Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Aura    09/09/2013    1 recensioni
Ivy soffre di emicranie. Quando le capitano non si ricorda più niente: non sa chi è, non sa chi ha intorno; viene perseguitata da un'immagine che non sa riconoscere, e non appena sembra più vicina a scoprire la verità scivola di nuovo nell'incoscienza.
Fino al blackout successivo: come una vita parallela quando si sveglia non ricorda quello che è successo, lo farà solo quando avrà un nuovo attacco di emicrania; come se il suo inconscio volesse ricordarle qualcosa, o qualcuno, che ha dimenticato.
– Paul dov'è lui? Dov'è Zach? – gli aveva chiesto, quasi urlando.
Lui l'aveva guardata con pietà, o almeno fu quello che Ivy lesse nei suoi occhi.
– Lo sai, non vuole avere più niente a che fare con te, in questi anni non è cambiato niente.
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
blackout


********

30 giugno 2138


Il mal di testa la costrinse a chiudere gli occhi.
– Ivy, va tutto bene? – le chiese una voce preoccupata di fianco a lei, che non riusciva a riconoscere.
Dopo una decina di respiri piano piano tornò tutto normale, aprì gli occhi sentendosi disorientata, come appena sveglia.
Accanto a lei un ragazzo la guardava, allarmato.
– Ivy, stai bene? – la stessa voce di prima.
Strizzò gli occhi massaggiandosi le tempie, cercando di ricordare: Andrew, era Andrew, il suo ragazzo. Non si ricordava niente, ma sapeva che era così, e che aveva sempre pensato di stare bene con lui; fino a quel preciso istante: lo guardò, e capì che c'era qualcosa che non andava.
– Vuoi un'aspirina? – le chiese.
– No, – disse, meravigliandosi della sua stessa voce. – va meglio, grazie.
Continuarono a camminare, e riconobbe il campus. Stavano andando verso quello che sembrava l'edificio principale. Cercò di ricordare, la festa in onore dei laureandi.
Non appena entrarono fu salutata da decine di persone che non riusciva a riconoscere, per quanto impegno ci mise.
– Che faccia brutta che hai. – le disse poi una ragazza che sembrava aver abbastanza confidenza con lei.
– Ha avuto un brutto episodio di emicrania. – le stava spiegando Andrew.
Sasha, quella era Sasha: come aveva fatto a non riconoscerla?
– Andrew ti dispiace andarmi a prendere da bere? – gli chiese, sentendo il bisogno di rimanere sola con lei.
– Tutto bene? – le chiese poi Sasha, quando si fu allontanato.
Ivy si sentiva sul punto di piangere, il mal di testa le offuscava tutto, non ricordava niente.
– Cosa mi sta succedendo? – le chiese, sperando che quella che riconosceva come un'amica potesse dirle qualcosa.
Ma lei non sembrava sapere niente.
– Non lo so.
Poi Ivy sentì una voce, mischiata a quelle di centinaia di studenti e parenti; la riconobbe tra tutte, quella voce le arrivò al cuore e il mal di testa cessò improvvisamente.
Era a qualche metro da lei, si girò e incontrò i suoi occhi, sentendosi trapassata da uno scroscio d'acqua mentre tutto prendeva di nuovo significato. Lei era Ivy, e lui era... era...
Divenne ancora tutto nero.




********

15 Agosto 2139


Sapeva che qualcuno aveva detto qualcosa di divertente, perché ricordava che il mal di testa l'aveva colpita nel bel mezzo di una risata.
Ma era l'unica cosa che ricordava.
Faceva fatica a respirare, tra il dolore che le trapassava le tempie e le mandava scariche in tutto il corpo e quella sensazione di paura. Non sapeva dov'era, non sapeva chi era.
– Ivy? Sta svenendo, aiutatemi a farla sdraiare. – sentì.
Non stava svenendo, aveva solo mal di testa, e le mani sulle sue spalle non facevano altro che amplificare quel dolore. Si scansò bruscamente.
– Ho un'emicrania. – sillabò.
Bevve l'acqua che le porsero e riuscì ad aprire gli occhi.
Era alla festa di laurea... no, da quella era passato un anno. E lei non si ricordava niente di quel periodo, come se non fosse mai esistito. Ripensò alla festa: c'era una persona, stava per riconoscerla ma per quanto provasse a sforzarsi non si riusciva a ricordare chi fosse.

Fece un timido sorriso a Matt, il ragazzo che sapeva di star frequentando in quel periodo pur senza ricordarlo, e si guardò in giro.
Erano a un barbecue, e non conosceva la metà delle persone che erano lì. Anzi, praticamente nessuno.
Vide un ragazzo, alto e magro, che le ricordò qualcosa.
– Ehi, Paul. – gli disse avvicinandosi, quando tutti ormai rassicurati dal fatto che stava bene e avevano ripreso a festeggiare.
– Ivy. – la salutò lui, con una strana luce negli occhi. – stai meglio?
Lei scosse la testa.
– Onestamente? No. Non so cosa mi sta succedendo, non capisco, sono disorientata.
– Sasha mi ha detto che ti era capitato anche l'anno scorso, ti sei fatta visitare?
Ivy lo guardò, preoccupata: non lo sapeva.
Ma sapeva che Paul era l'unica figura famigliare lì intorno, e anche se provava uno strano disagio nel stare con lui era la sua sola alternativa.
– Non so se faccio bene a parlartene, ma ha...  – La frase di Paul fu interrotta da un fischio nella sua testa, che le annebbiò tutto; cercò di resistere, aveva la sensazione che stesse per dirle qualcosa di importante, ma scivolò di nuovo nell'incoscienza.




********

31 dicembre 2140


– Dieci, nove, otto...
Nell'altra stanza qualcuno stava facendo un conto alla rovescia, e lei era rannicchiata in un angolo dell'ingresso, al buio.
La porta si aprì, entrò una persona che non sembrò notarla, Ivy lo guardò, cercando di riconoscerlo, mentre il mal di testa si assopiva un poco.
Spalle larghe, cappotto nero, capelli castani. Non le diceva niente, ma d'altra parte non sapeva nemmeno dire chi fosse lei.
Si alzò, e senza capire bene cosa stesse facendo scarabocchiò qualcosa su un foglietto.
“Scusami, ho l'emicrania, – rifletté, mentre le tornavano alla mente i precedenti episodi. – un'altra volta. – aggiunse. – Vado a casa. Ivy” firmò poi.
Lanciò un'occhiata verso il salotto, dove il nuovo arrivato veniva accolto così calorosamente che la mezzanotte di capodanno passava in secondo piano.
Lui rideva. Quella risata...
Uscì velocemente dalla casa, mentre quella risata le martellava in testa, più fastidiosa dell'emicrania.
Quanto tempo era passato dall'ultima volta?
Fermò un taxi e fornì all'autista un indirizzo che non riconosceva, ma sperò di non sbagliarsi.
Fortunatamente la chiave che aveva in tasca aprì la porta della piccola villetta davanti alla quale si era fermato; da quando aveva una villetta?
Vide nelle foto dell'ingresso lo stesso viso che le restituiva il riflesso del vetro, era a casa.
Si sdraiò sul divano, mentre il ricordo di quella risata la colpì nuovamente, come un calcio sullo stomaco, e iniziò a piangere, fino a quando l'oblio la prese di nuovo con sé.




********

23 settembre 2141

Aprì gli occhi di scatto.
– Sono passati dieci anni. – disse.
– Ti senti bene? – una mano strinse la sua. Ivy si divincolò, chi era? L'uomo accanto a lei assunse un aria preoccupata. – Ancora, Ivy? Guardami, guardami negli occhi: tu sei Ivy, e io sono Sean. Ci dobbiamo sposare tra sei mesi, siamo venuti a vedere il giardino botanico dove si terrà la cerimonia.
Ivy si guardò intorno, non era un parco, non era il parco del campus. E quella panchina non era dove...
– Sean non posso sposarti. – disse, in preda al panico. Lui era il suo fidanzato, lo sapeva, ma non poteva sposarlo, non poteva stare con lui. Più guardava quella panchina più sentiva che la scatola cranica si stringeva, comprimendo il suo cervello.
– Non dire fesserie, Ivy, ora non sei in te, ma...
Fece qualche passo indietro.
– No, non ti amo, non abbastanza.
Da che cosa erano passati dieci anni? E perché una panchina le faceva quell'effetto?
Quando aveva conosciuto Sean, prima o dopo l'ultima emicrania?
Lui sembrava dannatamente tranquillo, come se ritenesse le sue parole come il vaneggiamento di un pazzo.
– Torna qui, Ivy: non sai quello che dici.
Scosse la testa, sfilandosi l'anello che portava sulla mano sinistra.
– No, Sean, lo so benissimo: è finita. Scusami. – disse, restituendoglielo, prima di correre via.
Via da quella panchina che le stava facendo franare il mondo.




********

31 dicembre 2142


Strinse il bracciolo della poltrona dove era seduta, stava succedendo ancora.
E ancora si sentiva stordita, in un mondo che non conosceva, senza sapere chi fosse: l'unica cosa che sapeva con certezza era che c'era qualcosa che mancava nella sua vita.
Era sola, quella mattina. Per la prima volta era sola, e questo stranamente la calmava: non doveva aver paura di non riuscire a riconoscere qualcuno, nessuno l'avrebbe vista in quelle condizioni.
Il mal di testa la opprimeva, la luce le feriva gli occhi, ma era preferibile al tenerli chiusi: almeno non rivedeva quel sorriso che la stava tormentando.
Si alzò, raggiunse la sua camera, aprì il secondo cassetto del suo comodino e frugò alla cieca fino a che trovò un foglietto consumato.
Inconsciamente prese una matita e scrisse, in fondo:

XXXI XXII MMCXLII.

Rimise il foglietto nel cassetto e si sdraiò sul letto.






Nda: Ecco il secondo capitolo, dove il senso della storia è più chiaro, anche se immagino che qualcosa possa essere ancora nebuloso.
Non temete, vedrete che con il prossimo capitolo anche voi capirete cosa sta succedento a Ivy! Nel frattempo sapete già chi è la persona che vede?
Fatemi sapere se vi sta piacendo, alla prossima!

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Aura