INTERPRETARE UNO SGUARDO
*
Essere il numero uno,
così ti è sempre stato detto.
Essere il più forte, il migliore.
Vivere sempre un passo davanti agli altri, per sopravvivere.
Facile detta così.
Facile se sei è il capo del tuo Clan, se sei è il capo della polizia, se sei un
punto di riferimento per molti giovani ninja.
Facile se a tredici anni sei già in prima linea, se fai parte degli Anbu e se
tutti sanno di poter contare su di te durante le missioni.
Difficile se a sei anni non riesci ancora ad ottenere gli occhi rossi.
In quel caso non puoi fare altro che guardare.
Guardare le schiene di chi è più forte di te, di chi ti ha preceduto e di chi ti
precede; aspettando, sperando, che qualcuno noti la tua presenza anche con la
coda dell’occhio.
Pregando per essere visto da un paio di occhi rossi, quegli occhi rossi che tu
ancora non hai.
Puoi limitarti a fare solo quello, a guardare.
Fissare l’acqua davanti al piccolo molo sulla quale sei seduto, mentre ti chiedi
come potrebbe mai essere quello stesso panorama visto con occhi diversi.
Non neri, ma rossi.
Banali occhi neri, loro si limitano ad osservare, ma averli rossi vuol dire
poter vedere lontano.
Incrociare gli occhi di un’altra persona, quando i tuoi sono rossi, vuol dire
leggere molto più che le sue sole espressioni, vuol dire leggere il suo animo.
Anche i suoi.
Gli occhi azzurri di quel ragazzino biondo che ogni tanto passa lungo la sponda
sulla quale sei seduto tu.
Lui ti rivolge lo sguardo, probabilmente si chiede chi sei in realtà.
Tu puoi solo cercarlo con gli occhi e porti le stesse domande.
Se solo i tuoi occhi fossero rossi potresti capirlo di più, quel ragazzino,
conoscere i suoi pensieri senza aver bisogno di domandarglieli.
È ancora troppo presto per vedere il mondo con quegli occhi, tuttavia non lo è
stato per tutti.
Qualcuno, quegli occhi, li aveva già molto prima di te e alla tua età stava già
osservando gli altri leggendogli l’anima.
Tu, al contrario, puoi solo immaginare.
Ed osservare.
Osservare i movimenti sapienti di chi sa muoversi tra le fronde degli alberi con
maestria.
Di chi lancia kunai in maniera perfetta, senza mai mancare il bersaglio.
Di chi ti ha preceduto.
Di chi quegli occhi li ha già.
Guardare con aria meravigliata, ammirata, tutte le armi conficcarsi nel centro
esatto di un cerchio.
Veloci e precisi, uno dopo l’altro, trafiggono il loro obbiettivo.
Ti piacerebbe poterlo fare, ma, per ora, puoi solo limitarti a guardare.
Anche quando l’ultimo kunai perfora il suo bersaglio non riesci a distaccare lo
sguardo da chi li ha lanciati.
Lui, il giovane ninja, atterra con eleganza al suolo.
Gli occhi chini sull’erba sottostante, conscio di aver appena eseguito, in
maniera perfetta, il suo addestramento.
E tu?
Tu osservi la sua schiena, un sorriso entusiasta sul tuo piccolo volto e gli
occhi illuminati da tutta la tua meraviglia.
*
“Sei stato fantastico fratellone!” esclamò il ragazzino dagli occhi neri seduto
su una roccia, al sicuro da eventuali coltelli vaganti.
Il ragazzo più grande alzò infine la testa ed osservò davanti a sé; solo dopo
qualche secondo considerò il fratellino.
Nessun entusiasmo nel suo sguardo.
Lo ha fatto tante volte, sempre allo stesso modo, sempre impeccabile e preciso.
Perfetto.
“Grazie” pronunciò in modo asettico e asciutto, mentre guardò il minore alzarsi
dal suo posto ed avvicinarsi al più vicino del bersagli.
In silenzio lo seguì con gli occhi guardandolo mentre estrasse il kunai che
aveva appena trafitto il centro del bersaglio.
Con grandi passi si avvicinò al centro, accanto al fratello maggiore,
guardandolo ancora con quella luce negli occhi, “Posso provare io adesso?”
chiese con entusiasmo.
Il giovane sospirò, chinandosi davanti al bambino dagli occhi neri “Sasuke”
disse con calma alzando due dita di una mano “Ti insegnerò la prossima volta,
perdonami” disse toccando la fronte del fratellino con un colpo secco.
Il bimbo fece una smorfia massaggiandosi la fronte con aria delusa, sbuffò
alzando lo sguardo verso il maggiore, “Non è giusto, perché mi rispondi sempre
così, Itachi?” chiese in una domanda posta ormai troppe volte.
“E’ tardi, la mamma ci starà aspettando per cena” gli fece presente mostrandogli
il palmo della mano.
Sasuke osservò il palmo, pulito e perfetto, tornando poi a guardare gli occhi
del fratello nella speranza di una spiegazione.
Non gli rispose a parole, Itachi, furono i suoi occhi a farlo per lui.
Roteò le pupille fino alla mano del fratellino armata di kunai, successivamente,
come aveva appena fatto l’altro, tornò ad incrociare le iridi nere.
Sasuke seguì il suo sguardo, capendo infine le sue intenzioni, strinse
l’impugnatura un po’ amareggiato ed ubbidì all’ordine silenzioso.
*
Ti sei sempre chiesto perché.
Tante volte hai alzato gli occhi su quel simbolo domandandoti per quale ragione
il ventaglio rosso e bianco, rappresentazione della tua casata, fosse
incastonato in uno shuriken, il simbolo della polizia.
Hai sempre voluto chiederglielo, quando insieme avete percorso quella strada, ma
ogni volta che hai voltato lo sguardo verso di lui ti sei accorto che i suoi
pensieri erano altrove.
Glielo hai letto nello sguardo.
Uno sguardo così intenso ed assolto.
Così misterioso.
Ti sono sempre piaciuti, i suoi occhi, ma non li hai mai capiti.
Sono neri, intensi, tali e quali ai tuoi, ma hanno qualcosa di più e non si
tratta del loro tingersi di rosso.
Qualcosa che non comprendi, qualcosa celato abilmente e alla quale non sei in
grado di dare una definizione.
Sono diversi da tutti gli altri.
Da tutti gli altri Uchiha.
I suoi restano fissi, non vacui.
Dispersi oltre qualunque cosa di vagamente visibile.
Ti sei sempre chiesto perché.
Lui è diverso dagli altri, lo hai sempre saputo, ma non sei ancora riuscito a
capire per quale motivo.
Hai sempre cercato di leggere nel suo sguardo, ma della sua anima non hai
compreso nulla.
Forse con gli occhi rossi...
Vaga speranza, pura illusione.
Cosa ne sai infondo, tu non li hai gli occhi rossi.
Non ancora.
Un giorno li avrai anche tu, un giorno potrai comprendere cosa rende i suoi
occhi diversi da tutti.
Condividere con lui il suo segreto, il motivo di tanto mistero.
Inconsciamente, in silenzio.
Parlare solo guardandovi negli occhi, senza bisogno delle parole.
Quando avrai gli occhi rossi.
*
“Mamma! Siamo tornati!” annunciò il piccolo Sasuke comparendo sull’uscio della
cucina.
La donna dai lunghi capelli neri si voltò a guardarlo, gli rivolse un sorriso
genuino, “Bentornati” li accolse cordialmente mentre anche il figlio maggiore si
materializzò davanti alla porta.
“Siete rientrati presto, la cena non è ancora pronta” disse rivolgendo lo
sguardo al più grande, per poi roteare le pupille nuovamente sugli occhi del
secondogenito.
Sasuke sbatté le palpebre in maniera disorientata, infine capì.
Volse uno sguardo imbronciato al fratello, che per tutta risposta, gli chiese
scusa con la sola espressione.
L’ha fatto apposta, e tu lo sai.
I passi provenienti dai corridoio distrassero l’intera famiglia, fino a quando,
l’ultimo membro, apparve alle spalle dei due ragazzi.
Uno sguardo fugace alla cucina.
Solo per poco i suoi occhi si soffermano su ciò che non è di suo interessere.
Solo per poco si sofferma a guardarti.
L’uomo incrociò le braccia ed osservò il maggiore “Itachi, ti aspetto nell’altra
stanza. Ho bisogno di parlarti della prossima missione” semplice e diretto.
Non attese nemmeno la risposta del figlio, così come era apparso sparì.
Tu non sei nulla d’interessante.
Sasuke chinò lo sguardo con malinconia.
Entrambi gli occhi del fratello si posarono su di lui.
Lui lo sa, lui sa leggere l’animo.
*
Cosa può fare uno sguardo?
Esso racconta di te, racconta chi sei e lo trasmette agli altri.
Uno sguardo può essere fisso.
Fisso sul soffitto sopra la tua testa, mentre, sdraiato sul tuo letto, ne
osservi la superficie.
Lo facevi spesso, quando pensavi.
Quando ti chiedevi che sensazione dava ricevere lo sguardo di chi ammiravi.
Ora non lo fai più, ora osservi la pietra, l’unico legame con la tua famiglia.
È tutto ciò che rimane, è il tuo destino.
Fu lui a dirtelo, lui ti ha detto dove trovarla, quella pietra.
Lo fece quel giorno, proprio mentre i tuoi occhi vedevano solo il rosso del
sangue.
Colore agognato e doloroso.
Ora, davanti a te, più nulla.
Che ne è stato di quelle schiene che tanto avevi ammirato?
Non c’è più nulla da vedere, proprio ora che i tuoi occhi sono rossi.
Sulla tua schiena senti puntato lo sguardo di un’altra persona.
Lui non distoglie mai i suoi occhi azzurri dalle tue spalle.
Nei suoi occhi leggi tanto odio, tanto rancore, tanta determinazione.
Ammirazione.
Uno sguardo tanto simile a quello con la quale guardavi tuo fratello.
E tu? Lo hai mai degnato di uno sguardo?
No, non lo hai fatto.
Proprio come gli altri facevano con te, proprio come, per gli altri, tu eri una
nullità.
Per proseguire bisogna guardare avanti.
Cosa vedi oltre alle tenebre?
I lunghi capelli lisci di quel viscido individuo che ti tende la mano.
Lui ti ha guardato, ti vuole guidare.
Vuole solo i tuoi occhi.
Ogni tanto, guardare indietro, non sarebbe male.
Osservare i volti di chi hai lasciato, del villaggio che hai abbandonato, dello
sguardo che ti ha implorato.
Gli occhi azzurri che ti hanno chiesto di non andare, di restare.
Ti ha puntato addosso quello sguardo serio, ti ha chiamato fratello.
Fratello.
Proprio per lui ora devi andare, per dominare lo sguardo di chi hai tanto
ammirato e che ti ha lasciato.
Ti sei sempre chiesto perché.
Perché tanta ostinazione da parte di quel bambino dai capelli biondi?
È strano, ma hai trovato risposta.
Perché lui è... il tuo migliore amico...
*
FINE
*
*
Storia scritta per il contest su Naruto indetta da Writers Arena