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Autore: Gwendolyn Smith    07/09/2013    2 recensioni
“Il ragazzo dagli occhi felini versò il vino nel suo bicchiere. I capelli gli ricadevano sulle spalle, dritti e neri. Sembrava avere diciannove anni, ma l’apparenza ingannava. –Alieni.- borbottò di nuovo, ancora incredulo. L’uomo di fronte a lui annuì, mentre rifiutava la bottiglia che l’altro gli offriva.”
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Idea che mi è venuta in mente cercando di prendere sonno. È un cross-over abbastanza folle, che unisce due personaggi che amo: Il Dottore e Magnus Bane. Si colloca dopo “The Runaway Bride” e “City of Lost Souls”.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Doctor - 10
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Strani incontri Titolo: Strani incontri
Fandom: Cross-over “Doctor Who” e “The Mortal Instruments”
Genere: Generale, Malinconico
Personaggi: Doctor-10, Magnus Bane
Pairing: Nessuno, accenni DoctorXRose, MagnusXAlec
Introduzione: “Il ragazzo dagli occhi felini versò il vino nel suo bicchiere. I capelli gli ricadevano sulle spalle, dritti e neri. Sembrava avere diciannove anni, ma l’apparenza ingannava. –Alieni.- borbottò di nuovo, ancora incredulo. L’uomo di fronte a lui annuì, mentre rifiutava la bottiglia che l’altro gli offriva.” *** Idea che mi è venuta in mente cercando di prendere sonno. È un cross-over abbastanza folle, che unisce due personaggi che amo: Il Dottore e Magnus Bane. Si colloca dopo “The Runaway Bride” e “City of Lost Souls”.

Disclaimer: “Doctor Who” e “The Mortal Intruments”, insieme ai rispettivi personaggi, non mi appartengono. Essi sono proprietà, rispettivamente, della BBC e di Cassandra Clare.





Strani incontri


Il ragazzo dagli occhi felini versò il vino nel suo bicchiere. I capelli gli ricadevano sulle spalle, dritti e neri. Sembrava avere diciannove anni, ma l’apparenza ingannava. –Alieni.- borbottò di nuovo, ancora incredulo. L’uomo di fronte a lui annuì, mentre rifiutava la bottiglia che l’altro gli offriva.
-Ne ho viste di belle, io.- continuò Magnus Bane, sedendosi sullo sgabello del bancone in cucina. Viveva in un loft piccolo, ma accogliente. Quel giorno lo stile era moderno, con un divano nero, la cucina argento e un bancone in metallo. L’altro uomo si sedette accanto a lui, appoggiando le mani al mento.
-Demoni, fate, vampiri e robot nella Londra del diciannovesimo secolo.- elencò lo stregone, rigirando il bicchiere nella mano. –Ma alieni… Mai.-
-C’è sempre una prima volta.- sorrise debolmente il Dottore. Doveva essere un giro tranquillo a New York, ma si era imbattuto in quello strano individuo e nei suoi vicini di casa parecchio bellicosi, provenienti dal pianeta Clom.
-Immagino sia così.- il ragazzo bevve tutto d’un fiato il vino, gli occhi gialli puntati nel vuoto. Non solo il Signore del Tempo si era imbattuto in un’altra avventura potenzialmente mortale, ma aveva conosciuto questo Magnus Bane, il “fantastico e alto stregone di Brooklin”, avendo così i primi contatti col mondo soprannaturale, nascosto sulla Terra.
-E anche tu sei uno di loro, giusto?- chiese il “Figlio di Lilith” (così si era identificato, al loro primo incontro), piantando le sue iridi feline in quelle umane del Dottore. Erano gialle e verdi, ed erano identiche a quelle dei gatti. –Solo che fai parte della squadra dei buoni.-
Questi sollevò gli angoli della bocca, come se volesse sorridere ma non ne avesse la forza.
–Mettiamola così. Sono un Signore del Tempo, l’ultimo della mia specie.-
L’espressione di Magnus era indecifrabile. –Mi dispiace.-
-Non devi.- scosse la testa il Dottore. –Se vogliamo essere sinceri, la colpa è mia. È stato tanto tempo fa.-
-Sei più vecchio di quel che sembri.- commentò lo stregone, versandosi dell’altro vino. Ne aveva bisogno, dopo quella giornata.
-Cosa te lo fa credere?-
-Gli occhi.- rispose lui, incrociando lo sguardo del suo ospite. –Sono gli occhi di chi ha vissuto a lungo, di chi ha amato e perso troppo, di chi ha visto molte, forse troppe, cose.-
-Abbiamo gli stessi occhi, allora.- il Dottore piantò gli occhi sul bancone. Gli occhiali, che si era dimenticato di togliere, scivolarono leggermente in basso, adagiandosi sulla punta del suo naso.
-Purtroppo per te, Dottore, i miei sono più belli.- sorrise Magnus, ma nonostante ciò sembrava malinconico. –E comunque, hai ragione: ho vissuto a lungo anch’io. Ottocento anni, a voler essere sinceri.- svuotò il bicchiere in un’unica, lunga sorsata. –Però non dirlo in giro: mi attribuisco settecento anni, di solito.-
-Novecento.- replicò il Dottore.
-Diamine.- commentò lo stregone. –Mi hai superato, lo ammetto.-
-Mi fa piacere aver impressionato l’alto e fantastico stregone di Brooklin.-
Seguì altro silenzio, pesante e cupo. Nessuno dei due parlò per qualche minuto, immersi nei loro pensieri e ricordi di una vita precedente, migliore della solitudine che vivevano adesso.
-E cosa fa un Signore del Tempo, l’ultimo della sua specie, per vivere?- domandò Magnus. Aveva smesso di bere vino; la testa iniziava a girargli e si sentiva stordito. Tuttavia quello straniero lo incuriosiva, e poi era un bel tipo, affascinante e impossibile.
-Viaggio.- rispose sospirando il Dottore, togliendosi gli occhiali. –Viaggio, vedo posti nuovi, cose a cui non crederesti mai.-
-E sei da solo?-
La domanda colpì l’uomo, facendo affiorare, in lui, qualcosa di doloroso. Un nome. Una ragazza. Una compagna che se ne era andata per sempre.
-Da solo.- improvvisamente sentiva il bisogno di parlarne con qualcuno. –Prima viaggiavo con una ragazza, Rose. Lei, però, adesso non è più con me.-
-Mi dispiace, amico.- lo stregone alzò una mano, facendo brillare delle scintille azzurre tra le dita.
–Cosa è successo, se posso chiedere?-
-Lei sta bene, solo che non è più in questo Universo.- spiegò l’altro.
-E non puoi raggiungerla?-
-E’ in un Universo parallelo, ovvio che non posso raggiungerla.-
-Scusa se non me ne intendo, di cose spaziali.- Magnus si osservò, distrattamente, un’unghia laccata e ricoperta di brillantini. –Sono sempre quelli che più amiamo che perdiamo.-
Il Dottore sollevò la testa, per osservare meglio quel vecchio ragazzo. –C’è un secondo mazzo di chiavi, vicino alla porta.-
-E con questo?-
-Tu non sei solo.- replicò amaro l’alieno. Il Nascosto (altro nome con cui si era identificato Magnus) non rispose, si limitò a fissare davanti a sé, come se le mensole della cucina potessero dirgli qualche cosa. –A meno che tu lo sia diventato da poco.-
-Sei davvero intelligente come fai credere, Doc.- fu la volta di Magnus di assumere un tono amareggiato. –E’ vero, anche io ho amato qualcuno. E adesso sono di nuovo solo.- due occhi azzurri, profondi come il cielo, fecero capolino tra i suoi ricordi. –Alec, si chiamava. Beh, non è durata.-
-Come mai, se posso chiedere?-
-Ha tentato di accorciarmi la vita, marziano.- prese un profondo respiro. –E poi non sarebbe potuta durare veramente. Sai, una vita lunga può essere un fardello.-
Il Dottore chiuse gli occhi. –Ti capisco. Oh, se ti capisco.- come poteva non farlo, continuando quel percorso che era la sua vita; vedendo chiunque amasse morire o andarsene, osservando l’Universo cambiare, guardando la fine di quello che lo circondava? Era una maledizione che, a quanto pareva, non colpiva solo i Signori del Tempo.
L’orologio segnò le sei di sera. Fuori, il sole calava su New York, accendendo il cielo di arancione e dipingendo il fiume di tonalità calde. Era uno spettacolo affascinante, per quanto si trovasse in una caotica, confusionaria e gigantesca metropoli.
-Devo andare.- affermò il Dottore, alzandosi dallo sgabello e recuperando il lungo cappotto. Uscì dell’appartamento insieme all’”alto stregone”. Le grida furiose di un litigio provenivano dal primo piano.
-Prima o poi chiamerò la polizia, per quei due.- commentò Magnus, mentre uscivano fuori, abbracciati dal tramonto. Poi indicò la cabina blu. –Potrei farlo da lì. Quella è la tua astronave, uomo dello spazio?-
-E’ il Tardis.- rispose il Dottore, mentre si avvicinavano ad essa. –Tempo e Relativa Dimensione nello Spazio. Vuoi entrare?-
Lo stregone sollevò un sopracciglio, confuso. –A me sembra piccola.- ma si fece lo stesso aprire la porta, curioso com’era di scoprire come fosse davvero un’astronave aliena. Nonostante potesse dire di aver visto di tutto (e adesso gli alieni erano compresi), quella cabina più grande all’interno lo colpì in modo sconvolgente. –Non ci credo!-
-Benvenuto a bordo!- esclamò, più di buon umore, il Dottore. Gli piaceva che la gente fosse affascinata dalla sua “Sexy”: lo rendeva particolarmente fiero. Mentre il Nascosto girava intorno ai comandi, non si trattenne dal fare quella domanda. –Ti va di fare un viaggio?-
Al contrario di quanto avesse pensato, però, Magnus Bane scosse la testa, sorridendo, e sembrò davvero triste mentre lo faceva. –Non posso, Doc.-
-Ma anche tu sei solo.- gli fece notare l’alieno, infilando le mani in tasca. Lo stregone scosse la testa di nuovo.
-Devo rimanere.- insistette, mentre infilava i pollici nei passanti dei suoi coloratissimi jeans. –C’è ancora bisogno di me. Presto ci sarà una guerra, nel mio mondo.- il Dottore parve stupito, e lui se ne rallegrò: gli era parso difficile stupirlo. –E io devo esserci. Chi amo è qui. Questo ci differenzia non poco, Doc.-
Il Dottore prese bene la scelta dello strano individuo che aveva conosciuto solo quella mattina. –Hai ragione, Magnus.- incrociò lo sguardo dorato e verde dell’altro. In qualche modo, gli sembrava che si capissero, l’uno con l’altro. Soli e destinati ad esserlo per ancora molto tempo. –La scelta è tua.- Lo stregone si avviò verso la porta ma, afferrata la maniglia, si fermò e si voltò verso l’uomo delle stelle.
-Trovati un’altra compagna, Doc.- gli disse, mentre i suoi occhi scintillavano nella penombra.
-Non fanno altro che ripetermelo, ultimamente.- sospirò il Signore del Tempo, mentre si rimetteva ai comandi. Ma Magnus Bane era serissimo. Improvvisamente sembrava più vecchio del suo aspetto, da diciannovenne scapestrato. Sembrava portare la saggezza, che solo la sua lunga vita poteva dare, sulle spalle.
-Dico sul serio.- continuò. –La solitudine non è una bella compagna. Trova qualcuno, prima che essa ti consumi l’anima.- e poi uscì.
Il Dottore rimase a guardare lo spazio dove, poco prima, quella strana creatura se ne stava in piedi, a dargli consigli. Poi scosse la testa, e riprese il suo lavoro attorno alla consolle. Il Tardis iniziò a rumoreggiare, segno che stava partendo.
Magnus Bane, “alto e fantastico stregone di Brooklin”, si girò verso la cabina blu più grande all’interno, non appena sentì quel rumore. La guardò scomparire davanti a sé, mentre una leggera brezza si levava dal fiume.
-Buona fortuna, uomo dello spazio.- mormorò, sorridendo fiducioso. Poi, a passi lenti, rientrò in casa, mentre la sera calava su New York.





:::Angolo dell’autrice:::
Come ho spiegato nell’Introduzione, è un’idea (strana e assurda) in cui ho mescolato il meraviglioso mondo del Doctor Who e quello affascinante di Shadowhunters. Sia il Dottore che Magnus sono destinati a una vita lunga e a vedere quello che li circonda sparire. Ho pensato che sarebbe stato interessante farli incontrare. Spero che vi sia piaciuta almeno un decimo di quanto è piaciuto a me scriverla (perché ho amato ogni lettera che ho digitato per questa storia, e non sto scherzando).
Solito discorso: se vedete errori di qualsiasi genere (verbi, lessico o quelle altre cose che insegnano durante le lezioni di Grammatica) segnalatemeli! E se volete, lasciate una recensione (anche negativa, se fatta in maniera civile): farete di me una fanwriter felice.
Alla prossima, bellissimi!

Gwen

  
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