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Autore: wanderjess    09/09/2013    2 recensioni
[Storia momentaneamente sospesa]
* * * * * *
"Memento audere semper"
Ricordati di osare sempre.
È questo ciò che gli amici augurano al tormentato Gaio Valerio Catullo, oramai un inerme giocattolo nelle mani di Claudia Pulcra. Il poeta, invaghitosi dell'affascinante matrona romana, intraprende da anni una relazione malata, la cui uscita sembra impossibile da trovare.
Ma, quando il giovane sembra non voler dare una svolta alla sua vita, ci pensano gli amici.
***
"Da fhad la, tagann oiche"
Anche il giorno più lungo finisce.
Sono queste le parole che la zia sussurra a Nimue prima che la ragazza sia portata via con la forza dai legionari romani, giunti a conquistare il loro villaggio immerso nelle fredde montagne della Gallia in nome di Roma.
Ma, quando il progetto di un'intera vita si infrange, l'incontro con dei giovani poeti nella grande Urbe potrà forse risollevarla dallo sconforto.
*****
[Nuova e modificata versione di una storia pubblicata mesi fa nella sezione “Romantico” e poi cancellata.
Catullo è l'unico personaggio realmente esistito, gli altri - salvo alcuni riferimenti storici - sono inventati da me.]
[Causa impegni scolastici, gli aggiornamenti andranno a rilento.]
Genere: Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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CAPITOLO 1:


Roma, 695 a.U.c., calende di Iulius.
(1 Luglio, 58 a.C.)

Roma, la città più bella del mondo conosciuto.
Davanti a me si stagliava fiera ed orgogliosa la tanto declamata Urbe, colei che fece innamorare i poeti e alimentò le fantasie di tutti i popoli. Ai miei occhi appariva così diversa dai luoghi verdi in cui ero cresciuta, ma perfetta nella sua grandezza.
Nessun uomo poteva non sentirsi attratto da tanta magnificenza, Roma era in grado di far sentire minuscolo anche il più possente tra tutti i mortali, grazie alle enormi costruzioni che la dominavano e che parevano essere state costruite dagli dei.
Mi trovavo nel grande Foro della città e dal palco rialzato su cui mi avevano portato riuscivo a scorgere le vecchie case del popolo, le domus dei patrizi e gli sfarzosi templi che avevano reso famosa l'Urbe. Vedevo quello che doveva essere il Tabularium e, accanto ad esso, il tempio della dea Concordia. Se avessi girato il capo, dietro di me avrei potuto intravedere il Tempio dei Castori, la Basilica Emilia e alcune tabernae novae che vendevano frumento, pane, vini pregiati e gioielli.
Quella città era davvero immensa: si estendeva oltre l'orizzonte, tanto da sembrare infinita. Non avrei dovuto, eppure non riuscivo a fare a meno di ammirare a bocca aperta quelle costruzioni così perfette da sovrastare anche la magnificenza di Lugdunum.
L'aria era intrisa dei forti profumi delle spezie orientali e le vie illuminate dal primo sole della giornata erano riempite da un allegro vociare: quella mattina l'enorme sezione del mercato aveva radunato una gran varietà di gente, romana e straniera: Roma era davvero la patria per le genti di tutto il mondo. C'erano pretoriani intenti a sorvegliare l'area, servi che si sbrigavano a fare le commissioni per i loro padroni, uomini vestiti con un'elegante toga che discutevano di politica, ragazzini che si rincorrevano tra la calca di persone e raffinate matrone che ridevano raccontandosi a vicenda i pettegolezzi del giorno.
Molti di loro soffermavano lo sguardo davanti al palco su cui mi trovavo io, curiosi di scoprire quali nuovi progionieri avesse fatto la guerra, o più probabilmente alla ricerca del perfetto servo da comprare al Foro, un nuovo sottoposto che provvedesse alle loro personali esigenze. Ecco la sorte che sarebbe toccata anche a me: mi sarei ritrovata nelle mani di qualcuno di loro.
Già alcuni di noi erano stati venduti al miglior offerente per alcune monete e portati via con poca grazia.
Ne stavo guardando un altro allontanarsi, quando un'ombra si proiettò davanti ai miei piedi scalzi. Alzai lo sguardo e scorsi davanti a me, davanti al palco, l'uomo più alto che avessi mai visto. Una lunga barba scura copriva parte del viso, mentre il naso aquilino accompagnava due occhi piccoli e tondi.
Vidi l'individuo osservare il titulus appeso al mio collo, per poi spostare gli occhi sul mio corpo ed infine, dopo alcuni minuti, sul mio viso.
Mi sforzai di non abbassare lo sguardo e sorressi il suo con l'occhiata più truce che fossi in grado di creare.
I suoi piccoli occhi si restrinsero ancora di più.
“Che hai, ragazzina? Non ti hanno insegnato a rispettare i tuoi padroni?”
Le grosse labbra si aprirono in un ghigno vorace e derisorio, un distorto sorriso che mi umiliò in un modo che non avrei potuto immaginare, non dopo tutto quello che mi era successo in Gallia nelle ultime settimane. Non dopo la separazione da mia zia e l'allontanamento dal mio villaggio, da chi conoscevo. Non dopo le percosse e gli sguardi trionfanti dei romani.
Mentre l'uomo rideva ancora soddisfatto dall'espressione ferita del mio viso, il mercante che mi aveva comprata qualche giorno prima si riscosse e corse verso di noi, asciugandosi con una pezza il volto madido di sudore per il caldo afoso di Roma.
“Buongiorno signore, state osservando il nuovo carico? Vedete, è arrivato direttamente dalla Gallia ieri.”
“Si mercante, avete davvero delle belle ragazze qui.” esordì, spostando lo sguardo annoiato e spento sulle donne esposte sul palco.
“Oh, lei sembra un intenditore! Guardi, abbiamo la miglior scelta tra le femmine più belle di tutte le provincie.”
Quel gigante si avvicinò a me ed io non potei fare altro che abbassare lo sguardo, spaventata.
“Quella lì. Cosa puoi dirmi della ragazzina?”
“Oh, signore, lei ha davvero buon gusto! Nimue ha vissuto una vita degna di questo nome in Gallia. È in grado di leggere, scrivere e conosce il latino. Sarà in grado di soddisfarvi la notte, quanto di intrattenere gli ospiti. E potrà essere vostra per 400.000 sesterzi.”
“400.000 sesterzi? Ma questa è una truffa, mercante!”
“Il prezzo le potrà sembrare elevato, ma pensi a quanto può valere una creatura simile, una ragazza educata dai grandi filosofi greci, non abbia remore!”
Cominciai a sentirmi male; davvero stavano trattando il prezzo per la mia vendita, per la mia vita? E in tutto ciò io rimanevo pur sempre un essere umano, oppure mi ero tramutata unicamente in un oggetto utile ai romani?
Mi sentivo umiliata, privata della mia dignità. Come potevano parlare così di un'altra persona?
Mi guardai attorno avvilita, e tra le lacrime che riempivano i miei occhi riuscii a scorgere un gruppo di giovani che mi osservava. 
Parevano avere una ventina d'anni, anche se qualcuno poteva essere più vecchio. Indossavano degli abiti bellissimi, fatti sicuramente di qualche stoffa molto pregiata, il tipo di materiale che solo i patrizi potevano facilmente acquistare.
“Si, per me è perfetta.”
A parlare era stato il ragazzo in testa agli altri, un giovinetto dalla chioma biondo scuro e un corpo dai tratti delicati, quasi femminei, che si mosse verso il palco su cui sostava ancora l'uomo che mi voleva comprare. Fissai il ragazzo e mi permisi di riaccendere una piccola speranza: forse la dea Gontia non mi era avversa e mi avrebbe evitato di finire nelle mani del gigante che, intanto, si stava lamentando del prezzo: “Razza di truffatore, non pagherò tutti quei soldi per una femmina, sono davvero troppi!”
“Ma non lo sono per me. Compro io la ragazza, e te la pago 500.000 sesterzi. Va bene, vecchio?”
Mi girai verso il punto da cui proveniva quella voce. Mi sorpresi quando scoprii che si trattava proprio del giovane di poco prima.
Socchiusi gli occhi. Chi mai avrebbe pagato un prezzo così alto per una schiava?
Intanto il mercante, riscosso dallo stupore in cui anche lui era caduto e benedicendo probabilmente gli dei per la fortuna ricevuta, si avvicinò al gruppetto. Con un largo e falso sorriso, chiese al ragazzo se avesse qualche domanda da fare su di me.
“Nimue... Giusto? Prima ho sentito che è stata cresciuta dai filosofi greci. È vero?”
“Ovviamente, Posidonio di Rodi in persona si è occupato della sua educazione.”
“Posidonio? E come mai si sarebbe preso la briga di istruire una ragazza?”
“Beh, si dice che la giovane sia sua nipote, ma ovviamente sono solo voci.” rispose il mercante con un ghigno complice.
“Uhm, e va bene” sospirò, poi riprese sorridendo “Penso che Nimue sia perfetta.”
L'individuo, il mio salvatore potrei dire, prese delle monete da un pesante sacchetto di stoffa che portava allacciato alla cintura di porpora, le diede al mercante e questi le prese avaro, mentre scioglieva l'estremità della catena che mi legava.
Non riuscii a trattenere un basso lamento per il dolore provocato dalla spessa corda attorno ai miei polsi. Il giovane attese che scendessi dal palco e poi si incamminò lungo l'affollata via del mercato. In un attimo fugace, mi concessi di pensare che, magari, avevo avuto la fortuna di trovare un romano che trattava i propri schiavi con rispetto.
Sarebbe forse stato troppo perfetto? Dopotutto non era mia natura fidarmi delle persone, e soprattutto non lo era permettere al mio cuore di sperare nel meglio, ma quella volta non potei farne a meno. Tutti i miei progetti per il futuro si erano frantumati nel momento in cui il primo piede romano calzante una caliga aveva varcato la soglia del mio villaggio. Era un soldato, e si trovava lì con i suoi uomini per dichiarare la mia terra ed i suoi abitanti parte del dominio di Roma. Non avevamo difese. Non avevamo guerrieri. Non avevamo speranze di riscatto. Non avevamo più libertà.
Cominciò così il mio viaggio verso Roma, separata dal resto del villaggio e legata accanto a prigionieri di chissà quale altra terra. Riconobbi i fratelli Batavi ed alcuni Catti. Parlai con il giovane Gesalico, che riuscì a rendermi la mia nuova condizione più facile da accettare; mi rassicurò per quanto ci riuscisse, ma ci separarono a Verona ed io non lo rividi più.
Arrivai a Roma meno di una settimana dopo; non avevo contatti, non avevo riferimenti né qualcuno su cui appoggiarmi. Mi sentivo persa e forse lo ero ancora. Non conoscevo anima viva e l'Urbe, la città perfetta per chi voleva rifarsi una vita o aprirsi la strada del successo, appariva ai miei occhi un'enorme prigione dalle catene dorate.
Persa nei miei pensieri, non mi accorsi che i ragazzi che in quel momento tenevano in mano la mia vita stavano parlando di me, mentre attraversavamo la via del mercato verso chissà quale destinazione. Forse la mia nuova casa, se così potevo chiamarla.
Curiosa di sapere come fosse il mio nuovo padrone, forse desiderosa di rassicurarmi, cominciai ad ascoltare i loro discorsi, appena in tempo per sentire uno dei ragazzi dire: “Vedrete, la fanciulla andrà benissimo per il nostro giovane amico!”
“Sapete una cosa? Avete ragione, Catullo ne sarà entusiasta.”
Catullo... Avevo la sensazione di aver già sentito quel nome, poteva appartenere ai ricordi del mio villaggio, ad una vita che ormai sentivo lontana.
Per gli dei, che fosse lui?

Angolo dell'Autrice:

Ciao ragazze/i!
Alcuni di voi conosceranno già questa storia e sapranno che ho preferito cancellare la scorsa versione e scriverne una nuova sulla base della precedente, ma migliorata (spero) e sicuramente arricchita di particolari e personaggi. Spero che la gradirete com'è ora.
Do invece il benvenuto ai nuovi lettori, con lo stesso augurio e la speranza che la storia del triste Catullo piaccia.
Quella che intendo scrivere è una fanfiction più matura e soprattutto ben inserita nel contesto in cui si svolge: intendo per questo impegnarmi di più per farvi immaginare la bellezza della Città Eterna nel primo secolo a.C. Spero non vi annoierà, in ogni caso dai prossimi capitoli la storia dovrebbe diventare più dinamica :)
Spero in un vostro parere positivo o negativo, anche perché ogni volta che rileggo il capitolo mi vedo più insoddisfatta del mio lavoro; per qualunque domanda, suggerimento o critica, fatevi pure avanti. Avverto che è stata un'odissea far quadrare tutte le informazioni storiche con la trama ed i personaggi (i nomi, i luoghi d'origine, la conquista della Gallia, Posidonio ecc.), quindi è possibile che abbia fatto degli errori. Se li notate fatemi pure sapere :)
Ciao, Kora ;)

Ps. Aggiungo, per chi non lo conoscesse, il significato delle parole in corsivo:
Tabernae novae: sono piccole botteghe situate nel Foro che vendono vari tipi di alimenti e vini. Sono anche le sedi di banchieri.
Lugdunum: l'odierna Lione, in Francia, che nacque come un insediamento celtico e poi romano.
Titulus: si tratta di un cartello appeso al collo degli schiavi in vendita; indica la provenienza, le capacità e le attitudini.
Gontia: è il nome di una dea celtica, quella della fortuna.
Posidonio di Rodi: filosofo greco, vissuto tra il II e il I secolo a.C., che viaggiò anche in Gallia.

  
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