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Autore: Willows    06/09/2013    1 recensioni
Harry non sta bene e si vede.
Non ricorda un momento, durante gli ultimi sette mesi, in cui si sia sentito felice o anche solo sereno. È quasi arrivato al punto di rottura, a tanto così dal cadere nel baratro- dal quale, ne è sicuro, non riuscirebbe a risalire.
Clementine è una ragazza solare e sorride sempre.
Le piace cantare, anche se è stonata come una campana e quando lo fa, i cani abbaiano.
Viaggia sempre con i soldi nelle scarpe, una canzone sulle labbra e gli occhi rivolti al cielo, perché da quando ha iniziato ad osservarlo, all’età di otto anni, non ha più smesso.
Clem non parla, si limita a guardarlo. E per qualche secondo ha questo sguardo negli occhi, come se avesse capito tutto di lui ed Harry si sente nudo e vulnerabile, quindi distoglie lo sguardo, a disagio.
Quando, qualche secondo dopo, torna a guardarla Clementine sta fissando il soffitto, con un sorrisetto furbo sul viso, e:
«Ti ho mai raccontato di quella volta che ho pescato una trota di un metro?» domanda.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Wonderwall| Now you see me

 
 
Harry non sta bene e si vede.
Non ricorda un momento, durante gli ultimi sette mesi, in cui si sia sentito felice o anche solo sereno. È quasi arrivato al punto di rottura, a tanto così dal cadere nel baratro- dal quale, ne è sicuro, non riuscirebbe a risalire-  ma nessuno sembra esserne accorto, forse, nonostante quello che dicono tutti, è un bravo attore.
Harry è stanco, ma non di quella stanchezza che una dormita e passa tutto.
No, Harry si sveglia già stanco e gli viene la nausea al pensiero di doversi alzare dal letto, vestirsi e affrontare il mondo, la gente.
Harry è stanco della vita, e non sa per quanto tempo potrà ancora reggere.
Tocca il punto di rottura una fresca sera di Aprile, sta uscendo dallo studio di registrazione e qualcuno gli urla «Fai schifo, perché non ti trovi un vero lavoro?».
Non è la prima volte che succede, essendo un personaggio famoso riceve spesso insulti, anche peggiori di questo, ciò che lo lascia sorpreso è il modo in cui reagisce.
Totalmente indifferente.
Badate, non è che lui scoppi a piangere tutte le volta che qualcuno lo insulti, solo, si rende conto di non riuscire a provare più niente.
Niente gioia, tristezza, euforia, rabbia, nulla, solo un grande vuoto dentro. Harry non ha più un’anima, l’ha persa strada facendo e ora c’è solo il suo corpo, un guscio che si trascina da una parte all’altra in attesa della fine.
Quella stessa sera va in un bar e si ubriaca e bacia decine di ragazze, sperando di sentire qualcosa, e picchia un fotografo, sperando che qualcosa al suo interno si smuova, e urla contro il cielo e guida a duecento kilometri orari in autostrada e fa un sacco di sciocchezze, ma non sente nulla, se non questa fatale indifferenza che, come una nebbia, lo avvolge e gli impedisce di provare qualsiasi sentimento.
Harry Styles si è perso e teme che non sarò in grado di ritrovarsi.
 
Proprio per questo motivo ora si trova fermo a una stazione di servizio nei pressi di Boston, di fronte ad un distributore automatico, indeciso se prendere le patatine o una confezione di Twix.
È circa mezzanotte, ma non è stanco e non vuole fermarsi, non ha sonno, sebbene siano quasi ventiquattro ore che non dorme. È da un po’ di tempo che si ritrova a preferire il silenzio e l’oscurità della notte, al chiasso e chiarezza del giorno. In questo modo riesce a nascondere i suoi demoni nel buio, in questo modo non deve affrontale la realtà.
Harry è in viaggio, in viaggio per trovare se stesso.
Lui crede che tutto ciò sia un’enorme cazzata e gli sa tanto di cliché, ma i manager hanno insistito tanto (il nuovo Harry depresso non vende, avevano detto durante una riunione, credendo che lui non stesse ascoltando), che, più per esasperazione che per altro, ha ceduto.
Alla fine opta per il Twix e sta per salire in macchina quando
«Hey, non è che potresti darmi un passaggio?» urla una voce alle sue spalle.
Harry si volta e vede una ragazzina che, a occhio e croce, non può avere più di diciotto anni che gli corre incontro. È bassa e magrolina, sembra che non mangi un pasto decente da mesi. I capelli sono lunghi e rossicci, almeno così gli sembra illuminati dalla luce dei lampioni, ma non sono quelli a colpirlo maggiormente. No, sono gli occhi che lo colpiscono.
Sono grandi azzurri e vivi, vivi. Come Harry non si sente da tempo.
«Stai parlando con me?» domanda il riccio, indicandosi con l’indice.
La ragazza annuisce, a corto di fiato per la corsa e poi aggiunge «Se non è un problema.».
Harry annuisce e dopo aver mormorato un «Salta in macchina.», inizia a pensare che forse questo viaggio non sarà un completo fallimento.
 
 
Durante il tragitto parlano molto e Harry scopre che Clementine, così si chiama la ragazza, ha diciannove anni ed è in viaggio da quando ne ha diciassette.
Non ha una meta precisa, per questo quando Harry le chiede dove sia diretta, lei scuote le spalle e mormora.
«Ovunque-  per poi aggiungere ad alta voce e con un sorriso smagliante sulle labbra- lasciami dove ti è più comodo.»
Clementine è una ragazza solare e sorride sempre. Racconta a Harry che è partita da una Gig Harbor una piccola cittadina vicino a Seattle e che ha attraversato quasi tutti gli Stati Uniti, ama i Ramones, gli Oasis, i Clash e ha una cotta pazzesca per Ed Sheeran, perché come si può non amarlo?
Le piace cantare, anche se è stonata come una campana e quando lo fa, i cani abbaiano.
Viaggia sempre con i soldi nelle scarpe, una canzone sulle labbra e gli occhi rivolti al cielo, perché da quando ha iniziato ad osservarlo, all’età di otto anni, non ha più smesso.
Harry rimane zitto tutto il tempo, ogni tanto annuisce o mugugna un «Mmh» tanto per farle che la sta ascoltando e che no, non la trova fastidiosa e non sta reprimendo l’impulso di strangolarla, come più volte la ragazza gli chiede.
E Harry, sa che dovrebbe essere irritato dalla sua vocetta un po’ stridula e dal suo continuo ciarlare, eppure non può fare a meno di immergersi nelle sue chiacchiere senza senso e trovarle confortanti. La ragazza non fa domande, come se avesse capito che Harry, di parlare, non ha proprio voglia e non sembra per niente disturbata dal fatto di dover sostenere da sola la conversazione.
Verso le cinque di mattina Clementine dorme appoggiata al finestrino e anche Harry, ormai stanco, decide di fermarsi in un parcheggio di Ithaca e riposarsi un po’.
 
 
Quando si sveglia, è già buio e si rende conto di aver dormito tutto il giorno. Di scatto si volta e vede che il sedile alla sua destra è vuoto e un po’ ci rimane male. Insomma avrebbe anche potuto salutare quella Clementine.
È appena sceso dalla macchina quando una figura gli si avvicina e urla
«Finalmente sei sveglio, hai dormito tutto il giorno» ci impiega qualche secondo per capire che si tratta di Clementine con un sorriso sulle labbra e un cappello rosso- ehi ma quello non è suo?- in testa.
«Ah scusa ti ho rubato il cappello, è che faceva un po’ freddo fuori» dice Clem, sempre sorridente e fa per toglierselo, ma Harry la ferma. In fin dei conti sta meglio a lei, inoltre lui ne avrà altri cinque o sei in valigia.
«Cos’hai fatto mentre dormivo?» chiede Harry, perché ha dormito per più di dodici ore e non sa da quanto tempo la ragazza è sveglia.
«Oh, ho fatto un giretto qui e là, sai per visitare un po’ la città- spiega con nonchalance- ho conosciuto dei ragazzi e mi hanno invitato ad una festa stasera, ci andiamo vero?»
Il riccio la guarda confuso, perché
«Ci andiamo?» chiede confuso. Cioè loro insieme?
«Ovviamente sei invitato anche tu, ho parlato un po’ di te e non vedono l’ora di conoscerti.».
Ora Harry è ancora più confuso, perché lui è sicuro di non aver pronunciato più di dieci parole da quando l’ha conosciuta, quindi cosa avrà mai potuto dire a quei ragazzi?
«Non so se è il caso e poi non ho per niente voglia di andare a una festa.» protesta Harry perché davvero non ha voglia di recitare la parte della pop star felice e soddisfatta della propria vita.
Non ha voglia di sprecare sorrisi falsi e parole gentili per persone cui non importa nulla di lui.
«Dai, sono sicura che ci divertiremo e poi hai la faccia di uno che ha proprio bisogno di una bella festa.» lo rassicura lei, prima di salire in macchina e pescare qualcosa dallo zainetto che si porta dietro. Harry ci mette qualche secondo per realizzare che si tratta di polaroid, che ora oscilla appesa al suo collo.
«Sei pronto?» chiede dopo qualche secondo e senza avere neanche il tempo di annuire si ritrova trascinato per vie sconosciute di Ithaca.
 
 
Harry non sa bene come abbia fatto ad arrivare nella sede di qualche confraternita dell’Ithaca College, con un bicchiere di birra in mano e uno spinello in bocca a parlare della fottuta bellezza dell’universo, con Nick- un ragazzo appena conosciuto e che va a scuola lì- ma è abbastanza sicuro che sia tutta colpa di Clementine.
Una volta arrivati la ragazza gli ha presentato questo Nick, un ragazzo simpatico, ma un po’ eccentrico sulla ventina che, non appena l’ha visto, l’ha subito riconosciuto.
«Clem, perché non mi hai detto che il tuo amico era la pop star mondiale Harry Styles?» ha chiesto Nick alla ragazza che si è limitata a scollare le spalle e ridere, perché davvero non l’aveva riconosciuto.
Hanno bevuto, ballato e Clementine ha scattato qualche fotografia, in una ci sono solo lei e Nick che fanno la linguaccia, un’altra in vece li rappresenta tutti e tre insieme,  le guancie schiacciate le une contro le altre per starci tutti e un sorriso scemo sul viso.
È rimasto sorpreso quando i sorrisi sono gli usciti spontanei, un po’ spenti e stropicciati, ma per niente forzati. Alla fine, pensa Harry, ha fatto bene ad andare a quella festa.
Lasciano la confraternita verso le tre e procedono insicuri sui loro piedi, in direzione dell’auto.
A un certo punto il viso della ragazza s’illumina come se improvvisamente si fosse ricordata di una cosa importantissima.
«Harry- dice tirandogli un pugno sulla spalla- perché non mi ha detto che eri famoso?».
Il ragazzo ride, perché davvero si era immaginato chissà quale domanda, e si limita a stringersi  nelle spalle.
«Fa differenza?» mormora alla fine.
«Ovvio!- esclama la ragazza con fin troppa enfasi, a causa di tutto l’alcool in corpo- sei mio amico e non mi dici nemmeno di essere famoso. È una figata, devi raccontarmi tutto. Non ora però, perché sono stanca, ma domani. Si domani mi racconterai tutto.»
Il ragazzo ci rimane di sasso, perché da quando sono passati da conoscenti ad amici?
Forse dopo che Clem gli ha parlato ininterrottamente per quattro ore. Oppure dopo che e ha regalato il cappello o, magari alla festa.
Harry non lo sa, ma è contento di avere un’amica come Clem.
Anche quella notte dormono in macchina solo che questa volta si stendono nei sedili posteriore, l’uno nelle braccia dell’altro per sconfiggere il freddo, Harry il cucchiaio grande e la ragazza quello piccolo.
 
Il giorno seguente lo trascorrono completamente viaggiando- sostando brevemente solo per mangiare- ed entro sera arrivano ad Indianapolis, dove decidono di prenotare un motel e fermarsi a dormire. Durante il viaggio il riccio si è trovato costretto a parlarle della sua carriera da cantante.
All’inizio Harry ha parlato liberamente, descrivendo come, partecipando ad X-factor, sia diventato famoso, quanto amasse e ama tutto’ora  la musica e perché ha deciso di intraprendere quella carriera.
Le ha raccontato di quanto sia forte l’emozione di cantare di fronte a centinaia di migliaia di persone, di quanto sia esaltante e lo faccia, o meglio facesse, sentire vivo una folla trepidante che urla il suo nome. A un certo punto smette di parlare, perché fa male ripensare ai momenti in cui non era così vuoto, in cui cantava per passione e amore della musica e non per guadagnare soldi.
Allora Clem inizia a fargli domande, ansiosa di rivedere la luce che brillava nei suoi occhi, mentre parlava pochi secondi prima e fargli tornare il sorriso.
«Mi canti qualcosa?»
«No.»
«Quanti dischi hai fatto?»
«Quattro.»
«Conosci Ed Sheeran?»
«Sì.» mormora e non è riuscito a non ridere quando ha visto la faccia della ragazza farsi improvvisamente paonazza.
«Oh mio Dio! Ma perché non me l’ha detto prima? Devi presentarmelo assolutamente, ti prego.»
Così il restante viaggio è stato pieno ti prego di Clem e di occhiate divertite di Harry che, dopo la settantesima volta che la ragazza lo ho implorato, le promette di presentarglielo un giorno.
Il posto il un cui si sono fermati a dormire è un po’ scadente, ma Harry non vuole andare in luoghi in cui rischia di essere riconosciuto e in quel motel non sembra esserci nessun appassionato di musica pop. Oltretutto Clementine non si è lamentata della sistemazione, quindi va bene così.
Adesso solo le undici di sera e entrambi sono sdraiati sui letti gemelli nella stanza, cartoni di pizza abbandonati per terra e in sottofondo le urla di qualcuno, provenienti dal piano inferiore.
«Dove stai andando?» domanda Clem ad un certo punto.
«Emh da nessuna parte? Sono sdraiato proprio vicino a te.» risponde Harry scherzando, sebbene abbia capito a cosa si riferisca la ragazza.
«Ah ah ah, oltre ad essere una pop star sei anche un comico per caso?»
«Hai ragione, era pessima. Comunque non lo so dove sto andando, questo viaggio non è stato neanche una mia idea » gli spiega un po’ riluttante alla fine.
La ragazza lo guarda, invitandolo a continuare.
«Si beh i manager mi hanno più o meno costretto a fare questo viaggio. Sai ultimamente le cose non andavano molto bene »
«Tipo i guadagni? Non vendevi più?» chiede nel tentativo di capire, perché Harry è così maledettamente misterioso e le parole bisogna tirargliele fuori con le pinze.
«No, non era quello- risponde Harry e si prende un paio di secondi prima di continuare-  ero io, piuttosto, che non andavo più bene »
Clem non parla, si limita a guardarlo. E per qualche secondo ha questo sguardo negli occhi, come se avesse capito tutto di lui ed Harry si sente nudo e vulnerabile, quindi distoglie lo sguardo, a disagio.
Quando, qualche secondo dopo, torna a guardarla Clementine sta fissando il soffitto, con un sorrisetto furbo sul viso, e:
«Ti ho mai raccontato di quella volta che ho pescato una trota di un metro?» domanda.
 
 
Il giorno seguente sono di nuovo in viaggio, Harry non ha una meta precisa o meglio ce l’avrebbe anche, se Clementine non avesse deciso di sconvolgere completamente i suoi piani.
Infatti
«Facciamo un gioco Harry?» gli ha chiede mezz’ora dopo che hanno lasciato Indianapolis.
«No » risponde Harry scontroso, perché sono le sette di mattina e sta guidando e vorrebbe solo che la sua vita non fosse così incasinata.
«Dai, sarà divertente. Ti prego »
E Clementine ha questi occhioni enormi e un espressione così dolce e supplichevole che Harry non può fare a meno di cedere.
«Visto che non sappiamo dove andare, ci affidiamo al caso. Ogni volta che ci ritroviamo di fronte ad, un bivio, un incrocio, una rotonda sarà uno di noi a scegliere dove andare. Ci stai?»
"No che non ci sto", vorrebbe urlare Harry, perché odia quando le cose sfuggono al suo controllo eppure si ritrova ad annuire con un sorriso, un po’ incerto, sul viso.
Ed ecco perché verso le dieci di sera si trovano a Dallas.
Il ragazzo, una volta arrivato vorrebbe solo andare a dormire, ma la rossa lo guarda sdegnata, come se avesse appena detto una oscenità e:
«Neanche morta! Stasera si esce» gli comunica.
 
È l’una e un quarto ed Harry si trova in un bar con Clementine al suo fianco e di fronte Niall, un ragazzo che hanno appena conosciuto.
Ha i capelli biondi, gli occhi azzurri e un sorriso sempre stampato in faccia. È irlandese e si trova a Dallas a visitare qualche parente, forse suo fratello - Harry non ha capito bene- suona la chitarra e beve come una spugna.
Ovviamente ha riconosciuto subito Harry e si è rivelato anche un suo grande fan, conosce praticamente tutte le sue canzone e gli piacerebbe andare ad un suo concerto, anche se non ne ha ancora avuto occasione.
Bevono, ridono, Clementine scatta qualche fotografia e lasciano il locale con la promessa che l’indomani, Niall, li porterà a fare un giro della città. Una volta tornati in hotel collassano entrambi sul letto matrimoniale e se la mattina dopo Harry si sveglia con testa di Clementine poggiata sul petto e il suo braccio intorno alla vita della ragazza, beh non si lamenta.
 
Come promesso il giorno dopo si incontrano con Niall, che li porta a fare il giro di Dallas.
Bastano dieci minuti per capire che neanche l’irlandese conosce bene la città, così decidono di affidarsi ad una guida turistica comprata per pochi spiccioli in un negozio di souvenir e se alla fine non visitano così tanto la città, poco importa perché Harry si sta divertendo come non faceva da tempo.
In mattinata visitano in cuore commerciale di Dallas con i suoi grattacieli immensi e il Kennedy Memorial, mentre per il pomeriggio decidono di andare al Dallas Word Aquarium.
Clementine gira a bocca aperta di stanza in stanza, osserva i pesci, gli squali e anche le scimmie e afferma che quello è il suo luogo preferito a Dallas. Harry non può che concordare e si stupisce quando, mentre cammina attraverso i vari ambienti, si ritrova a stringere la mano di Clem.
Verso le sette i tre ragazzi devono dividersi, Clementine stringe fortissimo Niall prima di lasciarlo andare e gli promette che un giorno si incontreranno si nuovo, magari nella sua amata Irlanda di cui ha parlato per tutto il giorno. Anche Harry saluta Niall e gli lascia il suo numero di telefono, dicendogli di chiamarlo ogni tanto, che gli farebbe piacere.
Ad un certo punto Clementine coglie tutti di sorpresa e stringe i due ragazzi in una stretta mortale, che non ti aspetteresti da una ragazzina gracile come lei.
Ed Harry è scomodo perché fa troppo caldo e ha i capelli della ragazza in faccia e il gomito di Niall nelle costole eppure non si ribella perché, per la prima volta da mesi, riesce a respirare nuovamente.
Una volta tornato all’hotel sente il cellulare vibrare nella tasca, lo estrae e nota che è Liam, il suo migliore amico, così incarica Clem di ordinare da mangiare e si chiude in bagno per avere un po’ di privacy.
«Hazza tutto bene? Non farti mai sentire mi raccomando.» dice l’amico non appena Harry risponde al telefono.
«Si scusa è che sono stato un po’ preso, con il viaggio e tutto il resto.»
«Il tuo viaggio, è vero!- esclama Liam ed Harry sa che si appena portato una mano alla fronte- come sta andando? Dove sei ora?»
«Emh, si il viaggio sta andando bene e adesso sono a Dallas.»
«Harry cibo messicano va bene?» grida Clem dall’altra stanza e il ragazzo impreca sottovoce perché è sicuro che l’abbia sentito anche Liam e per qualche motivo non ha voglia di spiegare all’amico la situazione.
Ma quale situazione poi? Lui e Clem sono solo amici giusto? Giusto.
Sì solo amici, ma allora perché quando la guarda, nei suoi occhi, riesce a vedere il mondo intero? Perché da quando l’ha incontrata si sente sempre un po’ meno vuoto, un po’ meno rotto.
Perché il cuore gli batte forte quando lei lo tocca, gli sorride, lo guarda negli occhi o gli rivolge semplicemente la parola? Perché da tre notti a questa parte non sogna altro che quella ragazza con i suoi capelli rossi e gli occhi grandi e vivi, vivi?
«Harry? Chi è quella? È una ragazza?» domanda Liam dall’altro capo del telefono.
Harry sbuffa e mormora:
« è solo Clementine, tu invece? Che racconti?»
«Clementine? Che razza di nome è? Comunque racconta tutto, chi è questa ragazza? Dove l’hai conosciuta?» Harry sbuffa di nuovo, ma inizia a raccontare e poco importa se sa che, entro sera, tutti i suoi amici più stretti sapranno quella storia- perché Liam, insieme a Louis, è davvero un pettegolo alle volte- in questo momento ha bisogno di sfogarsi con qualcuno e chi meglio di Liam?
«Sembra simpatica questa ragazza, sono sicura che Louis l’adorerebbe- dice l’amico una volta ascoltata tutta la storia di Harry- comunque Harry non sai niente di lei. Non credi che sia il caso di separarvi? Non sto dicendo che sia pericolosa o altro, solo che potrebbe distrarti dall’obiettivo del tuo viaggio.»
«Liam io non credo. Senti non mi prendere per scemo, ma tutte le volte che sono con lei ho addosso questa sensazione, come se sapessi che tutto andrà bene. Ed è da un po’ di tempo che non credo più che le cose andranno bene, ma con lei… è diverso.» cerca di spiegare Harry, ma è difficile e sa che Liam non capirebbe, perché Liam non capisce già.
Non capisce che Harry sa tutto di Clem. Sa che lei adora la sensazione del vento sul viso, dorme sempre sul lato destro del letto, è scontrosa appena si sveglia la mattina, ma solare per tutto il resto della giornata, odia i dentisti e ha una vera dipendenza dalle caramelle Leone.
Harry sa quello che è importante sapere, o almeno così crede. Liam dice di capire e gli raccomanda di stare attento prima di salutarlo e dirgli di chiamare presto.
Il riccio è ancora un po’ agitato per la conversazione avuta con Liam, ma poi, quando entra in camera da letto vede Clem seduta a gambe incrociate che lotta con un burrito, nel tentativo di mangiarlo senza sporcarsi e subito si calma.
«Ehy lì c’è il tuo burrito » dice la rossa indicando un sacchetto e pulendosi l’angolo della bocca con la mano.
«Con chi eri a telefono?- chiede qualche secondo dopo e quando vede l’esitazione di Harry nel rispondere, spalanca gli occhi e- scusa, sono troppo invadente? So che dovrei farmi i fatti miei, ma è più forte…»
«Liam, un mio amico » risponde Harry, interrompendola.
«Qualche problema?Qalce problema? »
«Nessun problema »
E in silenzio finiscono la propria cena.
 
Harry si trova a casa sua e non capisce perché. Sa solo di dover raggiungere la camera da letto, sa che è importa e deve farlo, ma il fine di tutto ciò gli rimane oscuro.
Sta attraversando il salone quando due paia di mani lo afferrano per le spalle:
«Harry, dove stai andando? Hai un’intervita da fare » Gli dice Berry, il suo manager.

«No, io devo andare in camera mia…» prova a controbattere il riccio ma un altro paio di mani lo arpionano al braccio.
È la sua truccatrice Sophie, questa volta, che gli dice di muoversi altrimenti non riuscirà mai a truccarlo in modo decente per l’intervista.
«Hey hai visto l’intervista di Ke$ha? Quella ragazza ti muore dietro, che ne dici se organizzo un incontro?» a parlare, adesso, è Josh che fa sempre parte del management.
Poi Harry sente altre mani afferrarlo ed altre voci chiamarlo e lui vorrebbe solo andare in camera sua, perché sa che è importante e deve, ma non ci riesce, e si sente soffocare.
Così si copre le orecchie con le mani, chiude gli occhi e urla, urla a squarciagola.
Quando li riapre si trova in un bosco ed è solo. È buio e lui si sente così perso e spaventato che l’unica cosa che vorrebbe fare è chiudere gli occhi e appallottolarsi a riccio, aspettando che qualcuno arrivi e lo salvi.
«Harry.» sente una voce che lo chiama e girandosi nota la figura di Clementine appoggiata ad un albero, i suoi grandi occhi azzurri intenti a scrutarlo da lontano. Indossa un abito blu che le arriva sopra le ginocchia e una corona di fiori in testa ed Harry è sicuro di non aver mai visto niente di più bello.
«Harry!» lo chiama nuovamente la ragazza e lui si alza per  raggiungerla perché sente e sa, che lei sarà la sua salvezza. Ma più gli si avvicina e più lei si allontana, mentre la sua figura si fa più sfocata, la voce è sempre più forte.
«Harry, Harry, Harry!»
Ed Harry si sveglia.
Non è ne in casa sua e nemmeno in un bosco, ma in un’anonima camera d’albergo di Dallas, proprio dove si era addormentato la sera prima.
Clementine è inginocchiata sul letto, gli occhi azzurri- ed Harry si chiede se siano sempre stati così grandi- lo fissano intensamente e le labbra sono lievemente spalancate.
«Che c’è Clementine?» domanda Harry ancora un po’ intontito, una volta resosi conto che è stata lei a svegliarlo.
«Seguimi » dice la ragazza.
Ed Harry la segue, incurante del fatto che siano le tre di notte e che indossi solo una paio di pantaloncini e una maglietta un po’ lisa.
La rossa afferra la sua mano e, senza esitazione, inizia a correre per i corridoi del Belmont Hotel, noncurante del  fatto che sia notte fonda e che, magari, gli altri ospiti stiano dormendo.
Dopo aver percorso tre rampe di scale e altrettanti corridoi, sbucano, attraverso una porticina, sul tetto dell’edificio. Harry si guarda intorno estasiato perché si può vedere tutta la città in lontananza ed è uno spettacolo mozzafiato.
«Woah, come hai fatto a trovare questo posto?»
«Sai, soffro un po’ d’insonnia, così anzi che rimanere nel letto a rigirarmi in attesa che arrivasse il sonno, ho deciso di andare un po’ in giro. Stavo parlando con il custode del più o del meno, quando mi ha detto di questo posto e…»
«Con il custode?» Domanda Harry allibito perché com’è possibile che quella ragazza riesca a fare amicizia con chiunque?
«Si Bobby, è un signore simpaticissimo- risponde Clem- comunque non hai ancora visto la arte più bella »
E con un cenno della testa gli indica il cielo sopra di loro. Harry alza lo sguardo e che spettacolo! Non crede di aver mai visto così tante stelle insieme e non può che rimare a bocca aperta.
Insieme si sdraiano per terra, Harry usa il suo braccio come cuscino mentre la rossa appoggia la testa sul suo petto, da quella distanza il riccio riesce a sentire il profumo dei suoi capelli e vorrebbe solo immergerci il naso e inspirare profondamente, ma si trattiene.
«Conosci qualche costellazione?» chiede Clementine, dopo qualche minuto di silenzio.
«Solo l’Orsa Maggiore » mormora il ragazzo in risposta, ridendo lievemente.
«Quella è la cintura di Orione, la vedi?» lo informa la ragazza indicando il cielo.
Harry stringe gli occhi e scuote la testa, perché a lui sembrano solo un ammasso confusionario di puntini luminosi.
«Dai, quella a forma di clessidra! Poi c’è l’orsa minore, Andromeda, Cassiopea… ma sai qual è la mia preferita?» le dita che danzano aggraziate nell’aria e gli occhi persi a fissare il cielo.
«Il Cigno - dice senza lasciare ad Harry il tempo di rispondere- la vedi? È quella a forma di croce.»
«Perché è la tua preferita?» domanda curioso il riccio.
« Non lo so, in realtà. È la prima costellazione che mio padre mi ha insegnato ad individuare, quindi credo di esserci affezionata » lo dice sussurrando ed Harry nota qualcosa nella voce, come un’immensa tristezza che stona completamente con il carattere della ragazza, ma quando si abbassa per guardarla negli occhi, questi sono chiusi. Il suo respiro è pesante e il riccio sa che c’è qualcosa che non va, ma non chiede niente, si limita a passare la mano fra i suoi capelli, carezzandoli leggermente.
«Harry?» lo chiama la ragazza dopo qualche secondo.
«Dimmi Clementine »
«Mi canti qualcosa?»
Il ragazzo esita qualche secondo prima di rispondere. È da almeno tre mesi che non canta, non perché dubitasse delle proprie capacità o altro, solo non ne vedeva più il motivo.
E anche se non è molto sicuro del perché abbia smesso, quella notte di metà luglio, sdraiato sotto il cielo stellato, crede che Clementine sia un buon motivo per ricominciare.
Così prende un respiro profondo e inizia intonare le note di una canzone che, è sicuro, piacerà alla rossa.
«Give me love like her
‘Cos lately I’ve been waking up alone
Paint splattered teardrops on my shirt
Told you I’d let them go

And that I’ll fight my corner
Maybe tonight I’ll call ya
After my blood turns into alcohol
No I just wanna hold ya

Give a little time to me, or burn this out
We’ll play hide and seek to turn this around
And all I want is the taste that your lips allow.
»
 
Il giorno dopo Harry si sveglia con un forte dolore al collo e alla schiena, ma considerando che ha potuto dormire abbracciato a Clementine per tutta la notte, non si lamenta
Dopo aver fatto colazione i due ragazzi, fanno i bagagli e salgono sulla macchina del riccio pronti a ripartire.
«Dove andiamo?» domanda Harry, inserendo pigramente la chiave nel quadro d’accensione.
«Che ne dici del mare? È da una vita che non vedo il mare.» lo sguardo di Clem non è rivolto al ragazzo, ma fuori del finestrino, la sua mente persa in qualche ricordo molto più lontano delle montagne che si vedono all’orizzonte.
«Un po’ generico, non ti pare?»
«Sai vicino a Santa Cruz abita un mio vecchio amico, ti dispiace se andiamo a trovarlo?»
Durante il viaggio cerca di scoprire chi sia questo amico e quali siano i suoi rapporti con la rossa, ma quest’ultima non sembra aver voglia di parlarne, il che è molto strano visto che lei parla sempre. Anche nel sonno.
Il riccio lo ha scoperto la sera precedente. Non avevo fatto in tempo a finire di cantare la prima strofa che la ragazza era caduta in un sonno leggero, la testa appoggiata al petto del ragazzo e la mano a stringere la sua maglietta. Dopo circa venti minuti, che Harry aveva passato a fissare la ragazza aveva iniziato a mugugnare qualcosa come:
«Continua a correre, non ti devi fermare.»
Al che Harry aveva alzato la testa, domandandogli se fosse tutto a posto, soltanto dopo qualche secondo aveva capito che la ragazza stava ancora dormendo, allora si era messo a ridacchiare perché Clementine era davvero piena di sorprese.
« Si chiama Zayn, il tuo amico?» domanda Harry ad un certo punto.
«Oltre che essere un cantante e un comico fai anche il mago nel tempo libero? Sicuro di non chiamarti Harry Potter?»
Il ragazzo ridacchia lievemente, prima di spiegargli che no, non è uno mago e nemmeno un maniaco, semplicemente Clementine ha sussurrato il suo nome nel sonno, la notte precedente.
«Si, Zayn è un mio vecchio amico- gli spiega con uno sorriso pieno da’affetto sul volto- lo conosco da quando ero piccola. Anche lui viveva a Gig Harbor, due case dopo la mia. Non appena ha compiuto diciotto anni si è trasferito e adesso vive a Opal Cliffs con la sua ragazza »
Il resto del viaggio procede tranquillo, ogni tanto chiacchierano, ma per lo più lo passano ascoltando canzoni alla radio che Harry canticchia sottovoce.

Arrivano ad Opal Cliffs due giorni dopo e Clementine non sta più nella pelle, è da decisamente troppo tempo che non vede Zayn. Harry parcheggia la macchina di fronte ad una stradina, perché la casa di Zayn, che si trova sul mare, è raggiungibile solo a piedi.
Quando arrivano la porta è chiusa e nessuno risponde al campanello.
«Clem sei sicura che la casa sia questa?» Il riccio si guarda intorno nel tentativo di scorgere qualche figura a cui chiede informazione.
«Sicurissima, molto probabilmente è al lavoro o fuori » risponde la rossa con gli occhi rivolti al mare.
«Non l’hai avvisato che stavamo arrivando? Insomma potrebbe avere altro da fare, magari non è preparato a riceverci…» protesta il riccio un po’ sconvolto.
Insomma di solito non ci si presenta a casa di un proprio amico portandosi dietro uno sconosciuto senza un minimo di preavviso!
«Come facevo a chiamarlo se, oltre a non possedere un cellulare, non ho neanche il suo numero?» domanda come se si trattasse di un ovvietà.
«Aspetta, tu non hai un cellulare- adesso si che Harry è scioccato- e come fai a parlare con i tuo amici o con la tua famiglia?»
«Alla vecchia maniera, amico mio- si limita a dire, ma poi vedendo l’espressione confusa di Harry aggiunge- con le lettere. O cartoline alle volte. A Zayn mando le cartoline, così sa sempre dove mi trovo.»
Continuano a parlare per qualche ora, seduti sulla spiaggia situata retro della casa di Zayn. Come al solito è Clem a parlare maggiormente, raccontando al riccio di come spesso si sia dovuta fermare in un posto per qualche mese e trovarsi un lavoretto per potersi mantenere. È in quelle occasioni che ha conosciute le persone con cui è tutt’ora in contatto, come Jack un panciuto signore sulla sessantina, con cui aveva pescato la trota di un metro e mezzo e che le aveva offerto un lavoro nella tavola calda che possedeva. Oppure Ruth una vecchia signora con un occhio solo, presso cui aveva lavorato come governante e che le aveva insegnato a cucire e cucinare delle lasagne ottime.
Passano ancora un paio d’ore, ormai il sole è basso all’orizzonte, prima che Zayn faccia la sua comparsa a casa, un cappellino in testa e la sua mano intrecciata a quella della ragazza al suo fianco.
All’inizio non riconosce la rossa e sta per urlare che è proprietà privata e che devono andarsene, quando Clementine si alza in piedi e come una scheggia gli si butta fra le braccia.
Zayn ci mette qualche secondo per capire la situazione, prima di lasciare andare la mano della ragazza al suo fianco e stringere a sua volta Clementine.
«Ginger, sei tu? Ma cosa ci fai qua?» esclama Zayn utilizzando il vecchio soprannome della ragazza, che risale a quando avevano cinque anni e la fantasia non era il suo forte.
«In persona! Oh è una vita che non ti vedo » e lo stringe in un altro abbraccio.
«Zayn questo è Harry, il mio compagno di viaggio.»
Harry gli stringe la mano e dice che è piacere incontrarlo, anche se Clem gli ha raccontato così tante cose che gli sembra di conoscerlo già.
Anche Zayn dice di conoscerlo già, vede la faccia di Harry praticamente ovunque, alla tele, sulle copertine dei giornali e sui cartelloni pubblicitari. Il riccio sorride grattandosi il retro del collo, vagamente in imbarazzo per essere stato scoperto.
Successivamente Zayn gli fa conoscere la ragazza al suo fianco, che si presenta come la sua fidanzata.
Si chiama Renèe, ha ventidue anni, due in meno di Zayn, e degli eccentrici capelli rosa confetto.
Zayn e Renèe sono due tipi fuori di testa, Harry lo capisce dopo neanche un paio d’ore passate con loro, ma del resto non si aspettava nella di diverso da due amici di Clem.
Non appena entrato in casa nota i mobili eccentrici e la disposizione bizzarra e Renèe si affretta a spiegare che tutto è secondo le regole del Feng Shui.
Mentre la ragazza prepara una tazza di tè e gli chiede se vuole che gli legga la mano, il riccio nota che Clementine è seduta sul divano a parlare con Zayn, così per lasciare ai due ragazzi la possibilità di parlare da soli, si trova ad annuire.
«Ti sei perso vero, Harry?» domanda la voce seria di Renèe , mentre gli massaggia la mano. Ed Harry sa che intende perso in quel senso.
«Come? Pffh no.» risponde il riccio, ma nella sua testa è tutto un “Oh mio Dio come fa a saperlo? È cosi evidente? Anche Clem se ne accorta?
E chissà come mai, Clementine riesce sempre ad intrufolarsi nei suoi pensieri.
«Oh, ma non preoccuparti, riuscirai a salvarti! La vedi questa piccola linea?» domanda, indicando quella che agli occhi i Harry è solo una normale piega della pelle.
«Dai questa qui a forma di ancora!- a forma di ancora?- Ecco, lei ti salverà!»

Adesso sono circa le sette e mezza e il solo è sparito dentro al mare, dando vita ad uno spettacolare tramonto. Zayn sta grigliando della carne sul barbecue e le ragazza stanno… ballando in riva al mare? Harry non ne è totalmente sicuro, ma preferisce non fare domande.
«Da quanto tempo conosci Clem?» è Zayn a parlare, mentre è occupato a controllare che la carne sulla griglia non bruci.
«Una settimana e mezza, forse due »
«E lei ti piace » non è una domanda, ma una semplice constatazione.
«Si. Lei è così diversa da tutto ciò a cui ero abituato, è come una boccata d’aria fresca, dopo essere stato abituato tutta la vita a respirare quella impregnata di smog della città. È un’ iniezione di vita sparata dritta nelle vene »
«Oh si, capisco quello che vuoi dire» e mentre parla il suo sguardo è rivolto a Renèe che sta stendendo un telo sulla sabbia, ma poi si riscuote e aggiunge:
«Ma Ginger non è solo questo… C’è altro in lei »
Harry lo guarda confuso, cosa vuol dire c’è altro in lei? A cosa si sta riferendo Zayn?
Non fa in tempo a domandarglielo che il moro prende in mano il vassoio con la carne e urla, in direzione delle ragazze:
«Qua è tutto pronto, venite a mangiare!»

La cena scorre liscia e più informazioni Harry scopre su Zayn e Renèe, più gli stanno simpatici. Zayn lavora come tatuatore in un piccolo negozio del centro, ma il suo sogno è quello di diventare un artista. Al che mostra ad Harry qualcuno dei suoi lavori ed il ragazzo ne rimane sinceramente colpito, perché sono meravigliosi. Alcuni sono macchie di colori apparentemente senza senso, altri rappresentano dei paesaggio, altri ancora Renèe, ma uno in particolare attira la sua attenzione.
Rappresenta una persona, ed è difficile dire se si tratta di un ragazzo o di una ragazza, perché si trova avvolta in una fitta nebbia, ma non appena gli occhi di Harry si posano sui capelli della figura, di un rosso acceso per niente smorzato dalla foschia, capisce di chi si tratta.
«Si, è Ginger » risponde il moro alla domanda che Harry non ha avuto il tempo di pronunciare.
«Ma perché?» e si sta riferendo al fatto che sia avvolta nella nebbia, mentre lei, nella sua mentre è un’immagine nitida.
«Lo capirai Harry, ma non spetta a me spiegartelo- e sta quasi per lasciare lo studio in cui gli aveva mostrati i suoi dipinti, quando si ferma sulla soglia e aggiunge- Tu le piaci Harry, solo non permetterlo di incasinare tutto, mh?»
Ed Harry si ritrova ad annuire, sebbene non abbia la più pallida idea di cosa Zayn stia parlando.
 
Sono circa le undici e mezza di sera ed Harry si trova da solo con Clem, seduti abbastanza lontani dal mare, in modo che l’acqua non li possa bagnare.
Finita la cena sono rimasti tutti e quattro insieme a parlare e scherzare di fronte ad un piccolo fuocherello, poi Renèe ha tirato fuori una chitarra e Harry ha accettato di cantare solo a patto che lo facessero tutti e quattro insieme.
Ora può dirlo, Clementine è stonata come una campana.
Verso le undici Zayn e Renèe sono entrati in casa, mano nella mano, dicendo che andavano a dormire in quanto, il giorno seguente, si sarebbero dovuti svegliare presto per andare al lavoro e comunicando loro che avrebbero preparato la stanza degli ospiti.
Harry si prende qualche secondo ad osservare Clementine che ora è in piedi in riva al mare.
Indossa una gonna a vita a alta rosso scuro ed una canottiera, indumenti che Harry sospetta appartengano a Reneè, visto che non li ha mai indossati prima, non porta scarpe e ora sta osservando il cielo mentre i piedi saggiano l’acqua tiepida dell’oceano.
«Harry- lo chiama Clementine- vieni, qui. L’acqua sembra fantastica che ne dici di un bagno?»
Il riccio si avvicina e vorrebbe dirgli “No tu sei fantastica” ma si limita a stringersi nelle spalle e intrecciare le sue dita con quelle della rossa.
«Perché sei in viaggio Harry?»
Harry si era preparato a questo momento, perché sapeva che prima o poi lei gliel’avrebbe chiesto, eppure si trova impreparato. Tutti i discorsi che si era preparato nella sua testa sembrano finti e macchinosi, così dopo qualche altro secondo di silenzio opta per la verità:
«Perché mi ero perso Clementine. Ed è un bel casino quando succede.»
La ragazza rimane in silenzio, come se stesso assimilando la notizia e poi chiede:
«Ed è servito questo viaggio? Ti sei ritrovato?»
Harry non risponde, ma prende un respiro profondo chiude gli occhi e:

« Today is gonna be the day
That they're gonna throw it back to you
By now you should've somehow
Realized what you gotta do
I don't believe that anybody
Feels the way I do about you now

And all the roads we have to walk along are winding
And all the lights that lead us there are blinding
There are many things that I would
Like to say to you
I don't know how

Because maybe
You're gonna be the one who saves me ?
And after all
You're my wonderwall
…»


Quando li riapre, trova il viso di Clementine a pochi centimetri dal suo.
Le labbra sono increspate in un sorriso dolce e gli occhi-, i suoi grandi occhi blu- lo fissano intenti.
L’unica fonte di luce è la luna che pigramente, fa la sua comparsa dietro una nuvola illuminando il viso pallido e stupito di Clem.
E Harry, osservandola, pensa che probabilmente questa ragazza sia la cosa più vera e viva che vede da anni, e pensa anche che se non sia una dichiarazione la canzone che ha appena cantano, beh non sa  cos’altro fare per far capire alla rossa che è cotto di lei.
Si fissano per parecchi secondi negli occhi, Clem aspettando una mossa del riccio, e Harry aspettando il coraggio di farla.
Dopo un minuto buono di silenzio la rossa di si gira e fa per andarsene quando Harry la strattona per il braccio le cui mani sono ancora legate, mandandola e sbattere contro il suo petto.
Miseriaccia, non voleva usare tanta forza, ma la fuga della ragazza l’ha colto alla sprovvista, così mormora una scusa e la ragazza risponde che non fa niente. Poi lo guarda.
Passano altri dieci secondi prima che la ragazza si alzi sulle punte e gli sussurri nell’orecchio:
«Accidenti Harry, vuoi baciarmi oppure no?» e non c’è provocazione nella sua voce, solo l’eco di una risata e tanto, tanto imbarazzo.
Anche Harry si lascia scappare una piccola risata prima di chinarsi su di lei e poggiare le sue labbra su quelle della rossa.
E questo è il loro primo bacio, sono entrambi imbarazzati e devo staccarsi quasi subito perché entrambi scoppiano e ridere.
Ridono di loro stessi e del loro imbarazzo, ridono del loro primo bacio, del fatto che Clem stia schiacciando un piede a Harry e che questo abbia sbattuto la testa contro quella della rossa mentre si chinava per baciarla.
Ridono, perché sono insieme e sono vivi, vivi e del resto importa poco.
 
 
Quella notte la passano praticamente insonne, prima camminano un po’ sulla spiaggia, scambiandosi qualche bacio, ridendo e fissandosi negli occhi come due fessi.
Poi Clementine ripropone l’idea del bagno ed Harry se la mette in spalla per poi tuffarsi, insieme al lei, nell’oceano. Restano in acqua per un’ora piena, si schizzano e si baciano e ridono.
Harry si sente leggero e vivo ed è tutto merito di Clem, non ha dubbi.
Una volta usciti sono bagnati fradici e parecchio infreddoliti così corrono in casa, cercando di non far rumore e sussurrandosi “Shh” a vicenda.
Ora che raggiungono il letto sono le cinque del mattino e il cielo è chiaro all’orizzonte. Si stendono sul letto ad una piazza e mezza, le braccia e le gambe intrecciate, i loro corpi così vicini che Harry fatica a capire dove finisca il suo ed inizi quello della rossa. Ma va bene, così.
«Vieni come me» sussurra il riccio dopo qualche minuto di silenzio e pensa che Clem si sia addormentata poiché non risponde.
«Come?» il fiato della ragazza gli colpisce il collo facendolo rabbrividire.
«Vieni con me a casa mia, potremo vivere insieme e continuare a viaggiare, se vuoi. Potremmo stare insieme» e abbassa lo sguardo verso quello della ragazza.
Clementine lo fissa con gli occhi spalancati, forse per la sorpresa, e mormora:
«Siamo già insieme» prima che entrambi cadano in un sonno profondo.
 
 
 
Sono le sette di sera di qualche giorno dopo e Harry sta aiutando Zayn a cucinare, mentre Renèe –che a quanto ha capito, è una frana ai fornelli- sta facendo yoga con Clementine in riva al mare.
«Allora, con Ginger?» domanda Zayn, mentre sta tagliando dei pomodori da mettere nell’insalata.
«Ehm, tutto bene» risponde Harry di colpo in imbarazzo.
«Andiamo amico- lo incalza Zayn dandogli una leggera gomitata fra le costole- a me sembra che le cosa vadano molto più che bene. Sembra che non riusciate a stare separati per più di dieci minuti»
E come conferma di quello che il mulatto ha appena detto, Clem fa la sua comparsa alle spalle del riccio, scompigliandogli i capelli e dicendogli che la prossima volta deve provare anche lui a fare yoga.
Harry arrossisce lievemente sotto lo sguardo di Zayn che sembra dire “Visto, è questo, quello di cui parlavo”. E Harry si ritrova costretto ad ammettere che Zayn non ha tutti i torti, da quando si sono baciati la sera prima, le cose vanno molto più che bene.
Insomma non sono proprio una coppia, non ufficialmente, ma ci si avvicinano molto.
«E tu invece? Tutto a posto con Clementine?» questo volta è il riccio a chiedere.
Sì, perché il giorno prima aveva visto i due parlare insieme piuttosto animatamente, non aveva colto il senso generale, ma Zayn sembrava molto arrabbiato e infastidito ed era uscito di casa urlando qualcosa come “Non potrai scappare per sempre, Clem!”. Harry aveva provato a parlarne con la ragazza, ma questa si era limitata a scuotere le spalle e dire che non era niente.
«Sì, tutto a posto è che certe volte quella ragazza sa essere davvero testarda».
E con questo la questione è chiusa e dimenticata, almeno questo è quello che credo Harry.
 
 
È mattina presto, il sole fa pigramente capolino tra le persiane, sfiorando il viso di Harry fino a svegliarlo. Il ragazzo vorrebbe girarsi dall’altra parte e riprendere a dormire, ma un piccolo particolare lo scuote dal sonno. Clementine non c’è.
Non è nella stanza e nemmeno in bagna e Harry sa che non dovrebbe essere così agitato- insomma potrebbe essere ovunque, in cucina, in riva al mare, a fare una passeggiata- eppure non può farne a meno. Sente dei rumori venire dal vialetto così si affaccia alla finestra e la vede. Sta per tirare un sospiro di sollievo, ma l’aria gli si blocca in gola perché per quale diavolo di motivo Clementine ha con se il suo borsone? Perché ha al collo la macchina fotografica e in testa il cappello di lana rossa di Harry?
Il riccio si affretta per le scale, inciampando su qualche scalino, e nel giro di trenta secondi e sul vialetto alle spalle di Clementine.
«Clementine!» urla il suo nome e vorrebbe non suonare così bisognoso e disperato, eppure non può farne a meno. Perché non se ne sta andando, vero?
Lei non può andarsene. Lui la ama-, anche se non gliel’ha mai detto- e ha bisogno di lei.
«Harry…»
Eh sì, se ne sta andando. Styles lo capisce dal tono di voce, così dispiaciuto eppure determinato, e il viso, che non ha mai visto così spento.
«Come..? Perché? Che cazzo sta succedendo Clementine?» sbotta.
«Me ne vado» e “il senza di te” gli rimane bloccato lì, da qualche parte sulla punta della lingua.
Beh grazie tante, l’ha capito questo, ma perché?
«E noi? Cioè credevo che le cose stessero andando bene, tu mi piaci, io…»
«Anche tu mi piaci Harry e tanto, ma non posso, capisci? Io non posso…» anche la ragazza sembra in difficoltà, quasi faccia fatica a trovare le parole giusto per fargli capire che vorrebbe restare, ma non può.
«Perché?» urla Harry e se ne frega se in questo modo sveglierà Zayn e Renèe, vuole una spiegazione e la vuole ora.
«Mi hai chiesto di venire con te, giusto? Non posso perché non voglio diventare come te, o almeno com’eri quando ti ho incontrato. Io voglio vivere Harry! Non mi interessa la tua gabbia d’oro » ed ora anche lei sta urlando ed Harry crede sia bellissima con la rabbia nella voce e le lacrime sulle guance.
«Potremmo viaggiare insieme, verrei con te, tu non puoi lasciarmi» la disperazione intinge ogni parola.
«Mi dispiace» risponde Clem.
«Beh sai cosa ti dico io? Vaffanculo Clementine! Perché non mi guardi negli occhi e non mi dici la verità? Da cosa stai scappando, eh? Da cosa?»
Perché ci ha messo un po’ Harry, ma finalmente le parole di Zayn sono chiarissime nella sua testa, “Non puoi scappare per sempre Clementine”. È questo che fa la ragazza, lei non viaggia, lei scappa.
Si sposta di luogo in luogo inseguita da demoni più grandi di lei.
«Addio Harry» lo saluta la ragazza e si volta verso il sentiero.
«Non puoi scappare per sempre Clementine» e sebbene la voce del ragazzo sia piena di astio, l’unica emozione che riesce a provare, mentre vede la figura della ragazza farsi sempre più piccola fino a scomparire, è solo un grande vuoto dentro.
 
 
Sono passati tre mesi da quell’episodio e Harry sta per salire su un palco ed esibirsi.
Subito dopo la litigata con Clementine, Zayn e Renèe avevano fatto la loro comparsa consolandolo e dicendogli di non preoccuparsi, che sarebbe tornata.
Ma Harry lo sapeva- e lo sa ancora- che non tornerà più, lo ha letto nel suo sguardo mentre gli diceva addio. Il pomeriggio stesso ha impacchettato le sue cose, salutato Zayn e Renèe e preso il primo aereo per New York, casa sua. Lì è stato accolto con gioia da tutti i suoi amici e collaboratori.
Liam e Louis gli hanno organizzato una festa di ben tornato e insistito per sapere tutti i particolari sul suo viaggio e su questa fantomatica Clementine, ma hanno lasciato stare non appena hanno capito che la questione non era finita bene.
Per niente.
Ci ha messo un po’, ma alla fine è tornato a lavorare, durante il viaggio era riuscito a buttare giù un paio di canzoni e tutto il management ne è rimasto piuttosto impressionato.
Non esce spesso, passa la maggior parte del tempo chiuso in camera sua, ascoltando canzoni di Ed Sheeran e guardando le foto che Clementine ha scattato.
Le manca immensamente ed è tornato a sentire il vuoto dentro, eppure è diverso dall’ultima volta, perché adesso riesce a provare qualcosa. Non sempre, solo ogni tanto.
Alle volte è incazzato, non capisce perché Clementine se ne sia andata e quella domanda lo tormenta anche la notte.
Da cosa stai scappando Clem?
Altre volte invece scopre di essere preoccupato per la ragazza. Dove si trova in questo momento? E se ha fame? E se fuori piove e lei non ha un posto in cui dormire? E se qualcuno le ha fatto del male? E se, e se, e se…
Allora chiama Zayn e chiede, con un giro di parole mica da ridere, se ha ricevuto qualche notizia dalla ragazza. Il moro sospira e:
«Mi dispiace Harry, niente. Comunque non preoccuparti, Ginger sa badare a se stessa»
Eppure Harry sente riflessa la propria preoccupazione nella voce di Zayn, perché è da tre mesi che Clem non si fa sentire, né una cartolina, né una lettera, né niente ed è strano. Decisamente strano.
In qualche modo Harry riesce a tirare avanti, ogni mattina si alza e cerca di non pensare che una delle ultime cose che ha detto a Clementine sia stata vaffanculo e non ti amo.
 
 
Harry si trova nel suo camerino ed ha appena finito il concerto, sente l’adrenalina che gli scorre nelle vene ed è lieto di essere tornato a cantare, perché per un’ora o due riesce a non sentire il vuoto che gi attanaglia lo stomaco.
«Harry -lo chiama Jed, uno delle sue guardie del corpo- qua c’è una ragazzina che dice di conoscerti, cosa faccio? La mando via?»
Il riccio sta per dire di sì, perché è quasi certo che si tratti di una fan che, in qualche modo, è riuscita a intrufolarsi nel backstage, ma quando si volta, la figura che vede è familiare.
E anche il berretto di lana rossa che indossa.
E i capelli rossi.
E gli occhi azzurri e grandi e vivi, vivi.
«Clementine…» gli scappa dalle labbra.
La ragazza sorride e annuisce e ha di nuovo quello sguardo, e Harry capisce che ci è appena ricascato.
Oppure, semplicemente, non ne è mai uscito.
 
 
Un’ora dopo sono nell’appartamento di Harry, Clementine ha una tazza di tè in mano e si aggira curiosa nell’attico del ragazzo.
«Meraviglioso, il concerto è stato meraviglioso »
Harry la ringrazia con un cenno della testa, perché non si fida della sua voce.
E nemmeno dei suoi occhi, o della sua testa.
Clementine è davvero lì? Nel suo appartamento? E perché la cosa non gli sembra nemmeno un po’ strana, ma giusta, tremendamente giusta?
È bellissima, più bella che nei suoi ricordi, i capelli sono leggermente più lunghi ma dello stesso rosso acceso, la pelle candida sembra porcellana e gli occhi brillano, come sempre.
Cade un silenzio imbarazzante.
«Perché sei qui?» chiede Harry, quella domanda lo sta tormentando da due ore.
«Credo di doverti qualche spiegazione, in realtà te la dovevo tre mesi fa, ma meglio tardi che mai?» domanda con un sorriso triste.
«Parla» mormora Harry sedendosi sul divano.
Clementine prende un respiro profondo e si siede anche lei sul divano, il più lontano possibile da Harry, con le gambe incrociate e il cappello rosso ancora in testa.
«Ti ricordi che ti avevo detto di essere in viaggio dall’età di diciassette anni? Beh è iniziato tutto con la malattia di mio padre. Ero legatissima a lui e quando avevo sedici anni gli venne diagnosticata la leucemia mieloide acuta. All’inizio non volevo crederci, insomma non poteva essere malato, non lui! Non aveva mai fumato o bevuto in vita sua, era sempre stato una brava persona, non aveva fatto niente di male per meritarsi tutto quello. Non si lasciò scoraggiare e iniziò la terapia. Sai come funziona, no? Si inizia con la chemioterapia e poi si vede come va. Risponde bene il paziente? Migliora? Si, no?»
E qui la ragazza si ferma, guarda il soffitto e respira un paio di volte.
Harry si avvicina di qualche centimetro.
«Beh hai capito, lui era mio padre ed io non potevo stare ferma e guardarlo morire, non potevo. Ogni volta che entravo nella sua stanza d’ospedale e lo vedevo lì, sdraiato con tutti quei tubicini che entravano e uscivano dal suo corpo, qualcosa dentro di me moriva. Si stava lentamente spegnendo, ed io con lui»
Altra pausa, altri centimetri percorsi da Harry.
«Una sera eravamo sul tetto dell’ospedale a guardare le stelle, te l’ho detto che mi ha insegnato lui a riconoscere  le costellazioni. Mi ha guardato negli occhi e poi mi ha detto di andarmene, ha detto che non riusciva a vedermi stare così male, che non mi voleva al suo fianco se ciò implicava la mia distruzione. Allora ho pianto perché vaffanculo, lui stava morendo e quella debole ero io. Ma lui mi ha abbracciato, mi ha detto che dovevo vivere, di non sprecare la mia vita perché lui non l’aveva fatto ed era pronto ad andarsene da un giorno all’altro. Abbiamo passato lì tutta la notte, ridendo, parlando e raccontando vecchi episodi della mia infanzia. La mattina lui è tornato nella sua stanza, mi ha dato un bacio sulle guance e augurato buona fortuna. Mi ha detto che ero la cosa più bella che gli fosse mai capitata. Il giorno dopo sono partita, senza dire niente a nessuno, nemmeno a mia madre »
Altra pausa e sta volta le lacrime scorrono copiose sulle guance. Altri centimetri percorsi da Harry e la sua mano si posa sulla spalla della ragazza.
«Ho passato due anni a scappare dal ricordo di mio padre, per tutto il tempo che sono stata in viaggio non ha mai ricevuto sue notizie, non volevo sapere, non sarei sopravvissuta se avessi saputo che era morto. Poi un giorno ho incontrato te e beh, le cose sono cambiate. Tu mi piacevi Harry, un sacco e ho avuto paura, allora ho fatto quello che mi sembrava più sensato, sono scappata »
La ragazza di colpo annulla lo spazio fra loro e lo abbraccia.
«Mi dispiace Harry, non volevo lasciarti, ma stava diventando tutto troppo intenso, mi dispiace davvero. Non volevo farti soffrire. Comunque- dice separandosi da Harry, ma il riccio afferra le sue mani e le stringe forte, mentre il racconto continua- ho passato il primo mese con Jack, il tizio della trota, poi ho capito che era arrivato il momento di affrontare la realtà e smettere di scappare. Sono tornata a casa»
Il silenzio riempie la stanza.
Harry vorrebbe chiedere, ma ha paura a farlo.
«E..?»
«Mio papà è morto un anno dopo che sono partita» la voce si spezza e il viso della ragazza diventa una maschera di dolore e disperazione.
Harry la stringe fra le braccia perché non c’è molto altro che possa fare.
La tiene stretta mentre lei piange tutte le lacrime che ha in corpo, mentre sussurra, con la voce scossa dal pianto, che lei non c’era.
Non era al suo fianco a tenergli la mano quando il padre stava male, o a consolare la madre, non è andata al funerale, non gli ha neanche detto addio. E Harry sa che non se lo perdonerà mai.
«Mi ha lasciato una lettera, mio padre dico» mormora la ragazza dieci minuti dopo, quando il pianto si è fermato e i singhiozzi non le scuotono più il petto.
«Ha scritto lì le cose che voleva dirmi a voce, credo. Mia madre è stata felice di vedermi, non era nemmeno arrabbiata, aveva capito che per sopravvivere ero dovuta scappare. Non mi ero accorta, quanto in questi anni, mi fosse mancata»
«Sei fuori dalla nebbia Clem» la voce di Harry giunge ovattata alle orecchie della ragazza.
«Come?»
«Nel dipinto di Zayn tu eri nella nebbia e non capivo perché. Ma lui lo sapeva e beh, la nebbia rappresentava tutti i demoni del tuo passato e adesso sei libera. Sei fuori dalla nebbia »
E la ragazza non dice niente, si limita a stringersi di più a Harry e cadere in un sonno profondo.
 
 
La mattina dopo, quando si sveglia Harry si trova da solo sul divano. Il cuore gli sale in gola, perché no, Clementine non può essere andata via, non di nuovo. Dopo un giro della casa la trova sul terrazzo, una tazza di tè in mano e lo sguardo rivolto alle poche stelle del mattino.
«Credevo te ne fossi andata» dice il riccio alle sue spalle.
«Vieni qui» risponde la ragazza.
Harry si avvicina e si siede accanto a lei, un braccio intorno alla sua vita e il mento appoggiato sulla spalla della ragazza.
«Mi dispiace essermene andata, ma l’hai detto anche tu, sono fuori dalla nebbia. Non scappo più»
Il ragazzo la guarda un sorpreso e poi le si avvicina, lasciandole un timido bacio sulle labbra e poi uno sulla tempia.
«Sai, credo di essere uscito dalla nebbia anche io. Tu mi hai trascinato fuori dalla nebbia Clem, ti amo» sussurra il ragazzo, mentre osserva gli occhi della ragazza, così vivi, vivi.
«Ti amo anch’io Harry»
E Harry sente l’emozione esplodergli nel petto, la vita scorrergli nelle vene, l’amore ovunque attorno a lui.
Non si è mai sentito più vivo di così.
 

 
 
 
 
Hey ho.
Oddio, non ci credo! Finalmente sono riuscita a fine questa storia, ci ho messo tipo tre settimane, ma eccomi qui. È decisamente la one-shot più lunga che io abbia mai scritto, quasi 10k parole.
Complimenti e grazie mille se sei arrivato fino alla fine :)
Devo solo fare un paio di annotazioni e poi ho finito:
Ho cercato di essere il più accurata possibile, per quanto riguarda le città e i luoghi visitati da i ragazzi, quindi scusate se c’è qualche imprecisione, ma non sono mai stata negli Stati Uniti.
Poi, nel momento in cui Clementine parla della malattia di suo padre, non sono entrata nei dettagli volutamente. Le canzoni citate sono due, Give me love di Ed Sheeran e Wonderwall degli Oasis (da cui ho preso il titolo :P)
E… credo di aver finito!
Grazie mille per aver letto, se ti va lascia una recensione!
T&P

 
  
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