Tutto
è iniziato un freddo giorno
di novembre. Ero ad una festa. Ballavo in mezzo alla pista mentre Ian,
il mio
migliore amico, ci stava provando con la morettina di turno.
Ian è il mio "folletto" irlandese - come lo chiamavo io - ha
gli
occhi di un blu
oceano spettacolari, i capelli biondi e un fisico davvero niente male,
ci farei
un pensierino se non fosse come un fratello per me.
Tornando a noi…
Mi muovevo indisturbata seguendo il ritmo… Adoravo ballare, mi faceva sentire libera… Quando delle mani si aggrapparono ai miei fianchi e una testa si poggiò sul mio collo lasciandomi un bacio. Stavo per morire dalla paura ma sentii quell’odore di cannella…
“Mi hai fatto spaventare” dissi.
“Lo so, era quello il mio intento” non vedevo il suo volto ma ero sicura che avesse abbozzato uno dei suoi sorrisi.
“Ian,
seriamente!
pensavo fossi un
maniaco. Stavo per stenderti a terra con una mossa di kung
fu.” Lui rise
“E cosa ti ha
frenato?”
“Il tuo
inconfondibile profumo”
“Ti
piace?”
“No” risposi secca, ma dopo qualche secondo non resistetti e iniziai a ridere.
“Invece
sì! Va be’ passando ad
altro... Cos’hai? Ti vedo stanca”
“Effettivamente
un po’ lo sono.
Forse dovrei andare a casa”
“Credo sia
meglio. Dai, ti
accompagno.”
“No no, non ti preoccupare, torno da sola. Che vuoi che siano 5 isolati? Siamo a Londra” gli sorrisi.
“Okay! Allora buonanotte, sorellina” disse baciandomi la fronte.
“Buona notte fratellone” dissi staccandomi per poi uscire dalla marmaglia di gente sudata che si strusciava.
Fuori
da quel putiferio mi colpì
l'aria fresca della notte. Feci un respiro profondo e mi incamminai
verso casa.
Stavo attraversando il fiume quando mi voltai e vidi il London Eye, mi
fermai a
guardare la ruota illuminata dai fuochi d'artificio, era
spettacolare.
Mi
ero trasferita in quella città
da ormai due anni e ancora mi meravigliavo di quanto fosse bella e
magica.
Erano
le 3. Troppo tardi per
girare da sola, perciò ripresi il cammino con passo
più svelto. Non si sa mai
che tipo di incontri si possono fare per quelle strade. Neanche il
tempo di
pensarci che sentii altri passi oltre ai miei. Mi voltai sperando non
fosse un
malintenzionato. Non l'avessi mai fatto.
C'era un uomo che si stava avvicinando sempre
più, finchè non mi
prese il polso e mi portò in un vicolo vincendo i miei
tentativi di
divincolarmi.
“Ehi, bellezza! Dove stai andando tutta sola?” mi alitò l'uomo. Aveva un pessimo odore ma per fortuna era da solo, avrei avuto più possibilità di scappare.
“M-mi lasci” gli risposi.
“Non prima di un bacetto, dolcezza” mi intimò.
Non mi sentivo molto bene e quell'odoraccio d'alcol non aiutava per niente. L'uomo continuava ad avvicinarsi. Avevo paura. Cercai di spingerlo via ma era troppo forte per me.
“Sei tosta, bambolina, ma per tua sfortuna non te ne andrai di qui tanto presto. Non prima di avermi accontentato.” L'uomo allungò le sue luride mani sulla mia gamba cercando di sollevarmi la gonna.
Non
ce la facevo più, la testa
iniziava a girarmi. Ero confusa, terrorizzata, così
chiusi gli occhi. Non volevo
guardare quel mostro, non volevo assistere a quell’incubo. Le
immagini di
quello che stava per accadere continuavano a vorticarmi in
testa; io provai
a ribellarmi sempre più spaventata quando sentii una strana
energia scorrermi
dentro. Una forza che andava aumentando sempre più,
man mano che la sua
mano saliva lenta lungo la mia gamba verso la mia intimità.
Quando ormai vi era
vicino non resistetti ed gridai con
tutta la voce che avevo “Vai
via!”.
Quel mio urlo era una vera e
propria esplosione di energia con cui mi liberai di tutta l'ansia, la
frustrazione che avevo dentro e sentendomi così di nuovo
libera.
Quando
riaprii gli occhi l'uomo
non mi stava più addosso: era dall'altro lato del vicolo,
a terra. Si stava
rialzando, aveva uno sguardo spaventato e gridava.
“C-Come hai
f-fatto?” lo
guardai confusa “T-Tu
mi hai l-lanciato! I t-tuoi occhi, i c-ca-capelli s-sono
cambiati... C-Chi sei?”
balbettò. Mi mossi leggermente, ma lui era
troppo spaventato e scappò. Ero confusa. Non capivo di cosa
stesse parlando... Gli avevo dato solo una
spinta e lui doveva
essere caduto. Ma perchè era così spaventato? E
cosa avevano i miei occhi e i
miei capelli? Non capivo...
La mia testa continuava a pulsare. Dovevo chiamare qualcuno, non avreiu resistito ancora per molto. Così presi il cellulare e con qualche difficoltà schiacciai i tasti per chiamare il mio salvatore.
“Pronto?” disse il ragazzo dall'altro capo del telefono.
“Ian... Corri...
T-ti
prego”
“Lilith, dove sei??” domando preoccupato.
“In un vicolo... Dopo il ponte” risposi con fatica.
“Arrivo!” disse serio e riagganciò.
Dieci minuti dopo sentii un rumore. Gridai spaventata e qualcosa uscì dalle mie mani in direzione del rumore. Tutto avvenne così velocemente che riuscii solo a vedere un ombra che si rialzava.
“Ahii” disse.
“C-chi è là?” domandai titubante.
“Lee, sono io,
tranquilla”
mi corse incontro. “Cos'è
successo?”
“S-sono stata io?” ero frastornata.
“Dopo ne
parliamo, ora dimmi cosa
hai?”
“Io m-mi sento... Strana” dissi stanca
“In che senso? Cosa senti?” disse allarmato
“La... La mia testa! Sta esplodendo” dissi allo stremo delle forze
“Dai, ti riporto a casa” mi prese in braccio appena in tempo dato che svenni.