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Autore: Laxity    08/09/2013    1 recensioni
Preciso subito che questa fanfiction è ambientata subito dopo la grande lotta del 7° ed ultimo libro, ma mi sono permessa di inserire un piccolo cambiamento: nessuno dei buoni è morto. Perché li amavo troppo per lasciarli morire lol
La storia tratta di Eris Hostilia, vissuta in un orfanotrofio fino all'età di 10, quasi 11 anni.
In seguito ad una fuga dall'orfanotrofio la piccola incontra Remus Lupin, il quale promette che se torna lì le farà spesso visita. I due finiscono per affezionarsi molto. Remus vorrebbe tanto adottarla, ma non può usare la magia davanti ai babbani.
E se Eris non fosse una babbana?
E così, ci ritroviamo nei panni della vita "magica" familiare e scolastica della giovane Eris, o meglio, Erika!
Genere: Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nimphadora Tonks, Nuovo personaggio, Remus Lupin, Teddy Lupin, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ero appena rientrata da un incontro e, com'era prevedibile, non ero stata adottata per due motivi: avevo già 10 anni e tutti preferivano prendersi cura dei più piccoli. Tra l'altro, non appena iniziai ad emozionarmi per una possibile adozione, la torta alle fragole che si trovava sul tavolo esplose inspiegabilmente e il mio probabile padre adottivo era allergico, così andarono via, sporchi di torta da capo a piedi, e persi quella che credevo la mia nuova famiglia.

Ero nel dormitorio dell'orfanotrofio mentre ci pensavo e decisi di discuterne con Anne, la mia compagna di stanza.

“Sai, Anne... Pensavo che forse dovrei andarmene via da qui” dissi.

Lei mi chiese il perché ed io risposi che se non avessi trovato una famiglia qui l'avrei cercata fuori.

Il giorno dopo mi diressi nello studio della direttrice dell'edificio, la signora Cuttingham, per cercare un po' di conforto e per parlarle un'ultima volta. Tuttavia non era lì, così decisi di lasciare un messaggio e mi misi a cercare carta e penna.

Aprii un cassetto, un altro e un altro ancora, trovando infine una pila di fogli. Sul primo, che poi era una lettera, c'erano scritti il mio nome e il mio cognome: Eris Hostilia.

Lo presi tra le mani e lessi il messaggio, che non accennava al nome del mittente.

“Questa bambina si chiama Eris Hostilia. Si chiederà il perché di tale nome.

Mi trovavo ad una festa, dove bevvi molto. Mi ubriacai e, non coscienziosamente, concepii questa bellissima bimba con un ragazzo. Mi era stato vicino durante i nove mesi che precedettero il parto, ma quando Eris nacque capii che lui non l'amava.

Mi obbligò a chiamarla Eris, come la dea della discordia, perché sosteneva che ci avesse rovinato la vita. Le sue capacità lo spaventavano.

Eppure, a me aveva solamente colmato di gioia.

Mi ha obbligato a darla in adozione, e dato che è un tipo violento, credo che se gli avessi detto di no non avrebbe reagito bene.

Non voglio che Eris abbia una vita così.

L'ho tenuta in grembo per nove mesi e la amo, ma la devo affidare a lei, per il bene della bambina.

Quando sarà più grande, le dica che si chiama così perché lei porti discordia a chi le vuole male e perché per me era la dea tra tutti gli dei.”

Mentre leggevo le lacrime sgorgavano dai miei occhi. I miei singhiozzi si facevano sempre più forti e mi sentii più sola che mai.

Udii i passi della direttrice, così, con ancora la lettera in mano, uscii velocemente dalla finestra e fuggii.

 

“Ehi, bimba” chiamò un uomo alto, dai capelli neri e piuttosto robusto, con voce rauca.

“Sei sola? Voi che ti porti con me?” chiese, sorridendo maliziosamente.

Stavo per rispondere affermativamente, felice di aver già trovato una casa, ma fortunatamente qualcuno ci interruppe.

“Molto gentile da parte sua, signore. Ma credo che lei debba andare via, ora” si era intromesso l'altro, cacciando via l'uomo più robusto.

“Perché l'hai cacciato via?” chiesi, intristita.

“Man mano che crescerai saprai di chi fidarti, piccola. Dimmi, dove sono mamma e papà?” disse lui.

Stetti un attimo in silenzio. Poi mi presi di coraggio e parlai: “Abito in un orfanotrofio”.

“Mi dispiace, non ne avevo idea.. è l'orfanotrofio qui vicino, vero? Ti accompagno” rispose.

“Ma non mi adotterà nessuno. Ho già 10 anni e lì mi sento sola”

“Ti farò compagnia, okay? Ti verrò a trovare spesso. Dimmi un po', come ti chiami?” mi rassicurò, per poi chiedermi il nome, abbassandosi alla mia altezza. Così risposi, per poi rilanciare la domanda.

“Remus Lupin al suo servizio, principessa!” rispose sorridendo, per poi porgermi il braccio destro.

Percorremmo il tragitto ridendo insieme. Finalmente non mi sentivo più sola!

Arrivammo davanti alla porta dell'orfanotrofio e il mio sorriso si digrignò in una smorfia.

Remus sembrò averlo notato, e mi diede una pacca affettuosa sulla spalla, per poi bussare alla porta.

La signora Cuttingham non tardò ad aprire, e subito mi riempì di baci, rimproverandomi per ciò che avevo fatto. Poi iniziò a parlare con Remus.

“La ringrazio. Eravamo tanto preoccupati per lei. Come posso sdebitarmi?”

“Mi basterà avere il permesso di venire a far visita a Eris” disse, sorridente.

“Quando vuole” fece quella. Poi mi chiese di andare nel dormitorio e così feci.

“Eris!” urlò Anne, per poi abbracciarmi.

 

L'indomani fui svegliata dalla Cuttingham, che diceva: “Svegliati, il signor Lupin sarà qui a momenti”.

Mi alzai subito e mi preparai. Poi, con gli occhi lucidi di gioia, mi diressi nell'apposita sala.

Quando lo vidi non potei fare a meno di sorridere e correre da lui per abbracciarlo.

Spesso Remus mi teneva compagnia e andò avanti così per ben mezzo anno, nel qual emi fece conoscere la sua famiglia. Sua moglie si chiamava Ninfadora Tonks e suo figlio, appena nato, Ted.

Credevo di essere al colmo della felicità, ma appena quattro giorni dopo il mio undicesimo compleanno capii di sbagliarmi.

In quel momento c'erano Ninfadora e Remus con me, mentre il figlio era dal loro padrino, un certo Harry Potter.

Mi fidavo molto di loro, specialmente di Remus, così decisi che avrebbero dovuto sapere ogni cosa di me.

“Vi conosco da molto tempo ormai, quindi vorrei che leggeste questo” dissi, prendendo la lettera dalla tasca dei jeans, spiegando di come l'avessi trovata nell'ufficio della direttrice.

Ne discutemmo per un po', e mentre Ninfadora rileggeva il suo sguardo si fece dubbioso e, facendo riferimento al messaggio, chiese: “Che capacità può avere una neonata?”.

“Non lo so, ma a volte è capitato che stranamente in mia presenza scoppiassero torte o levitassero oggetti leggeri” risposi.

I due si scambiarono uno sguardo d'intesa. Avevano un'aria felice, specialmente Remus.

“Eris, noi siamo maghi. E anche tu lo sei. Per questo fino ad ora non ti abbiamo adottata: il Ministero della Magia vieta l'uso di quest'ultima in presenza di babbani, ossia coloro che non sono in grado di utilizzare la magia” spiegò Remus.

“Ma i maghi non..”

“Non esistono. Questo è quello che credono molti babbani, e tu sei cresciuta con loro, per cui è ovvio che tu lo creda. Ma ti darò una prova” disse Ninfadora, estraendo una bacchetta dalla sua borsa, mirando ad una penna sul tavolo. Agitando la bacchetta per poi puntare il bersaglio, pronunciò una formula: Wingardium Leviosa.

La penna iniziò a levitare.

Ero stupefatta. Non avevo mai creduto possibile una cosa del genere, nonostante la magia mi fosse sempre piaciuta.

Era una grossa novità per me, e la adoravo già.

“Ciò che ci hai detto ci ha fatto capire che sei una strega, Eris. Per cui, adesso possiamo adottarti!” annunciò Remus, mentre l'altra riponeva la bacchetta al suo posto.

Sorrisi felice e abbracciai i miei nuovi genitori.

“Ho sperato sin dall'inizio di avere voi come genitori!” confidai loro, mentre mi godevo quel momento.

Mi disse che era un lupo mannaro, ma non m'importava. Finalmente, l'indomani, avrei lasciato l'orfanotrofio.

  
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