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Autore: Alex Wolf    08/09/2013    5 recensioni
Dal primo capitolo:
« Ma che cosa fai? Mettimi giù rampollo viziato!. »protestai nel mentre il mio sedere toccava il cuoio chiaro della sua sella.
« Quanto sei bisbetica. » borbottò salendo dietro di me e passando le sue mani attorno ai miei fianchi per prendere le redini.
« Togli quelle mani, guido io. » ringhiai afferrando d’impulso le redini e procurandomi una fitta alla spalla.
« Smettila. » mi riprese il principe scocciato levando le mie mani dalla giuda e riportandoci le sue. « E sta zitta. Hai già parlato troppo. » spronò il cavallo.
Risucchiai le guance e le labbra all’interno e le rilasciai andare con uno schiocco frustrato.
« Se dovrò viaggiare così, tanto vale che mi metta comoda. » borbottai appoggiando la mia schiena al suo torace e chiusi gli occhi. « Se ti metti a cantare qualche canzone in elfico ti strappo le labbra. » aggiunsi.
Non fatevi ingannare dalle apparenze, leggete e poi saprete dirmi che ne pensate ;)
Storia ispirata al film "la compagnia dell'anello"
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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When you let her go.     
 
 
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Il cielo sopra di noi si era rannuvolato. Grandi nubi grigie annunciavano pioggia e un freddo vento soffiava da nord. Erano passati due giorni dall’incidente sulla neve, e io avevo avuto modo di riprendermi del tutto. Per qualche ora ero rimasta assopita contro il petto di Legolas, stretta nella coperta di Sam, ed era stato il lasso di tempo più rilassante che avessi trascorso da quando eravamo partiti. Il corpo dell’elfo era caldo, e profumava di buono. La pelle era liscia e morbida, e lui era stato incredibilmente comodo. Mi ero risvegliata, sempre nelle sua braccia, dopo quelle, che a detta di Gandalf, erano state poche ore. Forse tre o quattro. Il gelo era sparito, come il senso di malessere, e ero tornata in forze, forse anche grazie a un piccolo aiuto dell’anello. Quando avevo messo ben a fuoco il posto in cui eravamo, avevo capito che la compagnia si era fermata per riposare e rifocillarsi, per cui non mi ero allarmata molto. In quanto a Legolas, l’avevo ringraziato e poi mi ero allontanata da lui, per andare verso il fuoco, dove Boromir mi si era accostato domandando della mia salute e blablabla.
Ora, mentre camminavamo, quella sotto specie di amico, ancora blaterava e blaterava. Per non ascoltarlo allungai il passo e arrivai accanto a Gandalf, in testa al gruppo.
« Li farai impazzire, tutti », scherzò il mago guardandomi. « Loro faranno impazzire me », sospirai io, « Eppure, quando dormivi tra le braccia del nostro principe di Bosco Atro non sembravi molto scontenta… anzi », mi tirò una frecciatina. Mi trattenni dal ribattere, dopo tutto era vero. Mi ero trovata bene tra le braccia del biondo, non solo perché ero praticamente svenuta, ma perché, quando mi ero svegliata, mi ero ritrovata ancora stretta a lui, intento ad accarezzarmi una spalla con il tocco morbido delle sue dita. Era stato… dolce. « Ah, stai arrossendo », sorrise il mago, divertito.
« Non sto arrossendo! », replicai imbarazzata, « E’ questo vento che mi fa freddo ».
« Non c’è vento! », m’informò soddisfatto. Socchiusi le labbra per replicare, ma quello che s’impose davanti ai miei occhi mi lasciò di stucco. Non poco lontano da noi si ergeva un ponte, immenso e altissimo. Una parte di esso era crollata. Provai un brivido, al solo pensiero di avvicinarmici. Moria, le sue mura si ergevano davanti a noi, disperdendosi nella nebbia fitta che si era alzata.
 « Le mura di Moria », mormorò Gimli, con tono sognante. « Non mi piace », sussurrai a Gandalf quando riprendemmo il cammino. Il grigio mi scoccò un occhiata e non parlò, quindi decisi di riprendere la parola: « Tu sai cosa si cela dentro Moria. Un male più potente di noi, persino di te, forse. Un demone del fuoco antico, risvegliato dai nani. Non possiamo proseguire », implorai. L’uomo, allora, si avvicinò a me e curvò la schiena per arrivare alla mia altezza « Non possiamo altrimenti, giovane ragazza ». I miei occhi vagarono sulla solida roccia delle mura. Quanto dolore portava quel posto, quanto tempo passato nascosto sotto l’avidità dei nani. Quanto sangue aveva visto scorrere.
Moriremo tutti , mi dissi rassegnata.

 


 °  °




Quando arrivammo in prossimità di un lago, Gandalf ci fermò tutti. Il luogo era tetro, e buio. La poca vegetazione che c’era era composta da alberi secchi con liane nere, marce, attorcigliateci contro, e alghe viscide sulla superfice. L’aria era ricca di strani odori e l’acqua era nera, come il petrolio, visto che il sole era calato e l’ombra delle due montagne sotto cui sostavamo si era riversata a terra. Il mago si avvicinò alla roccia della parete e cominciò a toccarla.
« Dunque vediamo », disse, più a se stesso che a noi. « Ithildin. Riflette solo i raggi del Sole e della Luna. C'è scritto: "Le porte di Durin, Signore di Moria. Dite amici ed entrate”  ». Capendo che ci sarebbe voluto più del dovuto mi accomodai a terra, incrociai le gambe, e rimasi comoda, comoda, a guardare l’uomo.
« Questo posto mi mette i brividi », mormorai involontariamente. Un alito di vento mi sferzò i capelli e una ciocca mi ricadde sulla fronte. La studiai con gli occhi e mi accorsi che era scura, castana. O ma andiamo!, pensai mentre la riportavo indietro, la parrucchiera mi aveva detto che la tinta sarebbe durata a lungo!
Mentre ero intenta a battibeccare con i miei dilemmi l’anello formicolò al mio dito e io chiusi gli occhi, involontariamente, estraniandomi dal mondo.
 
La battaglia infuria attorno a me. Non capisco più da che parte andare. E’ tutto così confuso. Da lontano vedo una faccia che mi scalda il cuore. Corro, verso di lui, e lo aiuto a uccidere degli assalitori. Ormai è tutto finito, i nemici sono distrutti. Lo guardo, ancora, e sorrido felice con il cuore a mille. C’è l’abbiamo fatta, abbiamo vinto. Ma nei suoi occhi passa una scintilla di tristezza, e prima che io possa domandare cosa non va lui afferra una freccia e l’incocca nell’arco, sussurrano un « Mi dispiace » ,che fa fermare il mio cuore, letteralmente. Scocca e l’arma s’impianta nel mio petto, perforandomi da parte a parte. Cado in ginocchio.
 
Aprii gli occhi e trovai tutti seduti su qualche roccia, Gandalf ancora intento a tentare di aprire la porta. « Tanto non c’è la fai », gli disse a un tratto Boromir, « Nessuno c’è la farà ». « Oh sta zitto! » sborbottò Gimli. Mi scappò un sorriso e poi i miei occhi cominciarono a vagare per la compagnia, fino a posarsi sull’acqua. Qualcosa si muoveva li sotto, ne ero certa, ma nessuno pareva farci caso. Magari ero io che mi immaginavo le cose. Il rumore dell’acqua smossa mi fece voltare verso le sponde, dove notai gli hobbit intenti a lanciare sassi. Tentai di non far più caso al rumore ma quello era insistente e fastidioso come mai.
« Pipino, per l’amor del cielo smetti di lanciare quei dannatissimi sassi! », sbottai. Il piccolo hobbit mi fissò, sconcertato, e poi mi fece la linguaccia riprendendo il suo gioco. Respirai rumorosamente e mi morsi le labbra. Aragorn, in piedi davanti a me, mi fissò e io gli rivolsi un occhiata implorante che diceva: falli smettere, falli smettere!
« Non disturbare l’acqua », disse il re, voltandosi e afferrando il polso del mezz’uomo. « E non disturbare le donne! », aggiunsi io. « Bormir », dissi a un tratto, richiamando l’uomo che mi stava passando davanti, « Mi aiuteresti ad alzarmi? », gli porsi le mani. Lui le afferrò e mi sollevò, con troppa enfasi, perché mi ritrovai incollata al suo corpo, con le sue mani sui miei fianchi. Lo incenerii con uno sguardo e gli dissi: « La cosa che ti ho detto qualche giorno fa, di starmi lontana e non toccarmi sennò ti avrei staccato i gioielli con l’ascia di Gimli, è ancora valida. Perciò mollami o lo faccio, davvero ». Lui mi lasciò e si allontanò, avvicinandosi al re.
« E’ un enigma, dite amici ed entrate… qual è la parola elfica per “amici”? », domandò Frodo. Ci pensai su e dopo averla trovata dissi, assieme al mago: « Mellon! ».
La porta di pietra, illuminata dalla luna, scricchiolò e si aprì. Non mi ero accorta di quanto fosse grande e spessa finché non misi a confronto la mia mano con essa. Un mio palmo ci stava dentro quattro volte. « Frodo, sei un genio! » esclamai, e il piccolo hobbit mi sorrise imbarazzato. Ci avviammo tutti dentro le oscurità di Moria, mentre Gandalf tentava di fare luce con il suo bastone. Rimasi indietro, per accertarmi che i membri della compagnia fossero entrati, poi proseguii accanto a Legolas, che mi aveva aspettata.
« Ti ho già detto “grazie, Legolas, non te lo dirò un’altra volta se è quello che vuoi », chiarii alludendo al mio risveglio. Lui sorrise e scosse le spalle, « Ma non è ciò che voglio. Insomma, è mai possibile che nessuno possa starti accanto senza che abbia una ragione? », domandò curioso. « Caro mastro elfo », cominciai poggiando una mano sull’elsa della mia spada, per ticchettarci le dita sopra,  « Ho scoperto, da dove vengo, che nessuno fa una cosa se poi non riceve niente in cambio. Questo mi ha portato a essere diffidente , verso tutto e tutti, comprendi? », conclusi. Lui aprì la bocca per rispondere ma Gimli lo precedette e ci si affiancò dicendo: « Presto, mastro elfo, gusterai la leggendaria ospitalità dei nani. Grandi falò, birra di malto, carne stagionata con l'osso! », sorrise compiaciuto sotto il suo elmo,  « Questa, amico mio, è la casa di mio cugino Balin. E la chiamano una miniera. Una miniera! », poi mi fissò e aggiunse, « Ci saranno diamanti, per compiacervi mia signora. Sebbene i nani tengano ai loro tesori, non sono mai stati sgarbati con una dama ». Gli sorrisi, grata del pensiero che aveva avuto ma successivamente ammisi che l’oro e i gioielli, così come gli abiti, non m’interessavano granché.  Mentre camminavamo, e io mi guardavo attorno, grazie alla poca luce lunare che entrava dall'entrata, qualcosa si fracassò sotto i miei stivali. Sobbalzai spaventata e mi gettai addosso al elfo, involontariamente, per poi staccarmi e borbottare. Stavo facendo cadere la mia maschera di pietra in troppo poco tempo, e la cosa non mi piaceva. Dovevo rimediare. Gandalf, intanto aveva illuminato l’ambiente circostante.
« Non è una miniera », esordì Boromir, « E’ una tomba ». Guardai in basso e mi ritrovai sopra un teschio, fracassato dai miei stivali. Trattenni un urlo di raccapriccio mentre Legolas si chinava a prendere una freccia impiantata in un'altra testa. « I goblin! », parlò l’elfo guardando tutti, guardando me. Intanto le urla disperate di Gimli rimbalzavano da una parte all’altra della stanza di pietra, struggenti e cariche di rabbia.
Sguainammo le spade, pronti a tutto. « Dirigiamoci alla Breccia di Rohan. Non saremmo mai dovuti venire qui. E ora andiamocene. Fuori! », ordinò Boromir.  « Grazie tante per l’informazione! », ringhiai carica di frustrazione. Feci un passo indietro e schiacciai altre ossa. Con raccapriccio, poi, sentii qualcosa strisciarmi sulla gamba e afferrarla.  « Gente », dissi chiudendo gli occhi, « Avrei bisogno di una mano », la cosa mi trascinò verso l’acqua. Con me anche Frodo fu portato fuori dalla bestia, solo che a contrario mio lui gridò mentre io tentai di liberarmi. I tre hobbit rimasti nella miniera corsero dall'amico, inveirono contro l’essere e tagliarono il tentacolo che reggeva il portatore dell'anello.

 


°  ° 
 



Legolas si voltò in tempo per vedere la creatura sparire tra le acque torbide, con Eleonora ancora stretta nella sua presa, e poi risalire. La ragazza era grondante d’acqua , ma continuava a dibattersi e agitare la spada, fendendo e mozzando i tentacoli di quel mostro. L’essere sibilava, ruggiva, e non stava mai fermo. L’elfo incoccò una freccia e lanciò, sperando di colpire nel punto giusto il mostro, in modo da lasciare andare la giovane. Lei gridò, frustrata, e inveì barbaramente per poi gridare: « Non pensare a me, stupido elfo! L’hobbit! Libera l’hobbit! » e tornò a mozzare arti. L’elfo si morse il labbro ma ubbidì. Anche Boromir e Aragorn, aiutati dai piccoli hobbit, erano intenti a raggiungere Frodo, su ordine di lei, ma lui non poteva lasciarla così. L’essere sibilò, rumorosamente e aggressivamente, quando l’umana gli tranciò via un dente aguzzo. L’aveva avvicinata alla bocca, pensò con raccapriccio il giovane principe, voleva ingoiarla. « Cristo Legolas! », lo richiamò la ragazza, accortasi che l’elfo la guardava immobile, « Pensa a Frodooo! », tranciò un altro dente, rompendo così la lama della spada. La creatura gridò, inabissò la testa insanguinata e gettò Eleonora lontano. Il corpo della ragazza finì contro la roccia dura e lei si accasciò a terrà. Per un attimo il giovane pensò che fosse morta ma lei lo smentì subito. Si alzò barcollante e lo raggiunse, prendendogli l’arco e una freccia. « Facciamo i conti dopo », gli intimò mentre prendeva la mira e rilasciava la corda. La freccia volò attraverso la rete di tentacoli e finì dritta in uno degli occhi della creatura. Boromir, allora, si avvicinò pericolosamente e tranciò via il tentacolo che sorreggeva frodo. Il piccolo hobbit gli cadde tra le braccia.
« Legolas! », gridò l’uomo. Il giovane elfo si ritrovò l’arco tra le mani e con precisione scoccò una freccia dritta nell’altro occhio della creatura. « Presto nelle miniere! », ordinò il mago e tutti lo seguirono, persino i tentacoli dell’essere.
Un battito di ciglia e la parete dell’entrata della miniera era crollata, lasciandoli tutti al buio.
« Razza di elfo deficiente! », sbottò all’improvviso la voce di lei, nell'ombra. Aragorn, che si era trovato davanti a Legolas sobbalzò. « Perché diavolo sei rimasto imbambolato accanto all’entrata, mh?! Io non ho bisogno di essere protetta, se ancora non l’hai capito! » e poi si udirono i passi di lei allontanarsi, sempre di più. Dopo qualche attimo di il bastone di Gandalf ruppe il silenzio che si era creato, e lo stregone disse: « Non abbiamo altra scelta, dobbiamo affrontare le lunghe tenebre di Moria. State in guardia. Ci sono cose più antiche e pericolose degli orchi nelle profondità della terra ».
« Tenebre, tenebre, tenebre! », udirono in lontananza la voce di lei, che li aspettava in piedi sulla cima delle scale di roccia. Aveva conserto le braccia al petto e batteva il piede a terra. I capelli bagnati le ricadevano sulle spalle, ma lei si affrettò a racchiuderli in una coda alta. Legolas incrociò il suo sguardo, e vi lesse un po’ di tutto: dalla paura, al nervoso, allo stremato.  « Ma perché non poteva esse: “ Io sono Sauron l’oscuro signore e voglio amore e gioia! Farfalle di qua, uccellini di là!”? » , domandò lei retoricamente quando l’ebbero raggiunta. Gandalf alzò gli occhi al cielo e le rifilò una botta col bastone sul braccio. Lei lo ritirò e se l’accarezzò borbottando. « Ora silenzio, è un viaggio di quattro giorni fino all’altra parte. Speriamo che la nostra presenza passi inosservata ».
  
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