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Autore: eather_    08/09/2013    6 recensioni
[Questa fanfiction partecipa al contest “Viva l'infanzia!” indetto da karter95 sul forum di EFP]
« Non smettete di sognare, solo chi sogna può volare.»
Rilessi più volte, quella frase. In qualche modo, mi ridava un minimo di speranza. Come se un peso che perennemente mi opprimeva l'anima, piano piano stesse sparendo.
Ma lo sapevo. Sapevo che per me era impossibile.
La realtà era una: io non sarei mai riuscito a volare.
spero vi piaccia,
K u r u m i ♥
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Matsukaze Tenma, Taiyou Anemiya
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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FIC CONTEST VIVA L'INFANZIA

Questa fanfiction partecipa al contest “Viva l'infanzia!” indetto da karter95 sul forum di EFP



nick forum:
Baka_
nick Efp: K u r u m i
titolo fic:  « You know why we believe in heaven?»
genere: angst, malinconico, sentimentale
raiting: giallo
pacchetto:  Peter Pan
personaggi: Taiyou Amemiya; Tenma Matsukaze
fandom: Inazuma Eleven (GO)
coppie:  accenno alla TaiTen {solo amicizia}
avvertimenti: tematiche delicate, character's death!
nda: in fondo alla pagina ~




                                                                                             
«You know why we believe in heaven?»
                                                                                                 

                                                                                                 {don't stop dreaming, because only who dreams can fly}





Era la mattina di uno dei primi giorni di settembre, in una stanza bianca, immacolata, di un'ospedale.
In un letto un bambino fingeva di dormire, ascoltando la conversazione di due adulti poco distanti da lui.
«Signora Amemiya.» una voce roca e grave riecheggiò nell'aria.
« Mi dica dottore.» una voce distinta, sicuramente di una donna, cercava inutilmente di nascondere una certa nota d'ansia.
« Si tratta di suo figlio, signora...» un tono sommesso.
« Continui, la prego.» una supplica straziante.
« Vede, il bambino ha riscontrato un grave problema cardiaco...».
« Sì?».
« ...è una malattia grave, di cui purtroppo sappiamo ben poco, e perciò non esistono ancora delle cure...».
«La scongiuro, non mi tenga così tanto sulle spine!» i primi singhiozzi riempirono la stanza.
«... è probabile che suo figlio non sopravviva oltre i vent'anni...».




Riaprii gli occhi di scatto, iniziando a tossire e tremare, soffocato dal mio stesso ossigeno. Solo quando il respiro tornò normale, mi accorsi dell'odore di disinfettanti e medicinali che riempivano l'aria, che oramai era diventato familiare, per me. Alzai lentamente il busto, sentendolo stranamente più pesante del solito, e fissai le coperte bianche che coprivano le mie gambe.
Ah, giusto. Tutto era bianco, lì.
Socchiusi gli occhi e strinsi forte i pugni, cercando invano di dissimulare la mia frustrazione. Non riuscivo a capacitarmi dell'idea di essermi oramai abituato a quel posto, a quella vita. Quale vita, poi? Rimanere in una camera bianca, sopra un letto bianco, con indosso un pigiama bianco, a fissare una finestra con le tende bianche ventiquattro ore su ventiquattro, poteva definirsi vita?
Per me non lo era, non lo è mai stata.
Per quello uscivo, facendo dannare quelle povere infermiere, e calciavo un pallone da calcio. Perché così, avrei avuto l'impressione di essere un bambino qualunque, almeno per poco tempo. Potevo fingere di avere una vita come le altre.
Ero giovane e volevo divertirmi. Però, pensandoci bene, io non sarei mai diventato grande.
Peccato.
Poggiai nuovamente la schiena sul materasso, fissando il soffitto, combattendo con le mie stesse lacrime. Inutile fingere. Avevo paura.
Il pensiero di morire così presto mi spaventava.
Non sapevo che, nei miei ultimi mesi di vita, non mi sarebbe più importato di nulla, e che avrei superato facilmente la mia paura verso la morte.
O, forse, mi ero semplicemente rassegnato.




Non sono mai stato un grande amante dei libri. Ogni giorno mia madre entrava nella mia stanza e, sorridente, mi mostrava la pila di romanzi che teneva tra le braccia. Li poggiava sul letto, e me li porgeva uno ad uno, costringendomi a leggerne almeno la trama. Mi aveva comprato una piccola libreria beige, di cui avevamo -o meglio, aveva- riempito tutti e quattro gli scaffali.
Non ne ho mai finito neanche uno.
Lei lo sapeva bene, infatti non mi ha mai chiesto un opinione riguardo quei libri, che oramai erano lasciati lì sugli scaffali a fare solo polvere.
Comunque, ogni giorno mi faceva esercitare nella lettura, sostenendo che fosse importante. Già, forse lo era, per qualcuno con una vita come le altre.
Un solo libro mi era piaciuto, o, perlomeno, avevo trovato interessante. Era un semplice racconto per bambini. Niente di difficile. Anche la trama non era niente di così speciale.
L'unico particolare che mi aveva incuriosito, era il protagonista. Un ragazzino vivace e scherzoso che viveva nell'Isola che non c'é, un luogo magico.
Quel ragazzino non voleva crescere, infatti non sarebbe mai cresciuto. Sarebbe rimasto per sempre bambino.
Beh, almeno lui desiderava non diventare grande.
Presto quel libro diventò il mio preferito. L'unico che continuavo a leggere, senza stancarmi. Perché c'era qualcuno come me, anche se era solo un personaggio immaginario, lo consideravo quasi il mio migliore amico.
« Non smettete di sognare, solo chi sogna può volare.»
Rilessi più volte, quella frase. In qualche modo, mi ridava un minimo di speranza. Come se un peso che perennemente mi opprimeva l'anima, piano piano stesse sparendo.
Ma lo sapevo. Sapevo che per me era impossibile.
La realtà era una: io non sarei mai riuscito a volare.




Dei passi attirarono la mia attenzione e poco dopo qualcuno entrò nella stanza. Sorrisi, senza distogliere la sguardo dal cielo limpido che solo il vetro della finestra mi permetteva d'ammirare. Il cielo mi era sempre piaciuto.
Sentì la persona avvicinarsi. Il respiro pesante mi fece capire che era agitata. Una voce familiare arrivò alle mie orecchie, risuonando nella mia testa, e un insolito calore mi pervase.
« Buongiorno, Taiyou.» mi girai, incontrando le sue iridi blu, leggermente più opache delle mie. Le labbra erano tirate in un sorriso malinconico. Ricambiai il gesto.
« Tenma, sono contento di vederti.» si incupì, quasi si sentisse in colpa per qualcosa.
« Dovevo venire.»
Nella mia mente storsi il naso. "Dovere", che brutto verbo.
Mi fissò con i suoi soliti occhi magnetici. Anche se oramai aveva vent'anni compiuti, non era cambiato poi molto. Già, sempre lo stesso, Tenma.
« Ho saputo di tua madre, mi spiace.» annuii. Anche mia madre, tre anni prima, mi aveva lasciato, per sempre. Ero rimasto solo. Nessuno veniva più a trovarmi. Solo il ragazzino immaginario c'era sempre stato.
« Non ha molta importanza ora.» dissi. La mia voce uscì terribilmente fredda e distaccata. Passarono dei minuti interminabili di silenzio.
«Non sono più venuto, e lo so che sei molto arrabbiato per questo.
Mi dispiace, Taiyou.» strinsi la coperta tra le dita, tentando di celare i miei sentimenti, ancora una volta.
« Sono felice che tu sia venuto almeno un'ultima volta.» le mie forze diminuivano ogni giorno, e quella mattina sentivo che non avrei visto la sera.
« Tu come stai?» non c'era compassione nella sua voce, solo profonda malinconia. Quella che si prova quando si perde un amico.
« Sapevo che non avrei vissuto a lungo. Non mi importa.» ero certo che fosse sul punto di piangere. Io, invece, accettavo la realtà per quella che era. Forse sarà stato solo un minuto, ma mi sembrò che passammo un'infinità senza parlarci, intanto che il venticello primaverile entrava dalla finestra e accarezzava i nostri visi. Io ebbi la sensazione che la morte stesse già iniziando ad abbracciarmi.
« Tenma, lo sai perché crediamo all'esistenza del paradiso?» lo vidi negare con il capo, poi mi voltai, dando uno sguardo sprezzante al cielo. Assottigliai gli occhi, sentendo un leggero dolore al petto.
« Perché siamo codardi. » dissi « Non accettiamo il fatto che dopo la morte ci sia il nulla, e la temiamo più di qualsiasi altra cosa. E non sappiamo che ci sono persone già morte ancora prima di essere nate. Siamo fondamentalmente egocentrici. Non ci piace l'idea di non contare più niente in questo mondo, quindi ne creiamo un altro dove la nostra anima resterà per l'eternità.»
Sentii le forze diminuire ancora, e il respiro farsi più corto. Avevo freddo.
Tenma mi poggiò una mano sulla spalla, guardandomi disperato. Una lacrima scivolò lungo la sua guancia.
Dopo non seppi più niente. L'immagine del mio amico divenne solo un miscuglio di colori e suoni. E improvvisamente solo buio e silenzio.
La morte mi aveva baciato, ed era più calda di come immaginavo. Chiusi gli occhi, senza mai più riaprirli.




« Non smettete di sognare, solo chi sogna può volare.»
Peccato.
Io non sono mai riuscito a volare.








nda:
hi ~
allora, questo è il secondo contest a cui partecipo, sono emozionata.
all'inizio doveva essere qualcosa di fluff, ma scrivendo è diventato qualcosa di veramente troppo angst.
mi odio, ho fatto morire Taiyou, uno dei miei personaggi preferiti. uccidetemi.
a parte gli scherzi, mi sono impegnata per scriverla, e spero che piacerà e che sia un minimo decente.
ho inserito Tenma perché boh...mi andava, e pensavo che un discorso del genere ci sarebbe stato, con lui.
Taiyou è leggermente ooc, però penso che chiunque in una situazione del genere si comporti così, quindi non so, ditemi voi ~
riguardo il discorso del paradiso, non sentitevi offesi, se non siete d'accordo, è la mia opinione di atea, niente di più.
spero davvero che vi piaccia. adesso vado a torturarmi per aver ucciso Taiyou.
K u r u m i

                                                                                               







  
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