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Autore: biberon    09/09/2013    2 recensioni
“Abbiamo dovuto farlo.” Disse la madre di Gwen con gli occhi lucidi.
“Ma è una ragazza dolcissima! Gentile, bella, educata, spiritosa! È una mia grande amica!”
“Capiscici, Duncan, ti prego. Lo facciamo per proteggerti!”
“Da cosa?!”
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Duncan era un ragazzo punk, forte, intraprendente, ribelle, ma buono.
Courtney era una ragazza bella, ordinata, intelligente, intraprende e dolce.
Gwen era una ragazza sola.
Lei era diversa, lei era un pericolo …
Ma lei voleva solo qualcuno, qualcuno che l’apprezzasse e l’amasse, qualcuno … lo voleva disperatamente, con tutta se stessa.
Ed era pronta a fare qualsiasi cosa per averlo.
Genere: Horror, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Gwen | Coppie: Duncan/Courtney, Duncan/Gwen
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo, Violenza | Contesto: Contesto generale
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Un attimo solo, un lampo di luce blu, una scintilla, e Gwen si ritrovò di nuovo nel bagno di casa Nelson - Barlow.
Barcollò per qualche secondo, poi si rimise dritta e chiuse il portale spazio - temporale dietro le sue spalle.
In mano stringeva con forza la sua amata bottiglietta.
Non poteva ancora credere di aver ceduto e di aver lasciato che quella vecchia megera prendesse veramente qualcosa di così importante per lei.
Scosse la testa.
Duncan valeva molto, molto di più …


Ora, il problema era come rifilare al punk il suo potentissimo filtro d’amore.
Le venne in mente il petto del bambino squarciato, i suoi occhi ancora ridenti, i lembi di pelle divisi e il cuore grondante di liquido rosso …
 
“Gwen! Gwen, tutto bene lì dentro?” chiese una voce familiare.
“è tutto ok … almeno credo …” rispose lei in un soffio.
“Ehm … noi abbiamo deciso di fare la cotoletta per pranzo. Ti va bene?”
“Sì.”
Duncan tornò giù.
 
Gwen si sedette sul pavimento a gambe incrociate.
Doveva pensare.
Come poteva costringere Courtney a uscire, quella sera?
Lei non sarebbe mai andata via senza Duncan, specie dopo quello che era successo …
Niente l’avrebbe portata via di casa …
A meno che …
No, non poteva farlo.
 
Oppure sì?
 
 
Si sfiorò una tempia e sorrise.
Aveva appena sacrificato un bambino.
Poteva farcela benissimo.

 
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La prima cosa che fece, appena uscita dal bagno, fu andare in camera di Courtney e cercare la sua agenda personale.
Sapeva che le persone umane tenevano lì tutti i numeri di telefono e gli indirizzi.
Non fu poi così difficile.
Suo papà le aveva insegnato molto bene a leggere, e così trovò subito l’indirizzo desiderato.
Strappò la pagina senza farsi problemi e se la ficcò in tasca.
Con il cuore che batteva fortissimo scese al piano di sotto.
“Io devo … andare a casa.”
“Che cosa? Come mai?”
“No, nulla, pensavo che … avrei dovuto avvertire i miei. Sono stata via per un po’, quindi …”
“Ok. Torni per pranzo, giusto?”
“Certo.”
“Allora ciao, Gwenny!” la salutò Duncan.
La gotica sfrecciò fuori dalla porta e si gettò in strada.
Non aveva nessuna intenzione di tornare dai suoi.
Con la sua velocità, diciamo, con la sua “dote naturale”, con i suoi poteri, sarebbe arrivata a Toronto, all’indirizzo desiderato, in meno di dieci minuti.
Così, tenendo stretta la bottiglietta, partì in quarta.
 
Sì, andò così. Pochi minuti dopo si ritrovò davanti ad “Iron street, 32.”
Premette il pulsante accanto alla scritta “Barlow.”
Pochi minuti dopo si sentì il microfono aprirsi.
“Chi è?” borbottò una voce maschile abbastanza roca.
“Sono io, papino!” esclamò Gwen facendo una voce nasale.
La porta del condominio di aprì con un “click”.
Sentì dei passi sulle scale e una voce femminile urlare “Courtney, amore, come va?”
Poi vide arrivare una donna con i capelli castani che sembrava una versione più vecchia e meno rigida di Courtney.
Quando la vide, alzò un sopracciglio.
“Ehm … scusa … tu chi saresti?”
Gwen non rispose, si limitò ad afferrare l’esile collo della signora e a sbatterla contro il muro.
Era il suo modo preferito di bere, ma stavolta non poteva farlo.
La madre di Courtney non doveva di certo morire, solo … farsi molto male.
In questo modo Courtney avrebbe lasciato casa quella sera e lei avrebbe potuto incantare Duncan.
La gotica scoprì i denti e emise un suono simile ad un ringhio sommesso.
La donna si dimenò e cercò di urlare, ma non ci riuscì, perché con l’altro braccio Gwen le teneva la bocca tappata.
L’alzò sopra la testa e la lanciò in aria mollandola.
La donna ricadde pesantemente sul pavimento del terrezzo con i polsi in avanti.
Gwen avvertì un brivido lungo la schiena quando sentì il “crack” delle ossa che si frantumavano, e per completare l’opera alzò un piede e le diede un calcio in faccia.
La donna svenne con un mugolio sommesso.
La ragazza fece un breve inchinò, poi uscì dalla porta, pronta a darsela a gambe.
 
 
 
Quandò rietrò in casa trovò ciò che voleva: Courtney stava parlando al telefono e Duncan ascoltava con aria preoccupata.

“Papà, ascolta, papà, aspetta, papà, ma io … ma cosa … come … va bene, arrivo subito.” Appese la cornetta con un sospiro.
“Ragazzi, mia madre si è fatta male. Pare sia caduta dalle scale, si sia rotta i polsi e sia svenuta … mio papà è stato avvertito ppchi secondi fa da un vicino che l’ha trovata all’uscio. C’è qualcosa di molto strano … dice che io ero andata lì e lei era venuta per slautarmi … ma io ero qui, vero Dunki?”
“Certo amore.”
“Sono così confusa …” disse l’ispanica tenendosi la testa tra le mani.
“Mi dispiace.” Esclamò Gwen, anche se non le dispiaceva affatto.
“è chiaro che ora devo andare da lei … in ospedale … avrà bisogno che io le stia vicino.”
“Ok,  principessa … ma torna presto.”
“Posso tornare minimo domani mattina. Prendo la tua moto.”
“Oh …” Duncan fece un’espressione triste.
Gwen esultò dietro la schiena.
“Vado.” Disse Courtney, prese il cappotto, la borsa, il cellulare e uscì.
Il punk la baciò a stampo e la guardò uscire di casa e salire sulla sua due ruote.
“Bene.” Disse Gwen sfiorandogli la spalla, appena l’ispanica fu sparita all’orizzonte. “Siamo rimasti soli …”
 

 
   
 
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