Buio.
Dolore.
Mancanza d’aria.
Nessuna libertà di movimento.
Sono le prime informazioni registrate dal cervello confuso: ora può farsi prendere dal panico…
Le corde vocali non obbediscono e l’urlo che preme per uscire muore nel respiro che si fa sempre più affannato.
Immagini che potrebbero fare parte di un incubo si sovrappongono ai ricordi di momenti felici, oscurandone la presenza.
Una corda.
Un bavaglio.
Una cassa di legno, lunga e stretta.
Una vanga dal lungo manico di legno grezzo.
La fatica di scavare nella terra umida che odora di muschio e la minaccia inquietante di una pistola carica.
Le accorate suppliche tra le lacrime che seguono l’ordine di distendersi nella spartana bara fatta apposta per lei.
Il dolore lancinante che segue al bagliore e allo sparo assordante che la investono come un colpo di maglio, la sadica risata che riecheggia in sottofondo.
La coscienza che scivola tra le dita come il sangue dalla ferita nel ventre, mentre una preghiera disperata affiora alle labbra:- Fammi morire, ti prego…
Una morte lenta e dolorosa.
Sepolta.
Viva.

Nessuno sarebbe corso in aiuto, stavolta.
Non avrebbero trovato nemmeno il suo corpo ormai freddo.

Nessuno… né il biondo Cuoco innamorato delle donne o il cyborg-Carpentiere dal cuore tenero; nemmeno il canterino Brook o la dolce sorellona Robin, nessun Capitano di gomma o un bugiardone dal proverbiale lungo naso, tantomeno una morbida e piccola renna premurosa.
Per non parlare dello Spadaccino serio, maestro con ben tre spade: neanche con una muta di cani da cerca ed una mappa con una X rossa sopra che ne indicasse la posizione, sarebbe riuscito a trovarla...