vuoi davvero sapere? – gli occhi rossi scomparvero, per apparire un istante dopo al suo fianco – Mi chiamo Itachi Uchiha e vengo da Konoha. Dubito che tu conosca il luogo. Appartiene ad un altro mondo, nascosto ai più. Un certo Albus Silente mi ha mandato qui perché ti raccontassi la mia storia, ma a dirla tutta anche io desideravo conoscerti. Sembra che i nostri destini abbiano imboccato una strada simile. La tua però ha avuto un esito sostanzialmente positivo, la mia ancora non so…
Sai, appartenevo ad uno dei più potenti clan di ninja del mio villaggio: gli Uchiha. Amavo Konoha, mi aveva dato tanto, ma il mio clan progettava una rivolta, che avrebbe portato ad una sanguinosa guerra civile. E io non lo potevo accettare. I capi del villaggio e l’Hokage mi chiesero, o meglio mi ordinarono, di sterminare l’intero clan. Ero uno dei ninja più potenti nonostante la mia giovane età e la mia famiglia si fidava di me. Ma avevo un fratello, Sasuke, che amavo più di ogni altra cosa e desideravo solo proteggerlo. Implorai l’Hokage e alla fine ottenni di risparmiare almeno lui, che all’epoca aveva solo 6 anni. Portata a termine la missione, però, fui costretto ad allontanarmi dal villaggio e a vivere da traditore. Nessuno infatti, a parte i capi, sapevano che mi era stata affidata la missione di sterminare gli Uchiha; tutti credevano che lo avessi fatto per mio interesse personale. Entrai così nella lista dei ninja ricercati più pericolosi. Sempre su ordine dell’Hokage entrai a far parte dell’Akatsuki, l’organizzazione di ninja traditori più temuta di tutte le Terre. Il mio compito era quello di fornire informazioni al Villaggio, ma nessuno doveva esserne al corrente. Un po’ come hai dovuto fare tu diventando uno dei pupilli di Voldemort… Incontrai mio fratello e dovetti combattere contro di lui, ma era ancora così giovane e debole. Gli dissi di odiarmi e di tornare da me quando fosse stato pieno di odio. Era l’unico modo che avevo di proteggerlo… Ora aspetto che mi riportino in vita per combattere una sanguinosa guerra contro i villaggi, ma in realtà io andrò da Sasuke e nessuno potrà impedirmelo. Gli dirò che ho fatto tutto questo per proteggerlo. Che gli voglio bene. E che mi dispiace…”.
Piton continuò a fissare il fuoco, neanche si accorse delle lacrime che gli rigavano le guance e che formavano piccole macchioline scure ai suoi piedi. Ora capiva perché Albus aveva voluto che loro due si incontrassero. Perché non si sentisse solo.
Lui e Itachi erano uguali, il destino li aveva condotti a fare le stesse scelte per proteggere le persone che amavano, uno Lily, l’altro il fratello. Entrambi costretti a lavorare per il nemico per ottenere in cambio la salvezza di qualcun altro. Condannati ad essere odiati e a non mostrare i propri sentimenti. Due persone con una doppia vita, in cui erano costretti a far dominare un’identità sull’altra.
“Beh, credo che sia ora che ti racconti la mia di storia” Piton alzò lo sguardo. Itachi lo stava fissando coi suoi occhi rossi. Sorrise.
“No non serve – rispose – so già tutto, in realtà” Severus strabuzzò gli occhi. “Devo andare ora, mio fratello mi aspetta. Va’ da Harry, digli la verità”.
“L’ho già fatto”.
“Ma non gliel’hai detto, gliel’hai solo mostrato, e lui è pieno di dubbi”.
“Ha sua madre, Lily. E James, suo padre” A pronunciare l’ultimo nome un guizzo di rabbia gli attraversò gli occhi.
“Sì, è vero. Ma vuole sentirla da te. Va’ da lui. Manca poco allo scontro finale con Voldemort, deve sapere. Il Signore Oscuro lo crede morto, ma in realtà lui è vivo e sta parlando con Silente nella sua testa. Raggiungilo, parlagli un’ultima volta, digli quanto hai amato Lily e quanto lo hai protetto, con quanto amore hai dato la tua vita per loro. Va’ “.
Piton chiuse gli occhi, lasciando cadere le ultime lacrime. Quando li riaprì, pochi istanti dopo, Itachi era scomparso. Si gettò a terra, fissò il vuoto oscuro in cui era avvolto, pensando a come fare per raggiungere Harry…
Una luce abbagliante.
Era in piedi. A King’s Cross, bianca e senza treni.
Di fronte a lui Harry gli voltava la schiena. Non si era accorto del suo arrivo.
“Harry Potter!” sibilò.
Il ragazzo si voltò di scatto, sorpreso: “Professore, professor Piton, io…”
“Chiamami Severus” lo sguardo di Piton si addolcì, ammirando quegli occhi così uguali a quelli di Lily.
Harry si avvicinò. 
Un abbraccio. Un solo, lungo abbraccio. Non serviva dire nulla.
Quando si staccarono, Piton afferrò il ragazzo per le spalle, lo fissò come uno zio fissa il nipote ormai cresciuto, e gli disse semplicemente: “Va’, e non dimenticare”:
Poi di nuovo buio, la fredda terra a contatto con la schiena. Vicino al fuoco c’era di nuovo Itachi che, senza voltarsi, chiese: “Fatto?”.
“Fatto”.
“Bene”.
“E adesso?”.
“Andiamo”.
Una cerva bianca volò sopra il fuoco.
   
 
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