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Autore: Milletrecento    16/03/2008    1 recensioni
Sei un...vampiro, qualsiasi cosa sia, da pochi giorni, e già hai l' impressione di aver sbagliato tutto. Ci devono essere istruzioni, ci deve essere una spiegazione.
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rimani in piedi a un paio di passi dalla porta, gli anfibi consumati che scricchiolano sule assi lucide del pavimento. Improvvisamente ti sembrano molto più goffi e sporchi di quanto fossero stati stamattina, sporchi almeno quanto i vestiti che hai addosso da tre giorni. La vergogna si fa strada in maniera inevitabile e inaspettata, sedimentandosi nello stomaco insieme con la fame che ti tormenta discreta ma onnipresente. Mangeresti venti Big Mac, perdio. Mangeresti una vacca intera ora…e meno male che la paura dovrebbe stringere lo stomaco.

Perché è quello che ti ha spinto lì, la paura. Quel tipo di paura sorda e cupa che non ti ricordi di aver provato dal giorno del tuo ultimo esame all’ università.

La figura dall'altra parte della scrivania siede eretta e perfettamente composta,linee ben definite in un completo italiano di taglio impeccabile.
Ti osserva calmo,così elegante,così assolutamente professionale che per un attimo-un attimo solo,governato non dal cervello ma da un qualche istinto radicato sa il cielo dove-ti dimentichi che chi ti siede di fronte è un bambino.

"Ti aspettavo...devo ammetterlo,non così presto. Ma ti aspettavo"

La voce che ti scuote dalle tue meditazioni contrasta assurdamente con quell'aura di estrema importanza,con i rotoli,i libri e i classificatori che vi circondano da ogni lato. Voce bianca,quasi il pigolare di un pulcino...ma chissà perchè davanti allo sguardo dei suoi occhi neri,di poco più freddi dell'ossidiana,proprio di ridere non hai la minima voglia.

"Venite tutti prima o poi,voi nuovi. Chiedete chi vi ha creato,chiedete cosa siete...chiedete come tornare indietro o come andare ancora più avanti."

Si interrompe passando le punte delle dita sul piano di legno lucido come a raccogliere un inesistente granello di polvere. Stavolta nel suo sguardo brilla una scintilla di divertimento mentre ti fissa,calcando appena le parole con un sorriso compiaciuto da primo della classe.

" I più ingenui mi chiedono anche perchè"

Chiamato in causa,sgamato in pieno. Se avessi saliva,se avessi sangue, avresti la bocca secca e le guance in fiamme. Per come stanno le cose ti limiti a un sorriso vagamente stupido abbassando lo sguardo sul piano della scrivania.Apri la bocca per dire qualcosa,acutamente consapevole dei denti più lunghi,del lieve dolore dove hanno strappato le gengive spuntando,qualche giorno fa.

Ti previene prima che tu possa anche solo emettere un suono alzando in aria la minuscola mano,bimbo in abito da uomo intento a dare lezione a un predatore notturno che lo supera di parecchi chili e centimetri.
Bimbo che occupava già questa carica quando tu non eri neanche una scintilla nella mente di Dio.
Da qui il fatto che te ne stai con il culo ben fermo dove sei e la bocca chiusa ad ascoltare quelle parole che tagliano come coltelli arrugginiti.

"Non c'è un perchè. Non c'è un grande piano o un destino che stia dietro al tuo..bacio nero" la definizione da giovani dark drogate di Anne Rice gronda sarcasmo “Non sei un unico, speciale fiocco di neve.”

Sorridi senza averne voglia, e ricordi le parole di chi ti ha creato. Giungevano lontane mentre ti contorcevi, mentre espellevi tutto quello che ti legava alla vita- lacrime,sangue e merda in un dolore che sembrava estendersi oltre quello che avessi mai creduto possibile.
“Dobbiamo portare avanti la stirpe- contro chi ci caccia e perché diciamo la verità, estinguersi spiace. Abbiamo affinato la politica di scegliere solo chi può realisticamente sopravvivere al trauma dell’ abbraccio, e gli standard poetici sono carini ma inattuabili. Non sei speciale. Solo geneticamente avvantaggiato perchè il tuo fisico sopravviva allo shock del risveglio. C’è altro ? “

Scuoti la testa- c’era altro, ma è scomparso sotto quegli occhi scuri che ti squadrano come se fossi una tarma libraria, colmi del discreto disprezzo riservato ai nuovi nati dal cervello pieno di storie. E ha già ripreso in mano la penna, scorrendo con gli occhi le righe di scrittura sul foglio che ha davanti, il volto composto in un’educata espressione di vaga noia, strana sul volto di un ragazzino così piccolo. Nemmeno alza la testa dal foglio quando si rivolge a te per l’ ultima volta.

“Sento la tua fame da qui. Faresti meglio a tornare da tuo…padre, ora.”

Registri solo nuova ironia, leggera ma per nulla gentile. E poi la sua voce è come una mano di ghiaccio che ti spinge verso la soglia comandando le tue gambe e annullandoti come un sonnambulo. Ti riscuoti al chiudersi della porta dietro di te, e sei di nuovo nel corridoio.

Non c’è un piano. Non c’è un destino, non c’è un motivo per cui tu sei...non-vivo e altri no.

CI siete tu, il tuo imbarazzo e la notte fuori mentre risali le scale.

  
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