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Autore: Alex Wolf    06/09/2013    9 recensioni
Dal primo capitolo:
« Ma che cosa fai? Mettimi giù rampollo viziato!. »protestai nel mentre il mio sedere toccava il cuoio chiaro della sua sella.
« Quanto sei bisbetica. » borbottò salendo dietro di me e passando le sue mani attorno ai miei fianchi per prendere le redini.
« Togli quelle mani, guido io. » ringhiai afferrando d’impulso le redini e procurandomi una fitta alla spalla.
« Smettila. » mi riprese il principe scocciato levando le mie mani dalla giuda e riportandoci le sue. « E sta zitta. Hai già parlato troppo. » spronò il cavallo.
Risucchiai le guance e le labbra all’interno e le rilasciai andare con uno schiocco frustrato.
« Se dovrò viaggiare così, tanto vale che mi metta comoda. » borbottai appoggiando la mia schiena al suo torace e chiusi gli occhi. « Se ti metti a cantare qualche canzone in elfico ti strappo le labbra. » aggiunsi.
Non fatevi ingannare dalle apparenze, leggete e poi saprete dirmi che ne pensate ;)
Storia ispirata al film "la compagnia dell'anello"
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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When you let her go.             
 
 
 
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Guardai in alto, coprendomi gli occhi con una mano, e sbuffai. La neve candida attorno a noi rendeva difficili i movimenti, e cominciavo ad avere freddo alle gambe. La pelle dei miei pantaloni, certo non faceva entrare nulla, ma assorbiva il freddo e lo riportava alle gambe. Il mio mantello svolazzava a causa del vento e poi tornava a strusciare sull’acqua solida.
« Pazzesco. Tutto questo è pazzesco! », borbottai fra me e me, sollevando la stoffa verde sotto un braccio, « Stupido Saruman, stupide spie, stupido Sauron con la smania di potere!! Ma perché i maschi devono sempre avere la smania di potere?! ».
Gimli rise, divertito dal mio battibecco con me stessa e mi passò accanto, raggiungendo Gandalf che stava in testa alla coda. « Mia cara, è tutta questione di natura », disse poi. « Che natura del… » mi morsi la lingua per non dire parolacce. Camminavamo in mezzo a quelle montagne innevate da qualche giorno e io, che avevo sempre amato la montagna, l’inverno e la neve, cominciavo a detestare tutto. In più l’anello, di tanto in tanto, formicolava e mi rubava energie, preziose. Qualche volta avevo pensato di toglierlo, ma poi mi convincevo che non dovevo farlo, anche perché non si levava. Avevo provato di tutto, una notte, ma nulla. Sembrava essere diventato parte integrante del mio dito medio. “ Almeno quando manderò a fanculo qualcuno lo farò con un tocco d’eleganza ”, mi ritrovai a pensare, sorridendo.
« Dai Ele, non te la prendere », sorrise Pipino affiancandomisi,  « Almeno non con me. Io sono un mezz’uomo » alzò le mani al cielo per poi indicarsi con gli indici « Nel senso, sono un mezz’uomo di statura, capiamoci. Per il resto potrei essere anche meglio di un uomo normale! ». Lo fissai, con la testa leggermente piegata di lato, poi proruppi in una gustosa risata e mi abbassai per abbracciarlo. Il piccoletto sorrise ancora, questa volta maliziosamente, e mi gettò le braccia al collo, senza voler dar segno di lasciarlo.
« Oh, per bacco », borbottò Gimli a un tratto. Ci voltammo a fissarlo, incuriositi da quell’affermazione, ma il nano si limitò ad alzare le spalle e indicare dietro la mia schiena. Mi alzai, con tranquillità, ma vedendo lo sguardo preoccupato di Gandalf mi voltai più in fretta possibile. Fermo, di spalle rispetto a noi, Boromir reggeva la catenina con l’anello, e la guardava, piegando la testa di lato. Più in fondo Aragorn teneva le mani sulle spalle di Frodo, il volto cupo e preoccupato.
  « Boromir », disse soltanto il re. Ma l’uomo non l’ascoltò e rimase fermo, gli occhi fissi sull’anello, tanto che pensai che da li a poco potesse disintegrarlo con lo sguardo. « Che strano destino. Dobbiamo provare tanti timori e dubbi per una cosa così piccola. Un oggettino… »   mormorò infine quest’ultimo. Seguendo l’istinto, portai una mano sull’elsa della mia spada e la sollevai leggermente dal fodero. La lama brillò contro i raggi solare, riflettendoli sulla neve bianca come una perla.
« Bormir! », lo richiamò Aragorn. L’uomo alzò lo sguardo e prese un bel respiro, « Da l’anello a Frodo ».
Boromir tentennò. Io persi la pazienza e cominciai a camminare nella loro direzione, con la spada sguainata stretta in mano.  « Per la miseria, uomo, restituisci quel dannato anello e diamoci una mossa! », ordinai, attirando l’attenzione di tutti su di me, « Ho freddo, e fame! Se non ti sbrighi te lo toglierò io stessa di mano, tagliandoti un polso! », conclusi, spostando la lama sotto i raggi del sole per fargliela notare. Boromir parve scosso, quindi, dopo altri attimi d’esitazione, che mi parvero eterni, sia avvicinò al piccolo hobbit rendendogli l’anello. « Come desideri », disse, « Non mi interessa », scambiò un occhiata col re, spettinò Frodo, e tornò sui suoi passi.
Rilasciai un sospiro, ero stata tesa quando si era presentato il momento di entrare “ in scena ”, ma tutto si era risolto bene. Rinfoderai la mia lama e alzai di nuovo lo sguardo, trovandomi la figura troneggiante di Aragorn davanti. « Mi dispiace di essere intervenuta, così. Lo so, sono stata avventata ma… ma… » dissi tutto d’un colpo, e alla fine le parole mi morirono in gola dalla vergogna. Solo allora capii che il mio gesto avrebbe potuto scatenare una lite furibonda fra me e Boromir, e questa volta senza esclusione di colpi. Perché quando qualcuno vuole così tanto qualcosa, ma non lo sa, è la cosa peggiore di tutte, perché non se ne rende conto e arriva a fare le cose più brutte e meschine pur di ottenerla. E se Boromir non avesse voluto ridare l’anello al piccoletto?, pensai, cominciando a guardare ovunque per non trovarmi a dover fissare gli occhi blu di Aragorn, Mi avrebbe uccisa, o io avrei ucciso lui. Dio, sono un ipocrita avventata!
« Grazie », sorrise il re, poggiandomi le mani sulle spalle. « Lo so scus… grazie? » sgranai gli occhi.  Tutto mi aspettavo meno che un grazie. « Si, grazie », riprendemmo il cammino assieme.
Dopo poco tempo che eravamo in marcia, ci ritrovammo in fila indiana ad attraversare un stretta via, che correva su un lato della montagna. Un impetuosa bufera di neve ci aveva sorpresi all’improvviso ed eravamo stati costretti a coprirci come meglio potevamo. Aragorn teneva in braccio due hobbit, Sam procedeva col suo pony e Frodo se ne stava in fila con tutti gli altri. Io ero rimasta in fondo alla fila, dietro l’elfo biondo e continuavo a rimuginare sul “grazie” di Aragorn, senza pensare a dove mettevo i piedi. Ragion per cui mi ritrovai addosso a Legolas, che si voltò preoccupato da qual contatto.  « Non posso andare più veloce, se è quello che volevi chiedermi », m’informò subito lui, acidamente. Battei le palpebre, e la neve depositatasi sulle mie ciglia mi cadde sulle guance sciolta, scivolandoci come lacrime. Evidentemente l’elfo, credendo che fossero lacrime vere, si sentì in colpa e mi posò una mano sulla gota, togliendo il piccolo flusso d’acqua con il pollice. La sua mano era calda, e a contatto con la mia pelle fredda fu un sollievo.
Non volevo essere sgarbato.
Non sto piangendo, principino, rovinai subito il momento , stai asciugando della neve. Pura e semplice neve, sciolta.              
Lo so, si limitò a dire senza staccare il contatto fisico che c’era tra noi. I miei occhi balzarono dai suoi, ora più scuri, quasi neri, a causa della neve che ci turbinava davanti, alla sua mano sopra la mia guancia. Sentii il sangue affluirmi in viso, perciò poggiai la mia mano sulla sua e la scostai, dolcemente. Era strano, toccarlo così. Sentire il suo calore. Era così strano perché era troppo familiare. Aprii la bocca per rispondergli a parole concrete ma una voce catturò la mia attenzione. Voltai il capo e esaminai le montagne estese davanti a noi. La voce era forte, e oscura allo stesso tempo. Sembrava provenire da lontano e si disperdeva nel vento gelido.
« La senti? », domandai senza guardare Legolas. « Non ne sono sicuro », ammise e prese a camminare in avanti, in testa alla fila. Quando si fermò una folata d’aria gli sferzò i capelli facendoli danzare, e riempiendoli di neve candida, per poi ripoggiarli sulle spalle.
 « C’è un empia voce nell’aria », disse a voce alta. Saruman, gridai nella mia testa, spingendo in avanti il sedere della pony di Sam, quindi, di conseguenza anche l’hobbit.  « Muoviti! », gridai al giardiniere.
« E’ Saruman! », urlò Gandalf, e in quel momento un pezzo di montagna sopra di noi crollò, seppellendo il percorso dove poco prima stavo io. Altri massi ci caddero addosso, ma noi ci riparammo in tempo. « Vuole buttare giù la montagna! », riferì Aragorn.
« Oddio, da quando sei diventato un genio?! », ululai ironicamente, spingendo sempre più avanti la pony. Lui mi schioccò un occhiataccia e poi alzò gli occhi al cielo. « Gandalf, dobbiamo tornar indietro! », ordinò il re.
« Il percorso è fuori uso! », dissi e al contempo Gandalf urlò:  « No! », e poi si mise a gridare strane parole, in una lingua sconosciuta, che a mio dire pareva arabo rivisitato.
« Valangaaaa! », gridai gettandomi contro la roccia del fianco della montagna. Un onda bianca, densa, e compatta di neve gelida e lucente ci travolse, impetuosa come il mare e la morte. Mi sentii morire quando la presa della mia mano sulla roccia venne meno e la neve divenne troppa per essere sopportata. Una prigione fredda, ora, mi circondava e sovrastava. Ci misi qualche minuto a riemergere, ma quando lo feci sentii grida. Gente che chiamava nomi, e persone che rispondevano all’appello.  Non riuscivo a capire nulla di quello che dissero poi Boromir, Aragorn e Gimli, perché ero troppo impegnata a cercare di riemergere e non finire congelata. Le uniche cose che il mio orecchio percepì fu: « Troppo rischioso… Isengard… », poi,  « Montagne… passiamoci sotto… miniere…  ». Con quel poco di forze che mi restava strisciai fuori dal buco in cui mi trovavo e mi avvicinai alla compagnia. E mie gambe affondarono nella neve alta. I miei vestiti erano zuppi, il mio mantello era bagnato, i miei capelli erano fradici e io stavo per morire per il troppo freddo. Riuscivo a sentire i miei denti battere, talmente forte, che le montagne mi rimandarono indietro il rumore con l’eco.
« Niente, Moria », riuscii solo a dire, ma nessuno mi prese in considerazione. Mi passai una mano sul volto, sentendolo caldo vicino al labbro. Quando guardai la mia mano scorsi, sul palmo, una striscia di liquido rosso brillante. Perfetto, gracchiai a me stessa, ci mancava il labbro sanguinante, ma mi accorsi che anche i miei pensieri, ridotta nello stato che ero, risuonavano stanchi e mosci.
 « Colui che porta l’anello decida », ordinò Gandalf, con tono rassegnato e occhi tristi. « Frodo? »,lo esortò ancora. Il piccolo hobbit, che si guardava in giro disse convinto: « Attraverseremo le miniere ».
« Così sia fatto », si arrese lo stregone.                                 
In quel momento l’angoscia prese il sopravvento su di me, facendomi sentire debole, stanca e stremata. Priva di forze, chiusi gli occhi e mi sentii male. Non ora, implorai mentalmente mentre sentivo un dolore stringermi il petto, in una morsa infernale. Un forte senso di nausea mi risalì la gola. Però era diverso dalle volte in cui mi assentavo quando avevo le visioni, questo era peggio, molto peggio. Sentii cedere le gambe e poco dopo mi parve che la terra sotto i miei piedi scomparisse. Stavo andando in ipotermia.
 


° ° 
 
 


Legolas apprese con un certo dispiacere che sarebbero dovuti passare per le miniere di Moria, e questo significava vedere altri nani, subire le loro stupide chiacchiere, e ritrovarsi in mezzo a banchetti stracolmi di alcool. « Ah! », l’esclamazione di gioia di Gimli lo fece voltare verso il nano,  « Le miniere sono il luogo ideale per riposarsi qualche tempo. Carni affumicate con osso, birra! Nane… » a quell’ultima parola si sfregò le mani assieme, con un sorrisetto compiaciuto e malizioso stampato in volto. L’elfo non poté fare a meno di alzare gli occhi al cielo e scuotere il capo, domandandosi cosa rendesse quei piccoli uomini tanto stupidi. Lui, che si avvicinava ai tremila anni d’età, non era mai riuscito a spiegarselo. 
« In 2931 anni d’età, non ho mai capito che cosa ci possiate trovare nella birra », si lasciò sfuggire dalle labbra. Restò in silenzio aspettando che il nano rispondesse, quando questo lo fece fu per dirgli che alla sua gente piaceva vivere e divertirsi, non come gli elfi che pensavano solo a cacciare e indossare calzamaglie. Il principe fu sul punto di replicare, ma poi ci ripensò e attese he fosse qualcun altro a farlo al suo posto. Magari una ragazza, dagli occhi scuri e un temperamento tutt’altro che docile. Quando, però, la risposta non arrivò ai suoi timpani, il giovane Legolas si incuriosì e si guardò attorno. I membri della compagnia dovevano essere dieci, ma solo nove stavano in piedi, difronte o accanto a lui.
Lei mancava.
« Dov’è Eleonora? », si ritrovò a domandare, continuando a guardarsi attorno, sperando che i suoi occhi l’avessero saltata per sbaglio. Magari era rimasta seduta in mezzo alla neve. Nah, poco probabile, e lui lo sapeva. Magari era andata a gironzolare, ma era improbabile anche quello. A un tratto un dubbio l’assalì: e se la valanga l’avesse trascinata via e loro non avessero sentito i suoi urli? Lui l’aveva vista perdere la presa sulla roccia a cui era aggrappata, stava per allungare una mano nella sua direzione quando era finito intrappolato sotto la coltre bianca. E se fosse davvero… caduta? « L’ho trovata! », ululò a un tratto Frodo. Tutti si voltarono a guardarlo, e lo videro fermo, immobile, davanti a un cumolo di neve. Il mantello blu scuro che volteggiava nel vento, gli occhi azzurri fissi in quel punto.
« Secondo me è morta », disse Pipino raggiungendolo e fermandosi al suo fianco. Legolas perse un battito di cuore. « Ma cosa dici? Morta? Per favore Pipino! », esclamò Merry raggiungendoli.  Che cosa devo fare?, si domandò a denti stretti il principe. Nessuno degli altri aveva osato muoversi, a parte i tre hobbit, e nessuno aveva osato parlare, neppure Boromir.  
« Gli hobbit pesano poco ma se io mi muovo, per salvarla, la strada crollerà? », si ritrovò a domandare Legolas a Gandalf. Lo stregone analizzò il percorso e poi socchiuse gli occhi azzurri, pensando.  « Guarda com’è bianca! », Pipino intanto si era messo a battibeccare con Merry. « Ma che bianca! Ha sempre avuto la pelle di marmo. Solo che tu sei tanto scemo che non te ne sei mai accorto ». Le orecchie dell’elfo si fecero rosse di rabbia. Quei due piccoletti non la smettevano di ciarlare, e ciarlare e ciarlare. Mai. Erano simpatici, certo, ma non sapevano mai quando chiudere la bocca.
 « Gandalf, allora? », sibilò tra i denti il biondo, rivolgendo al mago un occhiata torva. L’uomo sospirò e si appoggiò al bastone « Devi fare veloce, giovane principe. La strada non reggerà ancora a lungo con tutta questa neve che cade e i massi che crollano ».
« Andrò veloce, lo giuro. Intanto richiama gli hobbit e andate avanti, io vi raggiungerò in un baleno », suggerì. Allora il vecchio dalla tunica grigia rizzò le spalle e si voltò ordinando alla compagnia di proseguire e poi aggiunse: « Peregrino Tuc! Tu, purtroppo, sei parte della compagnia, quindi, muovi quelle piccole gambe che ti ritrovi sennò ti trasformo in un corvo! E per l’amor del cielo lascia stare il mio bastone! » e rifilò in testa al piccolo hobbit una botta. 
Legolas, non perse tempo, e si affiancò alla parete di roccia, intenzionato a salvare la ragazza. Sebbene sapesse che quando lei si sarebbe risvegliata l’avrebbe tartassato con una sfilza di frasi, “ Non avevo bisogno di essere salvata”, “ Non sono una damigella in difficoltà!”, “Non ti avevo detto di starmi lontano?” o ancora “Ti avevo detto di aiutarmi solo quando te l’avrei chiesto io!”, dettate dal sue ego. Quando, finalmente, la raggiunse non poté fare a meno di guardarla e credere che quello che aveva detto Pipino fosse reale. Era più bianca che mai, ed era tutta zuppa. I capelli biondi erano usciti dall’acconciatura e si andavano a intrecciare maldestramente con ciocche castane, che il principe non aveva mai visto prima di allora. Smettendo di pensare a cosa di lei fosse cambiato, cominciò a camminare nella neve alta e a prepararsi mentalmente alla raffica di velenose accuse che gli avrebbe inferto, lei, più tardi. La caricò fra le braccia, e raggelò. Era fredda come il ghiaccio che li circondava e bianca come la neve della valanga, e stava respirando leggermente e faticosamente. Era viva! Legolas non poté trattenere un sorriso  prima di riprendere a camminare. La roccia scricchiolò sotto il loro peso e, da quel piccolo rumore, il giovane capì che il sentiero non avrebbe retto ancora molto. Si affrettò, e si trovò su una pianura appena in tempo, prima di vedere il loro percorso crollare nel vuoto delle montagne. Si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo e riprese a camminare, scoprendo che la compagnia l’aveva aspettato, seduta in giro, a casaccio. Non appena si accorse di lui, Aragorn, balzò in piedi e chiese, tutto trafelato:  « Come sta’? ».
« Non è al massimo delle forze, ma respira », li tranquillò tutti poggiando la ragazza  terra dopo che i piccoli hobbit e Gimli ebbero spazzato via la neve. « Dobbiamo coprirla con qualcosa di caldo. Sam, nelle cose che porti col tuo pony c’è qualche coperta? ». Il mezz’uomo corse dalla piccola cavalcatura e tornò indietro, barcollando, con una grossa coperta bianca. « E’ quella più calda che abbiamo », rivelò porgendola all’elfo. Lui gli sorrise, ringraziò e la poggiò sulla ragazza per poi riprenderla fra le braccia. « Dici che si riprenderà presto? », Boromir si affiancò al biondo e guardò attentamente la giovane. « Non è affare tuo », ringhiò, sorpreso da se stesso, Legolas, prima di cominciare a camminare seguendo il mago. Intanto le sue mani si erano fatte più salde sul corpo esile, coperto dalla coperta che stringeva, della ragazza che aveva salvato. « Non è affare tuo? », rise leggermente, stanca e debole, lei, prendendolo alla sprovvista. « Non sei stato molto originale… principino », strinse fra le mani la stoffa della giacca di lui e sistemò meglio il volto nell’incavo del suo collo. « Goditi questa scena, perché è l’unica volta che ti permetterò », rantolò, in cerca di fiato, poi continuò, « Di farlo », e chiuse gli occhi, stremata.                                                                     
  
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