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Autore: RedSonja    06/09/2013    2 recensioni
Tornano i personaggi del Ciclo dell'Eredità, cinque anni dopo la caduta della tirannia di Galbatorix; ad attenderli una nuova emozionante avventura e un nuovo mistero, che potrebbe portare alla rovina di Alagaesia...o che potrebbe salvarla.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arya, Castigo, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio | Coppie: Eragon/Arya
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 12: Sentimenti
La cena passò in fretta, e dopo ci fu il tempo delle spiegazioni. Raksha raccontò a tutti che aveva deciso di accettare la proposta dell'elfa per poter continuare l'opera dei suoi antenati e, perciò, era necessario che lei diventasse un Cavaliere a tutti gli effetti;
"In fondo per Raksha non dovrebbe essere difficile istaurare un legame con un cucciolo di drago, sia grazie alle sue doti di Evy sia perchè è abituata alla presenza di Castigo." Arya aveva parlato per spiegare il perchè avesse accettato la richiesta della bambina ma, sopratutto, per tranquillizzare Murtagh. Si era accorta, infatti, che il Cavaliere Rosso era preoccupato per la sua piccola allieva e che non volesse che lei corresse dei rischi.
Il ragazzo comunque non parve rasserenarsi. Per quante ragioni l'elfa potesse trovare Raksha era la sua piccolina, la luce che lo aveva tratto in salvo dalle tenebre in cui era sprofondato, e non voleva assolutamente che le succedesse qualcosa di male. Perchè diventare Cavaliere voleva dire correre un'infinità di pericoli. E poi la ragazzina avrebbe dovuto raggiungere suo fratello Eragon a Vroenguard e lui sapeva che per approdare sull'isola si doveva affrontare un lungo e pericoloso viaggio.
"Non voglio che lei parta! Non voglio essere di nuovo solo!" pensò il ragazzo in preda alla più tetra disperazione. Sapeva di essere egoista a volerla tenere legata a sè e che un giorno lei lo avrebbe lasciato per vivere la sua vita, ma aveva sperato che ciò accadesse tra molti anni. E invece da un giorno all'altro l'avevano strappata da lui per gettarla in chissà quale folle avventura. No, non voleva! Ma d'altra parte l'aveva sempre lasciata decidere liberamente, era stato così anche quel giorno di cinque anni prima, quando l'aveva salvata e le aveva proposto di diventare sua allieva.
"Dobbiamo lasciarla andare Murtagh... La nostra cucciola ha le ali abbastanza forti da sostenere questo volo. D'altra parte l'abbiamo cresciuta in modo che prendesse le sue decisioni e le portasse avanti fino alla fine. Possiamo ritenerci soddisfatti di quello che la nostra piccolina è diventata." Castigo aveva sentito tutti i pensieri del suo Cavaliere e, seppure anche lui non volesse separarsi da Raksha, non avrebbe permesso che l'eccessiva apprensione del ragazzo impedisse alla bambina di relizzare i propri progetti.
"Hai ragione Castigo, ma ho paura che ci dimenticherà..."
" Noi siamo la sua famiglia. Finchè vivrà lei tornerà sempre da noi."
"Spero che tu abbia ragione..." sospirò Murtagh alla fine. Non avrebbe impedito alla sua bambina di partire; ma, se avesse avuto bisogno d'aiuto, lui sarebbe andatto in suo soccorso.
"E va bene Raksha. Se hai deciso di partire io non ti fermerò" disse infine il Cavaliere
"Ne sono contenta... Anche perchè tu e Castigo verrete con me! Non intendo lasciarvi, voi per me siete tutta la mia famiglia!" rispose lei corrend dal Cavaliere, che l'accolse tra le sue braccia sollevandola da terra; poi la ragazzina si diresse verso Castigo, lasciando una carezza leggiera sul muso del drago che emise un basso verso gutturale, simile alle fusa di un gatto.
"Allora è deciso, si parte domani all'alba." disse seccamente Arya alzandosi e dirigendosi verso la propria camera. Raksha si affrettò a dare la buonanotte a tutti, per poi seguire l'esempio dell'elfa.
Nella stanza rimasero solo Murtagh, Nasuada e Castigo.
"Ho capito, vi lascio soli..." disse il drago, parlando nella mente di entrambi i ragazzi. Sia l'Imperatrice che il Cavaliere avvamparono ma, prima che potessero controbattere, il drago era già scomparso nella notte. Un silenzio imbarazzato calò sulla stanza ad avvolgere i due. Fu Murtagh a rompere il silenzio
"Vieni con me, ti porto nel mio posto preferito." disse porgendole la mano
La ragazza la afferrò e insieme si incamminarono attraversando rapidamente il salone e trovandosi all'esterno del castello.
"Chiudi gli occhi!"le sussurrò lui all'orecchio. La ragazza, percependo il suo respiro caldo farle il solletico sul viso, fu scossa da un brivido; ma annuì ugualmente, ubbidendogli.
Murtagh la guidò attraverso il giardino portandola fino ad una collina ricoperta di fiori, i cui colori erano visibili anche nell'oscurita della notte; al centro del prato, guardiano di quel luogo meraviglioso, si eregeva un albero centenario che, dall'alto della sua grandezza, li guardava avvicinarsi.
"Ecco, siamo arrivati. Ora puoi aprire gli occhi..."
La ragazza schiuse lentamente le palpebre e non potè trattenere un'esclamazione di sorpresa vedendo lo spettacolo che si offriva ai suoi occhi increduli.
"Wow! Ma è...è...è bellissimo!" riuscì solamente a dire, pur sapendo che quelle semplici parole non riuscivano ad esprimere tutto quello che sentiva.
"Sono contento che ti piaccia...La prima volta che l'ho visto ho pensato a te."
Quelle parole la fecero sorridere. Murtagh era un gurriero feroce e spietato, ma quando era con lei quel suo lato del carattere rimaneva sopito e lasciava spazio a l'altro Murtagh, quello gentile e dolce che lei aveva imparato a conoscere quando, durante la sua prigionia sotto Galbatorix, da careceriere diventava amico e guaritore; unico sostegno in quell'abisso di dolore in cui era stata gettata. Si volse a guardarlo; aveva gli occhi persi ad osservare gli incredibili colori di quei fiori. Era incredibilmente affascinante, le ricordò il principe azzurro delle fiabe che tanto amava ascoltare da bambina. Si andò a sedere sotto l'albero, con la schiena appoggiata al tronco; non serviva che lo invitasse a seguirla, sapeva che le si sarebbe seduto al fianco come faceva sempre. E infatti fu così. Si sedette e con un braccio le cinse le spalle, mentre lei poggiava la testa sul suo petto.
Non c'era bisogno di parole tra di loro. Erano in grado di capirsi con un solo sguardo, proprio come stava accadendo in quel momento; negli occhi di lui, appena illuminati dalla pallida luce lunare, lesse l'amore. Poggiò la sua mano sul viso del ragazzo e, avvicinando lentamente le labbra a quelle di lui, lo baciò. Le labbra di lui erano morbide e piacevolmente umide, come le aveva a lungo immagginate. Nasuada era felice e lasciò che in quel bacio fluissero tutti i sentimenti che stava provando. Murtagh ricambiò con passione sempre crescente, lasciando che la sua mano destra si poggiasse sul fianco di Nasuada, che trasalì sentendo il calore che quel contatto le provocava; alla fine si lasciò andare concedendosi completamente a lui, e pensando che era proprio dove aveva sempre desiderato essere.


Capitolo 12: Sentimenti

La cena passò in fretta, e dopo ci fu il tempo delle spiegazioni.

Raksha raccontò a tutti che aveva deciso di accettare la proposta dell'elfa per poter continuare l'opera dei suoi antenati e, perciò, era necessario che lei diventasse un Cavaliere a tutti gli effetti;

"In fondo per Raksha non dovrebbe essere difficile istaurare un legame con un cucciolo di drago, sia grazie alle sue doti di Evy sia perchè è abituata alla presenza di Castigo." Arya aveva parlato per spiegare il perchè avesse accettato la richiesta della bambina ma, sopratutto, per tranquillizzare Murtagh. Si era accorta, infatti, che il Cavaliere Rosso era preoccupato per la sua piccola allieva e che non volesse che lei corresse dei rischi.

Il ragazzo comunque non parve rasserenarsi. Per quante ragioni l'elfa potesse trovare Raksha era la sua piccolina, la luce che lo aveva tratto in salvo dalle tenebre in cui era sprofondato, e non voleva assolutamente che le succedesse qualcosa di male. Perchè diventare Cavaliere voleva dire correre un'infinità di pericoli. E poi la ragazzina avrebbe dovuto raggiungere suo fratello Eragon a Vroenguard e lui sapeva che per approdare sull'isola si doveva affrontare un lungo e pericoloso viaggio.

"Non voglio che lei parta! Non voglio essere di nuovo solo!" pensò il ragazzo in preda alla più tetra disperazione.

Sapeva di essere egoista a volerla tenere legata a sè e che un giorno lei lo avrebbe lasciato per vivere la sua vita, ma aveva sperato che ciò accadesse tra molti anni. E invece da un giorno all'altro l'avevano strappata da lui per gettarla in chissà quale folle avventura. No, non voleva! Ma d'altra parte l'aveva sempre lasciata decidere liberamente, era stato così anche quel giorno di cinque anni prima, quando l'aveva salvata e le aveva proposto di diventare sua allieva.

"Dobbiamo lasciarla andare Murtagh... La nostra cucciola ha le ali abbastanza forti da sostenere questo volo. D'altra parte l'abbiamo cresciuta in modo che prendesse le sue decisioni e le portasse avanti fino alla fine. Possiamo ritenerci soddisfatti di quello che la nostra piccolina è diventata." Castigo aveva sentito tutti i pensieri del suo Cavaliere e, seppure anche lui non volesse separarsi da Raksha, non avrebbe permesso che l'eccessiva apprensione del ragazzo impedisse alla bambina di relizzare i propri progetti.

"Hai ragione Castigo, ma ho paura che ci dimenticherà..."

" Noi siamo la sua famiglia. Finchè vivrà lei tornerà sempre da noi."

"Spero che tu abbia ragione..." sospirò Murtagh alla fine.

Non avrebbe impedito alla sua bambina di partire; ma, se avesse avuto bisogno d'aiuto, lui sarebbe andatto in suo soccorso.

"E va bene Raksha. Se hai deciso di partire io non ti fermerò" disse infine il Cavaliere

"Ne sono contenta... Anche perchè tu e Castigo verrete con me! Non intendo lasciarvi, voi per me siete tutta la mia famiglia!" rispose lei correndo dal Cavaliere, che l'accolse tra le sue braccia sollevandola da terra; poi la ragazzina si diresse verso Castigo, lasciando una carezza leggiera sul muso del drago che emise un basso verso gutturale, simile alle fusa di un gatto.

"Allora è deciso, si parte domani all'alba." disse seccamente Arya alzandosi e dirigendosi verso la propria camera. Raksha si affrettò a dare la buonanotte a tutti, per poi seguire l'esempio dell'elfa.

Nella stanza rimasero solo Murtagh, Nasuada e Castigo.

"Ho capito, vi lascio soli..." disse il drago, parlando nella mente di entrambi i ragazzi.

Sia l'Imperatrice che il Cavaliere avvamparono ma, prima che potessero controbattere, il drago era già scomparso nella notte. Un silenzio imbarazzato calò sulla stanza ad avvolgere i due. Fu Murtagh a rompere il silenzio

"Vieni con me, ti porto nel mio posto preferito." disse porgendole la mano; la ragazza la afferrò e insieme si incamminarono attraversando rapidamente il salone e trovandosi all'esterno del castello.

"Chiudi gli occhi!"le sussurrò lui all'orecchio.

La ragazza, percependo il suo respiro caldo farle il solletico sul viso, fu scossa da un brivido; ma annuì ugualmente, ubbidendogli.

Murtagh la guidò attraverso il giardino portandola fino ad una collina ricoperta di fiori, i cui colori erano visibili anche nell'oscurita della notte; al centro del prato, guardiano di quel luogo meraviglioso, si eregeva un albero centenario che, dall'alto della sua grandezza, li guardava avvicinarsi.

"Ecco, siamo arrivati. Ora puoi aprire gli occhi..."

La ragazza schiuse lentamente le palpebre e non potè trattenere un'esclamazione di sorpresa vedendo lo spettacolo che si offriva ai suoi occhi increduli.

"Wow! Ma è...è...è bellissimo!" riuscì solamente a dire, pur sapendo che quelle semplici parole non riuscivano ad esprimere tutto quello che sentiva.

"Sono contento che ti piaccia...La prima volta che l'ho visto ho pensato a te."

Quelle parole la fecero sorridere. Murtagh era un gurriero feroce e spietato, ma quando era con lei quel suo lato del carattere rimaneva sopito e lasciava spazio a l'altro Murtagh, quello gentile e dolce che lei aveva imparato a conoscere quando, durante la sua prigionia sotto Galbatorix, da careceriere diventava amico e guaritore; unico sostegno in quell'abisso di dolore in cui era stata gettata. Si volse a guardarlo; aveva gli occhi persi ad osservare gli incredibili colori di quei fiori. Era incredibilmente affascinante, le ricordò il principe azzurro delle fiabe che tanto amava ascoltare da bambina. Si andò a sedere sotto l'albero, con la schiena appoggiata al tronco; non serviva che lo invitasse a seguirla, sapeva che le si sarebbe seduto al fianco come faceva sempre. E infatti fu così. Si sedette e con un braccio le cinse le spalle, mentre lei poggiava la testa sul suo petto.

Non c'era bisogno di parole tra di loro. Erano in grado di capirsi con un solo sguardo, proprio come stava accadendo in quel momento; negli occhi di lui, appena illuminati dalla pallida luce lunare, lesse l'amore. Poggiò la sua mano sul viso del ragazzo e, avvicinando lentamente le labbra a quelle di lui, lo baciò. Le labbra di lui erano morbide e piacevolmente umide, come le aveva a lungo immagginate. Nasuada era felice e lasciò che in quel bacio fluissero tutti i sentimenti che stava provando. Murtagh ricambiò con passione sempre crescente, lasciando che la sua mano destra si poggiasse sul fianco di Nasuada, che trasalì sentendo il calore che quel contatto le provocava; alla fine si lasciò andare concedendosi completamente a lui, e pensando che era proprio dove aveva sempre desiderato essere.

 

Angolo dell'Autrice

 

Eccomi di nuovo con l'ultimo capitolo di oggi.

In questo capitolo si vede tutto l'affetto di Murtagh per Raksha, e contemporaneamente la sua paura che la bambina si dimentichi di lui.

Scrivendo questo capitolo ho pensato ai miei genitori, a come reagiranno il giorno che partirò per un Paese starniero. 

Mentre scrivevo delle paure di Murtagh il mio pensiero è andato al mio papà, perchè più che le mamme sono i papà che soffrono per la distanza dei loro bambini, hanno paura che si dimentichino di loro e che non riescano a cavarsela da soli; le parole di Castigo sono quelle che mi ripete sempre mia mamma, che mi ha sempre appoggiata nel mio desiderio di viaggiare, incoraggiandomi ad affrontare la vita in modo risoluto.

Quanto alla conclusione del discorso, quella bè, e tutta mia. 

Nessuno dimentica il nido dal quale ha spiccato il volo e, prima o poi, si torna sempre indietro per salutare le persone che ci hanno cresciuti e ci hanno insegnato a librarci alti nel cielo della vita.

Questo capitolo lo dedico a tutti quelli che sono lontani da casa e che però non l'abbandoneranno mai.

Scusate per la serietà di queto "Angolo dell'Autrice",ma ero una cosa che desideravo dire.

Mi raccomando, recensite in tanti.

Baci<3<3<3

RedSonja

 

  
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