Fanfic su attori > Tom Hiddleston
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Autore: Macbeth nella Nebbia    06/09/2013    5 recensioni
Mio padre odia il fatto che io spedisca lettere e cartoline a persone che non conosco di persona ma solo tramite un computer.
Più che altro odia che io spenda così inutilmente i miei soldi.
“Perché non puoi semplicemente inviare una foto su facebook o via mail invece di spendere i soldi così?”
No. E’ diverso.
E’ tutta una questione di principio che nessuno oltre a me potrebbe capire.
Insomma, io adoro scendere a prendere la posta e vedere che c’è qualcosa per me. Che sia una cartolina, una lettera, una bolletta, un giornale o un depliant stupido di qualche supermercato. Perché mi sembra che io sia importante per qualcuno. Almeno per un giorno.
fanfic ispirata ad un sogno avuto realmente la mattina del quattordici agosto duemilatredici.
Genere: Comico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Is this the real life? Is this just fantasy?









Esco dall’aeroporto con Tom/William al seguito.
Lui, con cappellino e occhiali da sole non viene riconosciuto per fortuna da nessuno quindi andiamo velocemente verso la macchina nel parcheggio di Caselle.
Arriviamo alla macchina, gli faccio mettere il piccolo trolley che si è portato nel bagagliaio, poi, ovviamente sbaglia parte dove salire per sedersi. Ridiamo entrambi mentre lui sale dal lato passeggeri, questa volta senza sbagliare.
“You have to explain me a lot of things.” gli dico con tono serio puntandogli un dito contro mentre con l’altra mano prendo la cintura di sicurezza e me la metto. Lui fa lo stesso e ride. Anzi, fa: Eheheh.
Durante l’ora di viaggio ascoltiamo la musica, non parliamo molto.
E’ sempre così, quando conosco una persona su internet o con le lettere magari scrivo chilometri di parole, risulto quindi simpatica e logorroica ma poi in verità è tutto il contrario: estremamente chiusa in me stessa con la lingua tagliata per non parlare troppo.
“Have you your mobile phone off?” gli chiedo quasi arrivati a casa mia.
“No, why?”
“Nothing. Just some thoughts in my mind. Don’t worry!” gli rispondo sorridendo un po’ nervosa.
La casa non è proprio mia, ancora vivo con i miei genitori però io ho un appartamento personale al primo piano della casa mentre loro vivono al secondo ed ultimo piano, sopra di me.
Arriviamo nel cortile, parcheggio dove capita.
Sento la tenda della porta che da sul terrazzo sventolare, segno che qualcuno di curioso (ovvero mia madre o mio padre o addirittura entrambi) è lì ad aspettare di vedere il famoso amico di penna inglese.
Se solo intuissero che è famoso in tutti i sensi.
Apro la portiera dell’auto, Tom mi segue a ruota, poggiando i piedi sulla ghiaia.
*Ti prego non alzare gli occhi al cielo, ti prego non farlo.* mi ripeto dentro.
“Hi! I think you are Elena’s relatives!”
“Elena che ha detto?” mi chiede mia madre.
“Yes yes.” risponde invece mio padre.
Se gli dicessero “Sei un coglione.” in inglese lui risponderebbe sempre e comunque “Yes yes”.
“Niente mamma, non ti preoccupare, ti spiego poi su.”
“Ma sai che è una faccia già vista?”
“Ti ho detto che ti spiego in casa mamma.” rispondo stizzita.
“Hey, is there something wrong?”
“No, Tom, don’t worry, really.”
Chiudo l’auto facendogli cenno di seguirmi per la strada che porta all’entrata principale.
Non mi sembra molto carino far passare un attore in un garage polveroso con camion, quad, macchine e mini scavatori, il tutto decorato con mattoni qua e là, attrezzi da muratore e piani di lavoro unti di grasso. Decisamente no, per nulla carino.
Suono il campanello a mamma, lei apre il piccolo cancelletto e la porticina in legno.
“You can put the luggage here, in my flat.”
“Better in your room.” aggiungo sorridendo.
L’ho preparata ieri sera mettendo le lenzuola più informali dell’universo che fossero presenti in casa, una coperta al fondo nel caso avesse freddo e qualche oggettino qua e là per non farlo sentire a disagio, perché quella camera è un po’ spoglia, insomma, non ci è mai andato nessuno a dormire, io ho la mia quindi.
Tom lascia la valigia nella stanza. Dice che è una delle più carine e confortevoli che abbia mai trovato. Una volta ha dovuto dormire sul divano. Non gli è dispiaciuto ma era uno di quei divani corti dove ti esce metà polpaccio e non riesci nemmeno a coprirlo con la coperta.
Rido davvero forte, tanto che mia madre ci chiama per andare su da loro.
Entro dopo di Tom lasciandolo nelle grinfie di mia madre che lo abbraccia e gli da due baci sulle guance. Mio padre si limita ad una stretta di mano ed un sorriso. Poi se ne esce sul balcone a fumare una sigaretta.
Mia madre parla con Tom in italiano e non mi da il tempo materiale per tradurre. Lui sorride sempre, ogni tanto ride perché mi vengono fuori degli strafalcioni assurdi mentre cerco di seguire mia madre, per fargli capire un po’ il discorso insomma.
Alla fine mamma decide di chiudere la bocca ma di azionare le manine per fare la cena.
“She’s a great chef, that is, maybe, why I have this cookery passion!” gli dico mentre gli faccio vedere il diploma della scuola alberghiera frequentata due anni prima.
Mentre Tom cerca di farsi capire con quel po’ di italiano che gli ho insegnato nelle lettere e mentre tornavamo a casa in macchina, io aiuto mia madre a preparare la tavola e la cena.
“Ma io questo ragazzo già l’ho visto.”
“Sì, lo so che l’hai già visto. E’ un attore, non molto famoso, ma pur sempre un attore.”
“Ma non si chiamava William?”
“Storia lunga. E’ una falsa identità che usa per questa sua piccola passione dell’inviare lettere e cercare amici di penna dove passare qualche giorno, per staccare un po’ dal lavoro.”
“Li trovi sempre tutti te i tipi complicati.”
“Non cominciare mamma.” le dico minacciandola con un coltello girato dalla parte del manico.
Circa mezz’ora dopo la cena è pronta.
Tom si congratula milioni di volte con mia madre e con la sottoscritta per la squisita cena, degna di ristoranti londinesi molto rinomati, se non di più.
Infine, scendiamo nel mio appartamento dove lascio volentieri a Tom il tempo di mettere a posto le sue cose e di farsi una doccia.
Nel mentre io sono seduta sul divano in cucina. Il mio caro divano fatto con dei bancali di legno riciclati e con cuscini di tutti i colori e fantasie possibili fatti da mia madre.
Sì, se non l’aveste ancora capito, mia madre è una tuttofare.
Penso. Strano, ma mi ritrovo a pensare a questa situazione decisamente stravagante.
E’ tutto così irreale. Non ha senso.
William Welch che magicamente si trasforma in Tom Hiddleston.

Decisamente senza senso. Ma sta accadendo. Quindi è reale ed ha anche, evidentemente, un senso.
 

bonsoir! ecco qui *finalmente* questo terzo capitolo!
in primis volevo ringraziare Moon Lady per tutte le correzioni per il primo e secondo capitolo che mi hai lasciato nella tua recensione! Grazie mille ancora :3
in secundis (?) *non studio latino, non aggreditemi pls* non mi ricordo più che volevo dirvi. cwc
vabbè.
semplicemente vi ringrazio per le recensioni e mi scuso per i capitoli corti. è una cosa che devo proprio correggere nel mio cervello hahahah

un bacio a tutti,
rainsofcastamere

p.s. ah, sì, ricordo cosa volevo dirvi!
      volevo semplicemente dirvi che in questi giorni modificherò i capitoli aggiungendo qui nelle note le traduzioni dei dialoghi, per chi non fosse molto pratico della lingua inglese, così magari è anche un aiuto per impararlo meglio (anche se diffidate dall'impararlo da questa FF, faccio certi erroracci che meglio lasciar stare hahahah)
   
 
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